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Autore: Yvaine0    05/09/2013    2 recensioni
Quante possibilità c'erano che una sua vecchia amica d'infanzia si trasferisse nella sua città, dove non conosce nessuno, si mettesse assieme al migliore amico del suo ex e cercasse di combinarle un appuntamento al buio proprio con quest'ultimo? Una su mille, forse, ma è esattamente questo che è successo.
[...] «Perché hai fatto in modo di mancarmi così tanto?» si spiega meglio.
E Louise lo sapeva fin dall'inizio che è questo che vuole sapere. Perché ha combinato tutto quel casino? «Io... non so amare le persone, Zayn. Faccio casini, sono egoista e stupida» ammette con un sospiro rassegnato. È così, lui non può negarlo. Louise non ci ha pensato due volte a scatenare una lite piena di bugie e rancori inesistenti per aver l'occasione di fuggire. «Mi dispiace» sussurra.
Zayn/fem!Louis
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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Prima di iniziare, vorrei ringraziare un po' di gente. Tanto per cominciare Stitchie, che ha letto la storia in anteprima, ci ha fangirlato (facendomi gongolare non poco). 
Ringrazio poi la povera Meri, a cui è toccato sparare mille numeri a caso, perché io potessi trovare il passaggio giusto da inserire nell'introduzione. Tra l'altro, la cosa assurda è che alla fine non ho usato nessuno di quelli e ho già dimenticato quale ho inserito. ^^'
Un grazie anche a Fab, che mi ha aiutata a scegliere il nome per fem!Harry. E, ah, a proposito: Hatty non è un errore di battutura, ma il nome che ho scelto per la versione femminile di Harry per via dell'assonanza (per quanto Harriett possa essere più appropriato, mi ha stancata).
E poi, ehm, un grazie a Fla ci vuole sempre, perché sopporta continuamente le mie paranoie e mi aiuta con i dubbi grammaticali e un po' con ogni cosa. Taaanti Zouis feelings per noi! 
Grazie anche a Birdy, Macklemore, The Script e 5 Seconds of Summer per la compagnia che mi hanno inconsapevolmente fatto scrivendo. E, uhm, le citazioni sotto provengono rispettivamente da Skinny Love (ovviamente) cantata da Birdy e I miss you dei Blink 182, con le voci dei 5SOS.
Oh, e per finire grazie un po' anche a me stessa, perché una volta tanto sono soddisfatta di quello che ho scritto, nonostante mi sia fatta violenza psicologica per sfiorare il romantico in certi passaggi. 
Nota: Filofobia è la paura di innamorarsi. "Ricominciare da dove abbiamo smesso" è un sottotitolo e non una spiegazione del termine. ^^

 

 

 

 

Filofobia

Ricominciare da dove abbiamo smesso


 

Come on, skinny love,
what happened here?
•                
Don't waste your time on me,
you're already the voice inside my head
(I miss you, I miss you)


 
 
Troppe parole non dette aleggiano nell'aria, resa pesante e irrespirabile dagli sguardi evitati e dai silenzi prolungati. Troppi rospi ingoiati, troppi perdoni precoci, troppe lacrime rispedite indietro prima che potessero farsi vedere.
La tensione è palpabile attorno alla tavola, ma Hatty e Niall fingono di non accorgersene, o forse non se ne accorgono davvero, troppo presi l'uno dall'altra.
L'accento irlandese di Niall dà bella mostre di sé, mentre racconta di come ha conosciuto Hatty, alla fermata dell'autobus che prende tutti i giorni per andare al lavoro; lei lo guarda sorridente, gli occhi verdi che brillano di gioia, le guance decorate da un paio di adorabili fossette.
Zayn ricorda quando anche Louise lo guardava in quel modo. Sono passate almeno due settimane dall'ultima volta che si sono visti; ne sono passate almeno due e un giorno dall'ultima volta che lei gli ha sorriso così, dopo che lui le ha preso i fianchi, lasciato un morso sul collo e l'ha trascinata con sé sul divano. Ricorda bene quell'episodio: è stata l'ultima volta che hanno fatto l'amore.
Poi hanno rotto. La mattina dopo si è svegliato su quello stesso divano, abbracciato a lei. È suonato il telefono, si è alzato per rispondere; quando è tornato l'ha trovata sveglia. L'ha salutata con un bacio sulle labbra, che lei ha rifiutato voltando il capo dall'altro lato. E da lì tutto è proceduto in discesa, la rabbia ha preso velocità mentre scendeva lungo il pendio, finché loro stessi non hanno perso il controllo delle proprie parole. A mezzogiorno non erano più una coppia.
Zayn non riesce a capacitarsene. Ogni mattina si sveglia e allunga una mano per cercare nel letto un calore che non può più trovare. E non sa il perché. Non riesce a rassegnarsi alla loro rottura perché, principalmente, non l'ha capita. Non sa quand'è iniziata la loro crisi, non sa perché. Chi l'ha deciso? Lui ha lasciato lei o lei ha lasciato lui? Erano forse di comune accordo?
«Quando hai finito di uccidere quella bistecca, mi passi l'acqua?»
La voce di Louise trema leggermente, nonostante lei si sia imposta di suonare fredda, parlando forte e con decisione. E con la sua voce, trema anche il cuore di Zayn.
