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Autore: Xiyouji    13/10/2004    1 recensioni
La fan fiction è stata composta cercando di rimanere aderenti il più possibile al manga di Kazuya Minekura. Ogni riferimento non meglio chiarito andrà dunque ricercato all'interno della storia originale! leggete e commentate!
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 20

“Se cerchi Tenpou, sta ancora dormendo…” disse una voce alle sue spalle. Maya, con la mano ancora alzata in procinto di bussare alla porta, si girò sorpresa: “Ken…”.
Il generale coprì con pochi passi la distanza che li separava e rimase davanti a lei in silenzio. Lui non era bravo a parlare… in quelle circostanze, soprattutto. La ragazza studiò il volto del dio: altre volte l’aveva visto, la mattina, tanto pallido e con gli occhi arrossati... di solito era indice che la sera prima Kenren si era divertito un sacco… ma quella volta, il sakè non c’entrava nulla. Maya si appoggiò alla sua spalla, cingendogli con un braccio la schiena, e lui fece lo stesso. L’aria di quel mattino era tersa e il palazzo silente. E per quanto riguardava loro, nessuno dei due sentiva il bisogno di parlare.
Rimasero qualche minuto zitti, a confortarsi a vicenda in quel modo silenzioso; poi Kenren sussurrò: “Dai, andiamo…” “Dove?” chiese Maya, lasciandosi guidare da lui.
“A svegliarlo…” spiegò Kenren. Poi, accennando un sorriso che però risultò molto più triste di quanto non avrebbe voluto, “Ti pare giusto che Ten possa dormire così tanto mentre noi siamo già in piedi?”
Maya cercò di rispondere a quel sorriso, ma nemmeno lei ci riuscì: “È strano, però… da quando vi conosco, sei sempre stato tu quello che doveva venire buttato giù dal letto…”
“Appunto… finalmente posso vendicarmi! Chi se la perde questa occasione, eh?” scherzò ancora il dio, ma i suoi occhi non riuscivano a ridere come al solito. Maya abbassò lo sguardo: era chiaro che il ragazzo si stava sforzando di tirarla su di morale. Questa consapevolezza le fece salire un groppo in gola: Kenren veniva troppo facilmente bollato come uno spaccone… ma quanti, nel regno celeste, avrebbero dimostrato una sensibilità anche solo paragonabile alla sua?
“Ah, ma se vuoi… posso lasciare a te il compito di svegliarlo…” la pizzicò ancora lui, “Di certo Tenpou sarebbe ben più felice di vedere te piuttosto che me…”
“Certo… chi si vorrebbe svegliare trovandosi davanti un faccia come questa?” stette al gioco lei, prendendo scherzosamente tra le mani il volto smorto di Kenren.
“Ehy… vuoi che ti faccia una lista? Non sai quante donne ne sarebbero felici!”
“Sei così pallido che sembri un annegato…”
“Per inciso, vorrei farti notare che nemmeno tu stai brillando di salute…”
“Già…” ammise lei, incupendosi un poco.
“Comunque… se vuoi svegliarlo tu, io posso anche farmi un giro e tornare tra una mezz’oretta… non so se mi spiego…” continuò a prenderla in giro Kenren, affrettandosi a strapparla a pensieri dolorosi.
Maya arrossì: “A proposito di questa storia… io e te dobbiamo ancora fare i conti!”
“Cosa? Per cosa?” finse di cascare dalle nuvole lui.
“Non sei per niente furbo, Ken… tu e Goku avete lasciato impronte dappertutto…”
“Ah… quello…” balbettò il generale, fingendo di ricordarsi, “Beh, ma noi passavamo di lì e abbiamo solo dato un’occhiata… noi non…”
“A me avevi raccontato un’altra storia…” s’intromise Tenpou, sbucandogli alle spalle. Sia Kenren che Maya sobbalzarono: non si erano minimamente accorti di lui!
“Ten!!! Vuoi farmi morire di paura?” lo rimproverò l’altro.
“Se hai paura è perché hai la coscienza sporca…” rispose quello, guardandolo storto attraverso gli occhiali.
“Aaah, accidenti… avresti dovuto rimanere a letto! Non sai che occasione ti sei perso!” gli disse il primo ammiccando, alludendo a Maya che, continuando ad arrossire, sbottò: “Ancora con questa storia? La pianti?”
