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Autore: Para_muse    05/09/2013    2 recensioni
Una storia che è nata leggendo un libro, guardando un film, una serie tv e amando due attori.
Sybil è una ragazza indifesa e sofferente. Cosa le succederà dopo l'incidente accaduto per sbaglio? E come la prenderà quando, a causa dell'incidente, scoprirà di aver perso la memoria? E come riuscirà a ricordare se non avrà nessuno al suo fianco ad aiutarla? La fortuna sarà dalla sua parte quel giorno...Jensen la guiderà nel lungo tragitto dei suoi ricordi, insieme alla sua anima perduta.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jensen Ackles, Misha Collins, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Forza piccola, portami fuori da qui…- mormorai, infilando la chiave nel quadro di accensione. […] Non notai il luccichio di qualcosa che colpiva assiduamente lo specchietto retrovisore.
Tutto sembrò andare così a rallentatore.
Qualcuno mi stava aspettando a braccia aperte.
Era l’incoscienza.

Sybil resta coinvolta in un incidente stradale, ma prima che possa arrivare alla fine del tunnel, qualcuno è disposta ad aiutarla, e a recuperare la memoria. Il suo nome è Jensen, il suo angelo salvatore:
Ho solo chiesto aiuto, quando ho visto la luce alla fine del tunnel quel maledetto giorno dell’incidente. Ho solo chiesto aiuto, e quando sono tornata indietro, ritornando in questa vita ho riaperto gli occhi e ti ho visto. Ho pensato che fossi un angelo, e adesso ho scoperto che lo eri. Non importa che tu decida di mandarmi via o di farmi restare, ma voglio solo dirti che lo so, sono un’idea sbagliata di persona, per te e soprattutto per lei. Mi dispiace tanto, non so chi sono più ormai Jensen. Non lo so più ormai.[…]
Un passo alla volta –
ribadii anch’io, sorridendogli appena.
- Iniziamo con qualcosa su cui poter basare il rapporto. – sussurrò.


 

 Capitolo 8
 We need to talk.

 

