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Autore: RossJaymes    04/09/2013    6 recensioni
Tratto dal secondo capitolo:
«Adesso mi devi dare una mano», dice sporgendosi per guardare meglio la strada. «Dove devo andare per raggiungere casa tua?», chiede grattandosi la nuca.
Resto a guardarlo per un paio di secondi, poi volgo lo sguardo verso la strada. «Puoi lasciarmi davanti quel pub», dico indicando un locale infondo.
«Sicura? Potrebbero uscire ragazzi ubriachi e potrebbero...», si ferma per qualche istante per poi piegare la testa di lato. «...quanti anni hai, tu?».
«Emh... sedici», dico guardandolo attentamente. Dio, ti prego, fa che non scappi da me a gambe levate.
«Sedici», ripete per poi annuire. «Sì, scordarti che io ti lasci davanti a un night club. Dimmi precisamente dov'è casa tua».

Isabella Swan ha sedici anni. Edward Cullen ne ha diciannove.
Una semplice storia adolescenziale. Niente drammi — non di quelli grossi, almeno — e priva di scene strappalacrime. Abbiamo già problemi nella vita reale, perchè aggiungerli volontariamente anche in una fanfiction?
RossJaymes.
 
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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The steps of love.
 


 
Un viaggio a lunga durata.
 
 
 
 
Sbatto più volte le palpebre abituandomi alla luce dei fari.
Edward Cullen è il mio compagno di scuola. Ho una cotta per lui dall'età di sei anni, quando per la prima volta lo vidi giocare a calcio con i suoi amici, in un vecchio campo a Port Angeles. Quel pomeriggio mio padre mi aveva portata a pescare, insieme a mio nonno
 Geoffrey. A pochi isolati da lì, era situato un vecchio campetto da calcio dove i ragazzini andavano a giocare nel pomeriggio. Esattamente quel giorno — casualità o no — mi voltai, concentrandomi su quel gruppetto di ragazzi. Correvano velocemente e si passavano la palla a vicenda, ma non fu difficile individuare la persona che mi interessava. A quei tempi, era un ragazzino di 9 anni, con capelli sbarazzini e biondi, magliette sporche — per via del terreno — e jeans larghi. Col tempo, i capelli si erano scuriti diventando di un colore biondo-ramato, e i suoi occhi, dapprima verdi, si mescolarono insieme ad un azzurro accecante. Questi anni trascorsi hanno trasformato un bambino che giocava a calcio, a un ragazzo dalla matura età, con occhi stupefacenti e capelli da mozzare il fiato. 
Quando l'auto grigia metallizzata si ferma davanti a me, trattengo il fiato.
Abbassa il finestrino e abbozza un sorriso imbarazzato. «Tu sei Isabella?».
Annuisco lievemente e lui di rimando, apre la sicurezza, permettendomi di entrare. Mi siedo e poggio la testa nel sedile.
Senza dire parola, cambia marcia e sfreccia per le vie di Port Angeles.

«I tuoi genitori si trovano a casa mia. Vuoi raggiungerli o...».
«Portami a casa
», lo interrompo. Una serata con il ragazzo che con un movimento/parola/azione riesce a farmi perdere lucidità in un secondo? Piuttosto, preferisco restarmene chiusa in camera mia. Sei solo una fifona, Bella.
Sospiro frustata. «Casa mia si trova poco dopo il Tilicum Park».
«Verso La Push?», chiede alternando lo sguardo dalla strada a me.
«Prima, sì. Ti dirò io dove fermarti
».
Annuisce entrando nella 101, la strada che ci porterà dritto a Forks.

Rivolgo lo sguardo al finestrino.
Fuori è buio, e le lampade stradali rotte impediscono la piena visuale della strada. Ma i fari bianchi della macchina illuminano la carreggiata dando un aspetto spettrale all'ambiente circostante.

