Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Gageta    03/09/2013    2 recensioni
«Dieci, nove…»
Trafalgar Square. Tower Bridge. History Museum. London Eye.
«…otto, sette…»
Un indizio. Tre esplosioni. Un unico, grande, enigma.
«…sei, cinque…»
Tre mesi dopo la sua falsa morte, Sherlock sarà costretto a tornare quando una nuova minaccia si affaccerà su Londra.
«…quattro, tre…»
E lei sarà lì per aiutarlo.
«…due, uno.»
O forse no?
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perché mi sono stancata di aspettare, perché leggere troppo Dan Brown e Ken Follet lascia il segno, perché amo i Beatles e il nostro sociopatico iperattivo, perché Doyle mi ha ispirato notevolmente e perché amo Londra, che ancora per un anno non visiterò.

Insomma, una post-Reichnbach di diciassette capitoli molto fantasiosa. Ci sarà tutto e tutti, teoria di salvataggio Sherlock compresa. Ed è un thriller, e tutto ciò che questo titolo comporta. *uomo avvisato mezzo salvato*

È nata come storia romantica di qualche capitolo, ma si sa cosa succede fantasticandoci sopra troppo. Ergo, è un thriller-romantico(?). Ci sarà anche un po’ di Johnlock (una volta nel giro non si esce più), e anche qualcosa John/Mary, ma il pairing principale è un altro.

Avviso subito che mi sono tuffata in un mondo (l’MI5) che conoscevo a malapena, quindi è tutto molto romanzato.

Dimentico qualcosa? Ah sì, la cosa più importante, forse. La storia si svolge attorno a un enigma che il nuovo (bah, chissà) cattivo di turno propinerà a Sherlock. Spero di aver costruito bene la storia e che qualcuno riesca a risolverlo anche prima della spiegazione finale.

Detto questo non mi resta che augurarvi una buona lettura.

A voi l’ardua sentenza,

Gage.

 

A Sofia, perché c’è,

A Giulia, perché ama Londra anche più di quanto la ami io,

A Michela, perché senza di lei probabilmente non avrei mai visto questa serie,

E a Bibi, perché… perché sì.

Because I’m only a crack in this castle of glass
Hardly anything left for you to see
For you to see

(Castle of Glass, Linkin Park) [1]

 



HACKER

Prologo

 

 

«Ciao, Molly...»

La ragazza, che stava tranquillamente uscendo dopo un’altra giornata di duro lavoro, per poco non sbatté la testa al muro per lo spavento. Si girò di scatto verso la voce e inorridì. «Che cosa...? Io... Che cosa ci fai tu qui?» balbettò.

«Ho bisogno del tuo aiuto...»

Molly si passò una mano sulla fronte pallida. «Del-del mio aiuto?»

«Sì... per Sherlock...»

A quel nome Molly sembrò illuminarsi. «Sherlock... Dovrebbe volere il mio aiuto?»

«Per favore, Molly. È in pericolo...»

La ragazza sembrava essersi improvvisamente pietrificata.

«...di vita.»

 

***

 

Il buio opprimeva la strada al di là del vetro appannato dal suo alito, ma Sherlock non stava guardando fuori. Aveva gli occhi chiusi, e pensava. Pensava a tutto quello che stava accadendo là fuori e a quello che poco prima aveva capito. Moriarty voleva ucciderlo.

Si malediva per non averci pensato subito, era talmente ovvio. Se solo avesse avuto quell’intuizione un po’ prima, magari avrebbe avuto molto più tempo per organizzare tutto e molte più possibilità di rendere quel piano sicuro, assicurandosi una vincita. Ma ora, la sua vita stava giungendo a un termine troppo velocemente e il tempo scarseggiava. Se solo un piccolissimo particolare del suo piano andava storto, poteva rimetterci la vita. E lui non doveva morire. Il perché di quella convinzione non lo sapeva, ma sapeva per certo che non avrebbe consegnato la vittoria a Moriarty su un piatto d’argento.

Un altro pensiero che continuava a ronzargli in testa era John. Cosa doveva fare con lui? Tirarlo in mezzo o lasciarlo andare per la sua strada? Avrebbe saputo mentire?