Reprime un sorriso, pensando a quante volte a casa lei gli abbia ripetuto una frase del genere; alza lentamente la testa, la guarda negli occhi, lei sposta lo sguardo sulla bottiglia – quello scambio di battute, deve essere chiaro, è limitato alla necessità.
Quando afferra la bottiglia, Zayn deve concentrarsi per non lasciarla cadere. È come se non avesse più il controllo sul proprio corpo, come se ogni particella del suo organismo fosse concentrata solo ed esclusivamente su Louise, sul modo in cui evita di guardarlo e finge di non essere infuriata con la propria amica. Fino a poche settimane prima traeva sicurezza dalla sua sola presenza, ora è essa stessa che rischia di fargli cadere la bottiglia dalle mani. Ecco che dunque la stringe così forte che le nocche sbiancano, la posa sul tavolo di fronte alla sua ex ragazza con un po' troppa forza e torna ad occuparsi della bistecca che sta lentamente torturando.

Louise trattiene il fiato quando Zayn le posa violentemente davanti la bottiglia d'acqua. Qualcosa si spezza all'altezza del suo sterno, ma lei fa finta di niente.
Se Hatty le avesse detto che il suo neo-ragazzo irlandese è Niall Horan, probabilmente non si sarebbe presentata a quella cena per quattro. La situazione è assurda e disgustosa, tanto da farle venire la nausea.
La realtà è che la nausea è causata dallo stress. Tutti sanno l'effetto che ha il nervosismo su di lei; ecco perché si sta sforzando di mangiare, riempire lo stomaco, nonostante si senta sul punto di rimettere tutto il suo contenuto, fin da quando ha incrociato lo sguardo di Zayn, entrando.
Lo fa perché non vuole che lui lo sappia: deve sapere con certezza di esserle indifferente, non deve farsi strane idee. Loro due non sono più niente, non esiste più nessun “loro due”. Sono di nuovo estranei. Non importa che lei conosca a memoria ogni singolo tratto di ogni tatuaggio sul corpo di Zayn, non importa che potrebbe ridisegnare perfettamente anche quelle parole in un'altra lingua, che non sarà mai in grado di leggere. Non importa più.
Quando Hatty l'ha invitata alla cena, ha accennato alla presenza di un amico di lui; le ha detto solo che è un figo da paura, ma, poverino, soffre come un cane per via di una recente storia finita. Insomma, le ha detto sorridendo, è perfetto per lei, no?
Sì, forse, ha risposto Louise. Sapeva fin dall'inizio che non ci avrebbe provato con lui, che non era la persona giusto per ricucire i brandelli del cuore di un ragazzo, ma forse, essendo sulla stessa barca, potevano farsi compagnia almeno per un paio d'ore, reggere il moccolo insieme.
Farsi compagnia un cazzo!, pensa ora Louise, bevendo più acqua possibile per non dover riempire lo stomaco di cibo. Ha già in mente di scappare con una scusa non appena la cena sarà terminata; non ha intenzione di passare altro tempo con Zayn, sicuramente non mentre i piccioncini tubano su quello schifo di un divano pulcioso nell'appartamento di Niall Horan.
Che la sfortuna la perseguiti è evidente. Quante possibilità c'erano che una sua vecchia amica d'infanzia si trasferisse nella sua città, dove non conosce nessuno, si mettesse assieme al migliore amico del suo ex e cercasse di combinarle un appuntamento al buio proprio con quest'ultimo? Una su mille, forse, ma è esattamente questo che è successo. Ecco perché Louise è freddamente furiosa, questa sera. Chi al posto suo non lo sarebbe?
«La fermata del bus è un posto magico» sta dicendo Niall; scoppia poi in una risata chiassosa, mentre Hatty fa lo stesso, avendo però la decenza di coprirsi il viso con le mani per nascondere la bocca piena.
Louise alza gli occhi al soffitto con un sorrisetto di scherno. «Come darti torto» commenta sarcastica. Non vuole che il suo malumore ferisca l'amica, certo; non ha niente in contrario, però, a bersagliare di frecciatine quell'idiota del suo ragazzo. Quel Niall, che oltre tutto sembra star cercando di trovare a Zayn una nuova fiamma, merita tutto il suo acido. Non che le importi di quello che fa Zayn con altre donne: Louise mal sopporta Niall Horan da sempre, ovvero fin da quando, quella volta di diverso tempo addietro, ha azzardato qualche apprezzamento di troppo su una delle sue sorelle.
Hatty nota la vena pungente nel tono dell'amica, ma la ignora: ha sempre avuto un senso dell'umorismo tutto particolare, che tutto sommato a lei piace, per cui non se ne lamenta. «Tu non hai un posto speciale, qui a Bradford?» le domanda dunque.
Quando Louise si irrigidisce e con gesti meccanici posa la forchetta e si pulisce la bocca, l'altra capisce di aver detto qualcosa di sbagliato. Ecco perché non insiste quando lei scuote leggermente il capo e risponde un freddo e laconico «No».
Louise sente lo sguardo penetrante di Zayn su di sé, ma si impegna ad ignorarlo. Non vuole concentrarsi sulla sensazione di vuoto che si è impossessata del suo petto e tantomeno sul groppo che inizia a serrarle la gola, mentre caccia via dalla propria testa qualche ricordo insistente. Pare che la nausea stia peggiorando un po'.
