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Autore: Valeriagp    03/09/2013    5 recensioni
Attenzione! Spoiler sulla 5a Stagione.
Merlin ha cercato Arthur ogni momento delle sue innumerevoli vite. Ormai rassegnato a non vederlo mai più, un viaggio in Metro gli cambierà la vita.
Primo capitolo ispirato ad una fic breve letta su Tumblr mesi fa, di cui purtroppo non ho mai più trovato l'autore.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Galvano, Merlino, Parsifal, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessuna stagione, Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Thousand Years and Back'
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Nota dell’autrice:
Cari lettori! Non mi sono dimenticata di voi, né della storia! Pensavate fossi sparita, eh? *si genuflette e chiede perdono per gli scarsi aggiornamenti*
Bene, questo è il penultimo capitolo della fanfic, e spero che, nonostante la lunga attesa, vi piaccia e siate ancora interessati a cosa succede ai nostri personaggi.
Vi prego, recensite recensite recensite - mi serve sapere cosa ne pensate, è utilissimo alla mia crescita come scrittrice - e non abbandonatemi a un passo dalla fine :)
Ci leggiamo nell’ultimo capitolo! :*
Valeria

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Erano ormai giorni che le cose erano ferme; da quando Arthur era tornato dalla sua prigionia, la situazione era in una sorta di stallo, e tutto il team iniziava a dare segni di impazienza.

Gwaine era via da quasi tutto il giorno, aveva detto che doveva andare a parlare con la sua agente, Sylvia, per quanto riguardava i suoi impegni dei prossimi giorni - che al momento, diceva, non gli interessavano: ovviamente tutto passava in secondo piano rispetto alla possibilità che Morgause contattasse Arthur e dovessero organizzare in tutta fretta un'imboscata.

Percival sapeva che per Gwaine era tutto diverso, e che la sua vita prima di reincontrare lui e Arthur era piena di impegni - ovviamente doveva comunque rendere conto alle persone di dove fosse sparito così improvvisamente per più di due settimane.

Elena aveva chiamato un paio di giorni prima: era in Spagna in vacanza, e aveva detto che ora era più serena, stava iniziando a fare pace con l'idea di aver vissuto una vita precedente fatta di principi e fate - Sidhe le avevano detto che si chiamavano - e cavalieri e castelli. Tuttavia non sapeva quando sarebbe tornata a Londra, né se, una volta tornata, si sarebbe a loro.

Leon ed Elyan erano usciti a fare un sopralluogo della zona dove Arthur era stato ritrovato - l'ennesimo sopralluogo che regolarmente non  aveva dato alcun risultato. Sembrava quasi che quel posto li respingesse, e tutti sospettavano che ci fosse di mezzo qualche incantesimo.

Gwen e Lance erano tornati da poco dalla sede dell'Intelligence, dove Gwen stava cercando di intercettare il traffico telefonico sul numero di cellulare che Morgause aveva dato ad Arthur - ovviamente senza alcun risultato. Anche lì, c'era sicuramente di mezzo la magia.

Merlin ed Arthur erano i soliti piccioncini: sempre insieme, erano davvero inseparabili ultimamente. Ma, pensò Percival, cosa c'era di diverso dal loro rapporto a Camelot in fondo? Erano sempre stati indivisibili... L'unica differenza era che ora si erano dichiarati il loro amore, e che... ehm... erano intimi fisicamente. Ed era ben chiaro a tutti, che lo fossero: a testimoniare la loro intimità bastavano gli sguardi infuocati che si lanciavano in qualsiasi momento della giornata ed i segni dei reciproci morsi che avevano addosso. I gemiti che venivano dalla loro stanza la notte erano solo l'ulteriore riprova. Più di una volta Gwaine si era svegliato sentendo le loro voci, e quello che ne era seguito... Diciamo solo che Percival aveva profondamente gradito.

Il biondo cavaliere stava leggendo un giornale sul suo iPad, anche lui in annoiata attesa come tutti gli altri, quando sentì vibrare il suo iPhone. Era un SMS di Gwaine:

 

Ciao gigante, come vanno le cose da quelle parti? - Gw

Ciao coglione, tutto tranquillo. Anche troppo. - P

Ti manco? Ovvio che ti manco. - Gw

Egocentrico. - P

Mi ami anche per quello. - Gw

Certo, principessa. - P

NON CHIAMARMI COSÌ! - Gw

Non mi sembrava avessi problemi quando ti chiamavo così, ieri notte... - P

Non ricordo che tu mi ci abbia chiamato. Ma poi la notte non conta. Di giorno io sono il tuo Re e Signore! - Gw

Allora ammetti che di notte il padrone sono io? - P

MAI! - Gw

Se non ricordo male ti piace particolarmente quando sono io al comando... E ti tengo bloccato al muro mentre con la mano e la bocca ti faccio certe cose... - P

PIANTALA! Sylvia mi guarda strano, devo avere una faccia ambigua. - Gw

Oh, adoro la tua faccia ambigua... Sei così eccitante... - P

Aspetta solo che torni a casa. I muri non reggeranno alla mia foga di vendetta. - Gw

A dopo, principessa. - P

A dopo, stronzo. - Gw


Percival mise via il telefono ridacchiando sotto i baffi: si divertiva tantissimo a prendere in giro Gwaine. E lo chiamava principessa solo per farlo arrabbiare.

Funzionava sempre.

 

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Merlin era stato distratto tutto il giorno, aveva una strana sensazione addosso che non riusciva a comprendere appieno. Era come se qualcosa lo stesse chiamando: aveva il sospetto che avesse a che fare con Morgause e Morgana, perché sentiva nei flussi magici che gli scorrevano nelle vene una specie di retrogusto amaro, un fremito d’allarme che non riusciva a descrivere nemmeno a sé stesso.

Quello che sapeva per certo, era che doveva, DOVEVA, capirne l’origine, perché sentiva nel profondo che era vitale al fine della loro missione. Decise allora di isolarsi da tutto e da tutti per qualche ora, e dopo aver salutato Arthur scusandosi per questo strano comportamento, si incamminò per le strade di Londra in cerca di un luogo tranquillo dove potesse ritirarsi in meditazione.

Dopo qualche tempo, in cui aveva vagato senza meta seguendo la componente più istintuale della sua magia, si ritrovò in un parco, e cercò un angolino lontano dalla gente che faceva jogging, dalle famigliole impegnate in ridanciani pic-nic, e dai giovani innamorati che si scambiavano effusioni più o meno spinte sdraiati al sole tiepido.

Un enorme salice, con le sue fronde rigogliose che quasi toccavano terra, nascondeva agli occhi degli eventuali passanti la presenza di questo strano ragazzo seduto al suolo, con la schiena poggiata al tronco dell’albero, e le dita delle mani che si intrecciavano delicatamente, quasi accarezzandoli, ai fili d’erba che lo circondavano.

Strane cose accaddero, come sempre avveniva quando Merlin si ricongiungeva così con la sua madre atavica, la natura: due scoiattoli curiosi si avvicinarono fino a salirgli sulle gambe incrociate, e Merlin aprì gli occhi che aveva appena chiuso e rivolse loro un sorriso e una carezza. Varie farfalle e lucertole gli giravano intorno, ma senza avvicinarsi troppo, per non disturbarlo: il giovane sorrise anche a loro. E il cielo, che fino a poco prima era stato grigio di nubi, appesantite dall’imminente pioggia, sembrò rischiararsi all’improvviso, regalando a Merlin un raggio di sole che sembrò essere sceso appositamente dal cielo per dargli il benvenuto.

