Salve
a tutti.
Mi
dispiace molto per la lentezza. Al momento sono estremamente avvinta da un
progetto malsano che mi ha letteralmente assalita all’improvviso e non
posso farci alcunché.
Comunque,
spero porterete pazienza. Vi lascio, nel frattempo, con i Weasley acquisiti.
Buona
lettura.
suni
Hermione
Hermione
aveva il sabato libero, ma Ron avrebbe ovviamente dovuto lavorare, nel weekend,
perché era il momento della settimana in cui l’affluenza dei
clienti era più massiccia. Per questo, se non aveva nulla da fare, lei passava
almeno due o tre ore a dargli una mano. Finivano per trovarsi, ad un certo
punto della giornata, tutti quanti ai tiri Vispi: lei, il suo maritino, Gin e
persino Harry.
A
quel punto George, al piano di sopra, sentiva le chiacchiere e le risate
– così pensava lei – e scendeva a salutare, offrendo a tutti
qualcosa da bere o uno spuntino cui solo Ron non prendeva parte quasi mai,
assorbito dall’attività lavorativa. Allora il fratello lo prendeva
da parte e gli diceva di andarsi a fare un giro con gli amici, chè al negozio ci avrebbe pensato lui.
Era
l’unico momento della settimana in cui George Weasley rimaneva da solo
nella bottega che aveva fondato insieme a Fred. Ma Ron non riusciva mai a star
fuori molto e finiva per tornare indietro quasi sempre dopo meno di
un’ora, nervoso e agitato. Hermione lo guardava andar via trafelato,
facendosi largo tra i passeggiatori con la sua stazza imponente.
Sapeva
che suo marito non amava particolarmente quel lavoro, ma lo sosteneva in ogni
caso per la scelta compiuta, dimostrazione di un inaspettato altruismo.
I
gemelli erano stati i fratelli prediletti di Ron, anche se litigava
furiosamente con loro. George, in particolare – meglio così, si diceva Hermione con un conseguente moto di
colpevolezza – era il suo preferito, forse anche per la faccenda
dell’orsacchiotto tramutato in ragno gigante da Fred e tutte le altre
fesserie che tutti insieme avevano combinato da bambini. George era anche stato
il fratello delle confidenze, più di Fred. Poteva sembrare un gesto
suicida quello di confessare i propri segreti a George Weasley – a lei lo
sembrava – dal momento che ad ogni frase seria che gli si rivolgeva lui
replicava con motteggi e prese in giro, ma evidentemente Ron trovava
qualcos’altro al di là, qualcosa che a lei non risultava del tutto
evidente perché non era accanto a loro dalla nascita: probabilmente Ron sapeva
leggere meglio di lei tra le righe delle parole di George. In ogni caso, tutto
questo faceva parte del passato, perché adesso era già molto se
il gemello emetteva qualche monosillabo di tanto in tanto, figurarsi scherzare:
era proprio fuori discussione.
Comunque
fosse, Ron non era stato capace di stare a guardare il gemello rimasto che si
lasciava morire; qualcosa dentro di lui si era ribellato, ne aveva anche parlato
con lei decine di volte, tormentandosi nell’indecisione. Non ce
l’aveva fatta a non fare niente, e in un automatismo involontario
s’era calato nel ruolo che gli avrebbe permesso in qualche modo di fargli
da punto d’appoggio, di essere una presenza costante: quello di Fred.
Hermione
lo capiva, non era sicura che fosse proprio la cosa migliore ma capiva: aveva
fatto la prima cosa che l’impulso gli avesse suggerito. Del resto Ron era
sempre stato molto testardo, loro due litigavano da anni per questo. Ma questa
volta era diverso, ed Hermione lo aveva semplicemente appoggiato: forse quella
non era una soluzione brillante, ma non ce n’erano altre.
Lo
seguì con lo sguardo, mentre si allontanava.
“Oggi
tirava una brutta aria, no?”