Hatty non sa che in tutta probabilità i “luoghi magici di Bradford” della sua amica sono gli stessi di Zayn – Louise non ha voluto dirglielo, per non rovinarle la serata. Ecco perché lei gli pone la stessa domanda, accompagnata da un sorriso allegro e sinceramente curioso.
Louise non lo sta guardando, ma sa che Zayn ha sgranato appena gli occhi, sentendosi chiamato in causa. Sa che ha poi abbassato lo sguardo, abbozzato un sorriso. Sa che ora, mentre sceglie le parole giuste per parlare, sta torturando quella maledetta bistecca di cui non ha mangiato che un paio di bocconi. Annuisce, quindi, mentre risponde: «Sì, c'è un posto».
«Davvero? E quale?» insiste Hatty, davvero troppo spontanea e diretta per sapere cosa significhi lasciare spazio ad una persona riservata come Zayn. Non che a Louise importi se lui si sente a disagio. Sente però l'ansia salire, percependo lo sguardo di lui che continua a cercare il suo, il silenzio denso di sottintesi che si protrae per qualche istante di troppo.
«Sai il negozietto di libri usati all'incrocio tra Mill Lane e Coleridge Road?»
Louise stringe i pugni sotto il tavolo. Le viene da vomitare. Prende un respiro profondo, allunga una mano tremante fino al bicchiere e prende un altro sorso d'acqua.
Hatty porta le mani sotto il mento, i gomiti ai lati del piatto le fanno da appoggio. Osserva Zayn con aria rapita, aspettando che racconti di più: glielo si legge negli occhi, che quella che ha da raccontare è una bella storia. «No, non lo conosco. È un bel posto?»
Lui sorride nostalgico, ignorando l'espressione contrariata di Niall che, proprio come Louise anche se per motivi diversi, pensa che non dovrebbe ricordare certe cose. «No, affatto» continua comunque lui, del tutto perso nei ricordi; la sua voce suona bassa, il tono è assorto e variegato da una traccia di nostalgica allegria. «È un posto orribile, che ho trovato per caso. Ci si trovano dei fumetti di vecchia edizione che le fumetterie non sempre hanno a disposizione, di quelli che hanno un gusto tutto particolare. Sono vissuti. È fin troppo buio, però, e puzza di muffa».
E di sigaro, aggiunge mentalmente Louise. Se chiude gli occhi, riesce ancora a sentire l'odore asfissiante che stagna in quel piccolo locale. La prima volta che vi è entrata le ha girato la testa, ma ha fatto finta di nulla ed è andata lo stesso a cercare quel ragazzo col ciuffo che la fissava attraverso la vetrina.
Si ostina a non guardarlo, ma il ricordo le fa sbocciare un sorrisetto intenerito sulle labbra. Sorriso che estirpa in fretta, ricordandosi che loro due non sono più una coppia e non hanno più nulla da condividere, tantomeno sorrisi o bei ricordi. Non riesce però ad impedire al proprio cuore di correre un po' più veloce e per questo si odia.
Vorrebbe avere un po' più di controllo su se stessa, vorrebbe essere più distaccata, fin anche del tutto razionale.
«E perché questo luogo è magico?» domanda ancora Hatty.
Louise la fulmina con lo sguardo – perché non smette di girare il coltello nella piaga?–, ma lei non se ne accorge, continua a sorridere.
«La vetrina...» Zayn prende un respiro profondo, soffia un sorriso.
Louise non riesce a impedirsi di guardarlo, sconvolta dal sospiro appena udito, che può significare solo una cosa. Fa male da morire trovare negli occhi lucidi di Zayn la conferma a ciò che lei ha temuto: sta trattenendo le lacrime.
Stringe più forte i pugni sotto il tavolo.

Brucia. Raccontare certe cose con lei a pochi centimetri da lui senza poterla toccare brucia come un mozzicone di sigaretta acceso premuto contro la pelle. È doloroso vederla sorridere, poi pentirsene; è doloroso ricordare le ore passate tra quei vecchi fumetti usati, nella puzza di quel piccolo negozio, combattuto tra la passione per quelle illustrazioni e la tentazione di spiare la ragazza castana con gli occhi di ghiaccio, seduta ad un tavolino del bar di fronte, assieme all'amica, ogni pomeriggio. Sente ancora il cuore battere all'impazzata se ripensa a quando ha sentito il campanello alla porta del negozio suonare e, voltandosi a guardare chi fosse entrato, l'ha vista camminargli incontro di gran carriera, per chiedergli se avesse intenzione di guardarla in eterno o prima o poi le avrebbe chiesto di uscire.
Lui ha colto l'occasione al volo e le ha offerto un caffè; lei ha accettato, anche se Zayn le aveva appena visto bere un espresso.
Il groppo che gli si è formato in gola gli rende difficile parlare, ma lo fa lo stesso. «La vetrina si affaccia su un bar. E lì, ad un tavolino all'aperto, sedevano tutti giorni due ragazze...».