«Non sei un viso nuovo, per me», mormora guardandomi sottecchi.
Sorrido amaramente. Ovviamente non si ricorda di me. «Andiamo nella stessa scuola», fruscio.
«Ah», dice. «Ti avrò vista di sfuggita nei corridoi».
Edward è una specie di leader nell'istituto. Deve dare il buon esempio a tutti gli studenti. E' il braccio destro, perfino per i professori. Ha carisma, fascino, idee trainanti, ha la capacità di convincere, di non mostrare paura. Al contrario di Newton, non sfrutta queste sue capacità per fare colpo sulle cheerleader e non si rintana in uno sgabuzzino — con una ragazza — per lasciare il suo marchio. Forse, anche per questo ritengo probabile di avere almeno una speranza con lui.

Emetto un sospiro.
«Posso accendere l'aria condizionata? C'è freddo», borbotto sfregandomi le mani.
Non risponde. Allunga la mano — per accendere il climatizzatore — insieme a me e automaticamente le nostre dita si intrecciano.
Ritraggo la mano portandomela al petto. Perchè improvvisamente c'è caldo?
«Scusa», sussurra lievemente per poi premere il pulsante due volte. «E' guasto. Bisogna premere due volte per attivarlo», spiega riacquistando il tono di voce normale.
E per la prima volta, da quando sono salita in auto, mi volto verso di lui.
Il suo viso è magro, la mandibola quadrata e ricoperta da un accenno di barba. Le labbra sono piene e verso l'interno color vermiglio. Il naso dritto e le sopracciglia folti.
Ho sempre pensato che possedesse una bellezza innaturale. Nessuno a Forks detiene un fascino del genere. 
E' ovvio che è figlio della signora e signor Cullen. Come ho fatto a non pensarci prima. Esme, sebbene dalla matura età, ha conservato la sua bellezza per tanti anni. Oggi, è quasi spontaneo darle della ventenne.
«Dovresti chiamare un meccanico. Un mio amico è bravo a rimettere in sesto le moto guaste. Penso sia capace di aggiustare anche queste piccolezze», dico riportando automaticamente i miei pensieri a Jake.
Jacob Black è il mio migliore amico, lo conosco praticamente da sedici anni. Renèe era molto legata a Sarah — la mamma di Jake —, rimase per due settimane chiusa in casa, quando Sarah morì. Il giorno in cui aveva messo al mondo Jake, se ne andò.
Quando Jacob fu abbastanza maturo da poter apprendere la perdita di sua madre, gli diedero la notizia, ma lui la prese in modo sbagliato. Credeva che la colpa fosse stata sua, e abbandonò gli studi per un periodo di tempo, evitando contatti con chiunque. Solo con me si apriva. Sebbene fossi più piccola (lui attualmente ha diciannove anni), gli feci capire quanto fosse sbagliato ciò che lui pensava, credeva e soprattutto, che lui non aveva alcuna colpa. Dopo tre mesi, riprese gli studi.
Jacob, oltre ad essere un ragazzo sensibile, è anche un perfetto fidanzato. La sua prima dichiarazione, risale a quando aveva otto anni. In giardino, afferrò un girasole e si inginocchiò davanti a me, sorridendo imbarazzato. Mi chiese se "avevo voglia" di essere la sua ragazza, ed io, accettai ancora ingenua. Quando raggiunsi i quattordici anni, ripropose la sua richiesta, e ancora una volta, accettai. La nostra storia durò due settimane, dopodichè, capimmo che stupidata stavamo facendo. Non ci amavamo, e non dipendevamo l'una dall'altra. Era una cazzata in piena regola. 
Per fortuna, ci ridemmo su, quando, per la prima volta ci spingemmo più avanti di un semplice bacio. Qualora ci ritrovammo in biancheria intima, cominciammo a ridere capendo la follia che stavamo compiendo. La serata terminò con un pacco di popcorn e un film sdolcinato. Giocammo a "prendere in giro gli attori" e a imitare le loro facce, come dei perfetti migliori amici.
