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Autore: lumieredujour    03/09/2013    3 recensioni
Sei OS che scrivo per descrivere quelle che secondo me sono i momenti più imbarazzanti che quasi ogni ragazza ha il "piacere" di passare quando s’innamora. Sarà un crescendo di situazioni che mi fanno battere i denti al solo pensiero. Se siete ragazze, leggete e ditemi se non siete d’accordo anche voi.
Se siete ragazzi, vedete e ammirateci per il nostro coraggio.
Se siete genitori (e soprattutto padri), beh, vedete quanto è difficile per noi avere a che fare con certe cose. Fidatevi, esperienza personale.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. Ti presento i miei

-Penso sia ora- lo fissai intensamente mentre un ghigno affiorava sulle mie labbra.
Mi girai, per fare in modo che non lo vedesse, e presi a tirarlo per la manica. Due scalini, ma lui non dava segni di vita. Altri tre, ma niente. Mi girai sperando che non fosse morto – o peggio – che non si fosse asfissiato per evitare di conoscere i miei.
Era bianco come un cadavere, con gli occhi sbarrati e la bocca schiusa in una “o” perfetta. Il suo sguardo era fisso sulla casa, sembrava avesse visto un fantasma. Mi girai anch’io e puntai lo sguardo alla finestra dove mio fratello Giorgio si era appostato. Quello stramaledetto nanerottolo. Tredici anni di pura perfidia.
Arrivammo davanti alla porta, che stavo per aprire, quando decise di dare segni di vita.
-Irene ti prego no. Tutto ma non – tentennò – questo-
Speravo che i “segni di vita” che dovessero essere più promettenti e ottimisti. Mi girai con le mani sui fianchi.
-Io ho affrontato i tuoi– gli presi una mano – stiamo assieme da quasi tre anni, me lo devi! Ti prego- sfoderai l’ultima arma: gli occhi da cucciolo.
Abbassò lo sguardo sconfitto. Bersaglio colpito in pieno, vittoria!
-Promettimi che rimarremo poco- chiese, implorandomi.
Alzai gli occhi al cielo.
-Ma certo! E ora muoviti. Ricorda cosa ti ho detto: rispondi sempre e se non sai cosa rispondere guarda me. Ora, da bravo, vieni ti presento i miei-
L’ultima parola la dissi stringendo i denti mentre, con uno sforzo per me titanico, gli feci suonare il campanello. Non vedevo l’ora!
La porta si aprì dopo dieci secondi e mia madre fissò prima me, poi guardò Leonardo, ed infine notò che eravamo a braccetto. Stavo quasi per placcarla per farci entrare, quando disse:
-Caro, abbiamo un amico di Irene! Vieni in salotto.-
Fece entrare entrambi e io feci le presentazioni:
-Mamma questo è Leonardo, Leo questa è mia madre.-
- Potresti chiamarmi anche Cristina. Non sono così vecchia da dover essere chiamata “signora”. Irene conosci la casa, porta il tuo – pausa maliziosa – amico in salotto. Io vado a chiamare tuo fratello.-
Fece per andarsene, ma si fermò e chiese: - Vuoi qualcosa?-
La faccia di Leo esprimeva un pensiero come “un bicchiere di arsenico, grazie” perciò risposi io per lui.
-Un bicchiere d’acqua per lui e un po’ di te caldo per me, grazie mami.- le scoccai un bacio sulla guancia prima di trascinare Leo in salotto.
In salotto, vicino al caminetto, mio padre stava leggendo un libro quando alzò gli occhi.
-Papà questo è il mio ragazzo, Leonardo- gli sorrisi per poi rimanere sconcertata.
Fissai prima lui, poi Leo. Incredibile, mi dissi.
Avevano la stessa identica espressione di puro terrore. Aggrottai le sopracciglia e fissai di nuovo mio padre.
Si alzò, si avvicinò e tese la mano a Leo che la strinse e balbettò un “piacere”. Mio padre grugnì.
Ringraziando chi di dovere, mia madre entrò provvidenzialmente in salotto con un vassoio e Leo distolse lo sguardo da mio padre per posarlo su mia madre. Mio padre non si mosse di un millimetro, l’unica cosa che si muoveva era la palpebra sinistra. Bene, ora aveva pure un tic.
-Caro come sei scortese, non hai nemmeno fatto accomodare l’ospite – disse ospite con un tono intimidatorio- prego Leonardo, siediti sul divano.-