Avrebbe potuto sparire per mesi, anni… forse non sarebbe mai tornato. Fu proprio quel pensiero a fargli capire cosa doveva fare. Non lo avrebbe tirato in mezzo. John lo avrebbe ucciso se mai un giorno sarebbe tornato, lo sapeva, ma quella era la scelta più saggia, più logica.

Respirò a fondo.

Mycroft avrebbe assicurato la riuscita del suo piano, lui poteva farlo. Non avrebbe rifiutato la sua richiesta di aiuto: Sherlock ne avrebbe volentieri fatto a meno di Mycroft, ma non poteva negare che con il suo appoggio avrebbe avuto un asso nella manica. Il fratello era l’unico che avesse modo di aiutarlo, in quel momento. E, anche se odiava ammetterlo, lui aveva bisogno di aiuto in quel momento. Avrebbe odiato il suo sorrisetto di “te lo avevo detto che prima o poi avresti avuto bisogno di me” che sarebbe comparso sul volto del fratello. Ma non poteva farne a meno, come non poteva fare a meno di Molly. Ma dopotutto era stata lei ad offrirgli il suo aiuto, no?

Un suono spezzò il silenzio, ma non erano i passi che Sherlock stava aspettando. Era l’ultima cosa che aspettava di sentire: il suo cellulare.

Con un gesto spazientito lo tirò fuori dal cappotto, aspettandosi un messaggio di John, forse di Lestrade, al peggio di Moriarty, ma quello che vide lo lasciò per un attimo perplesso.

(8:23 pm)

Hai bisogno di aiuto? A

Qualcosa di indefinibile gli strinse lo stomaco in una lieve morsa che il detective riuscì subito ad allontanare, ormai abituatoci. Si costrinse a concentrarsi sulle parole del messaggio, allontanando a forza i ricordi che minacciavano di prendere possesso della sua mente. Lui aveva bisogno dell’aiuto di Mycroft, nessun altro.

(8:24 pm)

Io penso di sì. A

Il cellulare suonò nuovamente nella sua mano.

Strinse l’apparecchio con forza, forse per non vedere il tremore alla mano, per illudersi che fosse solo un brutto scherzo della sua mente.

Per una delle poche volte in vita sua Sherlock non sapeva cosa fare. Il suo istinto gli diceva di rispondere affermativamente, la logica di ignorare i messaggi; qualcosa di indefinito gli diceva che era quello che aspettava da quasi due anni.

E alla fine fu l’istinto a prevalere, insieme alla logica che, alla fine, aveva formulato il pensiero che il suo aiuto era utile.

(8:26 pm)

Ok

Per la seconda volta in pochi minuti si sorprese, perché il suono che aveva appena sentito non veniva dalla sua mano, non era un messaggio indirizzato a lui dopo la sua risposta, no, quel suono veniva da dietro di lui.

Si girò lentamente per poi posare gli occhi su ciò che già sapeva avrebbe visto.

Lei era lì, accanto alla porta chiusa: aveva ancora il cellulare in mano e aveva appena finito di vedere la risposta alla sua domanda. Doveva essere scivolata all’interno della stanza mentre era immerso nei suoi pensieri, e lui non l’aveva sentita.

Un lieve sorriso comparve sulle labbra della donna, poi mise il cellulare nella tasca dei pantaloni. Alzò lo sguardo su di lui e i suoi occhi castano scuro incontrarono quelli azzurri e attenti di lui. «Qual è il tuo piano, Sherlock?»

 

***

 

One, Two, Three, Four

Can I have a little more?

Five, Six, Seven, Eight, Nine, Ten

I love you.

A, B, C, D

Can I bring my friend to tea?

E, F, G, H, I, J

I love you.

Sail the ship, Jump the tree

Skip the rope,

Look at me

All together now.... [2]

Sherlock si chiuse la porta alle spalle, mentre udiva per la prima volta in vita sua quella canzone.

«Oh... eccoci qui, finalmente!». Moriarty sedeva sul cornicione, il cellulare in mano e la canzone a tutto volume. «Io e te Sherlock... e il nostro problema, il problema finale...»

 

Alice si rigirava con trepidazione il cellulare tra le mani, appoggiata tranquillamente alla portiera di un camion rosso della lavanderia. Osservava alcuni uomini caricare su di esso sacchi di coperte e lenzuoli sporchi provenienti direttamente dall’ospedale.