«Una... una era lei, non è vero?» gli chiede Hatty, gli occhi brillante per l'emozione. Zayn sorride, un po' per la nostalgia e un po' perché quella ragazza le fa tenerezza: sembra che stia ascoltando una fiaba, invece del racconto della sua relazione ormai conclusa. Annuisce.
È strano, ma parlando al passato è come se attingesse di nuovo coraggio dalla presenza di Louise – forse dalla vecchia Lou e non da quella seduta di fronte a lui, ma comunque da lei. È stata il suo contrappeso fin da subito, l'altro lato della sua stessa medaglia. Lo ha sempre controbilanciato, gli ha dato la carica per alzarsi la mattina, trascinarsi fuori dal letto e fare qualcosa della propria vita. Lo ha spinto a riconsiderare la monotonia della propria routine, trasformandola in una sicurezza, in qualcosa che gli piace vivere.
Stano evitando l'uno lo sguardo dell'altra, ma Zayn teme di conoscere l'espressione sul viso di lei anche se non la vede: è un cipiglio freddo, distaccato, forse addirittura acceso di scherno e adombrato dalla pietà. Lei è lì, a portata di mano, ma lontana anni luce da lui.
Ed è questo che lo terrorizza e gli fa male: lei è lì, con la nausea ad incasinarle le interiora, sicuramente offesa perché lui sta sprecando qualcosa che è solo loro raccontandolo ad altri, ma non può averla. Non può sfiorarla, non può baciarla, non può stringerla a sé e domani mattina non la vedrà al proprio fianco nel letto che hanno condiviso per più di un anno. E Zayn non ha la minima idea del perché, nemmeno ricorda più cosa lei gli abbia strillato contro con odio, quando hanno litigato. Non lo sa e non gli importa. Zayn sa solo che le manca da impazzire, e rischia di uscire di testa davvero, se lei non gli rivolge la parola. Ha bisogno di sentire la sua voce, di essere rimproverato e preso in giro. Ha bisogno delle sue mani minuscole che gli tirano i capelli per dispetto, che gli pizzicano forte la pelle quando dice qualcosa di imbarazzante. Ha bisogno di guardarla, ma ha anche paura di farlo.
«Era lei, sì». Non sa dove trova la forza di parlare; la voce gli trema, ma continua lo stesso: «Era bellissima. Lo è ancora. L'ho vista per la prima per caso attraverso la vetrina, mentre sfogliavo dei fumetti. Mi è piaciuto il modo in cui prendeva in giro la sua amica, nonostante fosse chiaro le volesse bene. È sempre stata acida, ma allo stesso tempo attenta. È il genere di ragazza che si occupa di te con una premura infinita, senza stancarsene mai, anche se te lo fa pesare con mille frecciatine e lamentele campate in aria. Non ci crede nemmeno lei, che ti odia, mentre te lo dice».
«Ora basta».
Zayn alza la sguardo, sorpreso, verso Louise. Regge il bicchiere tra le mani, accostato alla bocca e guarda ostinatamente l'acqua al suo interno, mentre se ne sta seduta con schiena e spalle rigide.
Lui apre la bocca per parlare, ma non ne esce alcun suono. È Hatty a chiedere: «Che cosa dici, Lou?».
Niall svuota in fretta il proprio bicchiere di vino, preparandosi a quello che sta per succedere. Perché a quel punto è inevitabile che succede qualcosa e tanto vale essere previdenti.
«Ora basta dire stronzate» ripete lei. Guarda Zayn, però, e non Hatty.
Lui sente le ginocchia tremare, freme sotto il suo sguardo arrabbiato e ferito. «Perché?»
Louise non risponde. Abbozza un sorriso di scherno e aggiunge: «Sei sempre stato bravo a dire bugie».
Zayn corruga la fronte. Non riesce a credere che lei abbia detto una cosa del genere. È abile a mentire, sì, lo è sempre stato, quando se ne presenta la necessità, ma l'ha anche sempre odiato. E con lei non è mai stato in grado di farlo. Mai, nemmeno una volta. Nemmeno per gioco. «Sai benissimo chi tra noi mentiva all'altro con più facilità» rincara allora, perché quell'insinuazione l'ha offeso. Lui non le racconterebbe mai menzogne, mai lo ha fatto da quando la conosce.
Louise spalanca la bocca, punta sul vivo da quell'affermazione. Si accorge dello sguardo di Hatty che salta dall'uno all'altra, mentre inizia a rendersi conto dell'enorme gaffe che hanno fatto invitandoli lì quella sera. Nota anche Niall che si fissa le mani incrociate sul tavolo, a disagio.
Allora posa il bicchiere sul tavolo e si alza in piedi. «Grazie della serata, Hatty. Perdona questo penoso siparietto» dice a mo' di congedo. Attraversa la sala in poche rapide falcate, recupera borsa e cappotto sull'appendiabiti e se ne va, senza una parola di più.
Zayn rimane immobile qualche istante, lo sguardo perso nel vuoto, poi realizza quello che è successo. Si rende conto che sono due settimane che loro due non sono più una coppia e sono anche due settimane che lui cerca di contattarla per parlare dell'accaduto, ma lei si fa negare. Quindi si scusa a sua volta con Hatty, scambia uno sguardo denso di scuse, promesse e speranze con il suo amico e si fionda a sua volta fuori dall'appartamento.
