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Autore: Rosmary    02/09/2013    14 recensioni
{La storia è il seguito della oneshot "L'intraprendenza di Hermione"}
Un filtro, un sogno bizzarro rivelato alla persona sbagliata e la più brillante delle studentesse di Hogwarts si ritrova incastrata in un'imbarazzante situazione, che avrà risvolti più che inaspettati. Dopotutto, è noto, ogni esperimento ha in sé degli effetti collaterali, l'importante è riuscire a fronteggiarli!
Dal primo capitolo:
“Spiegami di nuovo come ha reagito Hermione, che quando me l’hai detto era l’alba e ho capito poco e niente.”
“Solite reazioni di ragazze cotte,” commentò vanesio e spiccio. “È arrossita, poi ha negato e mi ha tirato uno schiaffo quando ho tentato di baciarla.”

Dal quinto capitolo:
“Siamo tornati indietro?”
“Quindi, è una Giratempo!” concluse vittorioso e allegro il ragazzo.
Hermione inarcò un sopracciglio, portò le braccia conserte ed esibì un'espressione contrariata e saccente. “Ma l’hai mai vista, una Giratempo?”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger, I Malandrini, Lily Evans, Un po' tutti | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger, Hermione Granger/ Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'intraprendenza di Hermione'
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“Ti dico che è una Giratempo!”

“E io ti dico che è fuori discussione che lo sia!”

“Come fai a esserne certa? Ne hai mai vista una?” Lei impallidì, distogliendo lo sguardo nervosa e lui sgranò gli occhi, invidioso e allibito. “Quando? Dove? Perché?”

Hermione boccheggiò. “Smettila! Non è affar tuo.”

“Certo che lo è,” tentò, ma all’indignazione di lei si corresse immediatamente. “D’accordo, non è affar mio… Ma dai! Tu hai visto una Giratempo e io no! Scommetto che l’hai vista su un libro!” la sfidò fiero, ma Hermione non aveva voglia alcuna di battibeccare con Fred.

“L’ho usata. Contento? L’ho avuta in dotazione dalla scuola per seguire tutti i dodici corsi, al terzo anno. Immagino che anche tuo fratello Percy abbia avuto lo stesso privilegio,” spiegò rapidamente. “Ora possiamo concentrarci sul problema?”

Fred dedicò alla ragazza un’espressione astiosa e, di nuovo, invidiosa. Tacque per qualche istante, criticando mentalmente l’aver definito privilegio il frequentare ben dodici lezioni, con dodici esami annessi. Ah, ma cos’aveva in testa quella strega? Escrementi di topo?

“Sei una pazza e come te quello zuccone traditore di Percy,” esordì finalmente, facendo svanire la tensione dal volto di Hermione, che sorrise divertita, immaginando quali potessero essere i pensieri che impegnavano il diciassettenne.

“Sei solo invidioso di me, perché io ho utilizzato una Giratempo e tu no,” disse infatti, ghignando apertamente.

“E c’è chi dice che tu sia una santa!” sbottò lui ridacchiando, colpito dalla perspicacia e dal sarcasmo della ragazza. L’astio era ormai accantonato, l’invidia… su quella si doveva lavorare.

“Forse, si è solo rotto l’orologio…”

Quel dire incerto di Hermione, com’era prevedibile, disegnò una smorfia contrariata sul volto di Fred, il quale, stremato dalle troppe chiacchiere, fece cenno alla ragazza di seguirlo e, allentando quello stupido cravattino della divisa, si diresse alla Sala Grande. Hermione, preoccupata e con un cattivo presentimento, stava bene attenta a tenere il passo del mago, il che la costringeva ad avanzare a un ritmo piuttosto veloce, dato che le gambe di Fred, più lunghe, compivano passi più ampi rispetto a quelli della Granger.
Camminando, entrambi i ragazzi si guardavano attorno perplessi: tutto appariva identico e diverso, allo stesso tempo. I ritratti avevano un qualcosa di differente, eppure erano sempre gli stessi; uguale discorso poteva farsi per i fantasmi fluttuanti e per gli stessi studenti, che, come di norma, affollavano i corridoi e la familiare Sala.

“Qui è tutto uguale, forse, hai ragione tu…” buttò lì Fred.

“Sì, ci stiamo preoccupando inut…”

“Come?”

“…”

“Hermione?”

“…”

“Oh, ma che hai visto? Tu-Sai-Chi?”

Peggio,” gracchiò lei, pallida e atterrita.

