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Autore: Gageta    05/09/2013    0 recensioni
«Dieci, nove…»
Trafalgar Square. Tower Bridge. History Museum. London Eye.
«…otto, sette…»
Un indizio. Tre esplosioni. Un unico, grande, enigma.
«…sei, cinque…»
Tre mesi dopo la sua falsa morte, Sherlock sarà costretto a tornare quando una nuova minaccia si affaccerà su Londra.
«…quattro, tre…»
E lei sarà lì per aiutarlo.
«…due, uno.»
O forse no?
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccoci qui, secondo capitolo. Qui arriva l’MI5, che già ho nominato all’inizio del capitolo scorso. Ripeto che tutto ciò che so su di esso arriva dal web, quindi non è molto. Man mano che andremo avanti cercherò di darvi un’idea di ciò che penso io succeda, in modo da non lasciarvi dubbi. Ricordo anche che questa è una fanfiction, quindi non è tutto perfetto e va, come si suol dire, preso con le pinze. (Soprattutto se si considera che l’autrice sono io xD).

Altra cosa prima di lasciarvi al capitolo, la storia si alterna tra presente e passato. Ogni capitolo presente sarà seguito da uno passato, fino alla fine. Sebbene io abbia cercato di fare i capitoli tutti lunghi uguali, non ci sono riuscita per scarsità di contenuti in alcuni, quindi vi annuncio già che questo è uno dei più corti.

E ora vi saluto,

Gage.

 

 

HACKER

CAPITOLO I

Passato - Una nuova vita

 

Di una cosa si può essere certi: Mycroft Holmes odiava i servizi segreti britannici. Sebbene fossero estremamente utili in molti casi, faticava a fidarsene: “gente pagata per spiare” li definiva, e non aveva tutti i torti. Se poi si considerava chi ne era a capo, Mycroft non poteva far altro che odiarli ancora di più. Martin non era mai stata una buona persona, e forse lui era uno dei pochi a saperlo, ma non poteva non ammettere che era l’uomo perfetto per il suo ruolo: scaltro e attivo, pronto all’evenienza, con un buon carisma e un’autodeterminazione da fare invidia alla regina Elisabetta.

In piedi sul pavimento lucido dell’aeroporto di Stansted, Mycroft si morse un labbro.

Con tutti gli impegni che aveva, ora ci mancava solo che dovesse fare anche quello, e tutto per colpa di quella stupido impegno che si era preso. Solo ora si rendeva veramente conto del peso della sua scelta.

Sbuffava e pensava, Mycroft, mentre aspettava impazientemente l’aereo che sarebbe atterrato di lì a qualche minuto.

Ne aveva conosciute parecchie di persone come quella che stava aspettando, e doveva ammettere che nonostante le loro straordinarie capacità non gli piacevano affatto. Martin lo conosceva e doveva ben sapere il suo pensiero al riguardo. Si ripromise di vendicarsi, un giorno.

Sospirò, pensando all’enorme quantità di scartoffie che lo aspettavano sulla sua scrivania, quando una voce annunciò l’atterraggio dell’aereo che aspettava ormai da quasi dieci minuti, e non erano pochi.

Si passò da una mano all’altra il dossier della donna che stava aspettando. Gli aveva dato un’occhiata quella mattina e lo aveva trovato ricco di commenti: quella donna aveva dietro di sé una vita movimentata a quanto pareva. Non era riportata la data di nascita, ma dagli eventi Mycroft stimava che avesse una quarantina d’anni.

Conosceva il tipo di persona, e per quel motivo si stupì quando a venirgli incontro fu una giovane ragazza, di al massimo trent’anni. Era magra, su questo non c’era dubbio, e sembrava avere una certa agilità. Ma con il suo occhio allenato Mycroft non percepì nella ragazza alcun segno di un qualsiasi tipo di allenamento. Presentava però i tratti caratteristici del suo lavoro.

Gli si avvicinò con aria stanca. Il viaggio doveva essere stato lungo, ne dedusse Mycroft. Purtroppo non gli era concesso sapere da dove venisse; che poi, nessuno lo sapeva veramente. Quella ragazza era stata così abile da far sparire tutte le sue tracce originali. Dopotutto, si ricordò Mycroft, non per niente le avevano proposto un programma di protezione: si diceva che fosse una delle migliori nel suo campo, e i servizi segreti non si erano fatti sfuggire quell’occasione.

La ragazza gli si avvicinò e allungò una mano verso di lui. Mycroft la strinse e le sorrise cortesemente. «Piacere di conoscerla signorina…» si bloccò un momento e sbirciò sul foglio, «Alice Moffat.»

La ragazza fece una smorfia al metà tra il divertito e l’annoiato. «Alice Moffat… beh, sempre meglio di quello precedente…»

«Perché, qual era?» chiese di getto l’uomo.