Tenpou sospirò: “Avrei dovuto mettere le imposte a quelle finestre… perché non l’ho fatto?”. Poi, continuando a scuotere la testa, entrò in casa, invitando con un gesto gli altri due a seguirlo.
“Ooh, ma com’è ironico il signorino quando torna a casa a certe ore…” brontolò bonariamente Kenren, seguendolo.
“Certe ore? Perché? Non è tornato dopo avermi accompagnata?” chiese Maya, stupita.
Kenren si rabbuiò leggermente; la guardò e, nel risponderle, perse completamente il tono scherzoso che – con tanta fatica – era riuscito ad assumere: “No… è stato… fuori…”
“Ah…” fece lei. Non le piaceva farsi gli affari degli altri, e anche se la risposta del dio non era stata esattamente esauriente, normalmente non avrebbe fatto altre domande; ma l’espressione di Kenren era, tutt’a un tratto, diventata così triste che lei non riuscì a trattenersi: “E… dove?”
Kenren si voltò per chiudere la porta: “Ve lo diremo ora…”
Ve lo diremo?” ripeté sempre più perplessa, seguendo il generale in casa; solo allora si accorse di una chioma bionda all’interno della stanza in cui l’aveva condotta. Konzen… il cuore di Maya si strinse tanto che non trovò la forza di guardare in faccia il dio. Per quanto lei e Kazue fossero state legatissime da anni… probabilmente Konzen era quello che stava soffrendo più di tutti. E in effetti, non poteva essere diversamente. Quell’uomo era talmente pallido da far sembrare Kenren una statua di ebano! Maya si scoprì a provare nel suo cuore qualcosa che proprio non avrebbe mai immaginato di poter provare per una persona come Konzen: compassione.
“Ora siamo tutti…” esordì Tenpou, sedendosi con gravità al tavolo, “Bene… allora posso cominciare…”

“Ho pensato che fosse giusto che tutti sappiate…” mormorò il generale, mantenendo i suoi attenti occhi verdi bassi sulla tazza di caffè che teneva in mano, “…perché in precedenza, se avessi parlato, probabilmente molte cose sarebbero state evitate…”
Maya lo guardò preoccupata: che Tenpou si stesse sentendo in colpa per la sfuriata che gli aveva fatto la sera prima?
“Sarebbe giusto che sappiamo che cosa?” disse Konzen, con un filo di voce. Kenren abbassò lo sguardo: non riusciva a sopportare lo spettacolo di Konzen Douji ridotto a meno dell’ombra di se stesso.
Tenpou fece una breve pausa per cercare le parole giuste: l’ultima cosa che voleva era ferire ulteriormente la sensibilità degli altri… d’altro canto, quello che stava per raccontare era una cosa veramente forte… si chiese per l’ennesima volta se quella di riunirli fosse stata la scelta giusta. Per tutta la notte era rimasto sveglio a cercare di trovare il bandolo della matassa, la chiave per interpretare nel modo corretto le rivelazioni della moglie di Li Touten… ma ora che l’aveva trovata? Che doveva farne? Non aveva resistito a raccontare tutto a Kenren: la scoperta di tutto quello che c’era dietro a quella storia l’aveva shockato al punto che aveva dovuto dirlo a qualcuno… ma ora, qual era la scelta migliore da fare nei confronti di Konzen e di Maya?
“Io… ho scoperto delle cose su Kazue.” rispose esitante Tenpou, “Ieri notte sono andato a casa di Li Touten, sperando di trovare qualche indizio utile ad accusarlo… o almeno a vederci più chiaro… Ma ho trovato ben altro…”
Konzen impallidì ancora di più, mentre Maya cominciò – suo malgrado – a tremare. Kenren le mise una mano sulla spalla per incoraggiarla, ma lei era così concentrata sulle parole di Tenpou che nemmeno se ne rese conto.
“Ora ve lo chiedo… e pensateci bene prima di rispondermi, perché dopo sarà troppo tardi.” continuò il generale, alzando finalmente lo sguardo sui due, “Volete veramente saperlo? Siete liberi di decidere. Se non volete sentirlo, potete andarvene, nessuno vi biasimerà per questo. Io…” sospirò, “…io capisco.”
Né il dio né la ragazza mossero un solo muscolo: anche se la prospettiva di conoscere i retroscena di quella vicenda non prometteva altro che ulteriore sofferenza, capire per quale motivo avevano dovuto perdere Kazue era l’unica cosa che volevano.
“D’accordo…” disse Tenpou, dopo aver atteso un po’.