Era nervosa, non poteva negarlo, ma anche estremamente eccitata.

Aveva pensato a tutto per mesi e ora stava per iniziare la parte più divertente di quel folle piano.

 

Sherlock si avvicinò lentamente.

«All together now! È così noiosa... no?»

Sherlock non rispose, limitandosi a guardarsi intorno.

«È qualcosa di piatto...» Come a enfatizzare le sue parole, Moriarty tese una mano in avanti. Poi

se la passò sul viso.

 

Un nuovo messaggio.

(7:22 pm)

Il cadavere è pronto.

 

«Per tutta la mia vita ho cercato delle distrazioni...» continuò Moriarty, «Tu eri quella migliore, e ora non ho più neanche quella! Perché ti ho battuto...!»

Sherlock lo guardò vagamente stupito.

«E la sai una cosa? Alla fine è stato abbastanza semplice... elementare... ora devo tornare a giocare con le persone comuni... e a quanto pare anche tu sei come loro!»

 

Alice abbandonò il camion e varcò l’ingresso del pronto soccorso, dirigendosi poi a passo cadenzato lungo il marciapiede.

La gente camminava tranquilla lungo la strada, per la maggior parte ignara di ciò che stava per accadere.

Alzò per un attimo lo sguardo al tetto. Vide distintamente la figura in controluce di un uomo seduto sul parapetto. Strinse i pugni con forza.

 

Sherlock tamburellò con le dita sul dorso della mano.

«Bene... hai capito anche quello»

«I colpi sono cifre, ogni colpo è un uno, quando stai fermo è uno zero, è un codice binario. Per

questo quegli assassini volevano salvarmi la vita. Era nascosto in me, nella mia testa. Semplici stringhe di codice informatico che si introducono in qualsiasi sistema».

«L’ho detto ai miei clienti, l’ultimo che arriva è una femminuccia».

«Sì... è ora che l’ho capito posso usarlo per alterare i registri. Posso uccidere Richard Brook e riportare in vita Jim Moriarty!»

L’uomo lo osservò, forse in attesa di una continuazione. Quando questa non venne scosse la testa sconsolato. «No, no, no... è troppo semplice, troppo semplice

Sherlock sembrò non capire.

«Non c’è nessuna chiave... SEI UN IDIOTA!» urlò. «Quelle cifre non hanno significato, nessun valore!»

 

Il cellulare suonò nuovamente all’arrivo di un altro messaggio.

Alice scaricò velocemente le immagini riconoscendo subito dopo il volto dell’uomo a bordo del taxi.

(7:30 am)

Non ancora a Baker Street

diceva poi l’sms.

 

 «Allora come hai fatto...»

«...ad entrare in banca nella torre e in prigione? Un furto alla luce del sole!» Alzò la voce, spazientito. «Bisogna trovare dei collaboratori! Sapevo che avresti abboccato... È la tua debolezza. Vuoi che tutto sia intelligente. Finiamo il gioco a questo punto, un ultimo atto finale. Hai scelto un edificio alto, è un bel modo per farlo.»

«Farlo...? fare che cosa...» poi capì. Si girò lentamente verso Moriarty. «Massì certo... il mio suicidio.»

«Geniale detective si rivela essere un impostore, l’ho letto sul giornale, quindi deve essere vero. Adoro i giornali. Così come le favole...»

Sherlock salì sul cornicione e guardò di sotto.

«...anche quelle più spaventose...» Moriarty gli si avvicinò.

 

Due figure si sporsero dal cornicione.

Alice attraversò la strada portandosi al marciapiede opposto. A quel punto, tenendo d’occhio contemporaneamente il tetto e l’ingresso del pronto soccorso, indietreggiò. Era ancora presto e non c’erano molte macchine in giro, così attraversò tranquillamente la strada. Si fermò pochi metri dopo, in un punto dove riusciva a vedere il tetto del Barts, il marciapiede sotto di esso, l’ingresso del pronto soccorso e la strada dietro la palazzina bassa di fronte all’ospedale. Un luogo semplicemente perfetto.