Dopo la sua, sebbene breve, prigionia all’interno della Grotta dei Cristalli, il legame di Merlin con la natura era cambiato drasticamente: era come se le parole che gli aveva detto suo padre - “Tu sei figlio della terra, del mare, del cielo. La magia è il tessuto di questo mondo... e tu sei nato da essa. Tu sei la magia stessa.” - avessero risvegliato in lui un senso di comunione assoluta con i flussi energetici del pianeta, ed improvvisamente fosse diventato consapevole che era da lì che arrivavano i suoi poteri. In effetti, gli piaceva pensare che essi gli fossero stati dati in prestito, che fossero un prezioso regalo che la Terra gli aveva fatto, e che fosse quindi suo dovere onorarli degnamente. La meraviglia che gli aveva riempito il cuore quando era riuscito a produrre dal nulla quella bellissima farfalla, rimaneva per Merlin una sensazione eternamente indimenticabile: in onore di essa e della Natura che gli aveva regalato tanto, per tutti gli anni ed i secoli a venire non aveva mai più negato la sua natura.

Aveva spesso viaggiato in incognito, era stato viandante, mendicante, bardo e poeta, ma a domanda diretta se fosse o no un mago, non aveva mai detto di no. Era consapevole che il suo potere era immenso e che probabilmente era il mago più potente che avesse mai camminato su questa terra. Inoltre, in tutte le sue vite passate aveva imparato ad affinare ancor di più le sue capacità. Ad ogni modo, ciò che non dimenticava mai era di sentirsi onorato di essere stato scelto per portare questo meraviglioso fardello.

Dopo che gli scoiattoli si allontanarono, Merlin chiuse gli occhi di nuovo e lasciò che la sua magia fluisse libera, guidandolo dove era necessaria la presenza della sua coscienza. Dopo qualche minuto in cui il suo livello di meditazione si faceva man mano più profondo, iniziò a delinearsi attorno a lui un ambiente molto scarno, dai dettagli ancora indefiniti, ma che attimo dopo attimo somigliava sempre di più ad una caverna. E non una caverna naturale, bensì una scavata dalle mani dell’uomo. O forse di molti uomini… dopo qualche istante in più, Merlin iniziò a riconoscere un luogo che non pensava avrebbe mai più rivisto: la caverna scavata dagli schiavi di Morgana sotto la fortezza di Ismere. E non un punto generico della caverna: era il luogo esatto dove Merlin tanti anni fa era stato colpito da un incantesimo di Morgana, prima che Mordred la pugnalasse salvando così la vita di Arthur.

Merlin si trovava di nuovo nel luogo dove aveva incontrato, per la prima ed ultima volta, la Diamair.

Si guardò intorno in cerca di qualche indizio che gli rivelasse perché la sua magia lo aveva portato proprio lì, rendendosi allo stesso tempo conto che non era fisicamente nella caverna: concentrandosi, riusciva ancora a percepire i suoni del parco, e a sentire dietro di sé il tronco rugoso del salice a cui era appoggiato. Un’illusione, quindi, ma provocata da chi? O che cosa?

“Emrys…” un sussurro proveniente da dietro di lui lo fece sobbalzare, e si girò velocemente verso la sua fonte. Come aveva iniziato a sospettare poco prima, riconoscendo il luogo dove si trovava la sua coscienza, si trovò davanti la sagoma traslucente della Diamair.

Immediatamente si inchinò davanti a lei, salutandola: “Euchdag, è un onore rivederti. A cosa devo la tua chiamata?” La creatura gli rivolse un enigmatico sorriso e rispose: “Giovane mago, è un onore anche per me. Mi scuso con te se sono stata insistente nel mandarti questa chiamata attraverso la tua magia, ma si sta delineando una situazione che potrebbe mettere a rischio l’esistenza stessa del nostro mondo, nonché la sopravvivenza di te e del Re.”

Merlin si tese all’ascolto, dicendo con un filo di voce: “Raccontami tutto.”

La creatura quindi continuò: “Come ben ricorderai, ti raccontai durante il nostro primo incontro che sono l’ultima della mia specie, che nei secoli siamo stati cacciati e uccisi fino a che  non rimasi solamente io.

Questo almeno è quello che credevo fino a poco fa. Io, come puoi ben vedere, continuo a vivere, e mantengo un assoluto isolamento usando le viscere della terra come rifugio e nascondiglio. Solo che il fato ha voluto che poco tempo fa, io abbia incrociato qualcuno che non pensavo avrei mai rivisto: un mio simile. Un’altra sopravvissuta. Ho cercato di avvicinarla ma lei non ha voluto ascoltarmi, il che mi ha rattristato molto. Eppure, prima che scappasse, ho percepito una piccola frazione dei suoi pensieri, e quello che ho sentito mi ha sconvolto: odio, risentimento e desiderio di vendetta. Noi non siamo mai stati esseri violenti, ed è anche per questo che ci hanno sterminato: quando attaccati, pur di non far male a nessuno non ci difendevamo mai. Ed invece nella mente della mia simile, c’erano sentimenti che mi erano sconosciuti. Per un istante ho provato quello che lei provava, e ho paura che possa fare qualche gesto estremo per portare avanti la sua vendetta contro il genere umano.

Il punto è che rientra proprio nella nostra natura non essere violenti, quindi temo che possa cercare di utilizzare qualcun altro come mezzo per raggiungere il suo fine… sai, quello che sto facendo oggi è anch’esso rischioso: i nostri poteri telepatici sono sempre stati particolarmente sviluppati, infatti le menti di me e dei miei simili hanno sempre funzionato all’unisono, capaci di comunicare senza dover usare la parola; quindi è altamente probabile che questa mia comunicazione telepatica con te venga percepita da lei, e che se ha un piano, lo porti avanti velocemente. Ma se davvero vuole vendetta, è in pericolo l’essenza stessa della magia, perché i nostri poteri sono capaci di cose straordinarie, nel bene e nel male.
E io non potevo non avvisarti di questo, mio giovane amico, perché tu sei custode della magia tanto quanto lo sono io. Stai all’erta, e sii pronto a tutto, anche l’impensabile.”

Merlin guardò ad occhi sbarrati la Diamair, e gli venne in mente solo una cosa, che sussurrò fra i denti serrati dalla rabbia: “Morgana e Morgause.”
“Potresti aver ragione, Emrys: la mia sorella potrebbe servirsi delle streghe per arrivare al suo obiettivo. Anche se non credo che la loro malvagità venga da lei: sono convinta che quella di colei che si fa chiamare Morgause sia innata, mentre quella di Morgana...”
Il giovane la guardò con interesse, e la incalzò: “Non pensi che lo sia anche quella di Morgana? Credi che sia... indotta? Magari da un incantesimo?”
“Non so, Emrys. Nascosto nel più profondo del suo cuore, quando era ad Ismere e mi cercava, ho percepito spesso una nota di disperazione, che non era però legata alla sua missione di distruzione di Camelot, né all’odio che provava verso suo fratello. Era come se una piccolissima parte di lei fosse stata rinchiusa e segregata, e a volte cercasse di farsi notare. Era come se la sua spietatezza... non fosse completamente sua. Ma dimmi, giovane amico: tu la conoscevi da tempo, da prima che cambiasse radicalmente... non hai mai sospettato che sia stato strano questo suo diventare improvvisamente così malvagia?”