Alice lo fissò, soppesando le sue parole. Poi si strinse nelle spalle. «Dubito servirà a qualcosa se glielo dico… era Charlie Cumberbatch.» ammise, poi diede in un risolino forzato. «Mi piacerebbe tanto sapere chi sceglie i nomi… Cumberbatch? Non vedevo l’ora di liberarmene.» ammise quasi con sconforto.

Mycroft annuì, impassibile. «Il mio nome è Mycroft Holmes.»

Alice alzò un sopracciglio. «Mycroft?»

L’uomo storse il naso. «È una tradizione di famiglia avere nomi strani.» ammise con riluttanza.

Alice ridacchiò. «Piacere di conoscerla, signor Holmes.»

Mycroft guardò l’orologio. «Se non le dispiace, andrei un tantino di fretta. Possiamo recuperare i bagagli e andarcene, per favore?» disse, senza nascondere una punta di disprezzo.

La ragazza lo guardò divertita. «Sarà felice di sapere che non porto bagagli con me, questa borsa è il mio unico avere…» disse, indicando una borsa relativamente piccola per contenere qualsiasi cosa al di là di un portatile e qualche vestito, come si vedeva bene dalla forma.

Mycroft annuì e partì verso il parcheggio dell’aeroporto. La ragazza lo seguì silenziosamente e salì nell’elegante auto nera che li aspettava a pochi passi dalla porta di uscita.

Mycroft si sedette nel sedile posteriore affianco al suo e diede un paio di ordini veloci al conducente, poi, dopo un attimo di silenzio, aprì nuovamente il dossier della ragazza e si preparò a parlare. «Dovrebbe già sapere ciò che le aspetta, non è vero?»

«Trovarsi un posto nella società, costruirsi una vita nuova, arrangiarsi per vivere ed essere reperibile ad ogni minuto del giorno. Sì, direi di sì…» rispose velocemente, snocciolando ogni parola come se la sapesse a memoria. Intanto guardava fuori dal finestrino il paesaggio di Londra che scorreva velocemente, quasi incantata, avrebbe detto Mycroft.

«Molto bene…» sospirò l’uomo. «Per quanto riguarda “l’arrangiarsi” le daremo il necessario finché non troverà un modo per farlo da sola.»

Alice annuì. «Temo ci sarà bisogno di tempo per questo. Lo stipendio per i miei servigi che mi è stato concesso è relativamente poco e almeno nei primi tempi credo che dovrò spenderlo nella mia attrezzatura.» osservò.

“I miei servigi”? Che faccia tosta pensò contrariato. «Credevo che le attrezzature gliele fornissero…» si inasprì Mycroft.

La ragazza sorrise sommessamente. «Quei vecchi rottami che mi sono stati comunicati? Ma per favore… si può fare di meglio con altri mezzi. Ho bisogno di attrezzature specifiche che provvederò a procurarmi da sola, grazie.» concluse, con acidità.

Fissò Mycroft con distanza e per un attimo l’uomo si ritrovò ad analizzare gli occhi castano scuro della ragazza. Come pochi nella sua famiglia se ne intendeva di donne, e non poté fare a meno di pensare di non aver mai visto degli occhi così accesi e attenti. Davano ad Alice una bellezza innaturale.

«Molto bene…» aggiunse Mycroft scocciato distogliendo lo sguardo.

«Di media, poi, quanto costerebbe un appartamento qui a Londra?» aggiunse la ragazza con un sorrisetto di trionfo sul volto.

Mycroft sbuffò.

«Si sta scocciando signor Holmes? E pensare che l’avevo vista come un uomo paziente. Ma lo so, non se ne preoccupi. In molti trovano seccante la mia presenza, e io stessa mi diverto nel fare la seccante. Dovrebbe vedere la reaz»

«Non tutti ne sarebbero seccati…» la interruppe Mycroft sovrappensiero.

Alice si bloccò. Evidentemente non si aspettava un commento del genere e soprattutto non con quella voce tranquilla con cui le aveva rivolto la parola. «Ma davvero?» bofonchiò sommessamente.

Mycroft si girò lentamente verso di lei, gioendo mentalmente dell’idea che gli era appena passata per la mente. Stava riuscendo a risolvere due problemi in uno.

«Un appartamento costa abbastanza per una persona sola a dire il vero…» sorrise.

Alice lo guardò, senza capire.

«Mi sembra una signorina abbastanza intelligente. Direi che è molto dedita al suo lavoro e interessata ai suoi studi di medicina. Direi anche che è una ragazza appartata e che non ama la confusione, né di certo ama parlare al contrario di quello che vuole dimostrare. Le piace mostrarsi incredibile e piena di risorse, che sicuramente non le mancano, e non rinuncerebbe mai a sorprendere qualcuno con la sua furbizia. Mi auguro che il suo viaggio in aereo vicino al corridoio non le abbia dato noia data la sua preferenza per i posti al finestrino, e che il pranzo non le rimanga sullo stomaco. Le bibite ghiacciate possono interferire con la digestione, gliel’hanno mai detto?»