Fred, d’istinto, le circondò le spalle con il braccio destro, come a volerla avvicinare a sé, tenerla al sicuro. Non sapeva bene come comportarsi, sembrava terrorizzata e lui non riusciva a identificare nulla o nessuno di tanto terrificante.

“Cosa hai visto, Hermione?”

“Que… quel…” tacque, deglutendo a fatica e stringendosi involontariamente contro il petto di Fred. “Quello non ti sembra…? Eh? Non ti sembra…?” biascicò, implorando implicitamente il ragazzo di capire, perché lei non riusciva a essere più chiara, non ci riusciva proprio.

Fred non insisté oltre con lei, cercò anzi tra la folla il quello indicatogli e lo trovò. Oh, se lo trovò! E la stessa sensazione che aveva inebetito la ragazza s’impossessò anche di lui. Ma il fato con il giovane Weasley fu, a un tempo, più crudele e più indulgente, perché non gli diede tempo di parlare, chiedere o supporre, dato che la tanto discussa figura, allegra e pimpante, s’avvicinò ai due ragazzi proprio in quell’istante.

“Ma dov’eri finita?!” chiese il quello. “Weasley, tu mi sei tanto simpatico, ma non è consigliabile stringere a quel modo la ragazza di quel cane di Black!” aggiunse tra il serio e il faceto, quando notò la posa in cui erano Hermione e Fred.

“La COSA?”

James Potter, con tutto il suo charme, si scompigliò i capelli infastidito dal bizzarro atteggiamento dei due, che, strano ma vero, sembrava conoscere a meraviglia. “Oh, ma che vi prende, oggi?” chiese irritato, distraendosi due secondi dopo, all’ingresso in Sala di Lily Evans.

“Ho bisogno d’aria,” decretò Hermione, scappando letteralmente via.

Corse la strega, corse come non credeva di poter correre, non accorgendosi che altri passi seguivano i suoi. Fred non aveva potuto fare a meno di rincorrerla, infatti; per assicurarsi che lei stesse bene e, soprattutto, per fuggire a sua volta dai fantasmi. Non era abituato allo sconcerto e alla paura, ma alla vista di un sedicenne James Potter, anche lui, l’irreverente e spensierato burlone di Hogwarts, aveva dovuto cedere il passo a quelle insopportabili sensazioni.
Quando smisero di correre, s’accorsero d’essere nuovamente nell’atrio del castello con l’orologio ticchettante dinanzi, che segnava ormai le dodici e trenta, ben mezz’ora era trascorsa dall’inizio di quella follia, che tanto somigliava a un bizzarro incubo di cui è difficile sbarazzarsi.
Hermione, portando le mani sui fianchi, incurvò le spalle verso il basso, ansimando e accorgendosi solo in quell’istante d’essere madida di sudore e, per tal motivo, d’avere il volto in fiamme, immaginò d’essere paonazza, e a ben ragione! D’altro canto, Fred, che ne imitò i gesti, non aveva un’aria tanto diversa, anche lui aveva il fiato corto e il viso tinto di rosso. Quando tornarono ad avere i busti eretti, non poterono evitare di guardarsi con aria allucinata; ognuno dei due sperava che l’altro scoppiasse a ridere, rivelando d’aver messo in scena uno scherzo spassoso e ben riuscito.

“Non è un tuo scherzo?” chiese timidamente Hermione.

“No,” rispose lui, scuotendo anche il capo.

“Sei serio? Dimmelo ora, per favore.”

“Non è uno scherzo, Hermione. Non mio, almeno,” confermò lui spaesato. “Quando ha detto Black, parlava di Sirius, secondo te?”

Lei annuì, disorientata. “È come se fossimo in una realtà parallela alla nostra.”

“Sì, deve essere così…” gracchiò. “Dobbiamo stare al gioco, mentre cerchiamo il modo di tornare a casa,” impose con ritrovata fermezza e lei, riconoscente, poiché le aveva evitato il fastidioso compito di ingegnarsi in soluzioni, annuì ancora una volta, ma con convinzione. “Bene, vieni, cerchiamo di capire cosa diamine succede qui!”

Così dicendo, s’affrettarono a ritornare in Sala Grande, mano nella mano in quell’occasione, entrambi vogliosi d’avere un appiglio in caso di bisogno. Al ripercorrere per una seconda volta il tragitto, capirono anche il motivo per cui s’erano sentiti estranei in un luogo tanto familiare: gli studenti che attraversavano i corridoi erano sì tanti come sempre, ma avevano visi a loro sconosciuti; i ritratti, invece, avevano, a volte, collocazioni differenti e pigli diversi; quanto ai fantasmi, avrebbero potuto giurare d’aver visto qualche sagoma fluttuante mancante. In ultimo, ma non meno importante, i professori non erano esattamente quelli a cui erano abituati, alcuni non li conoscevano affatto, altri, come nel caso della McGranitt, avevano i lineamenti più giovani, ancora non solcati eccessivamente dalle rughe. Sì, c’erano tanti elementi diversi, a ben guardare.