Mentre corre giù per le scale, sente i tacchi di Louise picchiettare ritmicamente nell'atrio del palazzo, segno che non è poi così lontana, grazie al cielo.
La raggiunge che lei sta camminando spedita lungo il maciarpiede, il giubbotto ancora aperto, mentre si allaccia la sciarpa bianca attorno al collo.
La affianca di corsa, lei volta il capo dall'altra parte. Zayn si ferma, spalanca le braccia e parla a voce alta con tutta l'onestà che possiede: «Non ti ho mai mentito, nemmeno una volta».
Louise lo guarda sprezzante, fa ancora qualche passo prima di fermarsi. Ed è solo per un attimo, il tempo di rinfacciargli la frase appena pronunciata: «E quindi sarei io quella che racconta frottole? Fammi il favore, Zayn: cresci». Di qui riparte la sua fuga di tacchi picchiati rumorosamente contro le mattonelle grigie del marciapiede.
Zayn non si arrende: la insegue. «Non lo so, mi hai mentito? Non so nemmeno io perché l'ho detto, Lou, non lo penso davvero».
«Chissà quante cose che non pensi davvero hai detto questa sera!» replica allora lei con astio.
Zayn cammina a pochi passi da lei, di tanto in tanto la raggiunge, poi Louise aumenta il passo, lui rimane indietro e il gioco ricomincia.
«Solo che la bistecca era ben cotta, perché, perdonami, faceva schifo».
Louise lo fulmina con lo sguardo, senza nemmeno fermarsi. «L'ho cotta io» gli rivela con astio.
«Lo so. Non sei mai stata una gran cuoca» rincara Zayn con un sorriso sfrontato, che non la tange nemmeno per un secondo.
Perché Louise è così, quando si impunta su qualcosa, niente può farle cambiare idea, se non lei stessa. E questa sera ha deciso di essere ancora arrabbiata con lui, ha deciso che non lo perdonerà mai. Una parte di lei sa che se ce l'ha con lui è solo perché le manca e ha paura di aver fatto un gran casino, ma l'altra parte, quella che sceglie cosa dire, non vuole ascoltarla.
«Benissimo, tanto ora tutto questo non è più un tuo problema, no?»
Zayn si ferma sul posto, colpito da quella frase, mentre Louise continua a camminare. «Sì» ammette. «È così. Ma perché, Lou? Cos'è successo tra noi?»
E ora si ferma anche Louise per esasperazione, diversi metri più avanti, trattenuta dall'insistenza del ragazzo. Mette le mani sui fianchi, le sottili sopracciglia ravvicinate per la collera – sembra una mamma severa che sgrida un figlio; Zayn rimpiange i momenti passati in cui quella stessa scena sarebbe sfociata in una risata e qualche bacio rubato.
«Lo sai benissimo, cos'è successo tra noi!»
Zayn è sincero, quando spalanca le braccia e scuote il capo. «No, non ne ho idea!»
Lei sputa una risatina sprezzante. «Smettila di fare il bambino» lo rimprovera.
Fa per riavviarsi, ma le successive parole del ragazzo la bloccano: «Sai cosa so, Louise? So che mi manchi da impazzire. So che questa sera per me è stata una tortura, perché tu mi detesti e io non ne capisco il motivo. So che non vuoi spiegarmi che cosa sta succedendo».
Lei scuote il capo, non lo lascia continuare. «Stai zitto!» gli strilla contro. «Sta' zitto, non dire stronzate! Abbiamo chiuso, hai capito? Chiuso! Basta, non abbiamo più nulla da dirci».
Zayn non riesce a crederci. Tipico di Louise rinnegare tutto e non volerne più parlare. Tipico di Louise è anche avere paura del confronto, se non è certa di poterne uscire vincitrice. È proprio questa consapevolezza a far capire a Zayn chi, in realtà, ha il coltello dalla parte del manico: lui. Forse non tutto è perduto, allora.
Lascia cadere le braccia lungo i fianchi, mentre si avvicina camminando lentamente. «Sì, invece. Io ho tante cose da dirti. Devo dirti che mi manchi, che mi fa schifo guardare il David Letterman Show senza di te e i tuoi commenti. C'è che non riesco più ad ascoltare la radio, perché trasmettono sempre quella merda di "I love it" e ogni volta mi sembra di sentirti, mentre la canti a squarciagola stonandola tutta. Il che, lasciamelo dire, è assurdo, perché tu, se vuoi, sai cantare benissimo!»
«Smetti di dire stronzate, Zayn. Hai sempre odiato sentirmi cantare, i miei commenti alla televisione, la mia cucina. Odi sentirmi blaterare, le mie batutte taglienti; mi chiami acida».
Lui continua, imperterrito, come se lei non avesse detto nulla. «Mi manca sentirti parlare al telefono a voce alta la mattina presto, mi mancano i suoi calci nel bel mezzo della notte. Non ho più nemmeno un livido per via dei tuoi pizzicotti, sai?» aggiunge, un sorriso nostalgico in volto.
Louise scuote ostinatamente il capo. Non vuole ascoltarlo, ma non riesce ad andarsene. È come ipnotizzata da lui, dalle sue parole. Non si muove da dov'è, perché sa che ogni suo movimento non potrebbe che portarla più vicina a lui, che ha ripreso ad avvicinarsi.