Stavo facendo sesso a quattordici anni, per di più con un ragazzo che non amavo. Da quel giorno, capii che dovevo riguardarmi alle parole "fidanzato" e "sesso". Ero e sono troppo piccola per fare queste sciocchezze. Anche i miei genitori, da quel giorno, vollero sapere tutto sulla mia vita sentimentale. 
Inoltre, tre giorni dopo, Jacob diede definitivamente un taglio alla nostra storia uscendo con una ragazza del quartiere, Rebecca. Anche loro, durarono due settimane, in quanto Becca doveva partire per la Florida. 
Jacob ha le caratteristiche tipiche degli Indiani d'America e riesce a colpire molte ragazze con il suo smagliante sorriso. Ha la pelle di una tonalità color ruggine molto liscia e levigata. Il suo viso è attraente e regolare, con zigomi sporgenti e con il mento un pò arrotondato da bambino. I suoi occhi sono scuri e ha capelli neri molto lucidi. Faceva concorrenza a Edward. Ancora oggi, li ritengono i ragazzi più belli di Forks.
Anche a scuola sono ricercati e ricevono molti complimenti, soprattutto bigliettini. Solo che, riescono a differenziarsi agendo diversamente. Edward, risponde alle lusinghe con un sorriso, o magari, si limita ad uscire qualche volta con la spasimante. Jacob, invece, ignora tutte facendole imbestialire. E forse, anche per questo, Edward è più rinomato nell'istituto.
«Un amico di famiglia ci sta già pensando. Grazie lo stesso», dice Edward svoltando a destra e riportandomi alla realtà. 
Annuisco afflitta per non essere riuscita ad aiutarlo.
Sento squillare un cellulare brevemente e dopo aver controllato se fosse il mio, noto con la coda dell'occhio Edward scrutare il suo telefono. Sospira, e cambia marcia.
«Ti dispiace se prima di portarti a casa sana e salva, faccio un salto da un mio amico? Sarò sbrigativo», mi chiede rapidamente.
«Emh...». Che problema può crearmi? Infondo, è lui quello che si è scomodato per venirmi a prelevare. «certo, fai pure».
Sorride per ringraziarmi e in quell'istante trattengo il fiato. Può esistere creatura più bella?
«Questo amico va alla Forks High School?», chiedo incuriosita.
Annuisce. «Non penso che lo conosci, però. Ha la mia stessa età».
«Come si chiama?».
Inarca un sopracciglio guardandomi rapidamente per poi riportare lo sguardo alla strada. «Se vuoi provarci con lui, dillo prima».
«Eh?», strillo. «No! Assolutamente, neanche lo conosco. Volevo... sì, insomma... è un vizio di famiglia essere curiosi», mormoro imbarazzata.
Lui in risposta ridacchia. «Comunque si chiama Emmett, non è alla tua portata, credimi».
«Che intendi dire?», chiedo improvvisamente irritata.
«Non nel senso che sei brutta per essere adatta a lui...», si affretta a dire. «voglio dire, Emmett è come un orso. Un'immagine di te e lui insieme sarebbe strana, in questo senso».
«Mh», mormoro non ancora del tutto convinta.
«Davvero, non volevo offenderti, Isabella». Lo guardo, scrutando nei suoi occhi la sincerità. Ragazzo bello, buono e sincero. Da non farselo scappare, mia cara Bella!
Roteo gli occhi e gli sorrido facendogli intendere d'aver capito, stavolta, sul serio. 
Quando arriviamo, Edward si accosta davanti a una piccola casa di mattonelle, da dove poteva udirsi un rimbombo di musica; segno che c'era in atto una festa. 
Lui si volta verso di me. «Farò il più velocemente possibile. Tu intanto... ascolta la musica, se vuoi», dice accendendo lo stereo. «se esce qualcuno dalla casa in cui sto entrando, ignoralo».
Annuisco come una bambina e lo guardo dirigersi verso l'abitazione del suo amico. Sposto i capelli di lato, e imposto la modalità CD scoprendo cosa stava ascoltando precedentemente Edward.
