Eccoci qui, secondo
capitolo. Qui arriva l’MI5, che già ho nominato
all’inizio del capitolo scorso. Ripeto che tutto ciò che so su di esso arriva
dal web, quindi non è molto. Man mano che andremo avanti cercherò di darvi
un’idea di ciò che penso io succeda, in modo da non lasciarvi dubbi. Ricordo
anche che questa è una fanfiction, quindi non è tutto
perfetto e va, come si suol dire, preso con le pinze.
(Soprattutto se si considera che l’autrice sono io xD).
Altra cosa prima di
lasciarvi al capitolo, la storia si alterna tra presente e passato. Ogni
capitolo presente sarà seguito da uno passato, fino
alla fine. Sebbene io abbia cercato di fare i capitoli tutti lunghi uguali, non
ci sono riuscita per scarsità di contenuti in alcuni, quindi vi annuncio già
che questo è uno dei più corti.
E ora vi saluto,
Gage.
HACKER
CAPITOLO I
Passato - Una nuova vita
Di una cosa si può essere certi: Mycroft
Holmes odiava i servizi segreti britannici. Sebbene fossero estremamente utili in molti casi, faticava a fidarsene:
“gente pagata per spiare” li definiva, e non aveva tutti i torti. Se poi si
considerava chi ne era a capo, Mycroft non poteva far altro che odiarli ancora
di più. Martin non era mai stata una buona
persona, e forse lui era uno dei pochi a saperlo, ma non poteva non ammettere
che era l’uomo perfetto per il suo ruolo: scaltro e attivo, pronto
all’evenienza, con un buon carisma e un’autodeterminazione da fare invidia alla
regina Elisabetta.
In piedi sul pavimento lucido dell’aeroporto di Stansted, Mycroft si morse
un labbro.
Con tutti gli impegni che aveva, ora ci mancava solo che dovesse fare anche
quello, e tutto per colpa di quella stupido impegno
che si era preso. Solo ora si rendeva veramente
conto del peso della sua scelta.
Sbuffava e pensava, Mycroft, mentre aspettava impazientemente l’aereo che
sarebbe atterrato di lì a qualche minuto.
Ne aveva conosciute parecchie di persone come quella che stava aspettando,
e doveva ammettere che nonostante le loro straordinarie capacità non gli piacevano affatto. Martin lo conosceva e doveva ben
sapere il suo pensiero al riguardo. Si ripromise di vendicarsi, un
giorno.
Sospirò, pensando all’enorme quantità di scartoffie che lo aspettavano
sulla sua scrivania, quando una voce annunciò l’atterraggio dell’aereo che
aspettava ormai da quasi dieci minuti, e non erano pochi.
Si passò da una mano all’altra il dossier della donna che stava aspettando.
Gli aveva dato un’occhiata quella mattina e lo aveva trovato ricco di commenti:
quella donna aveva dietro di sé una vita movimentata a quanto pareva.
Non era riportata la data di nascita, ma dagli eventi Mycroft stimava che
avesse una quarantina d’anni.
Conosceva il tipo di persona, e per quel motivo si stupì quando a venirgli incontro fu una giovane ragazza, di al massimo
trent’anni. Era magra, su questo non c’era dubbio, e sembrava avere una certa
agilità. Ma con il suo occhio allenato
Mycroft non percepì nella ragazza alcun segno di un qualsiasi tipo di allenamento.
Presentava però i tratti caratteristici del suo lavoro.
Gli si avvicinò con aria stanca. Il viaggio doveva essere stato lungo, ne
dedusse Mycroft. Purtroppo non gli era concesso sapere da dove venisse; che
poi, nessuno lo sapeva veramente. Quella ragazza era stata così abile da far
sparire tutte le sue tracce originali. Dopotutto, si ricordò Mycroft, non per
niente le avevano proposto un programma di protezione: si diceva che fosse una
delle migliori nel suo campo, e i servizi segreti non si erano fatti sfuggire
quell’occasione.
La ragazza gli si avvicinò e allungò una mano verso di lui. Mycroft la
strinse e le sorrise cortesemente. «Piacere di conoscerla signorina…» si bloccò
un momento e sbirciò sul foglio, «Alice Moffat.»
La ragazza fece una smorfia al metà tra
il divertito e l’annoiato. «Alice Moffat… beh,
sempre meglio di quello precedente…»
«Perché, qual era?» chiese di getto l’uomo.
Alice lo fissò, soppesando le sue parole. Poi si strinse nelle spalle.
«Dubito servirà a qualcosa se glielo dico… era Charlie Cumberbatch.»
ammise, poi diede in un risolino forzato. «Mi
piacerebbe tanto sapere chi sceglie i nomi… Cumberbatch?
Non vedevo l’ora di liberarmene.» ammise quasi
con sconforto.
Mycroft annuì, impassibile. «Il mio nome è Mycroft Holmes.»