Si
voltò verso l’amico tornando bruscamente alla realtà. Harry
si stava sistemando gli occhiali sul naso e la guardava con composta
educazione, come quando a scuola diceva un parola di troppo e la osservava in
silenzio, con l’aria di sperare che magari lei non l’avesse sentito.
“Dici
in negozio?” chiese Hermione, girando il cucchiaino nella tazza di
tè. “Hanno cenato fuori, due sere fa, e Ron ieri era piuttosto di
cattivo umore,” ammise, mentre Ginny si riavvicinava con un ondeggio dei
capelli rossi.
“Scones, burro e
marmellata, la merenda dei campioni!” esclamò con un sorriso,
appoggiando un piatto stracolmo sul tavolino. “Peccato che mio fratello
sia già scappato via,” aggiunse, lasciandosi cadere sulla sedia
accanto ad Harry.
“Immagino
che ci vorrà un sacco di tempo, no?” continuò Harry,
afferrando un dolcetto con bramosia. “Perché inizi veramente
a…non so cosa. Voglio dire, a parte versarci dei gran succhi di zucca
quando andiamo a trovarlo non è che faccia molto nel resto delle sue
giornate,” commentò, incerto.
“George
fa del suo meglio,” intervenne Ginny sulla difensiva, comprendendo
immediatamente quale fosse l’abusato oggetto della conversazione e inserendovisi con naturalezza. “Non è facile.
Per nessuno,” precisò, incupendosi.
Hermione
si affrettò a spalmare del burro sul proprio scone, annuendo frettolosamente.
“Certo,”
confermò, risoluta. “Lo abbiamo visto tutti, no?” aggiunse,
mentre Harry la appoggiava con un cenno affermativo del capo e allacciava una
mano con quella della fidanzata. “Ma credo che l’altra sera sia
successo qualcosa. Merlino, Ron era terrificante, ieri mattina,”
commentò ancora, stancamente.
Ginny
si voltò verso il Harry mordendosi un labbro.
“Magari
potresti parlarci tu,” suggerì.
Hermione
trattenne a stento un sorriso, nel vedere il volto del migliore amico tingersi
di panico. Harry non era mai stato un grande conversatore, e per quanto la
fortuna e la temerarietà non gli mancassero, sul campo, non era invece
un asso nei rapporti interpersonali.
“Con
George?” borbottò, decisamente a disagio.
“O
con Ron,” interloquì lei seria.
“Per
dirgli cosa?” biascicò Harry impacciato, appiattendosi la frangia
sulla fronte in quel gesto nervoso che faceva ormai parte di lui.
Hermione
sbuffò, esasperata, scambiando un rapido sguardo condiscendente con Ginny.
“Ehilà,
Ron, come va con tuo fratello?” ipotizzò, ironica.
Harry
addentò il suo dolce, prendendo tempo. Lei tamburellò le dita sul
tavolo, paziente. Possibile che quel ragazzo avesse potuto affrontare Voldemort
con una certa padronanza di sé e si trovasse invece in difficoltà
davanti alla prospettiva di una semplice chiacchierata col proprio migliore
amico?
Ron
aveva bisogno di una mano, ne era certa. A lei ne parlava raramente,
perché era la sua donna e lui
era molto orgoglioso e non amava mostrarsi debole ai suoi occhi, ma era sicura
che necessitasse di appoggio. E Harry era la persona giusta per fornirglielo.
Harry
Harry
Potter ne sapeva qualcosa, della morte. E anche dei lutti e del loro
insormontabile dolore. Ne sapeva molto più di un’infinità
di altre persone, perché la maggior parte di coloro che lo avevano amato
se n’erano andati in maniera, per così dire, non propriamente
naturale.
Un sacco di gente, tra i suoi pur scarsi
detrattori, gli rinfacciava di essere un prepotente e un maleducato e se un
tempo, quand’era ragazzino, se la prendeva per questo, ormai si ritrovava
a stringersi nelle spalle con un certo assenso, anche se riteneva che
ciò non fosse del tutto esatto.