Nell'auto in poco tempo arieggiò la classica e placida canzone di Debussy: Clair de lune.
Mi distendo, compiaciuta dalla sua scelta di canzone. Se avrei sentito un genere Punk Rock, l'avrei piantato su questa auto all'istante. Per poi ritornare come una gatta morta e miagolargli ai piedi.
Scuoto la testa assillata da questa presunta e immaginaria coscienza. 
Mi guardo intorno scrutando tra gli alberi scuri. Perchè improvvisamente sento che a momenti uscirà un uomo con un ascia enorme pronto ad uccidermi?
«Salve!».
Sobbalzo emettendo uno stridulo urlo. Mi giro accorgendomi che quella soave e simpatica vocetta appartiene ad un ragazzo gigante e muscoloso. Se dovesse competere con qualcuno, in fatto di grandezza e altezza, vincerebbe di sicuro.
«C-Ciao», mormoro dal finestrino lasciato per metà aperto.
«Emmett, smettila», mi volto ancora una volta e quando vedo che è Edward, sospiro sollevata. Allora è lui Emmett!
«Cosa ho fatto?», chiede lui sfoggiando un tono da cucciolo bastonato. 
«L'hai fatta spaventare», risponde Edward entrando in macchina con un sacchetto bianco. Mise quest'ultimo nei sedili posteriori, poi abbassò il finestrino completamente per avere una migliore visuale di Emmett. «Se levi quelle mani enormi dallo sportello, posso andarmene».
«Oh, andiamo! Restate ancora un pò», ci supplica incrociando le mani tra di loro.
«No, te l'ho già detto», risponde sbuffando.
«Isabella, tu vorresti restare, vero?», chiede in cerca di supporto.
«Emh... vedi, io...».
«Portare in una festa dove ci sono alcool e droga la figlia degli amici dei miei genitori, quando invece mi hanno chiesto di accompagnarla a casa sua, non penso possa farli felici», spiega Edward come se non fossi presente.
«A dire il vero non c'è droga», risponde il suo amico indignato.
«E tu credi che nessuno l'abbia portata in questa festa? Appena sono entrato c'era una puzza terribile, e non credo sia solo di alcool».
«Merda», mormora Emmett riflettendoci su. «Ripensandoci... andate, io cerco di cacciare via quei maiali», dice correndo verso casa sua.
Sorrido divertita per poi scuotere la testa.
«Ti sei fatta un nuovo amico», dice accendendo la macchina Edward. «Ora che ti ha conosciuta non ti lascerà più in pace, a scuola».
«E' simpatico. Anche se è... si, beh, enorme».
Ridacchia.
«Ascolti Debussy?», chiedo mormorando ricordandomi del CD.
Aggrotta la fronta e io, in risposta, alzo il volume della radio.
«Oh», esclama. «Sì, amh... la tua famiglia ha il vizio della curiosità, la mia della musica classica», dice schiacciandomi l'occhio.
«Anche a me piace», dico sollevata di avere qualcosa in comune.
Sorride per poi portare il suo sguardo all'orologio. «Dio, questa serata è senza fine», borbotta.
«Se vuoi», mormoro d'un tratto dispiaciuta. «posso continuare a piedi, conosco già queste vie».
«No, Isabella. Non volevo dire quello. Solo... cioè, a quest'ora starei già dormendo dato che domani ci sono gli allenamenti e...».
«E quindi sono un peso», concludo per lui cercando di sfoggiare un sorriso credibile. In realtà non sono felice, non lo sono per niente. 
«Mettiamola così: per me non c'è alcun problema se devo accompagnarti a casa ma è pure vero che sto morendo di sonno», dice scherzando.
Sorrido — questa volta sinceramente — e poggio la testa al finestrino.
«E comunque non chiamarmi Isabella, chiamami Bella».
Inarca un sopracciglio, divertito. «Un pò vanitosa, no?».
Sghignazzo. «Bella è il diminutivo di Isabella, non l'ho scelto io».
«Lo so», mormora sorridendo. Dio, smettila di sorridere, non capisci che perdo un battito ogni volta che lo fai? «E comunque "Bella" ti si addice». Il colpo di grazia. Respira, Bella. Respira.