“Pronta?” chiese Fred, quand’erano a un passo dalla Sala Grande.

“Pronta,” confermò Hermione, traendo un bel respiro.

Entrarono con minore incertezza e maggiore determinazione. Non si sarebbero fatti spaventare ancora, s’erano difatti convinti che tutto quello a cui avrebbero assistito non fosse reale. Ciononostante, quando, di nuovo, James Potter li avvicinò, non poterono impedirsi di rabbrividire. Faceva un certo effetto parlare con un morto che, in quell’istante, non era morto affatto.

“Mi spieghi che ti è preso? Sirius ti sta cercando ovunque, e non gli ho detto che eri con questo qui,” sbottò indignato James, rivolgendosi a Hermione, la quale, però, sembrava pietrificata, tutto ciò a cui riusciva a pensare era il senso di colpa nei confronti di Harry, perché, sogno o realtà, lei stava parlando sul serio con Potter senior.

“Senti, Potter, non mi sembra il caso di farne un dramma. Nessuno gliela tocca a Sirius, la ragazza,” intervenne spiccio Fred, disciplinando la propria voglia di ricordare a quel ragazzo che no, lei non era la fidanzata di Sirius e che sì, tu sei morto, amico. Senza un perché, provava un’antipatia a pelle per quel Malandrino di cui aveva tanto sentito parlare.

James, evidentemente colpito dal dire dell’altro, puntò gli occhi scuri su Fred, esibendo un’espressione sprezzante e spavalda. “Di’ un po’, Weasley, cerchi rogne, oggi? Torna ad ammuffire tra i tuoi amati libri, che qui nessuno ha chiesto il tuo parere.”

“Ammuffire?” Fred, sdegnato.

“Amati libri?” Hermione, atterrita.

“State giocando ai pappagalli?!” chiese ironica una quarta voce, che s’esibì poi in una risata simile a un latrato.

“Sirius!” esclamarono in coro i due venuti dal futuro.

“In persona,” rispose lui scherzoso, facendo ridacchiare James. “Dov’eri? Ti ho cercata persino nel bagno di Mirtilla,” affermò risentito verso Hermione, strappandola letteralmente dalla morsa di Fred e posandole un fugace bacio sulle labbra, che fece impallidire il Weasley e arrossire indecentemente la Granger. “Ti faccio ancora quest’effetto? Mi lusinghi,” disse Sirius a voce bassa, alludendo al rossore comparso sulle gote della propria ragazza.

La giornata trascorse molto lentamente per Fred e Hermione, che dovettero assistere a tante scene, l’una più sconcertante dell’altra. Avevano appreso che anche in quell’universo improbabile fosse domenica e che le visite a Hogsmeade fossero state annullate a inizio anno – già, perché in quella realtà era già iniziato dicembre – a causa degli attacchi sempre più efferati di Voldemort. Avevano ben presto fatto la conoscenza di un giovane e meno sciupato Remus Lupin e di un viscido ma pur sempre giovane Peter Minus, a cui Hermione aveva indirizzato talmente tante occhiatacce che Sirius, titubante, le aveva chiesto se avesse avuto da ridire con il compagno di Casa.
Ad ogni modo, la più sconvolgente rivelazione di quella matta giornata fu che, assurdità delle assurdità, Fred Weasley era conosciuto per il suo più che ottimo rendimento scolastico, per il suo inguaribile senso del dovere e per l’eccellente condotta, doti che non gli avevano valso la spilla da Prefetto – e per fortuna aveva esclamato atterrito Fred – solo per la presenza del mite, laborioso e utile – considerata l’amicizia con James e Sirius – Remus Lupin, l’unico Malandrino, a quanto sembrava, con cui il Fred di quella dimensione avesse una sottospecie di rapporto. D’altro canto, Hermione era invece una autoironica e socievole studentessa, dalle spiccate doti e dal misero impegno, abituata a distribuire il suo tempo tra amiche, Sirius e l’indispensabile per la promozione, senza contare la passione per il Quidditch, che la rendeva tra le più scatenate sostenitrici della squadra Grifondoro, passione che Fred, avevano appreso, non aveva affatto, considerando il Quidditch come un inutile spreco di tempo ed energie.