Non
era maleducato: era ineducato. E non era colpa sua, a voler
essere proprio precisi: non aveva chiesto lui di essere allevato da una
famiglia che lo odiava e che si disinteressava completamente a lui se non per
angariarlo. Di fatto, Harry Potter non era mai stato educato realmente da
qualcuno: suo padre e sua madre erano stato uccisi quando aveva un anno,
abbandonandolo nelle mani incapaci e ostili degli zii.
La
sua successiva figura paterna, sopravvenuta quando ormai era comunque troppo
tardi per dargli una vera formazione, non aveva avuto poi un gran tempo da
investire nell’insegnargli come ci si comporta in pubblico o quale
atteggiamento avere in occasioni ufficiali; probabilmente Sirius avrebbe saputo giostrarsi perfettamente
in un pasto in cui fosse necessario usare otto posate – da bambino
dovevano averglielo insegnato – ma di
sicuro farlo imparare a lui non era stato uno dei motivi principali per cui
era evaso. Ad ogni modo, era stato troppo impegnato a seminare i Dissennatori, mangiare ratti e rinfacciarsi il passato per
dedicarsi alla sua educazione, e di certo il fatto che non potessero vedersi
praticamente mai e non fosse prudente che si scrivessero spesso non
l’aveva aiutato nel suo incarico di padrino. E poi se n’era andato,
anche lui, in quell’orribile notte all’Ufficio Misteri. A volte Harry
si sorprendeva ancora a chiedersi se magari non sarebbe tornato indietro, pur
sapendo per certo che non poteva accadere. Era strana, la morte.
Silente
aveva avuto un’intera scuola da mandare avanti, oltre all’Ordine
della Fenice, e per quanto avesse dedicato a lui una cura particolare, non
aveva avuto esattamente il tempo per educarlo espressamente; cercava piuttosto
di farlo rimanere in vita abbastanza a lungo da poter affrontare Voldemort. E
Harry aveva visto morire anche lui. Un altro ricordo che non avrebbe potuto
rimuovere.
L’ultimo
e il più adatto al ruolo di suo “genitore” avrebbe anche
potuto ricoprire questo incarico educativo, e quand’era stato suo
professore ad Hogwarts Harry aveva realmente imparato qualcosa; ma il
pregiudizio e l’odio l’avevano allontanato inesorabilmente, la
guerra aveva occupato tutto il suo tempo e si era infine portata via anche lui,
lasciando peraltro un altro orfano sulla terra: anche Remus era morto, alla
fine, e a Harry ancora sembrava di sentire la sua voce pacata, qualche volta.
Sì,
decisamente, della morte ne sapeva qualcosa.
Quindi,
dopotutto, poteva anche essere la persona adatta ad occuparsi del problema
Weasley; anche perché quelli erano i suoi più cari amici, la sua
famiglia.
Voleva
bene ai gemelli. Aveva un’infinità di ricordi così
divertenti, legati a loro. Merlino, c’erano così tante memorie che
lo riportavano a loro, che quasi si accavallavano: gli scherzi a Percy, i
sogghigni durante gli allenamenti fanatici di Oliver,
le battute ironiche all’epoca della Camera – né Fred
né George avevano dubitato di lui per un solo istante – il giorno
in cui gli avevano regalato
A
modo loro erano stati degli eroi, e ne avevano pagato il prezzo. E adesso il
volto vacuo e disperato di George gli faceva male, a guardarlo. Una rabbia
sorda e impotente lo invadeva di fronte a quel viso vinto dal dolore.
Perciò si sentiva in dovere di fare quanto fosse nelle sue
possibilità per venirgli in soccorso; a lui e a tutta la famiglia,
perché i Weasley, tutti, soffrivano con George e per lui, ed Harry
stesso sentiva la mancanza del suo sorriso.
Ma
era ugualmente estremamente nervoso quando, quel martedì sera, si presentò
ai Tiri Vispi per proporre a Ron di bersi una burrobirra
con lui e cenare insieme, perché le ragazze avevano deciso – in
realtà proprio per lasciarli soli – di passare una serata al
femminile.