Due settimane dopo…
 
 
- E stop! Una pausa di cinque minuti e si ricomincia ragazzi! – urlò Singer, lasciando liberi sul set tutto i ragazzi della crew. Jensen appena mi vide mi venne incontro, e con un sorriso mi strinse le mani in una morsa, avvicinandomi a lui per un bacio a fior di labbra.
- Stai andando via? – domandò sorridendomi dolcemente. Io annuii e distaccandomi da lui, troppo timida per mostrarmi ancora al pubblico e agli sguardi curiosi dei ragazzi, gli sorrisi e divenni rossa.
- Non farci caso, ci sono abituati – mormorò, avvicinandosi a me di nuovo in un abbraccio protettivo.
- Lo so, sono io che devo abituarmi. Non sai quante domande mi fanno le ragazze al piano di sopra – borbottai, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Lentamente si stavano facendo sempre più lunghi, e mi piacevano molto così com’erano: lunghi, morbidi e ben curati, come piacevano anche a Jensen.
- A che ora hai l’appuntamento dalla dottoressa? – domandò curioso. Io fissai l’orologio e alzai le spalle.
- Tra una mezz’oretta, ma penso proprio di dover andare adesso se non voglio incontrare traffico – sussurrai, facendo dondolare le chiavi dell’auto che mi ero fatta finalmente aggiustare, dopo aver convinto Jensen per ore e ore.
- Allora va. È sta attenta per favore – borbottò, facendomi un carezza sul viso, prima  di lasciarmi con un bacio sulle labbra.
- A stasera – dissi, lasciando andare la sua mano, dirigendomi fuori nel parcheggio. Infilai la chiave e con un piccolo rombo feci partire la mia piccola. – Quando mi sei mancata! Ti adoro! – esclamai alla mia adorabile autovettura.
Mi infilai nel traffico, e raggiunsi con estrema cautela l’ospedale per un ennesimo controllo mensile. Febbraio ormai era iniziato, e i giorni sembravano volare, a differenza dei primi. Si mi piaceva un sacco vivere con Jensen, e adesso che stavamo insieme, era ancora più divertente portare in scena, come in un evento al teatro, il fatto di tornare a casa dopo il lavoro, con una bambina adorabile a raccontarti le cose più belle o le cose più brutte che le fossero capitate a scuola. Mentre la mia mente viaggiava nelle fantasia matrimoniali e familiari, vidi il parcheggio dell’ospedale stagliarsi alla mia destra, perciò misi la freccia, e da brava patentata, parcheggiai nella giusta posizione in un box, e in retromarcia.
Scesi dall’auto, chiusi la portiera, e mi diressi alla reception, facendomi aiutare da un infermiera.
- Si la dottoressa Smith l’aspetta al secondo piano, può trovarla nel suo studio, basta chiedere arrivata di sopra – disse cordialmente, lasciandomi con un sorriso. Le sorrisi a mia volta, e ricambiandole il sorriso, salii con l’ascensore al secondo piano, appunto. Chiesi informazione, e non poco complicate, presi un lungo corridoio, fissando le varie porte, aperte e chiuse, fin quando non arrivai davanti ad una porta bianca, con su scritto: “Studio Clinico Dott.sa Smith”. Bussai due volte, e lentamente aprii la porta, quando me lo fu permesso. Entrai, e con un sorriso, la dottoressa mi invitò nuovamente ad entrare e ad accomodarmi. Lo feci, e iniziammo a parlare del più e del meno, poi mi chiese come andava, dopo l’ultima visita: - Abbastanza bene. Io e Jensen ci comprendiamo meglio, io prendo le mie vitamine, e la mia pillola della nanna, per fare sonni tranquilli, mentre Jensen prende nei migliori dei modi i piccoli passi avanti che faccio. Adesso lavoro, guido di nuovo, e non dimentico così facilmente le cose. Meno capogiri, insomma, sto meglio con me stessa! – esclamai felice, fissandola contenta, e ringraziandola, perché in fondo era tutto merito suo se ero riuscita a migliorare.
- Dunque… Jensen eh? Siamo passati già al nome. L’ultima visita era solo Mister Ackles. Facciamo passi avanti con le relazione mi pare di aver compreso… - la dottoressa mi guardò con sguardo curioso, da donna quasi pettegola, poi fece un gesto con la mano, come per dire non ha importanza, e si mise a ridere felice: - E’ bello sapere che qualcuno ti è vicino, dopo quello che hai passato, con quel brutto incidente. E’ un angelo custode quel Jensen Ackles. E’ un grande attore, oh! Mia figlia impazzisce per Dean Winchester! – borbottò, portandosi una mano alla fronte, come se fosse disperata.
Sorrisi divertita, e alzando le spalle, mi nascosi dietro al bicchiere d’acqua che poco prima mi aveva riempito.
- Allora, facciamo un controllo veloce, e poi ti lascio andare alle tue faccende, dovrai sicuramente tornare a lavoro, dunque… -; Non lasciai intendere che non avevo nulla da fare, ma mi lasciai semplicemente visitare, e un paio di minuti dopo, uscii dall’ospedale con un sospiro di felicità alle spalle. Tutto apposto, dovevo continuare con la cura, nulla di ché.
Salii in macchina e uscii dal parcheggio con un sorriso stampato in faccia… fino a quando però lo sguardo non si spostò sullo specchietto retrovisore, e notai che qualcuno con un sub dietro mi veniva dietro. Capii d’un tratto che si trattasse dell’auto di Jensen, ma non era lui. Era Cliff.
E addio al piano che avevo pensato di attuare quella mattina, dopo che avrei finito con visita medica.
Accostai al marciapiede, e lasciai che il sub si fermasse dalla mia parte. Abbassai il finestrino e fissai contrariata Cliff.
- Mi ha mandato a Jensen a vedere se era tutto okay. Com’è andata la visita? – domandò un po’ frettoloso, preoccupato per l’intralcio al traffico.
Lo fissai un po’ amareggiata. Maledetto Jensen iperprotettivo!
- La visita tutto okay? E tu? Lo spionaggio è tutto okay? – borbottai contrariata, lasciandogli uno sguardo di sbieco. Lui mi fece un risolino di scuse, e rimettendosi in moto, mi lasciò il via libera, per tornare in strada, e a casa, visto che lui si stava dirigendo proprio la.
Parcheggiai nel vialetto, proprio dietro il sub, pronta a correre subito in casa, visto che era iniziato a piovigginare.
Cliff prese le chiavi da sotto la tegola li vicino la porta, e infilandola nella toppa, aprii e mi fece entrare per prima, da galante uomo qual era.
- Jensen deve smetterla di farmi pedinare, non posso nemmeno andare che ne so, a far la spesa? Perché ci sarà lui a farmi perseguitare da altri! Tra un po’ vado in bagno, sappilo Cliff, li non voglio sentirmi osservata e seguita da nessuno, tanto meno da te! – gli dissi arrabbiata, dirigendomi verso il bagno, chiudendo la porta furiosamente.
Mi portai davanti al lavabo, e aprii l’acqua senza che facessi sentire altro rumore. Dopo di ché, infilai le mani a coppa sotto il getto, e mi spruzzai l’acqua sul viso, cercando di calmare il senso di rabbia e di calore che sentii in tutto il corpo.
Dopo un po’, quando pensai che riuscissi a parlare civilmente con Cliff, uscii dalla porta, e non trovai nessuno in cucina, tanto meno in soggiorno. Spiai fuori dalla finestra se c’era ancora il sub, ero li appunto, ma Cliff non c’era. Forse era andato via a piedi. Mi sentii un po’ in colpa, perché in fondo stava piovendo, e anche se Cliff era un omone che resisteva a tutto, non penso che riuscisse a resistere anche alla pioggia fredda di febbraio.
Delusa adesso, presi il cappotto che avevo lasciato sul divano, e infilandomelo, andai un po’ in giro con l’auto, facendo un po’ di shopping nei charity shop. Erano comunque ottimi libri che compravo in quei negozi, e anche ottimi vestiti, in fondo non aveva una paga così alta da mettermi capi di alta moda. A me bastavano anche quelli di secondo mano.
Mentre passavo da una vetrina ad un’altra, con l’ombrello aperto, non stavo così attenta alle persone che venivano contromano sul marciapiede, pensando che in fondo sarebbero state attente a me, che ero intendo a fissare le vetrine, e non io a loro, che avevano fretta di fare altro, invece di godersi un po’ di sano relax con lo shopping.
Mentre fissavo una torta di compleanno da una vetrina di una pasticceria abbastanza famosa – per la folla dentro il locale – qualcuno mi spinse così indietro il braccio con cui tenevo in alto l’ombrello, che mi fece scappare di mano il manico, borsa e una delle tante buste che avevo tra le mani.
- Ehi! – esclamai spaventata e allo stesso tempo arrabbiata, abbassandomi a prendere tutto, prima che potessero rovinarsi o addirittura essere calpestati. Non mi accorsi a prima impatto chi fosse ad avermi spinto, ma quando alzai lo sguardo per farmi dare di nuovo la busta del charity shop, lo sguardo si soffermò su uno sguardo dagli occhi chiari e sotto shock.
Ben.
- Sybil? – domandò stupito, fissandomi come se fossi un’aliena. – Cavolo sei tu? Nemmeno ti riconoscevo, ti sei tinta i capelli e non sembri nemmeno tu! – esclamò di colpo, sorridendomi e sporgendomi ad abbracciarmi.
Vari ricordi invasero la mia mente: baci, carezze, parole sussurrate. Ben era più di un amico. L’avevo intuito da quel semplice e leggero abbraccio. Non mi accorsi immediatamente di una persone in disparte, che stava tornando indietro per richiamare l’attenzione di Ben, ma quando alzai lo sguardo verso una ragazza dagli occhi celesti, e di un biondo brillante nascosto sotto un cappellino di lana, riconobbi la mia ex migliore amica.
- Anna – sussurrai, fissandola stupita. Sembrava più adulta, più seria, con quel tratti spigolosi.
- Tesoro, andiamo! – esclamò di colpo, stupita e frustrata, afferrando il braccio di Ben, per tirarlo via dal mio abbraccio.
- Anna! – esclamai di colpo, cercando di fermarla, parlandole. – Aspetta, devo chiederti un paio di cose! – dissi di getto, ma senza ottenere la sua attenzione. Mi fuggì da sotto gli occhi, tra la gente di Vancouver.
 