«G-Grazie», balbetto torturandomi le mani.
«Adesso mi devi dare una mano», dice sporgendosi per guardare meglio la strada. «Dove devo andare per raggiungere casa tua?», chiede grattandosi la nuca.
Resto a guardarlo per un paio di secondi, poi volgo lo sguardo verso la strada. «Puoi lasciarmi davanti quel pub», dico indicando un locale infondo.
«Sicura? Potrebbero uscire ragazzi ubriachi e potrebbero...», si ferma per qualche istante per poi piegare la testa di lato. «...quanti anni hai, tu?».
«Emh... sedici», dico guardandolo attentamente. Dio, ti prego, fa che non scappi da me a gambe levate.
«Sedici», ripete per poi annuire. «Sì, scordarti che io ti lasci davanti a un night club. Dimmi precisamente dov'è casa tua».
Dapprima boccheggio, per poi fermarmi a sorridere, cercando di non darglielo a vedere. In un certo senso, si è preoccupato per me.
Sì, insomma... non nel senso in cui avrei voluto io: "amore mio, non ti lascerei mai davanti ad un night club, sei l'amore della mia vita e se dovesse capitarti qualcosa non riuscirei mai a perdonarmi" ma è pur sempre qualcosa per due persone che non hanno mai parlato. O magari non voleva avere rimorsi in caso ti avessero violentata!
«Bella?», mi richiama calcando sul mio nome. Bella. Mi ha chiamata Bella. E detto dalla sua voce è tutt'altra cosa. «Allora? Dov'è casa tua?».
«Ah, sì», mormoro. «Devi andare dritto, e dopo aver sorpassato quel pub girare a destra. Ti dirò io davanti quale casa fermarti».
Edward esegue le indicazioni alla regola, e dopo aver frenato, gira la chiave spegnendo l'automobile.
«Ti ringrazio per il passaggio», dico cercando di non svenire proprio adesso.
«E' stato un piacere», risponde sorridendo. «Ah, Bella!», esclama afferrandomi il braccio prima che scenda dall'auto.
Mi volto verso di lui. Avrò un punto interrogativo nella fronte, penso notando il suo sguardo divertito. «Se domani ti ignoro... insomma, lo sai perchè lo faccio».
Certo che lo so, Edward. Non puoi rovinarti la reputazione. Se venissero a sapere che conosci una come me — anche se mi hai conosciuta per caso — come minimo ti buttano fuori dalla squadra di basket e poi ti disprezzeranno come se avessi commesso un omicidio.
«Sì», sussurro delusa. Cosa ti aspettavi, Bella? Che rovinasse la sua reputazione per te? O che ti dichiarasse il suo amore eterno sotto la veranda di casa tua? 
«Sei simpatica, ma non posso farmi vedere con te. Essere quello che sono ha i suoi vantaggi e per adesso, non voglio rinunciare». Non vuole rinunciare per te — d'altronde, ti ha conosciuta solo adesso — e non può farsi vedere con te.
«Sì, capisco. Grazie ancora per il passaggio». Esco dall'auto e mi dirigo spedita verso il vialetto di casa, incurante dei suoi continui richiami. Mi chiudo la porta alle spalle e sospiro-ringhio.
Lo sapevo. Lo sapevo che sarei dovuta tornare a casa a piedi
.





 
Stato autrice.


Ciao ragazze/i.
Per prima cosa, ringrazio le due persone che hanno speso un pò del loro tempo per recensire la mia storia: my_first_and_only_loveparide. Spero continuerete a seguire la storia!
Parlando del capitolo, invece, ho preferito iniziare con un viaggio a lunga durata che spero, abbia fatto piacere alle fans della coppia Edward/Bella (tra cui me!).
Scrivere un capitolo completo a proposito di Bella ed Edward è sempre un piacere, e poi, se aggiungiamo un pò della simpatia del nostro caro Emmett!
Fatemi sapere cosa ne pensate, siete liberi di recensire. Dire la propria opinione non fa male, anzi!
Grazie per le visite e alle persone che stanno cominciando a seguirmi.
Al prossimo capitolo!  





 
  
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