Leo si sedette, prese e ringraziò mia madre per il bicchiere d’acqua e bevve.
In quel momento entrò mio fratello Giorgio, il bastardo, che chiese:
-Quindi questo è il ragazzo che ora tenta di portarsi a letto mia sorella?-
Leo rischiò di sputare tutta l’acqua, io e mia mamma guardammo mio fratello in cagnesco. Solo mio padre non si era mosso, ma il tic all’occhio aveva iniziato ad essere preoccupante ed intimidatorio. Ed anche inquietante.
-Giorgio o stai zitto o te ne vai.- dissi a denti stretti e ripromettendomi di fargliela pagare cara.
La temperatura nella stanza era scesa di dieci gradi e la tensione era palpabile. Presi un po’ di te per riscaldarmi.
Leo era una statua di sale, eppure le sue mani stavano tremando. Per poco mi dispiacque. Poi ricordai come fu affrontare i suoi.
-Dicci Leonardo- mia madre tentò una debole domanda- studi? O lavori?-
Leo si schiarì la gola e disse:
-Studio all’università. Giurisprudenza. E lavoro part-time come aiuto-bibliotecario.-
Mia madre sorrise bonaria. 1 punto per Leo.
-E come hai incontrato mia figlia?- chiese mio padre con tono freddo. Giurai d’aver visto una nuvoletta di fumo uscire dalla sua bocca, come se fosse pronto a sputare fuoco.
-Lei veniva ogni giorno in biblioteca a leggere libri su una poltrona. Rimaneva fino all’orario di chiusura e io, a volte, alzavo lo sguardo verso di lei. A volte la vedevo ridere, altre piangere. Un giorno le chiesi se potessi farle compagnia. Lei mi rispose che Mr. Darcy era una compagnia abbastanza impegnativa e che non poteva intrattenersi con nessun altro. Dopo che se ne fu andata trovai sulla poltrona un biglietto con il suo nome e  il suo numero.-
Mia madre stava quasi per piangere. Altro punto per Leo.
-Quanti anni hai detto d’avere?- chiese mio fratello, brusco.
-Ne ho ventuno-
-Sei più grande- affermò mio fratello.
-Di un anno, sì- annuii Leo.
Quello che seguì fu un silenzio denso ed imbarazzante. Mi schiarii la voce e dissi:
-Papà, lo sai che Leo gioca a basket?-
-Davvero?- mio padre alzò un sopracciglio.
-Sìssignore- disse Leo in modo militare.
-Giocavo anch’io a basket. In tempi antichi. Prima dell’incidente-
-Incidente signore?- chiese Leo incuriosito.
-Caddi dal letto a castello- disse mio padre malinconico.
A Leo scappò una risata che nascose dietro un attacco di tosse. Purtroppo mio padre non era così stupido.
-Lo trovi divertente? Trovi divertente cadere di ginocchio da un metro e mezzo d’altezza? Vuoi provare per vedere se è così divertente?- a mio padre prese a pulsare pericolosamente una vena all’altezza della tempia destra.
-Non ridevo di lei. Ridevo della vita. E’ strana a volte- potevo sentire le unghie di Leo scivolare sugli specchi su cui si stava arrampicando.
Pensai fosse abbastanza perciò sorrisi e dissi:
-Bene, ora che vi siete conosciuti, possiamo andare.- mi alzai, seguita a ruota da Leo e da mia madre che ci accompagnò all’entrata.
Sentii mio padre borbottare un “stupido ragazzino” e mio fratello mormorare una frase che doveva assomigliare a “mia sorella si è messa con un pappamolle imbecille”. Lo scappellotto che vidi colpire Giorgio mi fece piacere, anche se lo vidi solo con la coda dell’occhio.
-Bene signora, volevo dire, Cristina- per la prima volta da quando eravamo entrati Leo si permise di sorridere in modo aperto – le auguro buona giornata.
-Buona giornata a te, Leo. Tratta bene mia figlia.-
-Andiamo lontano. Sento ancora lo sguardo di tuo padre addosso- Leo rabbrividì.
Gli sorrisi e l’abbracciai prima di sentirmi tirata affinchè in tutta fretta entrassi in macchina.
Alzai gli occhi al cielo e partimmo a tutta velocità.



angolo: beh? ditemi un po' se ho esagerato, se dovrei ritirarmi o cosa. ricordate che vi voglio bene,
tanti cuori
Em
  
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