Visto che dopo pranzo, ero ancora da sola a casa, non volevo che JJ andasse dalla sua migliore amica come al solito, perciò decisi di andare a prenderla da scuola, per portala a casa, e prepararla una bella merenda. Quando parcheggiai il sub – visto che c’era il seggiolino incorporato apposito per lei – scesi dall’auto e aspettai con l’ombrello aperto, proprio davanti la portiera del passeggero.
Quando vidi i bambini uscire dalle porte principali, feci giusto in tempo ad alzare le braccia per farmi notare da lei, che stupita, portandosi le mani alla bocca mi venne incontro, abbracciandomi.
- Sybil, che bello vederti qui! Ti ha mandato papà? – domandò curiosa, stritolandomi una mano. Le sorrisi e scuotendo la testa le spiegai che oggi non avevo avuto proprio nulla da fare.
- Bene, possiamo passare un bel pomeriggio insieme! – esclamò abbracciandomi di nuovo. Fu allora che sentii un paio di rumori susseguirsi. Clik, Clik. Sembravano rumori da macchine fotografiche, alzai lo sguardo guardandomi attorno, e notai due uomini farmi le foto. Farci le foto. Cosa volevano?
- Dai, andiamo a casa! – disse Justice Jay, attirando la mia attenzione. Sorridendole, aprii la portiera posteriore, e la feci entrare, sistemandole accanto lo zaino pieno di libri. Dopo di ché, feci il giro ed entrai dalla parte del guidatore, chiudendo l’ombrello e la portiera al seguito.
Quando furono allacciate le cintura di sicurezza, accessi il quadro dell’auto, e mi misi in marcia, con qualche dubbio su quei uomini che mi ricordarono tanto dei paparazzi. Sicuramene avrei trovato la risposta sul web, magari con qualche titolo mastodontico sul fatto che fossi la fidanzata di Jensen Ackles. Mitico.
 