“Ho sempre pensato che il motivo del suo inasprimento fosse l’odio nei confronti di Uther, e, purtroppo, nei miei confronti, che a quel tempo non ebbi il coraggio di sostenerla nella sua presa di consapevolezza dei suoi poteri. Ma ora che me lo dici... effettivamente è stato un cambiamento così improvviso che... Mi viene da pensare che Morgause abbia qualcosa a che fare con il cambiamento di Morgana. Ma cosa....”
Il giovane sbarrò gli occhi e finalmente, improvvisamente, gli sembrò che tutto tornasse, che ogni pezzo del puzzle andasse al suo posto. La Diamair, che evidentemente aveva letto nel suo pensiero, lo fissò per un istante e gli disse: “Emrys, potresti aver ragione! E’ assolutamente possibile!”

“Morgana è sotto l’incantesimo della mandragora.”

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Finalmente. Morgause aveva deciso di contattare Arthur. Mordred non voleva che il piano della strega andasse in porto, ovviamente, ma voleva aver modo di rivedere Il suo Re: sentiva che doveva provare a risvegliarlo dall’incantesimo che lo controllava. Sapeva che era quasi impossibile farlo senza dei poteri quasi smisurati, ed era consapevole che i suoi non lo erano, ma conosceva qualcuno che era già riuscito nell’intento, ed avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per fargli arrivare un messaggio, in qualche modo. Doveva parlare con Merlin.

L’unico modo per boicottare Morgause era liberare Arthur dal suo controllo, e metterle contro Merlin. Chissà se la sua telepatia con Emrys funzionava ancora? E a questa distanza? Doveva provare... Il druido si concentrò, sgombrando la mente e cercando di spingere la sua magia in cerca di quella di Merlin. La sentiva muoversi, allontanarsi e assaggiare deboli tracce di altri poteri sul suo cammino, ma Mordred non riuscì a percepire nient’altro. Non ci sarebbe riuscito, almeno non a questa distanza fisica dal mago. Quindi l’unica speranza era che Merlin seguisse Arthur all’incontro con Morgause, il che non era assolutamente detto visto che teoricamente Arthur doveva sembrare normale con tutti, quindi non vedeva perché il mago avrebbe dovuto insospettirsi. A meno che... Qualcuno gli desse un indizio. E quel qualcuno, decise, sarebbe stato lui.

Morgause aveva deciso di convocare Arthur il giorno dopo, quindi Mordred avrebbe dovuto agire in fretta. Immaginava che Merlin fosse a casa di Arthur, come il resto del team, e Morgause li aveva informati dell’indirizzo. Ma lui purtroppo non poteva uscire di casa per lasciargli un messaggio... Poi pensò che grazie alla tecnologia poteva farlo anche da casa. Prese il portatile di Morgana - che al momento stava dormendo in camera sua - e si sedette in cucina da solo, controllando che nessuno si avvicinasse. Al momento la casa era molto quieta, tutti riposavano, era pur sempre l’una di notte. Si collegò ad un sito e finalmente trovò quello che gli serviva: telegrammi online.

Rimase per qualche istante a guardare lo schermo, ragionando su cosa scrivere a Merlin - doveva essere un messaggio breve e che potesse capire solo lui, in modo che se Arthur lo avesse casualmente intercettato, Mordred non sarebbe stato smascherato con Morgause. Alla fine decise di scrivere: “Emrys, il drago rosso è stato corrotto. Mandragora. Non lasciarlo mai solo, seguilo. Firmato: Ex-Cavaliere Druido.”
Soddisfatto del suo messaggio, Mordred lo inviò, certo che Merlin lo avrebbe ricevuto la mattina dopo e avrebbe capito.

Nemmeno il tempo di chiudere lo schermo del portatile, e davanti a Mordred si parò la figura longilinea di Nimueh. “Che c’è, ragazzino... insonnia?”
Il giovane riuscì a dominare l’agitazione legata al rischio di venir scoperto, e finse fastidio: “Mi annoio... siamo rinchiusi qua dentro da giorni ormai, e io non ne posso più. Stavo pensando di far esplodere qualche muro della casa...”
“Oh ti prego fallo. Vorrei proprio vedere la reazione di Morgause... e quanto ci metterebbe a distruggerti coi suoi poteri. Credo che non aspetti altro che una scusa per farlo... Nessuno ti sopporta qui dentro, piccoletto.”
“Sono onorato dalle tue parole Nimueh... e chi dice che se Morgause provasse ad attaccarmi, vincerebbe lei? Non sono un piccolo ragazzino indifeso sai?”

“Dubito che potresti opporti a lei... Lei è stata Sacerdotessa suprema...”
Mordred la interruppe: “Si lo so, Sacerdotessa suprema dell’Antica Religione, e blah blah blah... Ma bisogna vedere chi ha il carattere più forte, cara mia. I poteri non sono tutto... e ti assicuro che se anche solo proverà a torcere un capello a mia sorella, sarà il momento che scoprirà quanto la mia mente sia potente...”
Le parole di Mordred rimasero nell’aria fra i due, e Nimueh mantenne lo sguardo fisso sul giovane per qualche secondo, per poi abbassarlo come a voler dire che non voleva testare se quello che aveva detto il druido fosse vero o no. Modred era così pieno di rabbia ed orrore per quello che Morgause gli aveva mostrato, per quello che stava tramando, che la sua magia gli ribolliva nelle vene, e faceva davvero fatica a controllarsi e a non aggredire la strega. Ma sapeva che doveva resistere perché non poteva batterla da solo... sperava davvero che Merlin cogliesse la sua indiretta richiesta d’aiuto, perché con lui dalla sua parte era sicuro che l’avrebbero sconfitta. Era l’unica speranza per tutti loro e probabimente anche per il genere umano.

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Al ritorno di Merlin a casa, il giovane mago cercò immediatamente Arthur per raccontargli quello che era successo, la sua chiacchierata con la Diamair ed il fatto che fosse giunto alla conclusione che, per quanto esile, ci fosse una speranza per salvare Morgana.
Lo raggiunse in camera da letto: solo dopo che aveva interrotto il collegamento telepatico con la creatura magica si era reso conto di quanto tempo fosse passato, ed intanto che il suo corpo si era ripreso dalla prolungata immobilità, e che era tornato a casa, si erano fatte le due di notte. Aveva avvisato Arthur che avrebbe tardato e di non aspettarlo sveglio, ma ovviamente la testa di fagiolo non lo aveva ascoltato: lo trovò seduto alla sua scrivania, impegnato a leggere dei report di Gwen e Lancelot sulle intercettazioni telefoniche.

Arthur alzò lo sguardo stanco dal PC e gli sorrise: il sussulto che fece il cuore di Merlin a quella vista gli ricordò improvvisamente quanto il suo uomo gli mancasse quando non stavano insieme. E il fatto che il biondo fosse mezzo nudo, con solo i boxer addosso, certo non aiutava il suo cuore a rallentare i battiti.
“Tutto bene, Mer? Com’è andata oggi? Hai scoperto cosa ti turbava?”
Merlin gli si avvicinò e lo abbracciò stringendolo forte ed affondando il viso nell’incavo del suo collo, godendo dell’odore del giovane che gli riempiva le narici. Odore di bagnoschiuma e Arthur... mmm inebriante, pensò.
Il biondo gli prese la mano e lo fece sedere sul letto, e mentre Merlin gli raccontava della sua giornata e di quello che aveva scoperto, Arthur iniziò a togliergli di dosso scarpe e vestiti sporchi.

