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Autore: Darko    11/03/2008    2 recensioni
Basato interamente sul gioco di Port Royale lo ammetto. Morgan Black alla ricerca della verità su suo padre. ringrazio fabio 93 che mi ha dato l'ispirazione.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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1.Barcellona
Capitolo 1
Barcellona

“Sono stufo di questo posto. Le vie puzzano e gli spagnoli non mi sono mai piaciuti”.

Un umile scaricatore stava lavorando giù al porto, mentre la città dormiva. Un uomo, annunciato dall’odore di alcool, lo prese per una spalla: -Ehi ragazzo! Vedi di trattare gentilmente quelle casse di rum o mi assicurerò personalmente di buttarti a mare-
Il lavoratore borbottò un “Si, signore” e continuò il suo incarico. Quella notte pioveva e sembrava durasse un’eternità. Ma alla fine arrivò l’alba, accompagnata dalla campana della cattedrale. Toccava le sei e significava la fine del turno di lavoro.
La sua casa era nei quartieri nuovi. Si, quelli nuovi, ma non certo in una di quelle splendide villette; quei quartieri erano sulle colline, da dove si godeva di un’ottima vista sul mare. Già il mare. Era sempre stato la sua ragione di vita; per lui aveva abbandonato lo zio a Madrid ed era corso in cerca di ventura a Barcellona. Una nave sarebbe salpata per le Americhe e stava reclutando marinai. Aveva investito tutto in quell’impresa, ed aveva fallito. L’equipaggio era al completo e la nave non aveva bisogno di “sguatteri”. Così era rimasto a Barcellona come scaricatore di porto.
Era arrivato. Non si era mai accorto di come fosse cadente la sua dimora. Il portone aveva un aspetto malsano, le finestre erano scrostate e cigolavano, il vento aveva divelto qualche tegola e una grondaia non aveva retto al peso dell’acqua. Ora penzolava indecorosamente lungo il muro, che era tappezzato di buchi ed aveva dei rampicanti che lo soffocavano. Si frugò in tasca e cercò la chiave. Non ebbe nemmeno il tempo di cambiarsi perché si era già addormentato sul letto.
-Xavier!- Niente. –Xavier!- il secondo tentativo fu accompagnato da uno scrollane e il giovane si svegliò, si stropicciò gli occhi e si mise a sedere sul letto.
-Ma chi diavolo…-
-Sono io, alzati pelandrone!- Aurora era entrata in camera sua e lo aveva svegliato. Era una ragazza strana. Innanzi tutto perché una spagnola bionda e con gli occhi verdi era molto rara, secondo perché continuava a perdere del tempo con lui.
-Ma come hai fatto a…Ah! Lascia perdere. La porta era aperta vero?-
-Si. E’ già la terza volta questa settimana. Alla quarta ti troverai una spiacevole sorpresa-
-Tu non sei abbastanza spiacevole?-
Aurora cambiò stanza e tornò subito dopo con un bacile colmo d’acqua, un rasoio ed uno specchio.
-Simpaticone! In ogni modo lavati e fatti la barba…anzi no! Sei più tenebroso con quei “baffoni”- rise, mostrando i denti bianchi.
-Dai, ti preparo qualcosa- uscì.
-Comunque, so badare a me stesso!- non era vero, era un pasticcione e non avrebbe saputo come fare senza Aurora. Si lavò; l’acqua era gelida. Si guardò allo specchio: il pezzo di vetro argentato rifletteva l’immagine di un ragazzo scarmigliato, con i capelli castani scompigliati e gli occhi verdi, verde smeraldo.
Mangiarono qualcosa e poi andarono al mercato. Comprarono da mangiare e da bere con la paga di Xavier e tornarono a casa per la cena. Poi Xavier uscì di casa. Un’altra dura giornata di lavoro lo aspettava.
Quella notte passò come tutte le altre: umida, faticosa, snervante e puzzolente. Alle sei, stufo, tornò a casa. Cercò la chiave, ma questa volta nella tasca non c’era. Poi con un lampo ricordò: la chiave che rimaneva sul tavolino mentre la porta si chiudeva e la serratura scattava.