«Anche guardare The Big Bang Theory perde di significato. Non rido nemmeno una volta senza te, che ti lamenti perché ti faccio perdere l'inizio di Skins».
«Dovevi pensarci prima» conclude lei in un sussurro, lo sguardo basso e gli occhi socchiusi. Ha le labbra semichiuse, le guance arrossate. Zayn la trova bellissima, la mangia con gli occhi ritrovando in lei tutti quei dettagli che nelle ultime due settimane ha cercato di ogni angolo della casa, senza trovarli. Nessuno sa quante volta abbia riguardato le foto di Louise sul proprio telefonino, cercando di saziare la propria voglia di vederla.
«Prima di cosa? Non so nemmeno cos'è successo quella mattina!»
Cala il silenzio sulla strada, per qualche secondo. Passa una macchina, ne passano due. Poi Louise esplode: «È successo che non ti sopportavo più, Zayn Malik. È successo che vedevo la tua faccia da cazzo tutte le mattine, ti spingevo giù dal letto a pedate per costringerti ad andare al lavoro, tu sbuffavi e ti sentivo lamentarti per ore, per qualunque cosa. Ti lamentavi della mia cucina, del mio disordine. Guardavi tv spazzatura, cantavi in giro per casa tutto il santo giorno oppure ti vedevo ammuffire su quel cazzo di divano verde pisello. Non so nemmeno come ci sono finita, a vivere con uno che guarda Le Tartarughe Ninja la domenica mattina in televisione!» Lascia cadere a sua volta le braccia lungo i fianchi, stanca, mentre – Zayn ne è certo– sta combattendo contro le lacrime che minacciano di bagnarle il volto trasfigurato da una smorfia frustrata. «E sai cosa mi sta più sul cazzo di tutto, Zayn?» sputa di nuovo, cercando di mascherare la voce rotta con un colpo di tosse.
Lui smette di camminare a poco più di un metro da lei. Ha il respiro affannato, lo hanno entrambi. «Che cosa?» chiede.
Louise abbassa lo sguardo sui piedi di Zayn. Una parte di lei li rivede sporti oltre lo schienale del divano di quell'improponibile colore verde acceso, mentre legge un fumetto a testa in giù. Sorride, tra le lacrime che ormai non riesce più a frenare. «Tutto questo mi manca» risponde in sussurro.
Zayn la guarda, le sue labbra si dischiudono quando quelle parole lo colpiscono come un pugno nello stomaco. Gli manca l'aria per un istante, quello dopo sta accarezzando una guancia umida di lei, guardandola dall'alto, così vicino che la voglia di abbracciarla gli impregna dolorosamente i muscoli. Si trattiene, però, spaventato all'idea che lei possa sgusciare via e fuggire fuori dalla sua portata un'altra volta. «Che cosa ci impedisce di riprendercelo?» le chiede dolcemente, appigliandosi così a quell'ultimo barlume di speranza. Non le sta solo chiedendo spiegazioni, le sta offrendo la possibilità di ricominciare da dove si sono fermati, di lasciare che sia lui a cucinare per entrambi e lei a scegliere i film, di passare le serate a commentare la TV spazzatura fingendosi poco interessati; le sta proponendo di tornare a dormire con lui, di ritrovarsi, nella propria quotidianità, nel momento in cui si cercano l'un l'altro. Le sta chiedendo di guardare Le Tartarughe Ninja con lui la domenica mattina, perché gli ricordano la casa in cui è cresciuto; di scegliere insieme un divano nuovo dal colore meno disgustoso, di non vedere la fine di The Big Bang Theory pur di permetterle di guardare l'intero episodio di Skins.
Louise scuote il capo con la stessa ostinazione di una bambina capricciosa. Sta piangendo, ma al momento non le importa.
Ha vissuto gli ultimi diciassette giorni chiusa in casa, senza Zayn, combattendo per autoconvincersi di aver fatto la scelta giusta. È sopravvissuta al torpore di una vecchia routine non più sua, chiusa nella propria camera da adolescente, a casa della madre, rifiutando di rispondere alle sue domande come a quelle di Lottie e Fizzy. La loro storia è finita e basta, non esistono perché, come, quando, se e ma. Esiste solo la parola “fine”.
Si è costruita attorno un muro di ostinazione e menzogne a cui attaccarsi per non dover tornare sui propri passi, per non ammettere di aver sbagliato, di aver avuto paura.
Non si può tornare indietro; ecco cosa significa il suo testardo scuotere il capo. Non si può. Ora lo sa, se ne rende conto, che ha fatto uno degli errori più grossi della sua vita lasciando Zayn. Ma ormai è tardi ed è giusto che Louise paghi per i propri errori. Merita di brancolare nella monotonia delle proprie giornate trascorse in solitudine, merita di soffrire quella perdita che si è autoinflitta.
«Non si può tornare indietro» ripete in un sussurro soffocato da un improvviso singhiozzo.
Le manca ancora l'aria, fativa a respirare, lo stomaco si contorce dolorosamente.