 

«Posso ancora provare che hai creato un’identità̀ del tutto falsa...»

«Oh, buttati e basta, faresti molta meno fatica.»

Sherlock si agitò sul posto.

«Su forza... fallo per me.»

Sherlock si gettò su di lui, lo afferrò e lo tese nel vuoto.

«Tu sei pazzo...»

«E lo hai capito solo adesso... oh! Ok... lascia che ti dia un piccolo incentivo. I tuoi amici moriranno se non lo farai».

«John...»

«Non solo John... no... uno per uno!»

«La signora Hudson...»

«Tutti quanti...»

«Lestrade.»

«Tre proiettili, tre assassini, tre vittime, e non è possibile fermarli ora.»

 

Ennesimo messaggio.

(7:34 am)

Appena uscito da Baker Street.

 

Sherlock lo tirò su di scatto.

«A meno che non ti vedano saltare. Puoi anche farmi arrestare, puoi anche torturarmi. Puoi fare tutto ciò che vuoi con me. Ma niente li fermerà dal premere il grilletto. I tuoi unici amici al mondo moriranno. A meno che...»

«A meno che non mi tolga la vita, per completare la tua storia.» concluse Sherlock per lui. Moriarty annuì. «Bisogna dirlo... è molto sexy.»

«Morirò nella vergogna.»

«Beh certo, lo scopo è questo. Guarda... hai anche il pubblico! Dai... salta giù! Coraggio...»

 

E Sherlock salì sul cornicione.

Alice alzò una mano e fece un gesto come per scacciare una mosca.

Doveva trattenersi ancora un po’: il dottore stava arrivando.

 

La tua morte è l’unica cosa che fermerà gli assassini... e io non ho intenzione di fermarli.»

«Puoi darmi... un momento per favore?» chiese Sherlock.

 

(7:44 am)

Siamo pronti.

(7:44 am)

Al mio secondo squillo.

 

«Fai solo lo sbruffone... sei così ordinario. Sei una persona ordinaria dalla parte degli angeli.»

«Oh... sarò anche dalla parte degli angeli, ma non pensare neanche per un secondo che io sia uno di loro, Moriarty.» sibilò Sherlock.

«No... non lo sei!» esclamò d’un tratto Moriarty. «Ora capisco, non sei ordinario! No... tu sei me...» ridacchiò, «sei me! Grazie... Sherlock Holmes...» gli tese una mano, con il sorriso che gli si allargava sul volto.

Sherlock la strinse, lentamente, con esitazione.

«Grazie...» continuò Moriarty, «Grazie! Dio ti benedica...»

Rimasero entrambi immobili, ancora un po’ in silenzio. Poi l’espressione di Moriarty si fece triste.

«Fin quando sarò in vita potrai salvare i tuoi amici, hai una via d’uscita...» Annuì, sovrappensiero.

Poi sorrise. «Allora buona fortuna!»

 

Nell’aria risuonò uno sparo.

Pochi attimi dopo Sherlock era sul cornicione, e guardava di sotto.

Un taxi si fermò a pochi passi da Alice. La donna fissò impassibile un uomo scendere dall’auto e rispondere a una chiamata sul cellulare.

Guardò in su verso Sherlock e lo vide con una mano all’orecchio. Perfetto.

John avanzò verso l’ospedale ma si bloccò e tornò indietro nel punto in cui Sherlock gli aveva indicato. «Sherlock!» lo sentì dire.

Alice incrociò le braccia al petto, mentre un uomo con addosso un cappotto le si avvicinava. Lei gli indicò con un cenno della testa il dottore e l’altro annuì, camminando poi con aria distratta verso di lui.

Intanto John si era accorto dell’amico sul tetto e lo guardava.

Alice fece il primo squillo.

 

«Io ho fatto delle ricerche... prima di incontrarti ho scoperto tutto il possibile per impressionarti. Era un trucco, un semplice trucco...»

 

Il camion si affacciò dall’uscita del pronto soccorso, come per accertarsi di avere la via libera per uscire.

Alice lo tenne d’occhio, per poi spostare lo sguardo sui due uomini, alternativamente, chiedendosi se il dolore che vedeva sul volto di John fosse lo stesso che provava Sherlock. E sentì un’odiosa fitta al petto.