Ron
– purtroppo? – aveva accettato con entusiasmo la proposta e Harry
si era trovato incastrato in una lunga chiacchierata che non era riuscito a
godersi davvero, perché continuava a meditare sull’argomento che
avrebbe dovuto introdurre di lì a poco e che seguitava a ritardare.
Alla
fine, stanco dell’attesa, preferì farla finita. Mentre Ron,
immerso in un dettagliato resoconto del suo ultimo litigio con un fornitore,
s’infervorava nel precisare tutte le colpe di quest’ultimo, Harry,
con le delicatezza che gli era propria, posò il bicchiere e prese fiato.
“E
dimmi, come va con George?” chiese, non molto diplomatico.
Ron
s’interruppe di scatto e distolse lo sguardo, con una smorfia.
“Bene.
Cioè, normale,” farfugliò, con innegabile dispiacere.
Quindi sopirò, scompigliandosi i capelli rossi. “Sai, amico,
ultimamente gli sono venute strane idee,” aggiunse, controvoglia.
Harry
si sistemò gli occhiali, attento.
“Di
che genere?” domandò, cortese.
“Parla
di vendere il negozio,” spiegò Ron, desolato.
Harry
lo vide serrare le labbra con rammarico, e si grattò una guancia.
“Per
fare che?” lo interrogò, perplesso.
Ron
scosse la testa, impotente.
“Niente.
Stare sdraiato nel letto a guardare il soffitto, presumo,” sibilò,
stizzito. “Ha tirato fuori la scusa che a me questo lavoro non piace e
che vorrei fare l’Auror e…”
“Potrei
farti entrare, lo sai,” lo interruppe Harry bonariamente, buttando
giù un sorso di burrobirra. “Posso
metterci una buona parola e tu avresti un pos…”
proseguì, di slancio.
“Non
è questo il punto,” scandì Ron irritato. “E non
voglio che sia tu a farmi avere un
posto da nessuna parte. Non è per questo che sono tuo amico. Ti sto
parlando di George, non di me,” continuò, incrociando bruscamente
le braccia sul tavolo.
“Va
bene, va bene,” ribatté Harry, vagamente risentito. “Tu che
cosa gli hai detto?” continuò, magnanimo, ritenendo più
saggio non assecondare l’arrabbiatura dell’amico.
“Che
per me è ok lavorare con lui, e non c’è problema.”
“Gli
hai detto proprio così?” proseguì Harry, aggrottando appena
la fronte.
“Sì,”
confermò l’amico, annuendo vigorosamente.
“Molto
convincente, Ron,” commentò Harry, atono.
L’altro
lo guardò storto, prima di sbuffare.
“Tanto
non mi stava nemmeno a sentire,” borbottò per giustificarsi,
arrossendo leggermente. “Lui sta gettando la spugna, questo è
quanto,” continuò, con voce bassa e addolorata.
Harry
annuì, assorto.
Forse
Hermione aveva avuto ragione, senza saperlo, a pensare di coinvolgerlo.
“Potrei
parlargli,” affermò, indeciso.
“Tu?”
osservò Ron scettico. “E perché ti dovrebbe dare
retta?”
Harry
sospirò, esitando a parlare. Non amava rivangare l’argomento con
l’amico, perché si trattava di un problema delicato di cui lui
aveva sofferto molto. I Weasley erano stati davvero molto poveri, quando i
ragazzi erano piccoli. Alla fine sbuffò, appiattendosi nervosamente i
capelli.
“Ti
ricordi il fatto del Torneo Tremaghi, no?”
iniziò, prendendola per le lunghe. “Io l’ho vinto e ho avuto
tutti quei soldi di premio e poi li ho dati a Fred e George,”
raccontò a disagio, distogliendo lo sguardo. “E’ con quei
soldi che hanno aperto i Tiri Vispi e…bè,
penso lui si senta ancora un po’ in debito con me,” aggiunse,
borbottando.