Per la fine del racconto, Merlin era anche lui rimasto in boxer. I due si sdraiarono sul letto e il moro lesse sul volto del suo amante un mix di sentimenti, per cui gli chiese di dirgli cosa ne pensava.
“Sono preoccupato... se quello che la Diamair ti ha detto è vero, abbiamo contro di noi delle forze quasi soprannaturali. So che abbiamo te, e  non ho mai creduto in nessuno come credo in te, ma ho paura che stavolta anche il grande Merlin rischi grosso, e questo non lo posso accettare.”
Merlin gli sorrise timidamente, ma la sua risposta fu ferma e sicura: “Ho sempre messo la mia vita al servizio della tua, e sai cos’è cambiato da allora?”
“Cosa?” “Niente, Arthur. La tua vita vale mille volte la mia. Perché tu sei il Re del passato e del futuro. E perché sei tu, perché ti amo. Ho vissuto mille vite, ma viverle senza di te non è valso a nulla. Quindi, rischiare la mia vita per salvare la tua per me è normale, e non potrei mai desiderare che fosse diverso.”

Con queste parole, Merlin avvicinò le labbra a quelle di Arthur, e lo baciò dolcemente. Le loro preoccupazioni li distrassero dalla passione che come sempre bruciava nelle vene dell’uno per l’altro, quindi i loro baci furono casti e le loro carezze amorevoli, ma non erotiche. Merlin pensò però che anche quello era fare l’amore con il suo Arthur, stavano comunque riaffermando il loro legame una volta di più, e si dimostravano che senza l’uno non poteva esistere l’altro.
Si addormentarono abbracciati, e non si allontanarono mai per tutta la notte.

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Arthur aprì gli occhi. Il chiarore dei lampioni in strada si insinuava attraverso gli scuri chiusi, e capì che era ancora notte. Merlin era profondamente addormentato fra le sue braccia, e vederlo lì come sempre lo rassicurava. Il collegamento telepatico con la Diamair - che Arthur aveva appena scoperto esistere, di fatto - doveva averlo sfiancato. Una volta di più, Arthur era sconvolto da quello che potesse fare il suo mago: come gli disse una volta Gaius, era davvero lo stregone più potente che avesse mai camminato su questa terra. E il Re era così orgoglioso di lui, del suo coraggio e della sua forza d’animo, che a volte non si sentiva degno di essere l’oggetto del suo amore.
Improvvisamente il discorso che gli aveva fatto Merlin lo colpì di nuovo: Morgana. Le era stato fatto il lavaggio del cervello. E forse c’era ancora speranza per lei. Una luce che pensava fosse morta in lui tornò a brillargli debolmente nel cuore: poteva ancora riavere sua sorella, quella che aveva considerato sorella per anni, ancor prima di sapere che lo era davvero.

La sua battaglia con Morgause ora assumeva un altro significato: doveva vincere, doveva sconfiggerla, non solo per il bene del suo Paese, ma per il bene di Morgana. Ancora non sapeva cosa avrebbe fatto la strega, in che modo avrebbe provato ad usare il potere che credeva di avere su di lui, ma lui e i suoi cavalieri sarebbero stati pronti ad affrontarla, pena dare la vita per distruggerla. Se questo avrebbe portato anche alla liberazione di Morgana, ancora meglio.
I pensieri di Arthur lo tennero sveglio fino alle prime luci dell’alba, quando finalmente crollò, cullato dal respiro regolare di Merlin e dal calore del suo corpo.

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Merlin fece appena in tempo ad aprire gli occhi, che due cose successero rapidamente: qualcuno iniziò a bussare alla porta della camera da letto e il telefono di Arthur squillò. Entrambi saltarono giù dal letto, Merlin si diresse alla porta mentre Arthur afferrava il telefono e sussurrò “Morgause...” con un odio negli occhi che Merlin non gli vedeva da tanto, tanto tempo.
Merlin corse alla porta mentre Arthur si avvicinava alla finestra per rispondere, chiudendo gli occhi per un attimo come a concentrarsi per fingere di essere sotto il suo potere.
Merlin distolse lo sguardo e gli lasciò il suo spazio, per non distrarlo, e aprì la porta trovando Leon con in mano un pezzo di carta. Fece cenno al cavaliere di non parlare, sussurrando “Morgause” per fargli capire che Arthur era al telefono con la strega, e Leon sgranò gli occhi, gli allungò quello che Merlin vide essere un telegramma, e tornò di corsa in salone, probabilmente per avvisare gli altri che la telefonata tanto attesa e temuta era arrivata.

Merlin guardò il telegramma perplesso, pensando fosse per Arthur, solo per scoprire che era invece indirizzato a lui. Lo aprì curioso - chi mai poteva scrivergli un telegramma a Palazzo Camelot? - e lesse le parole che vi erano scritte tre volte prima di ripiegarlo e tirare un profondo respiro. Era indubbiamente di Mordred... e Merlin temette il tranello. Ma per quale motivo Mordred avrebbe dovuto avvisarlo che Arthur era sotto incantesimo, se avesse voluto tendergli una trappola? Sarebbe bastato non dire nulla... E poi immaginava che il ragazzo, che era sicuramente insieme a Morgause e alle altre, avesse corso un notevole rischio a mandare un messaggio proprio a lui... no, pensandoci bene, ne era certo: Mordred era, inaspettatamente, dalla loro parte. E a questo punto diventava una risorsa... Non sapeva se sarebbe stato in grado di contattarlo telepaticamente, ma qualcosa gli disse che doveva provarci. Arthur era ancora al telefono, così Merlin si sedette sul letto e chiuse la mente a quello che accadeva intorno a lui, aprendo invece la via alla sua magia...

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Mordred stava dormendo, ma sentì qualcuno gridare il suo nome e sbarrò gli occhi, girandosi intorno a sé a guardare chi fosse. E nella sua camera da letto non vide nessuno. Allora attese e.... ecco che successe di nuovo. “MORDRED!”
Il giovane capì che la voce era nella sua testa, e chiuse gli occhi per cercare di focalizzare i suoi poteri ed identificare la fonte della chiamata.
“MORDRED! Mi senti?” La voce gli suonò improvvisamente familiare, e si rese conto che era Merlin.
Rispose immediatamente: “Emrys. Come... ma che domande faccio. I tuoi poteri sono smisurati, molto superiori ai miei.”
“Siamo brevi, non sappiamo chi potrebbe ascoltare. Ho ricevuto il tuo messaggio, e ti credo. Credo che tu sia onesto. Starò in guardia e non lascerò mai solo Arthur. Saremo pronti. Posso contare sul tuo sostegno, quando arriverà il momento?”
“Certamente. A una condizione: che Morgana non venga ferita, che tu cerchi di proteggerla. Sono sicuro che sia sotto un incantesimo, e amo mia sorella troppo per non provare a salvarla.”
“Stai tranquillo: è anche nel mio interesse proteggere Morgana. Ora ti lascio: stiamo rischiando grosso a parlarci così. Ci vedremo presto, temo.”
“A presto, Emrys. E grazie per aver avuto fiducia in me.”
Subito prima che il loro collegamento telepatico si interrompesse, Mordred sentì la magia di Merlin che si insinuava in ogni sua cellula, e sussultò per lo shock: era come se qualcuno gli avesse dato una leggera scossa elettrica. La sensazione sparì velocemente come era arrivata, e il druido non era sicuro di cosa fosse successo, ma si tolse dalla testa quel pensiero, perché era soddisfatto. Sospirò, e sorrise debolmente: ci era riuscito. Era riuscito a convincere Merlin della sua buona fede. E per la prima volta da quando lui e sua sorella erano fra le grinfie di Morgause, ricominciò a sperare.