“E tutto questo che cosa significherebbe?” domandò stizzito Konzen, una volta che Tenpou ebbe finito di raccontare. Dentro di sé sentiva crescere un rancore incontrollabile: benché il generale fosse suo amico da tantissimo tempo, quel suo modo di fare così enigmatico, così calcolatamente oscuro gli stava dando i nervi. Non poteva giocare con lui in quel modo. Come osava avere così poco rispetto per il suo dolore? Un dolore che stava andando al di là di quanto avesse mai pensato fosse possibile soffrire… e Li Touten avrebbe pagato per questo. Avrebbe pagato con tutti gli interessi. Era solo per quel motivo che, quella mattina, aveva accettato di andare da Tenpou ad ascoltarlo: ma lui gli aveva promesso rivelazioni sulla morte di Kazue… e invece ora stava solo facendo mostra della sua intelligenza davanti a loro…
Con rabbia si alzò in piedi, guardando con occhi di fuoco il generale: “Ti diverti a prendermi in giro?”
“No, Konzen. Ti assicuro di no.”
“Allora perché mi hai fatto venire qui? Solo per raccontarmi i deliri di una pazza?” lo aggredì l’altro, cercando di dar sfogo in qualche modo al suo dolore.
“La moglie di Li Touten è pazza, ma i suoi non sono deliri…”
“Non sono deliri?! Una… una che pensa di poter incontrare dei figli che non ha mai avuto non sta delirando??” continuò Konzen, urlando sempre più forte.
“Ti prego, Konzen. Se gridi così forte…” tentò di placarlo Tenpou, ma l’altro non lo ascoltò nemmeno: “Perché hai voluto che venissi? Solo per poterti fare i complimenti per quanto sei stato bravo ad intrufolarti fino là? Solo per sentirti dire quanto sei stato intelligente e coraggioso?”
“Konzen! Lascialo finire!” si intromise Kenren, avvicinandosi a lui, ma quello lo cacciò in malo modo.
“No! Per me ha già finito.” sibilò il dio, voltandosi per andarsene. Il moro fece per fermarlo, ma le parole di Tenpou giunsero più veloci di lui, squarciando come lame il silenzio della stanza: “Kazue era la madre di Nataku.”
Konzen si bloccò, rimanendo per un istante immobile; poi, con uno scatto, si avventò su Tenpou, afferrandolo per la camicia: “Che cosa stai dicendo???” gli gridò fuori di sé.
Gli occhi verdi di Tenpou fissarono con severità quelli del dio; il suo sguardo era grave ma tranquillo. Lo sguardo di uno che sta dicendo la verità. Lentamente, Konzen lasciò la presa, accasciandosi senza più forze sulla sedia che aveva abbandonato.
Maya si coprì la bocca con le mani, ammutolita: si voltò smarrita verso Kenren, alla ricerca di una conferma. Gli occhi di quest’ultimo le ripeterono la stessa tragica versione. Era quella la realtà. Era quello il segreto che legava Kazue a Nataku e a Li Touten. Proprio quello.
“Ma…” balbettò la ragazza, scuotendo la testa incredula, “…Ma non è possibile…Nataku è nato da una donna mortale…”
“Questo è quello che Li Touten ha voluto farci credere. Ma non è la verità.” rispose Kenren, riprendendo posto a sua volta.
“Tenpou!” lo interpellò Maya severamente, “Stai dicendo che Kazue e Li Touten…”
“No. Non è così.” la anticipò lui, intuendo quale fosse la sua domanda, “Non c’è stato nessun incesto.”
“E allora come? Come poteva essere sua madre?” replicò lei, con voce rotta.
“Io… credo di averlo capito… ma, per quanto sia convinto della bontà della mia idea, non posso provarvelo in maniera definitiva. La conferma ce la potrebbe dare solo Li Touten… ma dubito che sia così disponibile a farlo…” cominciò il dio, a testa bassa.
“Come… come lo hai capito?” sussurrò Konzen. Tenpou sospirò: “Io credo che la moglie di Li Touten sapesse tutto questo. E che proprio il dover custodire questo segreto l’abbia portata alla pazzia.”
“Come fai a dirlo?” gli chiese Maya.
“Lei ogni sera esce dal palazzo e aspetta di incontrare i suoi figli. Dei figli che non esistono nella realtà, ma che sono reali per lei. Credetemi, io ho visto con quanto amore ne parlava. Lei non vede più quello che c’è… lei vede solo quello che vuole vedere. Ed, evidentemente, è il suo desiderio di avere dei figli suoi, dei figli che non hanno nulla a che fare con Nataku e col marito, è quello a farle credere che la sua illusione sia vera.”