Sollevò
finalmente lo sguardo, e come temeva Ron aveva una smorfia imbarazzata e un
po’ contrita.
“Sì,
se non fosse stato per te…” brontolò a disagio. “E’
stato un gesto molto…” esclamò con fervore.
“Oh,
piantala,” lo interruppe lui deciso. “Io non li volevo, e a loro
servivano. Non te ne sto parlando per farmi complimentare, lasciamo perdere,”
continuò velocemente, imbarazzato. “Il punto è che magari a
me George darà retta, per via di quella faccenda,” osservò,
più pacato.
Ron
lo guardò fisso, esitando con aria cupa.
“Lo
faresti davvero?” mormorò, incerto.
“Certo,”
rispose Harry sicuro, annuendo con risoluzione.
____________
Grazie a tutti coloro che hanno letto, preferito,
commentato. In particolare:
Doremichan: Grazie. In effetti doveva essere drammatico, non penso che
nella testa di George ci possa essere qualche pensiero particolarmente felice,
a questo punto delle vicende. Che dire…spero di continuare a
sorprenderti.
Dragonball93: Merlino, non pensavo di
provocare un simile spargimento di lacrime. Quasi mi sento in colpa. Capisco la
frustrazione per la morte di Fred, anche a me succede con un paio di
personaggi. JK riesce a far fuori la gente con una facilità incredibile
e in modi talvolta discutibili. Ma è il suo mondo, no? Adesso ho capito
che tu e lilla vi conoscete, sul momento non mi era chiara la concordanza di
nomi e nick. ^__^ Ed eccoti il nuovo capitolo.
Elly: Oooh,
carissima… Che dire. Grazie per tutta questa attenzione che mi porti.
Quanto alle “fazioni”, per cominciare, penso che resteremo a questo
punto morto in ad un’analisi fatto quando a vent’anni, riguardando
indietro mi sembra di poter inserire Ron e gli altri in una
“fazione”. Penso che per Harry il discorso sia diverso proprio
perché non è cresciuto tra maghi e certi automatismi gli saranno
sempre preclusi – e va bene così. E poi Harry… Cioè,
Harry è un tipo strano,
povero. Io l’ho sempre visto come una specie di disadattato, bonariamente
(e spero che ora non verrò lapidata dai lettori per questo). Insomma, il
termine fazione indica una divisione netta che ai miei occhi esiste. Passando
al capitolo-George, e conseguentemente a George-Fred (il trattino NON implica pairing), capisco che forse l’atteggiamento del
sopravvissuto possa parere eccessivamente tragico, ma a me è venuto
così. E’ che io non vedo i gemelli come due persone veramente
autonome. Cioè, sono ragazzi in gamba, forti, pieni di
personalità, ma hanno un legame estremamente preferenziale. Fanno tutto
insieme: la scuola, il Quidditch, la fuga, il
negozio, la radio…tutto. Fanno discorsi parlando come se fossero una sola
persona. Non che li reputi identici. Ho sempre avuto l’idea che George
sia in qualche modo il meno “leggero”, anche se di pochissimo,
rispetto a Fred, e ho scoperto di recente che non sono l’unica. Quindi,
ecco, tutto ciò per dire che in base all’idea che mi sono fatta di
loro e alla mia esperienza personale in fatto di gemelli, una perdita del
genere è qualcosa di devastante, insanabile. Quanto al resto, sì,
Lee comparirà in prima persona e avrà
anche una certa influenza sulle vicende. E non dico altro per non anticipare.