“Voglio andarmene prima di subito,” sbottò indignato Fred, quando furono finalmente soli.

Hermione, non meno scioccata di lui, dovette impedirsi di urlargli ch’era tutta colpa sua se si ritrovavano in quel guaio. Insomma, era stato o non era stato lui a insistere col proprietario dell’emporio per avere dettagli sul grammofono?

“Tutto questo è impossibile e offensivo! Sì, mi offendono, mi sento offeso! Sono praticamente un secchione zuccone come Percy, qui!”

La ragazza titubò sull’intervenire o meno, notò che fosse realmente fuori di sé. Erano nella Guferia, circondati da civette e gufi che svolazzavano, emettendo suoni a volte acuti e a volte profondi, senza contare un principio di cattivo odore dovuto agli escrementi freschi. Il contesto non aiutava il buon umore, ma le falcate con cui Fred faceva avanti e indietro in quella piccola circonferenza erano più snervanti di quei volatili che, di tanto in tanto, cercavano di artigliare le divise e qualche ciocca di capelli.

“Non dici niente? Ma certo! Tu hai Sirius, menomale che avevi una cotta per me! Due volte ti sei fatta baciare! Due!” sbraitò, irritato come se Hermione l’avesse in qualche modo tradito.

“Sei stato tu a dire che dovevamo stare al gioco,” si difese lei. “E smettila di fare il bambino piagnucolone! Se siamo in questo guaio è tutta colpa tua!” inveì, non riuscendo più a trattenersi.

“Mia? Sei stata tu a notare il grammofono!”

“Ma tu hai insistito con quello dell’emporio!”

Si fissarono con astio per qualche istante, fortuna che un’improvvisa risata di Fred spezzasse la tensione. “Stiamo litigando sul serio per un grammofono?!” riuscì a dire tra le risate, che, ben presto, contagiarono anche la strega. Fu così che si ritrovarono seduti su quel sozzo pavimento in pietra, rilassati e con ritrovato buon umore. Hermione, in un gesto che le sembrò tanto naturale, poggiò la testa contro il braccio di Fred, il quale non seppe spiegarsi perché quel banale movimento gli provocasse tanto piacere.

“Siamo due idioti,” commentò lei. “Litighiamo tra di noi e non pensiamo a come tornare alla realtà.”

“È un universo al contrario,” decretò Fred, ignorando la riflessione di Hermione.

“Al contrario?”

“Già. Pensaci, anche se qui siamo tutti e due al sesto anno, esattamente come Remus e gli altri, il me stesso di questo mondo ha le tue caratteristiche: odia il Quidditch, studia come un matto e crede alle regole della scuola come se fossero leggi divine.”

“Non seguo le regole per questo, ma perché sono…”

“Mentre tu, qui…” proseguì lui, ignorandola ancora una volta, “…sei me! Spiritosa, geniale, amante del Quidditch. Senza contare che stai anche con Black.”

“Sirius, vorrai dire,” corresse la strega.

Fred esibì una smorfia di disappunto. “Black va più che bene,” insistette astioso. “Lui e Potter sono due palloni gonfiati. Hai visto come hanno osato trattarmi? E poi quello ti sta sempre appiccicato, sempre a ripetere ‘è la mia ragazza’…”

Arrossendo più per un’improvvisa gioia che per imbarazzo, Hermione si raddrizzò, fissando un punto indistinto della Guferia. “Sai, se non ti conoscessi, ti definirei geloso.”

“Appunto, se non mi conoscessi!” liquidò lui con sarcasmo, alzandosi e aiutando lei a fare altrettanto. Non seppe dire Fred se fosse stato un caso o un proprio gesto involontario, ma Hermione si ritrovò sbilanciata una volta in piedi e ciò la costrinse ad artigliarsi alla camicia del ragazzo, che la strinse a sé, impedendole di barcollare. “Non perdi mai occasione per saltarmi addosso, Granger!” scherzò malizioso.

“E tu non perdi mai occasione per fare il cretino, Weasley,” ribatté lei, imbarazzata e memore d’avere una cotta per quell’irriverente e intrigante ragazzo.

Ghignò lui, senza ancora lasciarla. “Dico solo la verità! A quanto pare, nonostante Black, preferisci ancora me!”

“Torni a infilare il dito nella piaga? Mi sembrava che avessimo chiuso quella faccenda,” sbottò stizzita e sulla difensiva. La consapevolezza che lui avesse maledettamente ragione la mandava in tilt e la indispettiva allo stesso tempo.