“Ma la moglie di Li Touten non ha mai fatto mistero del suo odio verso Nataku… non credi che questa sua pazzia possa essere stata causata dall’odio che nutre per lui?”
“L’avevo pensato anch’io. Ma accettando una simile ipotesi, non è possibile dare un senso a tutto il suo discorso…”
“Ma Ten! Quanto possiamo fidarci di quello che ti ha detto quella donna? Non era in sé…” tentò di ribattere Maya, ma il dio scosse la testa: “Quella donna non si rendeva conto di starmi dicendo quelle cose, è vero. Ma questo non significa che mi stesse raccontando fantasie. È tutto troppo logico per essere solo un delirio!”. Tenpou si alzò e si mise davanti alla finestra: “A un certo punto, ha cominciato a farmi un elenco di parole. Ha parlato di scale, di una stanza e di una vasca. E di un bambino.”
“Sì… me lo ricordo… e allora?” domandò Maya, sempre più agitata.
“Non riuscivo a capire che legame ci fosse tra quelle parole, ma sentivo che non erano state dette a caso.”
“E che legame può esserci?” chiese Konzen.
“Lo sapevate… lo sapevate che è possibile creare un essere vivente in modo artificiale?” domandò a sua volta Tenpou, spiazzando una volta ancora i due ascoltatori.
Nuovamente la stanza piombò in un tesissimo silenzio; il generale si voltò verso i suoi sbalorditi ascoltatori: “Già… è possibile… Basta avere un motivo più che valido per farlo… procurarsi la materia prima per creare questo nuovo essere… trovare un luogo sufficientemente sicuro in cui nasconderlo…una vasca in cui svilupparlo… ed essere talmente privo di scrupoli da non vergognarsi di star mettendo in pratica una cosa talmente abominevole.”
Konzen, senza nemmeno accorgersene, aprì la bocca: c’erano così tante domande che gli si erano improvvisamente affollate in mente che non sapeva nemmeno lui con quale incominciare. Esitò un istante, e poi riuscì a sussurrare solo questo: “Nataku è nato in questo modo?”
Tenpou si risedette al suo posto: “Sì. Io credo di sì.”
La sua ultima frase aveva avuto, per Konzen e Maya, lo stesso effetto di un calcio nello stomaco; Tenpou e Kenren li guardarono tristemente… era stata la stessa reazione che avevano avuto loro. Solo che apprenderlo a quel modo doveva essere molto più terribile e doloroso piuttosto che arrivarci attraverso il ragionamento…
“Naturalmente non ho prove di questo, tranne le parole della moglie di Li Touten…” si affrettò a precisare il giovane, sistemandosi gli occhiali, “Le scale, la stanza, la vasca… io non ho dubbi. Quella donna voleva indicare il luogo dove Nataku è stato creato. Il laboratorio segreto di Li Touten…”
“Ma… Kazue?” balbettò Maya, cominciando a sentirsi sperduta in quel mare di rivelazioni tanto terribili, “Perché dici che Nataku è suo figlio?”
“Nataku è suo figlio… indirettamente.” cercò di spiegarsi Tenpou, riflettendo su come fare quel discorso nel modo migliore, “Non si può creare un essere dal nulla. C’è bisogno di materia prima… un corpo è composto da cellule, e di queste c’è bisogno. Anche Li Touten, quindi, deve aver dovuto prendere delle cellule da qualche parte, se voleva creare la sua bella bambola… E secondo me, le deve aver prese da Kazue. In questo senso lei era sua madre.”
“E questo… questo l’hai capito grazie a quale discorso?” domandò ironicamente Maya, che cominciava a innervosirsi.
“Maya…” le rispose Tenpou, sospirando, “io capisco che sia difficile per te accettarlo, ma a questo punto impuntarsi e ostinarsi a far finta di non vedere è la cosa peggiore che possiamo fare nei confronti di Kazue…”
“Ten… io conoscevo Kazue da anni. Da anni, da molto prima che tu e chiunque altro qui dentro la incontrasse. E di questo lei non mi ha mai detto una parola. Neanche una.” continuò la ragazza, scuotendo la testa, “Io non posso crederci.”