- Cosa stai facendo? – domandò Justice Jay, alzando lo sguardo dal suo quaderno, dove stava facendo gli esercizi.
Alzai lo sguardo dal cellulare, e dalle foto incriminanti di me e Justice Jay, tutte sorridenti. Perfetto.
- Niente, twitto qualcosa di sciocco – borbottai, poggiando la guancia sul pugno chiuso. Lei mi sorrise, e curiosa si avvicinò alla mia sedia per vedere. Immediatamente aprii la schermata di twitter,



e feci finta di scrivere qualcosa: - BOREEEEED! – borbottai, e scrissi, twittando il mio duemila centotrentasettesimo tweet.
- Posso vedere le tendenze di oggi? – mi chiese cortese, aspettando che le dicessi si. Gli porsi il telefono, e sotto la mia più totale sotto sorveglianza, notai che faceva veramente quello che aveva chiesto. Le più classiche erano: #Justinbelibersloveyou, oppure #lovaticsforever. Roba del genere. Girovagò un po’ e lesse qualche stupito tweet divertente, poi però tornò di nuovo a fare i compiti, e mi annoiai ancora un po’, prima che finalmente dicesse: -Finito, che facciamo adesso? -.
L’unica cosa che mi venne in mente fu un film, e fu proprio quello che facemmo. Fissammo Ryan Gosling e la sua performance in “Le pagine della nostra vita”.
- Che sdolcinato, vero? – domandò JJ, sbruffando e mangiando allo stesso tempo i popcorn con il caramello sopra.
- Già… mettiamo qualcos’altro? – domandai, fissando i vari scaffali pieni di film. – Che ne dici della “Carica dei 101”? – domandai, mostrandole il dvd. Le si illuminarono gli occhi e annuendo, si sistemò di nuovo il cuscino dietro le spalle, e sedendosi bella comoda, aspettammo che iniziasse il film.
 
- Ti va di fare un giro? Sono stanca di stare a casa – borbottai, smaniando dalla voglia di fare qualcosa di diverso. La prossima volta che avrei preso una pausa da lavoro, l’avrei presa solo per fare la visita, e poi sarei ritornata. Non riesco a stare con le mani in mano, e non fare nulla.
- Okay, papà non tornerà proprio ora, quindi… andiamo! – esclamò, prendendo il cappotto e il cappellino di lana. Se lo infilò, e aspettandomi davanti la porta bella imbacuccata, le sorrisi e afferrando le chiavi dell’auto, uscimmo alla scoperta di Vancouver.
- C’è un posto carino dove vendono dolciumi. Fanno cose carinissima con la cioccolata, ci andiamo? Ti pregooooo! – implorò accanto a me, nella sedia del passeggero, seduta sul suo seggiolino per bambini “adulti”.
- Possiamo provarci! – borbottai, nascondendo un sorriso.
- Ti pregoooo! – implorò di nuovo, tirandomi per una manica. Le sorrisi e annuii, stando attenta alla strada.
- Mitico! – esclamò entusiasta, battendo le mani.
 