Grazie ancora, e terrò comunque a mente quel che dici. C’è
sempre tempo per cambiare qualcosa. A presto.
lilla4eve: carissima mailatrice
e fan assidua, eccoti finalmente il capitolo da te tanto atteso. Mi dispiace
averci messo tanto ma, come illustrato a inizio pagina, mi è piovuta tra
capo e collo un’idea calamitante. Trovo estremamente commovente il tuo
shock e lo stato di prostrazione in cui lo scorso capitolo ti ha precipitata,
ma non voglio far soffrire così i miei lettori. Spero che questo nuovo
capitolo, dai toni un pochino più leggeri, sia stato meno traumatico. Ti
vedo veramente sconvolta. Allora: tralasciamo l’argomento JK che potrebbe
portare solo a brutte conclusione, tralasciamo l’antipatia per Harry
(condivisa) e passiamo, dunque, ai Weasley. Penso che la loro oppressività sia qualcosa di cui non sono
consapevoli, un modo per reagire al dolore e aggrapparsi a cosa resta loro. Non
è facile saper aiutare una persona che amiamo quando soffre molto,
soprattutto se anche noi stiamo soffrendo. Spesso si commettono errori nella
convinzione di far bene, ed è quello che sta avvenendo. In un primo
momento la vicinanza degli altri Weasley ha fatto bene a George, ma il suo
malessere non si è attutito, in compenso lui si è sentito
logorare dalla loro costante ingerenza nella sua vita. D’altra parte
loro, vedendo la situazione migliorare così poco, hanno decuplicato gli
sforzi per aiutarlo. E’ una specie di circolo vizioso, ma non darei
veramente delle colpe a qualcuno. In ogni caso, ecco, grazie per essere
così entusiasta del mio lavoro. Spero continuerai ad apprezzarlo.
EDVIGE86: Ciao. Sono perfettamente
d’accordo sulla tua analisi dell’esasperazione per la troppa
vicinanza e sul legame tra Ron e George. Ho la medesima sensazione in merito e
per questo ho voluto approfondirla con questa storia. Inoltre ti ringrazio
molto per aver apprezzato il mio modo di trasmettere i sentimenti del gemello,
non è stato molto facile. E grazie anche per la comprensione riguardo
alla lentezza. So che a volte è fastidioso dover aspettare ma del resto
ognuno ha i suoi tempi. Spero che la lettura continui ad aggradarti.
Seiryu:
Già. Il “non ho potuto salutarlo”(-arla,
nel mio caso) è un pensiero che devasta ancora i miei sonni, a volte.
Penso che per George debba essere una cosa mostruosa. Non è un pensiero
molto sensato – il fatto che una persona sia morta significa cose ben
peggiori della mancanza di un saluto – ma credo sia perfettamente
naturale. Rende la perdita più acuta e più violenta. Capisco
anche l’irritazione verso certi atteggiamenti dei Weasley, che
però agiscono in completa buona fede. Il lutto è una cosa
complicata, no? Insomma, grazie…ma hai veramente una hit dei miei pezzi
migliori? ^__^
Akira14: …ehm. Non era mia
intenzione prenderti a pugni. Chiedo scusa. ^__^ dunque, non vedo proprio cosa
aggiungere a quello che hai scritto. La tua recensione mi ha davvero fatto
molto piacere perché hai colto esattamente gli aspetti su cui volevo
porre l’accento ed è stato molto bello scoprire in chi legge una
comprensione così piena di quel che avevo scritto – soprattutto
considerando che non sono esattamente Eco (con cui mi scuso sentitamente per il
paragone azzardato e del tutto ironico nei miei confronti. Sul serio,
Grandissimo, non si inquieti). Ecco, tutto ciò per dire che mi lusinghi.
E che spero di non aver deluso con questa nuova parte relativa ai familiari
“acquisiti”.
Cialy: Aaah, la tRow… Musica per
le mie orecchie. Amo, amo, amo, sempre lo ripeterei. Dunque. Tu puoi prenderti tuuutto il tempo che vuoi. Sempre (violini in sottofondo). Che
altro… beh, sono contenta che l’analisi mentale di George ti sia
piaciuta ed è vero che si, mi sono concentrata sulla sua
immobilità fisica e psichica, che vanno di pari passo. Quant’è vero ciò che affermi sulle
deprimenti scelte di colei… A presto.
Grazie a tutti i lettori
suni