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Merlin riaprì gli occhi e trovò Arthur che lo guardava in piedi di fronte al letto. Evidentemente aveva capito che era concentrato in un incantesimo, e non aveva voluto disturbarlo.
Allungò le mani verso di lui, lo invitò a sedersi al suo fianco, e gli disse: “Prima che tu mi racconti della tua telefonata, devo dirti una cosa fondamentale: Mordred è dalla nostra parte.”
Arthur sgranò gli occhi e iniziò a scuotere la testa, e rispose: “Non ci credo, qualsiasi cosa ti abbia detto è una trappola. Lui mi ha ucciso, Merlin, non so se lo ricordi...”
Lo sguardo di Merlin era duro quando, qualche secondo dopo, gli rispose: “Non azzardarti mai più a scherzare sulla tua morte. Sai cosa ha significato per me... e se proprio io ti dico che Mordred è una risorsa, devi credermi. Mi ha mandato un telegramma per avvisarmi che eri sotto incantesimo, mettendo a rischio l’incolumità sua e di Morgana - a cui, per inciso, tiene moltissimo. Ho deciso di contattarlo telepaticamente, e quello che ci siamo detti mi ha convinto della sua buona fede. E subito prima di rompere il legame fra le nostre menti, ho usato la mia magia per testare la sua essenza, proprio come ho fatto con te quando temevo fossi sotto incantesimo: ti assicuro che ho percepito chiaramente che è onesto, in questa circostanza. La sua anima è fiera e la sua irruenza rimane uguale a quella che aveva ai tempi di Camelot, ma oltre al suo amore fraterno per Morgana, ho sentito una grande lealtà nei tuoi confronti, e il dolore che prova per quello che ti ha fatto secoli fa continua a vivere prepotentemente in lui. Che Re saresti, se non dessi ad un uomo sinceramente pentito una seconda possibilità?”

Il biondo fissò Merlin per un istante, e poi abbassò lo sguardo e lasciò la sua mano. Rimasero così per qualche secondo, finché Arthur disse: “Sono mortificato di aver dubitato della tua opinione. Se tu dici che Mordred è pentito, è vero. E nonostante io ce l’abbia ancora con lui per aver infranto il suo giuramento a Camelot, questo suo inaspettato sostegno ci dà sicuramente un vantaggio. Gli hai detto che non sono caduto nell’incantesimo di Morgause?”
“No, Arthur. Non ho avuto tempo né modo, abbiamo dovuto essere rapidi nella nostra comunicazione... sai per un mago abbastanza potente, è possibile intercettare i messaggi telepatici, e l’ultima cosa che volevo era mettere a repentaglio la sicurezza di tutti noi. Ci sarà modo... anche perché credo che la telefonata che ti è arrivata sia quella che aspettavamo. Cosa ti ha detto Morgause?”

L’espressione del giovane cambiò improvvisamente, e sul suo viso divennero evidenti la decisione e determinazione che gli erano proprie nel suo ruolo di sovrano. Si lanciò nel racconto della chiacchierata con Morgause...

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Alcuni minuti prima...

“Allora Morgause, hai deciso di chiamare finalmente Arthur?” Morgana era ancora mezza addormentata ma era scesa in cucina puntuale alle 8 come chiestole da sua sorella la sera prima. La canottiera bianca e i pantaloni a scacchi grigi e rosa le coprivano il corpo dandole un’aria tenera, ancor più accentuata dai capelli raccolti rapidamente in uno chignon improvvisato, e dal fatto che proprio in quel momento stava stropicciandosi gli occhi come avrebbe fatto una bimba di 5 anni.
Morgause dovette distogliere lo sguardo per non correre ad abbracciare la giovane: a volte il trasporto che provava verso quella ragazza la sconvolgeva. Non aveva mai provato un tale attaccamento nei confronti di nessuno, e non avrebbe saputo definire il sentimento che la legava a Morgana... ed era per questo che era stato un enorme dolore per lei sottoporla alla tortura psicologica che era l’incantesimo della Mandragora, tutti quei secoli prima. Ed infatti non era riuscita ad andare fino in fondo... non era riuscita a cancellare completamente la personalità di Morgana: sebbene avesse pieno controllo su di lei se lo voleva, l’amore per sua sorella non le aveva permesso di toglierle anche l’ultimo barlume di ragione, l’ultima scintilla di sé. Morgause si era fermata subito prima che Morgana diventasse un pupazzo nelle sue mani. Questo significava che a volte per la bionda era più difficile imporre la sua volontà su sua sorella, ma significava anche che la giovane rimaneva, in fondo al suo animo, sé stessa.
Non si era mai pentita di averle lasciato una piccola parte di sé: non se lo sarebbe mai perdonato se avesse obliterato la sua personalità completamente, e nonostante questo piccolo particolare, l’aveva usata a suo piacimento, sia nella loro vita precedente che in questa. Ma ora aveva un’altra mente da controllare: Arthur Pendragon.

Prese il telefono e, sorridendo a Morgana, disse: “Sto chiamandolo ora.” Fece il numero e attese la risposta, che non tardò ad arrivare. “Morgause... mi chiedevo quando avresti chiamato.”
Bene, tono amichevole e confidenziale. “Arthur, caro fratello, sei solo? Puoi parlare?”
“Certo. Ero ancora a letto quando mi hai chiamato.”
“Ah... in buona compagnia spero? So che ti sei ricongiunto con la tua amata regina...”
“Oh, si... quella povera serva... non è degna di condividere nemmeno la mia tavola, figurati il mio letto. No, ero da solo. Non ho bisogno di questi divertimenti, almeno ora. Ho altri pensieri per la testa. Dimmi, Morgause: quando potrò vederti? Mi mancate, tu e Morgana...”
“Presto, fratello, presto. Speravo che tu potessi aiutarmi con una cosa...”
“Qualsiasi cosa per te, mia cara. Cosa ti serve?”
“Ho un piano, ma per poterlo portare a termine ho bisogno che tu mi aiuti, in molti modi. Sei pronto a fare quello che ti dirò? Qualsiasi cosa?”
“Ovviamente... E onestamente non vedo l’ora. La compagnia è noiosa qui...”
“Ottimo. Allora direi di discuterne di persona questa sera. Che ne dici di vederci alla villa dove vivevano Morgana e Mordred intorno alle 20? Parleremo un po’ e poi ceneremo insieme, come una vera famiglia.”

“Non sto nella pelle all’idea di rivedervi, e una cena in famiglia è proprio quello che mi ci vuole per ripulire mente e corpo dalla feccia che mi ha circondato questi giorni.”
“Mi raccomando Arthur... sii cauto e fa sì che nessuno ti segua.”
“Non preoccuparti! Sono stato una spia per tanti anni, sono abituato a coprire le mie tracce e a mentire alla gente. Dirò che ho bisogno di stare un po’ da solo per schiarirmi le idee e liberare la mente dagli ultimi ricordi della prigionia. Ah, se solo sapessero... Tu mi hai liberato, Morgause. Mi hai liberato dall’illusione che io fossi amato da chi mi stava intorno. Non sapevo che l’affetto e l’amore sincero mi aspettavano da un’altra parte...”
“Sai quanto ti voglia bene Arthur, e anche io non vedo l’ora di vederti. A stasera allora!”
“A stasera, sorella mia. Porta i miei saluti a Morgana e dille che sono felice di averla ritrovata...”
“Lo farò. Ciao, Arthur.”
Morgause chiuse la telefonata sorridendo soddisfatta. Morgana la guardava con aria interrogativa, e la bionda disse solo: “Vuoi un caffè?”