“Se sono arrivato a questa conclusione, è perché ho dei validi motivi per crederci. Non mi sarei mai sognato di dire certe cose su Kazue se non ne fossi veramente convinto…”
“Io non ci credo. Scusami. Non posso…” si ostinò lei, “Io non…”
“Il legame tra lei e Nataku come lo spieghi, allora?” la interruppe lui, severamente. Maya lo guardò smarrita; tutta l’irritazione che le era nata nel cuore, a quelle parole, aveva lasciato il posto ad una consapevolezza paralizzante, ma tentò ugualmente di ribattere: “Erano… erano parenti!”
“Già… cugini…” continuò Tenpou.
“Sì… erano cugini.” Confermò Maya, ma non con la stessa forza di prima.
“Ma Kazue non si comportava come una cugina con lui…” insistette il generale, “…tu la conosci da più tempo di tutti noi, non venirmi a dire che non te ne sei mai accorta…”
Maya abbassò lo sguardo; si sentiva svuotata. Avrebbe dato qualunque cosa per trovare un argomento capace di smontare l’ipotesi di Tenpou… ma non ce l’aveva.
“L’atteggiamento di Kazue verso Nataku era quello di una madre… Ed è logico che fosse così… perché, anche se in modo particolare, Kazue era sua madre veramente…” continuò Tenpou, abbassando a sua volta lo sguardo davanti a Konzen. Le parole gli uscivano sempre più amare di bocca: non gli piaceva fare quella parte, non gli piaceva essere quello che metteva in piazza i segreti degli altri… soprattutto se la persona in questione era Kazue… Ma se stava raccontando quelle cose, era per uno scopo preciso: già una volta, a causa della loro impreparazione, Li Touten l’aveva avuta vinta. Era iniziata una guerra tra loro, e lui sapeva meglio di chiunque altro che per vincere è necessario conoscere il nemico. Ogni cosa del nemico. Anche cose come quella…
“Io credo… che Kazue abbia ascoltato di nascosto la nostra conversazione dell’altro giorno…” disse Kenren, partecipando alla spiegazione, “Quando ho detto che probabilmente anche Nataku sarebbe stato presente all’incontro sulla terra… Per questo ci è andata. Per lui…”
Maya rimase per un po’ in silenzio; aveva troppi pensieri e quella moltitudine non le permetteva di ragionare con ordine.
“Ma se è così perché non ha mai detto niente?” balbettò la ragazza, “Avrebbe potuto fermare Li Touten, avrebbe potuto smascherarlo… lei aveva… lei poteva…”
Tenpou si alzò andando a inginocchiarsi davanti a lei: “È vero, se avesse parlato, Li Touten sarebbe stato spacciato… ma Nataku? Che fine avrebbe fatto lui?” disse con tono carezzevole. Maya sospirò, non riuscendo a sostenere il suo sguardo.
“Come avrebbe reagito lui venendo a sapere che sua cugina in realtà era sua madre? Quanto lo avrebbe fatto soffrire questa cosa? Il rendersi conto che tutto il suo mondo è falso, che tutto quello che crede è solo una bugia?” continuò Tenpou. La ragazza annuì debolmente: riusciva a capire molto bene. Kazue aveva sopportato quel terribile segreto per tutti quegli anni per proteggere Nataku; in definitiva, proteggere il ragazzo era stato quello che aveva fatto per tutta la vita, fino al suo ultimo giorno, fino al suo ultimo respiro. Come qualunque madre avrebbe fatto.
Kenren cercò con la mano la fiaschetta di sakè: per quanto potesse sembrare scortese bere in quel momento, ne aveva un impellente bisogno. Tutto quello era troppo difficile da sopportare, perfino per lui… con stizza si ricordò di averla finita già da tempo. E non era proprio il caso di alzarsi e andarne a prendere una nuova: lì c’era bisogno di lui, non poteva allontanarsi a quel modo. Non tanto per Maya: anche se stava soffrendo, il suo dolore aveva trovato una qualche via di sfogo. E soprattutto, poteva contare su Tenpou. Lei non era sola, ma Konzen sì. Konzen non poteva più appoggiarsi a nessuno.
Il dio non era riuscito a dire una parola; se ne stava immobile a guardare Tenpou che parlava, con lo sguardo vuoto. Konzen non riusciva a reagire in nessun modo: era ancora preda del dolore. E in quello stato, per quanto cercasse di convincersi del contrario, era totalmente indifeso. Come avrebbe potuto opporsi a Li Touten in quelle condizioni? Come avrebbe potuto scrollarsi dalla disperazione che lo teneva incatenato e portare avanti con determinazione la vendetta?