Non ha la forza di allontanare le carezze di Zayn, di sottrarsi all'infrangersi del suo respiro sulla propria fronte; freme dalla voglia di rifugiarsi tra le sue braccia, l'unico luogo in cui si sente davvero al sicuro, ma stringe i pugni, piega il capo e se lo impedisce. Non può, non è giusto; deve smettere di ferire le persone, deve imparare sulla propria pelle cosa significhi avere a che fare con se stessa. Non è mai stata in grado di perdonare qualcun altro, perché dovrebbe saper perdonare se stessa?
Si è sempre sentita migliore degli altri, ma la realtà è si sbagliava. Non è niente più che una ragazzina stupida e presuntuosa.
È stata la paura ad allontanarla da quei sorrisi con la lingua tra i denti e dagli occhi vigili che mai l'avrebbero abbandonata. È la paura ad impedirle di riprenderseli, di tuffarsi tra quelle braccia che profumano di casa.
Sta singhiozzando, quando è lui a stringerla a sé. Inspira quell'odore che ha cercato tante volte affondando il naso nei propri vestiti negli ultimi giorni, quell'odore che è svanito fin troppo in fretta dalle narici ma non dai ricordi.
«No» protesta debolmente, senza tuttavia cercare davvero di allontanarlo. «È tardi, Zayn, è tardi».
È tardi per cosa?, le chiede lui, poi affonda il volto tra i suoi capelli, ne annusa il profumo di balsamo. Un formicolio allo stomaco lo informa che è sempre lo stesso, che lei è sempre la stessa. La stessa ragazza che combatte la propria battaglia remandosi contro da sola, troppo severa con gli altri ma soprattutto con se stessa. Non si è mai perdonata un solo errore, non ne ha mai dimenticato uno e non ha intenzione di farlo nemmeno ora. La conosce bene come nessun altro, ecco perché sa esattamente cosa sta pensando. È questo a fargli male e allo stesso tempo dargli speranza.
«Perché no?» le chiede con urgenza; la pazienza è sempre stato il suo forte, al contrario di Louise, ma ora non ha energia da sprecare nell'attesa. È stanco; stanco di sentire la sua mancanza, di chiedersi cosa non andasse tra loro.
Erano felici, insieme; non di quella felicità zuccherosa con i colori dell'arcobaleno, che dopo due cucchiai impasta la bocca e fa venire voglia di affogare il tutto con una bottiglia di limonata.
La loro era una felicità sporcata dal fumo delle sigarette di Zayn e dai colpi di tosse forzati di Louise, insaporita dalla pizza del venerdì sera e dal tè ogni mattina; un insieme di piccole cose, di compromessi e bisticci, prese in giro, sorrisi, baci rubati, morsi, pizzicotti e capelli tirati. Una soddisfazione agrodolce, che non annoia mai, che si porta con sé in mezzo alla gente, anche se non si sta tutto il tempo mano nella mano, che dà la forza di arrivare a fine giornata.
«È troppo tardi!» sbotta lei, la voce acuta. Lo spinge via.
Lui la lascia fare, scioglie l'abbraccio, fa un passo indietro, ma non si arrende. «È tardi per cosa, Louise?» grida ora, le braccia spalancate e l'esasperazione a spegnergli lo sguardo. «Tu sei qui! Io sono qui! Per cosa è tardi? Cosa?»
«Per tutto!» strilla lei allora, stringendo i pugni per la disperazione, le braccia stette lungo i fianchi. È tutto così difficile; perché? Si passa le mani tra i capelli, scuote ancora il capo come se non fosse in grado di fare altro. È stanca, troppo stanca. Vorrebbe spegnere il cervello, premere il tasto rewind e tornare indietro di quei diciassette giorni per impedirsi di lasciarsi prendere dal panico e di sputare tutte le menzogne. Zayn ha ragione: è sempre stata lei l'unica a mentire, tra loro. Lo sa e per questo si odia ancora di più.
Una macchina passa loro accanto, centra una pozzanghera, li schizza.
«Vaffanculo!» le urla dietro Louise, con tutta la rabbia che ha in corpo. Rabbia indirizzata per lo più a se stessa e alla propria incapacità di affrontare la vita nel modo giusto. L'unica cosa che le ha impedito di detestarsi, nell'ultimo anno, è stato Zayn. La sua presenza al suo fianco, i suoi sorrisi, la consapevolezza di essere amata da qualcuno le hanno impedito di pensare alla propria stupidità, al solito ossessionarsi ai propri errori senza mai perdonarli.
«Vaffanculo» ripete in tono più basso e rassegnato. Le ginocchia tremano, lei si piega su se stessa. Il dolore le rimbomba dentro, le contorce lo stomaco, fa pulsare le tempie. Singhiozza, nascondendo ora il volto fra le mani. Poi si rialza, guarda Zayn negli occhi e scuote il capo un'ultima volta. «N-no, Zayn, non si può...»
Zayn non la lascia finire. Copre con un solo passo la distanza tra loro, lascia scorrere le mani sulle maniche a tratti bagnate del suo cappotto fino a cingerle i gomiti. «Sì, invece» la corregge. «Sì, Lou, si può. Perché non dovrebbe?»
«Perché non è giusto!» risponde, gli occhi leggermente sgranati per palesare l'ovvietà di quell'affermazione. Affonda il volto nella sciarpa e prende un respiro profondo; deve calmarsi, riprendere il controllo di sé.