-Maledizione!- urlò e calciò un sasso che rotolava in discesa, imprecando poi per il dolore. Frustrato, si sedette sullo scalino e si appoggiò al portone. Era aperto. Si alzò di scatto e spinse piano la porta socchiusa. Effettivamente in casa sua c’era qualcuno: il braciere mandava vivaci scoppiettii dall’altra stanza, accompagnati dalla fioca luce del fuoco. C’era un mantello sull’appendiabiti. Uscì dalla porta, prese un pezzo di legno abbastanza robusto che aveva visto prima e rientrò, sperando con tutte le forze che quello fosse il nuovo mantello da viaggio di Aurora. Solo allora si accorse che la serratura era stata forzata. Entrò lentamente nella stanza e si avvicinò da dietro alla sedia, piano.
L’intruso era sdraiato con i piedi sul bordo del braciere, intento a riscaldarsi. Almeno così sembrava. Infatti dalla sommità della sedia spuntava solo un cappello a larghe tese.
Continuò ad avvicinarsi, il bastone levato, pronto a colpire.
-Cosa credi di fare ragazzo?!-
La voce lo fece trasalire e si girò di scatto. Sulla soglia stava un uomo alto, abbastanza massiccio. La sua faccia era abbronzata e solcata da qualche ruga. I suoi occhi grigi brillavano.
-Chi sei?- Xavier era spaventato, ma cercava di non darlo a vedere allo sconosciuto.
-Qualcuno che probabilmente non ti piacerà conoscere- disse l’uomo, poi prese il suo cappello ed uscì:
-Non c’è una locanda decente in questa maledetta città?- Xavier non si mosse: -Ti devo parlare, ma non qui!-
Xavier stette un poco a pensare, poi decise di fidarsi dello sconosciuto. “Devo essere pazzo” e uscì anche lui.
Lo accompagnò da Pedro, senza scambiare una parola e si fece guidare dal vecchio in una stanzina che era sempre vuota. Poi il vecchio chiamò Pedro il locandiere:
-Fai in modo che nessuno ci interrompa, chiaro?- estrasse due dobloni. Pedro annuì e fece per uscire.
-Ehi! Portami una paella e una brocca di vino, per due- estrasse un altro doblone sotto gli occhi sgranati di Xavier e lo lanciò al locandiere. Pedro prese le monete al volo e sparì dietro la porta.
Il vecchio tornò a rivolgersi a Xavier: -Come ti chiami?-
-Xavier, ma per gli amici è Xavi-
-Come sospettavo- Xavier stette in silenzio. Solo allora si accorse che il vecchio aveva una saccoccia con sé.
-Tuo padre ti ha lasciato qualcosa. E’ morto da anni ormai, ma io non riuscivo a trovarti e tuo padre non sapeva dove fosse finito suo figlio. Perciò…- prese la saccoccia e la lanciò al ragazzo. Era molto pesante e si intuiva la presenza al suo interno di qualche oggetto metallico. Non sapeva cosa dire, ma:
-Comunque non mi hai ancora detto chi sei!-
-Ehi! Ehi! Ogni cosa a suo tempo. Prima mangiamo qualcosa, ho una fame!-
Pedro era entrato portando due piatti di paella e una brocca di vino. Il vecchio guardò il ragazzo: -Mangia pure, offro io!-
-Grazie- borbottò Xavier cominciando a mangiare la sua porzione. Nessuno dei due parlò finchè i piatti rimasero vuoti e la brocca non fu asciutta. A questo punto Xavier attese impaziente. Il vecchio si frugò nelle tasche della giacca e ne tirò fuori una pipa; la caricò e la accese.
La città si era svegliata già da un pezzo e da quella stanza cominciavano ad udirsi i primi marinai che si bevevano un boccale prima di partire.
Il vecchio parlò: -Conoscevo tuo padre molto bene e devo ammetter che era un grand’uomo-
-Tu conoscevi mio padre? Dimmi com’era. Ti prego, io non l’ho mai conosciuto-
Il vecchio sospirò: -Lo avevo immaginato. Bene! Sei disposto a sentire una lunga storia?-
-Sì, se mi aiuterà a sapere qualcosa su mio padre-
Xavier si mise comodo, pronto ad ascoltare l’uomo che avrebbe cambiato la sua vita.  

  
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