Quando uscimmo dal negozietto con una cioccolata all’essenza di more, e una all’essenza di mandorle, girovagammo un po’ tra le coppiette, famigliole e bambini che scorrazzavano per la strada chiusa al traffico, ma aperto al pubblico ovviamente.
- Anche se Natale è passato, sembra di esserlo ancora vero? Forse è il tempo! – esclamò JJ, tenendomi per mano, mentre beveva lentamente la sua cioccolata a piccoli sorsi. Mi voltai a fissarla e ad annuire, quando scoppiai in un riso per i suoi baffetti fatti di cioccolato.
- Cosa c’è? – domandò sorridendo a sua volta, un po’ stupita, fissandosi attorno. – Perché ridi? Voglio farlo anch’io, Syb! – esclamò frustrata, guardandosi attorno.
- Girati un attimo, e guardarti… e guardati nel riflesso di quella vetrina! – dissi indicandogliela, mentre cercavo di trattenere le risate.
La bambina si voltò e mortificata, si portò una mano davanti la bocca, sgranando gli occhi.
- Me lo potevi… mmh, dire cavolo! – borbottò arrabbiata, mentre si leccava via il cioccolato rimasto li per un po’.
- Eri buffa! – dissi, lasciandole un buffetto in testa, prima di prenderla di nuovo per mano, e percorrere la via del ritorno in auto.
- Scema! – borbotto, dandomi un colpo di fianco alla gamba, facendomi tendere verso sinistra. Sorrisi e scossi la testa. Bambini!
 
- Vorrei fare una visita alla mia vecchia università. Vuoi venirci? -. – Si, certo che si! – esclamò Justice Jay, allacciandosi la cintura di sicurezza, fissando poi davanti a sé.
- Okay, però promettimi che non lo dirai a papà, capito? Deve restare una cosa tra ragazze! – borbottai, fissandola seria, dritta negli occhi. Lei mi fissò stupita, con due occhioni grandi e con le labbra strette in una linea sottile. Annuii solamente, e mosse le palpebre qualche volta, prima di ritornare a fissare fuori.
- La vista da qui davanti è migliore! – disse, fissandosi intorno, mentre percorrevamo le strade di Vancouver, raggiungendo l’Università di Vancouver.
Quando parcheggiai, aspettai che scendesse, e chiudendo con un semplice “click,click”, presi per mano JJ e ci dirigemmo alla segreteria.
Bussai un paio di volte, e dopo “avanti”, aprii la porta, e chiesi aiuto.
- Sono informazioni private, non possiamo riferirle a terzi, mi dispiace – disse irremovibile la segretaria.
- Ma ne ho bisogno, devo recapitarle un pacco dei suoi genitori, e poi mi conosce, siamo amiche, mi creda – sussurrai, cercando di essere convincente.
- Quale pacco? – domandò stranita la bambina, fissandomi, e attirando l’attenzione della segretaria.
- Quello degli zii, tesoro. Non ricordi? – dissi, voltandomi, e facendole un occhiolino cercai di farle capire di mettersi in gioco.
- Oh, è vero! Quello dei vestiti di scena, la mamma ha ragione! – disse Justice, voltandosi a fare la faccina d’angioletto, verso la segretaria ammaliata.
- Eh va bene, ma solo per questa volta. Ecco qua – disse, digitando qualcosa sul pc, e scrivendo l’indirizzo su un post it giallo, me lo porse, sorridendomi.
- Grazie per l’aiuto, è stata veramente gentile! – esclamai, stringendole la mano, scappando da quel posto, prima che potesse come minimo riconoscermi.
- Arrivederci! – salutò JJ tranquilla. La segretaria ricambiò con un sorriso, poi ritornò al suo lavoro, mentre noi ritornavamo alla macchina.
- Ma a cosa ti serve l’indirizzo di questa persona, Sybil? – domandò curiosa Justice Jay, facendomi pentire di averla portata con me. Io scossi la testa e me ne uscii con: - Niente, devo parlarle di una cosa – sussurrai, sorridendole tranquillamente.
- Ah, se lo dici tu – borbottò, salendo sul sedile, e poi sul seggiolino, attaccandosi la cintura.
Bene, almeno si era un po’ convinta.
 