Alice rimase a bocca aperta. Appena se ne accorse la richiuse e si corresse in un atteggiamento di disinteresse. Ma non seppe resistere alla curiosità. «Come ha fatto?» chiese.

Holmes sorrise beffardo. «Si sorprenderà se le dico che ho osservato e dedotto.»

Alice lo fissò con stizza. «Di medicina immagino abbia letto, ma il resto?»

Mycroft sospirò. «Per raggiungere risultati così elevati in informatica e proseguire contemporaneamente studi di medicina è abbastanza evidente che lei sia dedita e interessata al suo lavoro, anche divertita oserei dire. Non ama parlare: lavora da sola, perché dovrebbe? È furba, anche questo si può facilmente intuire dai suoi precedenti. Per quanto riguarda il suo viaggio in aereo, invece, è evidente che il suo posto dava sul corridoio dal fatto che sia stata una delle prime a scendere, e il suo biglietto dice il resto. Data l’ora, direi che in aereo ha mangiato (sui jeans ha poi qualche briciola di pane) e appena scesa ha buttato un bicchiere di Coca Cola nel cestino, di quelli che solitamente danno con il ghiaccio.»

Alice rimase delusa della spiegazione, si aspettava qualcosa di più, ma rimase comunque colpita dalla capacità di osservazione dell’uomo.

Mycroft lo notò e sorrise vittorioso. «Riuscirebbe a sopportare qualcuno che fa così in ogni istante della giornata?»

Alice alzò un sopracciglio. «Mi sta chiedendo di venire a vivere con lei, Holmes?» chiese sarcastica.

Mycroft fece una smorfia di disgusto. «Effettivamente con un Holmes sì, ma non con me. Ho un fratello di sette anni più piccolo, e guarda caso cerca proprio qualcuno con cui condividere un appartamento. Finora non ha accettato nessuna delle persone che gli si sono presentate, o per lo meno, penso che gli altri non l’abbiano accettato. Non è un coinquilino dei migliori…»

Alice socchiuse gli occhi.

«E per quanto mi riguarda, signorina Moffat, sono pronto a versargli una buona somma di denaro ogni settimana se mi porterà costantemente informazioni su di lui, o per lo meno quelle che le chiederò. In questo modo potrà tranquillamente pagare le sue attrezzature e qualsiasi altra cosa voglia.» Mycroft si distese sul sedile, contento del suo lavoro.

Alice si morse il labbro inferiore. «Se è suo fratello… per quale motivo mi sta chiedendo di spiarlo?»

Mycroft sorrise sommessamente. «È una storia lunga… ma non andiamo molto d’accordo, tutto qui.»

«Eppure lei si preoccupa per lui…» osservò la ragazza.

«Diciamo che tende… a mettersi nei guai, ecco. Allora, accetta?»

La macchina nel frattempo si era fermata.

Alice fissò le proprie mani, pensierosa. «Dov’è il trucco?»

«Oh, nessun trucco! Sarà esattamente così come gliel’ho proposto. Solo… dovrà farsi accettare da mio fratello. La prenda come una scommessa…»

Alice storse il naso. Se la metteva su questi termini era difficile non accettare: non gliel’avrebbe data vinta. Annuì. «E va bene, signor Holmes. Come si chiama, di grazia?»

Mycroft sorrise trionfante«Sherlock Holmes. Lo troverà benissimo di mattina all’ospedale Barts, ultimo piano, intento in qualche suo lavoretto chimico. Tanto lei ci lavorerà, no?»

Alice annuì. «Sherlock e Mycroft. E io che mi lamentavo…». Guardò l’uomo al suo fianco con cipiglio critico. Sembrò voler dire qualcosa ma poi sbuffò ed uscì dalla macchina senza aggiungere una parola.

«Ah, signorina Moffat… si ricordi che non può proferir parola sul suo lavoro, ovviamente…» aggiunse Mycroft con aria divertita.

Ma in risposta ebbe solo un grugnito lontano.

 

 

Note:

Come in ogni storia con nuovi personaggi, ho avuto bisogno di nuovi nomi. Poi mi sono detta: con un intero cast di attori a disposizione, perché perdere tempo a inventarseli? Ergo, vi ritroverete i loro nomi sparpagliati per il racconto. Di volta in volta riporterò nelle note chi sono e cosa fanno.

- Moffat: Steven Moffat, sceneggiatore

- Martin: Martin Freeman, John Watson

- Cumberbatch: Benedict Cumberbatch, Sherlock Holmes.

Inoltre, la nostra protagonista, in passato si chiamava Charlie Cumberbatch. Se il cognome è quello dell’attore di Sherlock, il nome Charlie è un piccolo contributo a Charlie Bradbury, personaggio della serie televisiva Supernatural. Posso comodamente rivelarvi che questa insana idea è partita a grandi linee da lì. So, thank you Charlie.

   
 
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