Alice alzò un sopracciglio. «Mycroft?»
L’uomo storse il naso. «È una tradizione di famiglia avere nomi strani.»
ammise con riluttanza.
Alice ridacchiò. «Piacere di conoscerla, signor
Holmes.»
Mycroft guardò l’orologio. «Se non le dispiace, andrei un
tantino di fretta. Possiamo recuperare i bagagli e andarcene, per favore?» disse, senza nascondere una punta di disprezzo.
La ragazza lo guardò divertita. «Sarà felice di sapere che non porto
bagagli con me, questa borsa è il mio unico avere…» disse, indicando una borsa
relativamente piccola per contenere qualsiasi cosa al di
là di un portatile e qualche vestito, come si vedeva bene dalla
forma.
Mycroft annuì e partì verso il parcheggio dell’aeroporto. La ragazza lo
seguì silenziosamente e salì nell’elegante auto nera che li aspettava a pochi
passi dalla porta di uscita.
Mycroft si sedette nel sedile posteriore affianco al suo e diede un paio di
ordini veloci al conducente, poi, dopo un attimo di silenzio, aprì nuovamente
il dossier della ragazza e si preparò a parlare. «Dovrebbe già sapere ciò che
le aspetta, non è vero?»
«Trovarsi un posto nella società, costruirsi una vita nuova, arrangiarsi
per vivere ed essere reperibile ad ogni
minuto del giorno. Sì, direi di sì…» rispose
velocemente, snocciolando ogni parola come se la sapesse a memoria. Intanto
guardava fuori dal finestrino il paesaggio di Londra che scorreva velocemente,
quasi incantata, avrebbe detto Mycroft.
«Molto bene…» sospirò l’uomo. «Per quanto riguarda “l’arrangiarsi” le daremo il necessario finché non troverà un modo per
farlo da sola.»
Alice annuì. «Temo ci sarà bisogno di tempo
per questo. Lo stipendio per i miei servigi che mi è stato concesso è
relativamente poco e almeno nei primi tempi credo che dovrò spenderlo nella mia
attrezzatura.» osservò.
“I miei servigi”? Che faccia tosta pensò contrariato. «Credevo che le
attrezzature gliele fornissero…» si inasprì
Mycroft.
La ragazza sorrise sommessamente. «Quei
vecchi rottami che mi sono stati comunicati? Ma per
favore… si può fare di meglio con altri mezzi. Ho bisogno di attrezzature
specifiche che provvederò a procurarmi da
sola, grazie.» concluse, con acidità.
Fissò Mycroft con distanza e per un attimo l’uomo si ritrovò ad analizzare
gli occhi castano scuro della ragazza. Come
pochi nella sua famiglia se ne intendeva di donne, e non poté fare a meno di
pensare di non aver mai visto degli occhi così accesi e attenti. Davano ad
Alice una bellezza innaturale.
«Molto bene…» aggiunse Mycroft scocciato distogliendo lo sguardo.
«Di media, poi, quanto costerebbe un appartamento qui a Londra?» aggiunse
la ragazza con un sorrisetto di trionfo sul volto.
Mycroft sbuffò.
«Si sta scocciando signor Holmes? E pensare che l’avevo vista come un uomo paziente. Ma lo so, non se ne preoccupi. In molti trovano
seccante la mia presenza, e io stessa mi
diverto nel fare la seccante. Dovrebbe vedere la reaz…»
«Non tutti ne sarebbero seccati…» la interruppe Mycroft sovrappensiero.
Alice si bloccò. Evidentemente non si aspettava un commento del genere e
soprattutto non con quella voce tranquilla con cui le aveva rivolto la parola.
«Ma davvero?» bofonchiò sommessamente.
Mycroft si girò lentamente verso di lei, gioendo mentalmente dell’idea che
gli era appena passata per la mente. Stava riuscendo a risolvere due problemi
in uno.
«Un appartamento costa abbastanza per una persona sola a dire il vero…»
sorrise.
Alice lo guardò, senza capire.
«Mi sembra una signorina abbastanza intelligente. Direi
che è molto dedita al suo lavoro e interessata ai suoi studi di medicina. Direi
anche che è una ragazza appartata e che non ama la confusione, né di certo ama parlare al contrario di quello che vuole dimostrare.
Le piace mostrarsi incredibile e piena di risorse, che sicuramente non le
mancano, e non rinuncerebbe mai a sorprendere qualcuno con la sua furbizia. Mi
auguro che il suo viaggio in aereo vicino al corridoio non le abbia dato noia
data la sua preferenza per i posti al finestrino, e che il pranzo non le
rimanga sullo stomaco. Le bibite ghiacciate possono interferire con la
digestione, gliel’hanno mai detto?»
Alice rimase a bocca aperta. Appena se ne accorse la richiuse
e si corresse in un atteggiamento di disinteresse. Ma non
seppe resistere alla curiosità. «Come ha fatto?» chiese.