C’era bisogno di qualcuno che lo scuotesse. Ce n’era un bisogno assoluto. E Kenren sapeva che nessuno ci sarebbe riuscito meglio di lui.
“E allora, Konzen? Che hai intenzione di fare?”
Il biondo si scosse come se si fosse appena svegliato da un sogno; spostò i suoi occhi ormai spenti su Kenren e gli rispose: “La tua mi sembra… una domanda piuttosto stupida…”
Il generale sorrise amaramente: anche se era ridotto ad uno stato che gli faceva stringere il cuore, Konzen Douji non riusciva davvero ad abbandonare la sua vena scorbutica…
“Vuoi vendicarti? Con il piglio che hai…” disse alzandosi in piedi, “… non riusciresti a impensierire nemmeno una formica, figuriamoci Li Touten.”
Konzen scattò in piedi a sua volta, trattenendosi a fatica: “Idiota! Come ti permetti di parlarmi in questo modo? Tu non puoi sapere…”
“Tu hai la faccia di chi è già rassegnato a perdere.” lo interruppe l’altro, fissandolo con i suoi occhi grigi.
Il dio fece per ribattere, ma proprio in quel momento il suo sguardo cadde sul suo riflesso in uno specchio lì vicino: in un primo momento, non riuscì a riconoscersi. Non riusciva a credere di essere veramente quell’immagine. Kenren non aveva torto su nulla: si era ripromesso di vendicare la donna che aveva amato… ma erano quelli gli occhi di un vendicatore? Erano quelli gli occhi di chi era disposto a tutto pur di fare giustizia? Quell’immagine che vedeva riflessa non aveva occhi. Era solo l’immagine di un derelitto… uno che non aveva nemmeno la forza di mostrarsi vivo.
Kenren indugiò qualche istante su di lui poi, con un mezzo sorrisetto, fece qualche passo strascicato verso l’altro generale e Maya: “Ehy, Ten… è meglio se lo rimandiamo a casa…” sbottò con malagrazia, “…a tenerlo in questo stato, c’è il rischio che si faccia ammazzare anche lui da Li Touten…”
Maya lo guardò allibita: stava per protestare per un simile trattamento, ma Tenpou la fermò con un gesto. C’era un motivo se Kenren stava agendo in quel modo, e lui l’aveva capito. E approvato.
A quelle parole, Konzen si sentì nuovamente ribollire il sangue; strinse forte i pugni, rimanendo rigido nella sua posizione.
“Il rischio più grande… è che se non chiudi quella bocca, ci finisci tu ammazzato… ma da me!” ringhiò il dio, voltandosi piano verso il generale. Quello, apparentemente senza badare più di tanto alla minaccia, si sedette mollemente appoggiandosi al balcone: “Non mi dire…”
“Non tollero questo tono da te.”
“E io non tollero di trovarmi ad avere a che fare con uno che potrebbe mandare a monte tutto quanto!” ribatté aggressivamente Kenren, accendendosi una sigaretta, “Kazue non stava a cuore solo a te, Konzen! Tutti noi stiamo soffrendo, tutti noi siamo determinati ad avere vendetta. Per questo non ho nessuna intenzione di lasciarti stare con noi per pietà, se questa tua debolezza potrebbe portarci al fallimento!”
Konzen si voltò definitivamente verso i tre: Kenren per un istante ebbe un brivido, spaventato dall’espressione che ora campeggiava in quegli occhi viola. Ma questa sua reazione istintiva durò appena un attimo: infondo, non l’aveva punzecchiato per quel motivo?
Il dio sorrise con la sua solita, calcolata arroganza: “Beh… era ora che questo lato di te venisse fuori, Konzen… lo stavo aspettando…”
L’altro si fermò, spiazzato dalla sua risposta: Tenpou e Maya sorrisero a loro volta. Quello era il Konzen che stavano aspettando anche loro di vedere.
“Per un attimo ho pensato seriamente di lasciarti fuori dal piano…” ridacchiò Kenren, esalando il fumo che aveva aspirato.
Sia Konzen che Maya ebbero un brillio sinistro negli occhi: “Un piano?” ripeté il dio.
Kenren rise un altro po’, spegnendo la sigaretta con espressione compiaciuta: “Ci puoi giurare…” rispose solamente.

  
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