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“Complimenti Arthur, devi essere stato estremamente convincente se Morgause ti ha creduto.” disse Gaius, con un’espressione di ammirazione sul volto.
Il team al gran completo era stato convocato di tutta fretta perché ognuno ascoltasse il racconto del Re, e si iniziasse ad organizzare la trappola che avrebbero teso ai maghi quella sera.

Il piano era semplice: i vari componenti del team avrebbero lasciato che i nemici entrassero nella mansione e si sarebbero appostati alle varie uscite (ce n’erano solo due in effetti), anche se la loro presenza contro i maghi era quasi superflua. Sarebbero stati lì soprattutto per prestare soccorso ai loro amici in caso qualcosa andasse storto.
Anche Arthur sarebbe stato lì esclusivamente per fare da esca: l’unico che avrebbe avuto un ruolo decisivo era Merlin. E, tutti speravano, Mordred.
I cavalieri erano tutti molto in dubbio sul fatto che Mordred fosse genuinamente pentito e disposto a passare dalla loro parte, ma Merlin sembrava onestamente convinto che sarebbe accaduto, e ormai tutto il team aveva imparato a fidarsi di Merlin e delle sue convinzioni.
Gaius questa volta sarebbe andato con loro: sebbene i suoi poteri non potessero paragonarsi nemmeno lontanamente né a quelli di Merlin né a quelli di Morgana, sperava che la sua presenza avrebbe creato un diversivo che potesse dare un qualche vantaggio ai suoi protetti.

Era ormai tutto pronto, e Gaius sentiva che fosse fondamentale parlare con Merlin prima di partire. Lo prese da parte e iniziò: “Merlin, ragazzo mio...”
Il giovane lo interruppe con un cenno della mano, aggiungendo: “Non c’è bisogno di dire nulla.”
Gaius però continuò: “Sì che ce n’è bisogno, Merlin. So che nella nostra vita precedente ci siamo già salutati, prima di un viaggio senza ritorno, e che non ha portato bene al successo della tua missione, ma non posso fare a meno di sottolineare ancora ed ancora che è stato un onore averti accanto, una gioia immensa ritrovarti, e un enorme privilegio poterti considerare come il figlio che non ho mai avuto. Inoltre... ho una cosa che devo confessarti. Qualcosa che non ho mai avuto il coraggio di dirti, e spero mi perdonerai per avertelo nascosto tutto questo tempo...”

Merlin guardò il suo vecchio amico con rinnovato interesse, e lo esortò a continuare con un cenno della testa. Gaius abbassò il capo per un secondo, e quando lo rialzò aveva gli occhi lucidi: “Merlin, ti sarai chiesto mille volte perché tua madre ti mandò proprio da me quando decise che dovevi imparare a gestire i tuoi poteri.”
Il giovane rispose: “Beh, tu sei uno stregone, e sei amico di mia madre, no?”

“Sì, ad entrambe le cose. Ma non è tutto qui... Merlin, tuo padre... era mio fratello. Nostra madre ci ebbe in età molto diverse, e da due uomini diversi, quindi non siamo cresciuti insieme. Io ero già partito per il villaggio dei Druidi dove studiai la medicina, quando lei rimase incinta di Balinor. Avevo 14 anni quando partii, e tornai alla fine dei miei studi che ne avevo più di 30. Non capii fino a molto tempo dopo cosa significasse avere un fratello, ma quando entrambi fummo adulti vidi in lui un compagno di vita e di crescita spirituale. Lui crebbe con suo padre e da lui ereditò i poteri di Signore dei Draghi, e io venni a Camelot come apprendista del medico di Corte. Quando anni dopo Uther si disse disposto a fare pace coi draghi, fui io a suggerirgli di chiamare Balinor, che sapevo essere un potentissimo stregone. Balinor portò il Grande Drago a Uther, e il Re tradendo la fiducia mia e di mio fratello, fece rinchiudere Kilgharrah nelle profondità di Camelot, e fece uccidere tutti i Signori dei Draghi. Ma ovviamente non potevo lasciare che torcesse nemmeno un capello a Balinor, e lo feci scappare da Camelot nascondendolo a casa di Hunith, che era mia amica da anni. Il resto della storia lo sai... Tuo padre dovette di nuovo scappare e dopo pochi mesi nascesti tu.”

“Come.... come è possibile che tu non me ne abbia mai parlato in tutti i nostri anni insieme? E perché me lo dici ora?”
“Avevo paura che non mi avresti più voluto vicino, Merlin. Dopotutto sono rimasto a corte al servizio di Uther, e ti ho mentito per tutto questo tempo... Ma non posso affrontare nuovamente una situazione da cui forse non uscirò vivo, senza togliermi dal cuore questa pietra. Se non dovessi sopravvivere questa sera, voglio che tu sappia che sono tuo zio, e darei la mia vita per te mille volte. E se stasera la mia vita potrà servire anche solo a darti una minima possibilità in più, voglio che tu sappia che la avrai. E che morirei felice sapendo di averti aiutato.”

Merlin fissò per qualche secondo Gaius, dopodiché gli gettò le braccia al collo e scoppiò a ridere: “Stupido vecchio sciocco! Come potevi pensare che non sarei impazzito di gioia al sapere che sei mio zio? E vedrai che stasera non ci sarà bisogno che nessuna vita venga sacrificata. Torneremo tutti qui a Palazzo Camelot in perfetta salute, a gioire del nostro successo.”
Gaius sorrise e con il dorso della mano asciugò una lacrima che gli rigava una guancia, e aggiunse: “Non azzardardarti mai più a chiamarmi ‘vecchio sciocco’, ragazzino!”, e ricambiò l’abbraccio con sollievo.

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Merlin aveva nascosto con un incantesimo i trasporti su cui erano appostati i componenti del team, e stavano tutti attendendo che i loro avversari arrivassero alla mansione.
Il mago sedeva accanto ad Arthur nel sedile posteriore di un van nero, e gli teneva la mano. Era fiducioso che le cose sarebbero andate bene per loro, e questa volta non si sarebbe limitato nell’uso dei suoi poteri, ma come sempre l’incolumità di Arthur era la sua prima preoccupazione. Il suo uomo era calmo, e sprizzava determinazione da ogni poro: lo sguardo fisso davanti a sé, la mandibola rigida e i muscoli del collo tesi, come un ghepardo pronto a scattare per la caccia.
Il moro strinse la mano che gli teneva, e Arthur si girò verso di lui con lo sguardo ancora perso nei suoi pensieri: gli ci volle qualche secondo per focalizzare la sua attenzione su Merlin.
Un sorriso gli si disegnò in viso, e disse: “Merlin, ma che faccia fai?? Sei esilarante...”