Holmes sorrise beffardo. «Si sorprenderà se le dico che ho
osservato e dedotto.»
Alice lo fissò con stizza. «Di medicina immagino abbia letto, ma il resto?»
Mycroft sospirò. «Per raggiungere risultati così elevati in informatica e
proseguire contemporaneamente studi di medicina è abbastanza evidente che lei
sia dedita e interessata al suo lavoro, anche divertita oserei
dire. Non ama parlare: lavora da sola, perché dovrebbe? È furba, anche questo
si può facilmente intuire dai suoi precedenti. Per quanto riguarda il suo
viaggio in aereo, invece, è evidente che il suo posto dava sul corridoio dal
fatto che sia stata una delle prime a scendere,
e il suo biglietto dice il resto. Data l’ora, direi che in aereo ha mangiato
(sui jeans ha poi qualche briciola di pane) e appena scesa ha buttato un
bicchiere di Coca Cola nel cestino, di quelli che solitamente danno con il
ghiaccio.»
Alice rimase delusa della spiegazione, si aspettava qualcosa di più, ma
rimase comunque colpita dalla capacità di osservazione dell’uomo.
Mycroft lo notò e sorrise vittorioso. «Riuscirebbe a sopportare qualcuno
che fa così in ogni istante della giornata?»
Alice alzò un sopracciglio. «Mi sta chiedendo di venire a vivere con lei,
Holmes?» chiese sarcastica.
Mycroft fece una smorfia di disgusto. «Effettivamente
con un Holmes sì, ma non con me. Ho un fratello di sette anni più
piccolo, e guarda caso cerca proprio qualcuno con cui condividere un
appartamento. Finora non ha accettato nessuna delle persone che gli si sono presentate, o per lo meno, penso che gli altri non l’abbiano
accettato. Non è un coinquilino dei migliori…»
Alice socchiuse gli occhi.
«E per quanto mi riguarda, signorina Moffat, sono pronto a versargli una buona somma di denaro
ogni settimana se mi porterà costantemente informazioni su di lui, o per lo
meno quelle che le chiederò. In questo modo potrà tranquillamente pagare le sue
attrezzature e qualsiasi altra cosa voglia.» Mycroft
si distese sul sedile, contento del suo lavoro.
Alice si morse il labbro inferiore. «Se è suo fratello… per quale motivo mi
sta chiedendo di spiarlo?»
Mycroft sorrise sommessamente. «È una storia lunga… ma non andiamo molto
d’accordo, tutto qui.»
«Eppure lei si preoccupa per lui…» osservò la ragazza.
«Diciamo che tende… a mettersi nei guai, ecco. Allora,
accetta?»
La macchina nel frattempo si era fermata.
Alice fissò le proprie mani, pensierosa.
«Dov’è il trucco?»
«Oh, nessun trucco! Sarà esattamente così come gliel’ho
proposto. Solo… dovrà farsi accettare da mio fratello. La prenda come una
scommessa…»
Alice storse il naso. Se la metteva su questi termini era
difficile non accettare: non gliel’avrebbe data vinta. Annuì. «E va bene, signor Holmes. Come si chiama, di grazia?»
Mycroft sorrise trionfante. «Sherlock
Holmes. Lo troverà benissimo di mattina all’ospedale Barts,
ultimo piano, intento in qualche suo lavoretto chimico. Tanto lei ci lavorerà,
no?»
Alice annuì. «Sherlock e Mycroft. E io che mi lamentavo…». Guardò l’uomo al suo fianco con
cipiglio critico. Sembrò voler dire qualcosa ma poi sbuffò ed
uscì dalla macchina senza aggiungere una parola.
«Ah, signorina Moffat… si ricordi che non
può proferir parola sul suo lavoro, ovviamente…» aggiunse Mycroft con aria
divertita.
Ma in risposta ebbe solo un grugnito
lontano.
Note:
Come in ogni storia con nuovi
personaggi, ho avuto bisogno di nuovi nomi. Poi mi
sono detta: con un intero cast di attori a disposizione, perché perdere tempo a
inventarseli? Ergo, vi ritroverete i loro nomi sparpagliati per il racconto. Di
volta in volta riporterò nelle note chi sono e cosa fanno.
- Moffat: Steven
Moffat, sceneggiatore
- Martin: Martin Freeman, John Watson
- Cumberbatch:
Benedict Cumberbatch,
Sherlock Holmes.
Inoltre, la nostra protagonista, in
passato si chiamava Charlie Cumberbatch. Se il
cognome è quello dell’attore di Sherlock, il nome Charlie è un piccolo
contributo a Charlie Bradbury, personaggio della serie televisiva Supernatural. Posso comodamente rivelarvi che questa insana
idea è partita a grandi linee da lì. So, thank you Charlie.