Chiuso? Ragazzina, avevamo appena iniziato!”

“Disturbo?” chiese retorico qualcuno con tono basso e gelido.

Quando i due si voltarono, poterono accorgersi dell’altera e innegabilmente affascinante figura di Sirius Black, in piedi sull’uscio della Guferia, che esibiva un’espressione tra il semplice infastidito e la bellicosa rabbia, intenta a scrutarli.

“Sirius!” squittì Hermione, districandosi dalla morsa di Fred e sistemando goffamente la divisa, che, tra l’altro, era in perfetto ordine. Fred, al contrario, infilò semplicemente le mani in tasca, sussurrò un ‘a domani’ verso Hermione e, con studiata nonchalance, indirizzò un cenno del capo a Sirius, guadagnando l’uscita dalla torre.

“Mi spieghi cosa ti prende oggi? Fino a ieri lo salutavi a stento e oggi ti ci appiccichi come la Piovra,” sbottò Black, una volta rimasto solo con Hermione.

“È simpatico,” sussurrò lei, maledicendo mentalmente il simpatico, che l’aveva lasciata sola con Sirius, il quale s’avvicinava sempre più. Quando la baciò di nuovo, venne invasa da una tale vergogna, perché quello era il padrino di Harry, quello era un adulto!, che riuscì soltanto a stare impalata prima e a fuggirgli poi, obiettando d’aver tanto, ma proprio tanto, sonno. Fu mentre si dirigeva al dormitorio che un pensiero malsano l’attraversò: il Sirius Black sedicenne era forse il ragazzo più bello che avesse mai visto.


 
****

 

“George, ma tuo fratello sta comprando tutto l’emporio?!”

“Non ne ho idea, aspettiamo un altro po’, poi vediamo che fine ha fatto.”

Lee sembrò poco convinto. “Sarà, ma dieci minuti per comprare due pergamene mi sembrano troppi. Là dentro non c’è nessuno.”

“Bevi la tua Burrobirra, Lee,” ribatté tranquillamente George, che evidentemente non riteneva sospetti quei dieci minuti. Perché lì, dove l’ordine cronologico era quello reale e tutto procedeva in modo corretto, non era affatto trascorso un giorno intero, ma soltanto dieci miseri e innocui minuti.


 
****

 

“Qualcuno ci verrà a cercare, l’ho pensato questa notte.”

“L’ho pensato anch’io, ormai, siamo spariti da quasi ventiquattro ore.”

Hermione annuì, versandosi dell’acqua nel bicchiere, aveva lo stomaco talmente chiuso che aveva deciso di bere solo acqua, per evitare di morire disidratata. Fred, al contrario, mangiava anche più del solito, come se il nervosismo gli avesse portato un insolito appetito.

“Oggi andremo nella tua biblioteca in cerca di qualcosa, se non troviamo nulla, andiamo da Silente.”

Hermione boccheggiò, non l’aveva mai visto tanto severo. “Fai sul serio?”

Le rifilò un’occhiata divertita. “Purtroppo, sì! Non voglio restare qui, senza George, per giunta. Non mi trovo da solo.”

L’aveva detto con apparente noncuranza, ma a Hermione bastò per non indagare oltre sulla serietà di Fred. Non l’avrebbe mai capito appieno, il loro rapporto, ma era certa di una cosa: separare quei due equivaleva a torturarli e a rinchiuderli in una cella di isolamento; in poche parole, era un abominio sotto mentite spoglie.


 
****

 

“Felpato, ho visto la tua ragazza uscire con quel Weasley, questa mattina,” sibilò malizioso Peter, avanzando verso la Sala Grande assieme ai tre amici.

“Quindi? Fred è molto simpatico, se ne sarà accorta anche Hermione,” intervenne immediatamente Remus, voglioso di stemperare l’umore già pessimo di Sirius, il quale, ad ogni modo, ostentava un dignitoso e furente mutismo.

“Quel Fred farà la fine di Mocciosus, se non le sta alla larga!” decretò James, dando una pacca sulla spalla a Black, mostrandosi in tal modo solidale e sempre pronto ad agire in favore degli amici.

“Non farà nessuna fine,” esordì il forse tradito, degnandosi finalmente di parlare. “Perché nessuna preferirebbe un altro a me.”

“Ben detto!” esclamarono in coro James e Peter, mentre Remus inarcava con eloquenza le sopracciglia. Ma quanto erano presuntuosi i suoi migliori amici?!
   
 
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