“Perché, che faccia avrei fatto scusa?” “Sembri un cerbiatto davanti ai fari di una macchina! Tutto occhi sbarrati e faccia sconvolta. Che hai?”, chiese Arthur ridacchiando.
“Nulla... sono solo...” “...Un po’ preoccupato per stasera. Lo so Merlin, ma non devi esserlo. Ho piena fiducia in te e nei tuoi poteri. Nessuno di loro - né Morgause, né Morgana, né tantomeno Nimueh - può nemmeno lontanamente competere con te. Quando entreremo lì dentro avremo il coltello dalla parte del manico, sia per la tua superiorità sia per l’effetto sorpresa che ci porterà il voltafaccia di Mordred. Tu preoccupati solamente di uscire da lì dentro vivo...”
“E con te al mio fianco, stavolta. Non lascerò che ti succeda nulla Arthur.” “Non ne dubito, mio piccolo idiota.”
Arthur accarezzò la guancia di Merlin e gli diede un bacio dolce e lento, come a suggellare la promessa che si erano appena fatti. Rimasero qualche secondo così, coi volti vicini e le mani intrecciate, quando Percival, che era nel sedile anteriore accanto a Gwaine, disse: “C’è movimento: si stanno accendendo delle luci all’interno.”
“E sono le 20... almeno sono puntuali. Andiamo?” disse Arthur guardando il suo stregone.

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“Non sto tradendo Morgana. Lo sto facendo per lei... non sto tradendo Morgana.”

Mordred aveva ripetuto per le ultime 12 ore queste frasi nella sua testa come fossero un mantra. Era terrorizzato che sua sorella venisse coinvolta nelle ostilità con Merlin e il suo team, ma confidava che lo stregone avrebbe mantenuto la sua promessa che la giovane sarebbe uscita indenne dalla battaglia. Ma ciò che lo preoccupava di più al momento era lo sguardo che gli avrebbe rivolto Morgana quando si fosse resa conto che stava ‘tradendoli’ per ricongiungersi ad Arthur e ai cavalieri. Non sapeva se avrebbe avuto tempo di chiarire con lei quale fosse la ragione per cui lo faceva, e, nello stato alterato in cui si trovava sua sorella, non sapeva se lei gli avrebbe creduto. Ma era la sua unica speranza. Portare via Morgana a Morgause, e sottoporla alle cure magiche di Merlin, era l’unico modo che riusciva ad immaginare per liberarla dall’incantesimo di quella strega... sempre che sua sorella fosse ancora recuperabile. Sapeva per certo che in alcuni casi era stato impossibile eliminare le conseguenze della mandragora da alcuni soggetti che vi erano stati sottoposti: ricordava che suo padre al tempo di Camelot gli aveva raccontato di persone impazzite quando si era cercato di sollevare l’incantesimo.

Ora stava per arrivare il momento in cui avrebbe dovuto “tradire” sua sorella: si erano infatti appena trasportati con la magia alla mansione, e stavano organizzando la sala dove avrebbero cenato con Arthur di lì a breve.
Era stranissimo per Mordred trovarsi di nuovo in casa sua.
La amava profondamente - di fatto aveva abitato lì i primi 16 anni della sua vita - ed in effetti, in un certo senso, gli mancava la spensieratezza di quei giorni, nonostante la perdita precoce dei suoi genitori avesse reso più triste tutto quello che avevano intorno. Ma si dice sempre che quello che non ti uccide ti fortifica, e lui era cresciuto molto grazie a quella tragedia. La vicinanza di Morgana poi lo aveva sempre rassicurato, e le era profondamente grato per tutto quello che aveva fatto per lui.
Anche per quello, si era deciso a cercare l’aiuto di Merlin, perché era ben consapevole che solo lui avrebbe potuto restituirgli la sua amata sorella.

Lei e Morgause erano in un angolo del salone a confabulare, probabilmente a decidere come muoversi e cosa dire ad Arthur, e Mordred cercò di avvicinarsi senza dettare sospetti per ascoltare e cercare di capire cosa sarebbe successo. Sui dettagli della serata infatti, le due donne lo avevano tenuto all’oscuro - evidentemente Morgause non si fidava completamente di lui, ed in effetti pensò il giovane, a conti fatti faceva bene.
Nimueh e Valiant stavano preparando tavolo e sedie: Nimueh faceva apparire con la magia posate e pietanze, e l’uomo le sistemava a tavola. La donna gli lanciò uno sguardo di traverso quando passò loro vicino, mentre fingeva di guardare i quadri appesi alle pareti. Mordred riuscì ad avvicinarsi ulteriormente a sua sorella, ma quando lo videro le due smisero di parlare. Ok, pensò il giovane, nessun’informazione. Avrebbe dovuto improvvisare…

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Arthur arrivò alla porta della mansione e poggiò una mano sul battente, ma prima che potesse bussare la porta si aprì. Lo stavano aspettando ovviamente… Merlin camminava due passi dietro a lui ma era invisibile grazie ad un incantesimo mimetico, quindi entrò velocemente dopo Arthur prima che la porta si richiudesse.
Era stato più facile del previsto entrare, si disse Merlin: si aspettava che qualche incantesimo avrebbe rilevato la sua presenza, e che avrebbe dovuto combattere fin dalla porta d’ingresso; invece evidentemente le streghe si sentivano molto sicure di sé, e questo testimoniava in favore dell’onestà di Mordred, e del fatto che non li avesse traditi.
Sentiva il respiro lievemente affannato di Arthur davanti a sé, e il rumore dei passi del suo uomo era l’unica cosa che rompeva il silenzio della mansione abbandonata. Entrambi ricordavano perfettamente il salone dove si erano scontrati la volta precedente con i loro nemici, ed il passo sicuro di Arthur rivelava che anche lui, come Merlin, pensava che lo avrebbero aspettato lì.

Merlin lo seguì in silenzio, finché arrivarono alla porta del salone e Arthur bussò. Nonostante l’incantesimo, Merlin si nascose dietro alla porta per lasciare campo libero al Re, che avrebbe dovuto entrare nella sala senza destare sospetti, per fare in modo che non si trovassero in una posizione svantaggiosa a livello tattico, una volta che fosse iniziata la battaglia.

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Si sentirono dei passi dietro la porta - tipici delle scarpe con il tacco che una delle tre donne portava sicuramente - e fu Morgana ad aprire la porta. La donna sorrideva con un’espressione di gioia che fece mancare un colpo al cuore di Arthur, visto che per un attimo gli ricordò la Morgana dolce e affettuosa che aveva conosciuto a Camelot prima che venisse corrotta da Morgause.
Sua sorella gli si avvicinò e gli gettò le braccia al collo, e per un attimo Arthur credette che il suo affetto fosse genuino. Ma poi ricordò che era sotto incantesimo, e si dette un contegno pur senza farlo vedere ai presenti.

Entrarono insieme nella grande sala, e sperò che Merlin li stesse seguendo perché non si sentiva poi tanto sicuro. Era armato, ma sapeva ormai bene che le armi convenzionali non avevano alcun effetto sui maghi. Morgana gli stava dicendo quanto fosse felice di rivederlo, e che finalmente non dovevano più lottare - e lui cercava di starle dietro per sembrare presente mentre invece stava valutando con occhio ben allenato le condizioni della stanza e le eventuali vie di fuga.
Morgause lo salutò con falso affetto, ed Arthur finse di ricambiare con altrettanto trasporto. Mordred lo guardò a occhi sgranati, e sembrò spostare lo sguardo dietro di lui per una frazione di secondo - Arthur si rese conto che non poteva vedere Merlin e stava andando nel panico.

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L’ingresso di Arthur nella sala provocò in Mordred varie sensazioni: sollievo, eccitazione per la battaglia che ne sarebbe sicuramente seguita, e subito dopo terrore che qualcosa fosse andato storto, visto che Arthur era arrivato da solo. Com’era possibile che Merlin non lo avesse seguito? Quello che successe nei secondi successivi gli passò davanti come in un incubo… vide Arthur abbracciare Morgana, e sorriderle con affetto, poi salutò Morgause, e il giovane vide chiaramente nei suoi occhi che il Re non era in sé. Per la prima volta ebbe paura per tutti loro.