- Resta qui, non ti muovere. Faccio un attimo! – borbottai, voltandomi appena verso JJ, prima di sganciare la cintura, mettere il freno a mano, e scendere dall’auto, correndo verso il porticato della casa, prima di bagnarmi la testa.
Non sapevo cosa mi aveva spinta fin li. Forse il fatto che l’avessi vista quel pomeriggio, o magari la relazione che avevo avuto con Ben, e adesso era una “loro” relazione.
Insomma, non so perché portai il dito sul quel campanello, ma avevo bisogno di parlarle, di chiarire alcuni buchi neri nella mia memoria.
“Ti prego, fa che mia dia una possibilità!” pensai, incrociando le dita nel pugno della mano.
Vidi qualcosa muoversi dietro le tende del salotto, e poi della porta, prima che Ben l’aprisse, e mi sorridesse come se fossi una vecchia amica di famiglia, e non una semplicemente “sgualdrina” come aveva detto in sogno Anna.
- Ciao, Ben! C’è Anna? – sussurrai, facendo un sorriso forzato.
Lui mi sorrise a sua volta, e aprendo di più la porta chiamò ad alta voce: - Annabella! -. – Si tesoro che c’è? – chiese, forse dalla cucina, o dal piano di sopra. Quando sbucò dalle sue spalle, mi sorprese. Avevo immaginato un’entrata a scena. Magari scendendo dalle scale appunto. Quando mi vide restò ferma sul posto, sotto shock, senza dire nemmeno una parola.
- Ciao Anna – sussurrai, alzando una mano, e abbassando subito lo sguardo, quasi trafitta dal suo. “Se solo gli sguardi potessero uccidere”, una voce nel profondo del mio alter ego, me la citò come un’attrice drammatica.
- Che cosa sei venuta a fare? Vattene via, non vogliamo sgualdrine a casa nostra! – borbottò, prima di afferrare la maniglia della porta, per sbattermela in faccia.
Mi lanciai verso di essa, cercando di non farla chiudere.
- Aspetta, abbiamo bisogno di parlare. Io, ho bisogno del tuo aiuto! – sussurrai, cercando di mettere da parte l’orgoglio, per ricostruire un’amicizia piena di ricordi.
 
 
 
*Spazio autrice*
 
VI CONSIGLIO DI LEGGERE FINO ALLA FINE u.u
Allora si è un po’ cortino, ma meglio di niente no? :D
Questo capitolo non è stato difficile di scrivere, è uscito fluido, e l’ho scritto con più frequenza, quella che mi fa scrivere con più tranquillità.
Non c’è molto da dire, a parte la nuova coppia che ne è uscita fuori ovvero Sybil/Jensen, da aspettarselo, forse un po’ troppo scontato, ma vedrete, che di scontato in questa storia, a parte questa relazione non c’è nulla u.u tutto ben programmato e studiato nei piccoli dettagli. Tutto fatto per lasciarvi sotto shock u.u mhuahahahaha *risata malefica* v.v
Per il resto, avete visto chi abbiamo beccato? Annabella e Ben! E stanno insieme, e chi se l’aspettava?
Bhè spero via sia piaciuto il finale capitolo. Quando ho iniziato a scriverlo, sapevo già che doveva finire così xD
Al prossimo, che già sto cercando di programmare; perché quello che voi non sapete e che para_muse invece di dormire alle 7 di mattina, sta a letto e con gli occhi chiusi ancora semi addormentata, la sua mente mezza sveglia si fa dei flash sui possibili colpi di scena sui capitoli avvenire, e devo dire che ce ne sono un paio davvero da *smack* bacio sulle dita. xD
 
Vi lascio e al prossimo capitolo, sperando sia imminente come questo, perché ormai ho tutta la trama pronta lettrice care u.u

 

 
Sybil parlerà con Annabella, anche se quest’ultima è un attimo indecisa sul da farsi. Jensen cerca di calmare gli animi in casa Ackles, e con sorrisi finti cercherà di svelare la vera identità di Sybil… come la prenderanno le persone a loro care? Scopritelo nel prossimo capitolo di Just a give me a reason, solo su EFP!
 

P.S: Ecco qui una video richiesta che ho fatto La vida es un Carnaval. Non era proprio quello che volevo intendere, ma è carino, e volevo farvelo vedere :D Comunque penso di cimentarmi in un video tutto mio ;D Non preoccupatevi! E non fatevi sviare da certe scene, perchè appunto non era quello che mi ero programmata io!  LO TROVATE QUI!


Xoxo Para_muse ;D
 
 
 
   
 
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