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Autore: Darko    31/03/2008    0 recensioni
Basato interamente sul gioco di Port Royale lo ammetto. Morgan Black alla ricerca della verità su suo padre. ringrazio fabio 93 che mi ha dato l'ispirazione.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 2.Il racconto
Capitolo 2.
Il racconto


-Tanti anni fa abitavo a Margarita, una bella città sulle coste nord-orientale del Sud America. Avevo una piccola attività, producevo rum e mi occupavo personalmente del trasporto via mare. Ero partito con poco denaro, poca esperienza ed una piccola nave, una pinaccia per la precisione.
Naturalmente quando ho cominciato ero rimasto a secco per poter comprare la nave e pagare le attrezzature. Ero costretto a tenere il minimo equipaggio possibile per ridurre le spese, ma ciò mi rendeva molto vulnerabile agli attacchi dei pirati. Per fortuna la mia attività non mi imponeva viaggi lunghi, e soprattutto erano viaggi lungo la costa. La mia pinaccia non avrebbe retto ad una traversata in mare aperto. Passò un anno, più o meno, e il governatore di Margarita, Manuel Casagrande, cominciò ad interessarsi all’attività. Mi aiutò con delle sovversioni pretendendo in cambio dei piccoli incarichi. Cominciai a guadagnare forte e mi allargai: avevo investito anche nella pesca e nel tabacco, che era quello che rendeva di più. Avevo comprato altre navi e avevo imbastito un convoglio per le traversate più lunghe.
Cominciai a stipulare contratti con i commercianti delle varie isole e stabilii delle rotte commerciali con gran parte dei Caraibi meridionali.
Stavo diventando influente.
Un giorno, Casagrande e Fenton Howard, il governatore di Port Royale, mi convocarono ed insieme organizzammo un attacco ad un pirata che stava diventando scomodo.
Io avrei funzionato da esca e Casagrande avrebbe compiuto l’attacco alle navi, Howard invece avrebbe attaccato da terra. Ma i pirati sapevano già tutto. Tesero una trappola a Howard che scappò per miracolo con una manciata di uomini. Per quanto riguarda noi, i pirati ci distrussero ed io persi tutto.
Il capitano salì su ciò che restava della mia nave e mi riconobbe; mi prese con sé e lasciò andare gli altri con ciò che restava delle navi. Erano passati diciassette anni dal mio primo viaggio sulla pinaccia-
Xavier si destò: -Cosa c’entro io con tutto questo?-
-Beh. In teoria tutto. Il pirata era il capitano Francis Black. Ed io sono suo fratello, Thomas Black-
Un gelo improvviso gli invase le viscere. Quello che aveva davanti era lo zio di cui gli aveva tanto parlato sua madre; non lo zio Madrid, quello era il fratello della madre. Questo era il ragazzo che aveva lasciato l’Europa su una nave in cerca di ventura verso le Americhe, ma soprattutto per seguire il fratello Francis.
“Zio Thomas” rivolse a Xavier un sorriso.
Lo sapeva. Lo sapeva. Aveva sempre sognato che suo padre fosse un pirata; tutti quei misteri di sua madre l’avevano fatto riflettere. Poi suo zio lo guardò:
-Lo sai che non sei spagnolo, vero?-
-Sì. Sono inglese-
-Esatto, tu però non ti chiami Xavier-
-Sì, sono Xavier Black-
Lo zio sorrise: -No, tu sei Morgan. Morgan Black.
Xavier, anzi Morgan, rimase colpito dalle ultime affermazioni. Si crogiolava assaporando la potenza del suo nome.
-Dimmi, quanti anni hai ragazzo?-
-Ne ho ventiquattro-
-Uh, come passa il tempo. Quando tuo padre morì, le sue ultime parole furono “Cerca mio figlio. Deve avere circa due o tre anni. Spiegagli tutto ciò che deve sapere quando sarà abbastanza grande”-
Morgan sentiva crescere un dubbio: -Come faccio a sapere che dici la verità?-
Zio Thomas indicò la saccoccia che gli aveva appena dato e disse: -Aprila-
Il ragazzo, titubante, sciolse i laccetti che legavano l’apertura e riversò dolcemente i contenuto sul tavolo. C’erano decine di sacchetti pieni di dobloni, un cappello a larghe tese molto simile a quello dello zio, con un pennacchio rosso e blu e le ornature dorate. Sotto al cappello c’era una splendida giacca. Era d un sorprendente color blu notte e riprendeva degli ornamenti che circondavano i bottoni e si articolavano nel colletto e nelle maniche formando disegni intricati. Aveva le tasche pesanti perché due pistole lavorate a mano le occupavano. Sul manico di ognuna era inciso una B sotto ad un grifone.
-Quello è il simbolo dei Black. Tuo padre lo portava sulle vele-
Morgan si accorse che era rimasto ancora qualcosa nella saccoccia. Estrasse una spada. La prima che avesse mai afferrato. La lama era sottile e l’elsa era lavorata ad opera d’arte. Toccando il pomello, si accorse che era svitabile, da lì estrasse un rotolino di pergamena sotto lo sguardo ammutolito dello zio.
-Ti giuro che non l’avrei mai sospettato- guardò fisso il nipote –Avanti. Aprilo!-
Morgan srotolò la pergamena e lesse:
“Io, Francis John Black, consegno tutti i miei averi, mobili ed immobili, al mio unico e legittimo figlio Morgan Black”. Il testamento di suo padre era accompagnato dalla firma del pirata. Dietro al testamento però, c’era un’altra scritta.
“Orco, nemici! La spada!” Cosa voleva dire? Guardò lo zio e glielo porse aspettando che dicesse qualcosa. Ma quello lo guardò e disse: -Non so cosa possa significare-
Rimasero alla locanda per un po’. Infine Morgan invitò suo zio a dormire da lui.
Mentre tentava inutilmente di prendere sonno, rifletteva. Quel pezzo di carta era stato nascosto per un motivo.
La lunga ombra di Francis Black ora incombeva su di lui.


  
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