Poi una inaspettata sensazione lo colpì come una frusta e lo riportò in sé: Merlin. Una scarica di energia che poteva essere solo sua - pura, potente e libera - gli attraversò il corpo, e Mordred accusò la scossa elettrica che gli provocò, e coprì la reazione istintiva del suo corpo fingendo un colpo di tosse. Merlin era lì: non tutto era perduto. A quel punto rimaneva solo la parte più dura: tradire Morgana.

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Morgana stava recitando, sì, perché conosceva il piano di Morgause e sapeva cosa sarebbe stato di suo fratello una volta che la maga avesse raggiunto il suo obiettivo… però una piccola parte di sé - che sentiva molto forte in queste ultime ore - le diceva che questo era giusto, che riconciliarsi con Arthur era quello che avrebbe dovuto desiderare, che lottare non era la risposta. Ma poi guardò di nuovo Morgause e sentì di nuovo salire in sé l’odio per Arthur, per il nome che portava e per quello che significava per lei e per i suoi simili… e tornò a recitare senza esitazione. Morgause era sua sorella, molto più di quanto considerasse un fratello Arthur. Era lei la cosa più importante, quella che doveva proteggere e aiutare. Questa era la strada giusta, sì…

Nonostante pensasse e si ripetesse questo ogni momento, per qualche secondo rimase incerta sul da farsi… quella piccola parte di sé che amava sinceramente Arthur voleva avvisarlo, metterlo in guardia e dirgli di scappare. Ma tanto lui non avrebbe ascoltato: era sotto l’incantesimo di Morgause e credeva che lei fosse in buona fede… E poi…
Morgana scosse la testa come a volersi schiarire i pensieri, che ormai si sovrapponevano senza controllo. Chissà cosa aveva in testa…

Vide Arthur entrare nella sala e procedere a salutare tutti i presenti, lo vide guardarsi intorno sorridendo e notare Valiant, e poi vide che si dirigeva di nuovo verso la porta d’ingresso mettendosi di fronte a tutti loro. Sembrava voler dire qualcosa, fare un discorso, e lo vide chiedere una coppa di champagne che Valiant gli porse. Arthur sorrise anche a lui… era un’immagine surreale. L’incantesimo della mandragora era davvero potente.

Arthur prese fiato, sorridendo, e iniziò:

“Morgause, Morgana, Mordred, vi ringrazio per il vostro invito. Non potevate trovare modo migliore per dimostrarmi quanto tenete a me. C’è solo un piccolo problema: so che state tutti mentendo. E so che pensate che io vi creda, ma purtroppo per voi non è così. Morgause, pensavi di riuscire a corrompermi con l’incantesimo della mandragora, ma il tuo piano non è andato a buon fine… hai sottovalutato quanto io creda ciecamente nelle persone che ho intorno e quanto sia sicuro del loro amore e rispetto.”

Morgana trattenne il fiato per un attimo e vide Morgause cambiare espressione repentinamente, e tutto l’odio che provava per Arthur tornò chiaro e ben visibile sul suo volto. “E allora visto che credi che ti amino così ciecamente, dove sono tutti adesso? Ti hanno fatto venire qui da solo, che amici sono?”

“Lui non è solo. Non lo è mai stato, Morgause.”

Morgana scattò all’indietro all’udire quella voce. Merlin era lì. Ma dove? Lo vide apparire accanto ad Arthur, come se un velo lo avesse fino a quel momento celato alla loro vista. Sussultò e si girò a guardare Morgause che ora fissava Merlin con una mano protesa in avanti, pronta alla difesa - o all’attacco.

Morgana vide Arthur girarsi verso di lei e dire: “Sorella, Morgana, non ti capita mai di avere dei dubbi su tutto quello che hai fatto? Non senti mai che il tuo odio nei confronti di tutto ciò che è buono, è in fondo ingiustificato? Non senti mai di aver sbagliato qualcosa?”
C’era qualcosa nel tono di Arthur che le fece sussultare il cuore: ora non stava mentendo (come evidentemente faceva prima, quando salutava tutti con affetto). Era sincero… stava davvero cercando di stabilire un contatto con lei.
La giovane rimase per un istante immobile a bocca aperta senza riuscire a respirare, perché non aveva una risposta per suo fratello. Alla fine sospirò senza poter rispondere: “Arthur… io…” Le veniva da piangere e non capiva perché.

Arthur la incalzò: “Non sai rispondermi vero? E’ perché quella megera ha fatto un incantesimo anche a te! Ti ha traviata, ti ha piegata al suo volere e tu sei sua succube dai tempi di Camelot! E’ stata colpa mia, sorella, e colpa di nostro padre che non ti ha amato abbastanza per quello che eri, e colpa di Merlin che non ti ha aiutata quando hai scoperto della tua magia… è colpa nostra Morgana, ma ora abbiamo capito cosa ti è successo e sappiamo come salvarti, come riportarti indietro e ridarti la tua serenità. Vieni con noi, sorella mia, e non sarai mai più sola. Fidati… fidati di me…”

Una lacrima solitaria scese sulla guancia di Morgana e lei la asciugò, guardandosi perplessa la mano. Perché gli credeva? Perché mai avrebbe dovuto fidarsi di lui dopo quello che le avevano fatto? Però c’era qualcosa nel suo tono, nel modo in cui la guardavano sia Arthur che Merlin, che la stava tentando. Sentì il suo corpo reagire spontaneamente e fece un passo in avanti, ed Arthur le fece un timido sorriso come ad incoraggiarla.

E poi improvvisamente un invisibile guizzo di energia la fece barcollare e tornò sui suoi passi… e in quel momento ebbe chiaro che Arthur la stava ingannando ancora. Lo odiava… lo odiava dal profondo del cuore, e non lo avrebbe mai perdonato per tutto quello che le avevano fatto passare. Lo avrebbe visto morto questa volta…

Urlò: “NOOOOOOO!” e lanciò un incantesimo verso Arthur, che però Merlin deflesse senza difficoltà.
Morgause lo sfidò: “Forza! Non difenderti! Attacca, Emrys! Dimostraci se quello che dicono di te è vero! Mago più potente della storia? Ha! Non credo proprio… sei solo uno stupido che corre dietro le gonne di Pendragon!”
Sua sorella le si avvicinò e le prese la mano, e Morgana si sentì forte… Allungò a sua volta la mano verso Mordred, che in tutto quel tempo era rimasto immobile alla sua destra, e il giovane la prese, se la portò alle labbra e la baciò. Poi improvvisamente la lasciò e disse: “No Morgana. Non posso più stare a questo gioco. Tu non sei più la sorella che ho sempre amato, né sei più la giovane compassionevole ed affettuosa che ho conosciuto a Camelot. Morgause ti ha rovinata. E se non vuoi capirlo da sola… sarò costretto a lottare contro di lei insieme a Emrys per liberarti.”

Con queste parole Mordred si allontanò da lei e camminò fino a mettersi accanto ad Arthur, che gli fece un cenno con la testa come ad accoglierlo di nuovo fra le sue fila.

E Morgana, tradita dall’ultimo affetto che le rimaneva, attaccò con tutta la rabbia che aveva in corpo, mentre le scendevano sulle gote le lacrime più amare che avesse mai pianto.

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