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Autore: Parabates    04/09/2013    14 recensioni
Era una ragazza di circa diciassette anni. La vide un giorno della scorsa estate, in un prato, stava leggendo un libro, era d'incredibile bellezza. Era così strano di quei tempi vedere una ragazza così giovane sola e con gli occhi calamitati su quel tomo. Incuriosito, le si avvicinò abbastanza per cogliere meglio i suoi tratti. [...] Ricordava questo, questo e nient'altro nonostante l'avesse vista qualche ora prima.
In questo racconto è presente una malattia terminale, il cancro. Non verrà trattata in modo specifico, verrà tenuta piuttosto in disparte e in modo fittizio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Primo.

trailer: https://www.youtube.com/watch?v=zHwg9fBEuHY
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A Stefano, che ha letto e riletto questa storia, mi ha sopportata e mi sopporta ancora, e nonostante questo afferma che sia molto bella. Vorrei dirgli grazie per sopportarmi sempre, per stare a sentire i miei scleri e per passarmi sempre le versioni.


Era una ragazza di circa diciassette anni. La vide per la prima volta un giorno della scorsa estate, in un prato, stava leggendo un libro, era d'incredibile bellezza. Era così strano di quei tempi vedere una ragazza così giovane sola e con gli occhi calamitati su quel tomo. Incuriosito, le si avvicinò abbastanza per cogliere meglio i suoi tratti. Aveva la pelle molto chiara, così delicata; il suo viso era leggermente allungato ma molto dolce; i suoi occhi così profondi, di un colore non ben definito tra il marrone e il verde;  le sue labbra erano chiare e carnose, il suo naso lieve e delicato. Il risultato era un viso molto grazioso, nascosto da una grande quantità di lentiggini e da una lunga e folta chioma di capelli rossi. Aveva una struttura piacente e armoniosa nel suo insieme. Portava un vestito che aveva tutta l'aria di essere fresco e comodo ed era molto bello agli occhi delle persone che lo vedevano, ma sfigurava accanto ad una creatura di tale bellezza. Si chiamava Mary, lo scoprì perché arrivò correndo una sua amica, che gridò questo nome e la ragazza, che pochi secondi prima stava leggendo un libro che sembrava molto interessarla, si voltò e illuminò il suo viso con un grande sorriso.

Ricordava questo della misteriosa Mary, questo e nient'altro nonostante l'avesse vista qualche ora prima, ma quell'attimo da sogno venne rovinato dal suono del suo cellulare, che lo richiamò alla realtà. "Maledetti congegni" pensava ogni volta che gli suonava, ma sua madre lo costringeva a portarselo dietro, per ogni evenienza, "già è tanto che riesco ad uscire da solo", pensava qualche volta. Ormai era spesso fuori di casa, la maggior parte del tempo la passava da solo, in modo che niente e nessuno potesse disturbarlo. Gli piaceva, quel modo lì di vivere, gli piaceva starsene per conto suo senza alcuna preoccupazione o problema  che lo perseguitassero, c'erano solo lui e il tempo. Non si riteneva un "ragazzo vissuto", ma sapeva più cose degli altri, non perché avesse fatto più esperienze, ma perché non si limitava a vedere, lui osservava e capiva il mondo: aveva un rapporto strano con esso, e anche questo gli piaceva. Per gli altri non era un ragazzo solitario, era uno di quei tipi invisibili, forse per loro neanche esisteva: nessuno lo notava, ma lui guardava tutto, almeno fin quando era fuori da casa sua.

Non gli piaceva stare a casa, semplicemente per il fatto che lui era uno spirito libero, si sentiva come rinchiuso in gabbia, e questo i suoi genitori lo capivano, ma non si può stare lontani per troppo tempo. Così prese il suo telefono, il quale non era un brutto telefono, tutt'altro, era uno di quei telefoni di ultima generazione, quel modello per il quale tutti sgomitano a costo di averlo per primi, ma a lui non importava di che marca fosse, quanto potesse chiamare o stare su internet, lui non ci capiva niente di quelle cose, ma i suoi genitori glielo avevano preso per farlo sentire più simile agli altri. Rispose al telefono e, come era prevedibile, era sua madre, uno dei pochi contatti che aveva su quell'aggeggio. Era molto arrabbiata, perché quella mattina suo figlio aveva saltato le lezioni del professore che viene tutti i giorni a casa per farlo studiare. Non che non gli piacesse studiare, ma preferiva girovagare per la città e scoprire nuovi punti dove leggere. Amava leggere, era una cosa che gli piaceva molto, poteva essere chiunque in qualunque momento, viaggiare e conoscere luoghi nuovi e diversi senza spendere soldi, era l'unico modo per lasciare il mondo in cui viveva. "Stupidi libri" così diceva suo padre "ti fanno distrarre dalla realtà, dallo studio, non servono a niente", ma in realtà non sapeva che suo figlio era un osservatore molto esperto e che probabilmente sapeva molto di più di lui. Sua madre, d'altro canto, era d'accordo e anzi sosteneva la voglia di leggere che aveva il figlio. Era ora di tornare a casa, quando la mamma è arrabbiata bisogna stare attenti ed obbedirle, senza aizzare ancor di più le fiamme. Si incamminò per le strade della città dove era nato e cresciuto, conosceva a memoria la strada per tornare a casa e il tragitto era molto lungo, ma non prendeva mai i mezzi pubblici, gli piaceva camminare, lo aiutava a riflettere. 

 




SPAZIO AUTRICE
Allora, allora. Innanzitutto, ciao a tutti. Questo è il primo capitolo della prima storia, yee. Non so se e come procederà, perché ho molte, troppe idee nella testa riguardo a questa storia. Di conseguenza non so neanche ogni quanto la aggiornerò, quindi diciamo che quando mi andrà e avrò abbastanza materiale, vi pubblicherò il capitolo successivo. Spero che vi sia piaciuto e niente, ringrazio tutti i lettori, anche se questo è un campo ormai fin troppo popolare. Niente di che, alla prossima.
S.

xoxo

   
 
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