 

«Addio John.»

«No... non...»

 

Sherlock buttò il cellulare alla sua destra.

Il segnale.

Alice fece il secondo squillo.

 

«SHERLOCK!»

 

Ma l’urlo di John servì a poco.

Sherlock si buttò, e Alice osservò i fili del piano ricucirsi insieme come al rallentatore.

Il camion rosso della lavanderia passò, e Sherlock ci cadde sopra perfettamente sincronizzato. Nel frattempo John aveva cominciato a correre quando l’uomo col cappotto gli si avvicinò e lo prese per le spalle. John cadde a terra, privo di sensi.

Dalla vicina porta del Barts uscirono di corsa tre uomini, trascinando un cadavere con le esatte sembianze di Sherlock. Lo sdraiarono nel punto in cui avrebbe dovuto cadere e gli versarono addosso del sangue, poi si dileguarono come erano arrivati.

Gli infermieri già pronti accorsero, insieme alla folla, tutti uomini e donne organizzati precedentemente.

John si risvegliò e ricominciò a correre verso Sherlock. Le persone cercarono di trattenerlo, ma lui riuscì a chinarsi sul cadavere e a sentirgli il polso. Ovviamente era fermo, e John si lasciò andare all’indietro, barcollando.

Alice portò il cellulare all’orecchio con un lieve sorriso sul volto. «È tutto tuo, Molly...»

La ragazza dall’altro capo della cornetta era agitata e rispose con parole frettolose e sconclusionate.

«Grazie. Accertati che ci credano tutti, soprattutto Mycroft. Poi fai la tua parte.»

«Sì, Alice, so cosa devo fare.»

Alice sorrise, «Ne sono certa...» e chiuse la comunicazione. Oltrepassò la palazzina e camminò sul marciapiede verso il punto prefissato, quando il cellulare squillò ancora una volta. L’ultima.

«Jim Moriarty è morto… ora il gioco si fa avvincente.» commentò sarcasticamente la voce.

«È tutto a posto. Sherlock è qui.» disse Alice, ignorando completamente la frase dell’uomo. «Buona fortuna...» aggiunse con una smorfia.

La comunicazione si spense, ma non prima che Alice potesse avere modo di sentire una risata sommessa.

Con un sospiro affrettò il passo e si avvicinò alla macchina che la aspettava poco lontano, alla quale si appoggiava l’uomo dal cappotto blu scuro. Alla sua vista aprì lo sportello ed entrò.

Alice andò al lato sinistro del veicolo ed entrò al posto di guida. Mise in moto l’auto e passò un piccolo fagotto a Sherlock, silenzioso al suo fianco. Questi lo prese con una smorfia. Sembrava voler dire qualcosa, ma non lo fece. Al contrario, con uno sbuffo, si mise il cappello da caccia in testa.

Alice sorrise sommessamente e premette col piede sull’acceleratore.

Mentre partiva, però, alzò ancora una volta lo sguardo al tetto del Barts. Non poté non notare il punto nero su di esso.

Fece marcia indietro e si allontanò a velocità calcolata, con la certezza che un paio di occhi castano chiaro la stessero fissando dall’alto.

 

***

 

La chiamata arrivò all’improvviso.

«Sì... ho capito sì...» borbottò Mycroft Holmes al cellulare. Chiuse la comunicazione e si lasciò cadere sulla poltrona.

Si passò una mano sul volto: aveva sbagliato tutto.

 

 

 

 

Note:

[1] Perché sono l’unica crepa in questo castello di vetro

Non c’è quasi nient’altro che tu riesca a vedere

Che tu riesca a vedere

Consideratela la colonna sonora del racconto.

[2] Uno, due, tre, quattro

Posso averne un po’ di più?

Cinque, sei, sette, otto, nove, dieci

Ti amo.

A, B, C, D,

Posso portare un mio amico a prendere il the?

E, F, G, H, I, J

Ti amo.

Naviga con la nave, salta sull’albero

Salta la corda

Guardami

Tutti insieme adesso...

All together now, Beatles. (No, non è Staying alive *risata malefica*)

Dialogo tra Moriarty e Sherlock e tra John e Sherlock preso dalla 2x03 – The Reichenbach Fall.

   
 
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