Zayn cerca di sorridere e inclina il capo da un lato. «E chi se ne frega, se è giusto o meno? Ci siamo solo io e te, qui. Io so cosa voglio. Tu lo sai?»
Cosa vuole?, gli domanda lei sottovoce. Sente le palpebre pensanti per via del pianto, vorrebbe andare a casa – a casa con Zayn– e dormire.
«Voglio svegliarmi accanto a te, domani mattina, perché avrai strofinato i piedi freddi contro le mie gambe per scaldarli. Sai quanto amo riscaldarti, vero? Voglio sentire il tuo profumo sul cuscino, il suono irritante della tua stupida sveglia. Ho voglia di ritirare la testa sotto le coperte e ridere piano finché non mi spingi sul pavimento. Voglio far finta di non ascoltarti, quando mi vesto, mentre ti lamenti perché sono troppo magro».
Louise si lascia sfuggire un sorriso nostalgico. È meno doloroso sentirsi dire certe cose, ora che sembrano a portata di mano. «Tu sei troppo magro» gli ricorda, tirando su col naso. Lo guarda, mentre parla; lo osserva in ogni minimo dettaglio, sorprendendosi di scoprire tutto al proprio posto. Sono passati solo diciassette giorni, ma sembra un secolo; quasi si aspettava di trovarlo cambiato.
Zayn le sorride, avvicinandola un po' di più a sé. Fa scontrare delicatamente le loro fronti, le lascia un leggero bacio sulla punta del naso. «E tu sei troppo severa con te stessa» ricambia.
«Lo so, ma tu dovresti davvero mangiare di più» insiste lei, in uno sciocco tentativo di svicolare per non dover affrontare l'argomento. Lui non merita una disastro come lei nella sua vita. È ancora convinta di aver sbagliato tutto, di essere stata una stupida, ma, proprio come ha sempre fatto, la vicinanza di Zayn sta allontanando i suoi demoni.
«Oppure potrei lasciare che sia tu a cucinare per sempre e morire di fame» propone lui, ridendo.
Louise fa una smorfia, cerca di spingerlo via; «Sei il solito stronzo» lo accusa.
Zayn la sente, la tensione che cala. Ecco perché ride; lascia che lei si divincoli dalla sua presa solo per poterla poi abbracciare da dietro e accarezzarle una guancia con la propria. «Be', sì» conferma con un sorrisetto divertito. Il groppo in gola è sparito, i suoi occhi sono lucidi, ma non sta più trattenendo le lacrime. La speranza è cresciuta, lo spinge a posare un leggero bacio sulla guancia di lei. «E tu? Sei sempre la solita acida?»
Louise rimane in silenzio qualche istante, concentrata sulla sensazione della barba rada che torna a geaffiarle la pelle, poi sbuffa. «Secondo te?»
«Mh, non lo so» mormorà lui, mentre affonda il volto nella sciarpa per strofinare il naso contro il collo di lei e bearsi di quel profumo che tanto gli è mancato. «Mi sembravi mansueta prima, a tavola».
Lei si divincola dalla sua presa, infastidita. Zayn la lascia sgusciare via, sentendo il cuore fare una capriola, quando torna da lui e gli getta le braccia al collo. «Sai com'è» gli dice. «Qualcuno stava cantando le mie lodi ai quattro venti».
Le circonda la vita con le braccia. «Ai quattro venti!» Zayn ridacchia, gettando il capo all'indietro. Il cielo su di loro è stranamente sereno, dopo l'acquazzone che ha imperversato quel pomeriggio; sperare di vedere le stelle sarebbe troppo, ma è un bene, perché non avrebbe il tempo di stare a guardarle. C'è qualcosa, tra le sue braccia, che merita molto di più la sua attenzione. «Mi piace la tua riservatezza» osserva, tornando a guardarla.
E il suo sguardo è così intenso, che Louise non può che alzarsi in punta di piedi e lasciargli un bacio a fior di labbra. Zayn rabbrividisce – gli era mancata quella sensazione– e si affretta a ripristinare ed approfondire quel contatto. Un braccio continua a cingerle possessivamente la vita, mentre l'altra mano sale ad accarezzare il collo, le guance umide, i capelli stravolti di Louise. C'è una certa urgenza in quel bacio, ma ci sono anche perdono, speranza e un'infinita tenerezza.
Quando si separano, Zayn ha gli occhi chiusi, la fronte su quella di lei e un sorriso che si espande spontaneo sulle labbra morbide. «Mi sei mancata da impazzire. Perché mi sei mancata così tanto?» mormora, la mano che torna lentamente sulla schiena di Louise.
Lei abbozza un sorriso dispiaciuto. «Perché mi ami» risponde. E lo sa, sa di aver ragione, sa che Zayn la ama da morire. Lo percepisce, lui glielo fa capire in tutti i modi possibile.
È lei quella incapace di dimostrare amore. È lei quella che, quando si è resa conto di innamorarsi di lui ogni giorno di più, ha avuto paura ed è scappata.
«No» la corregge lui. «Perché hai fatto in modo di mancarmi così tanto?» si spiega meglio.
E Louise lo sapeva fin dall'inizio che è questo che vuole sapere. Perché ha combinato tutto quel casino? «Io... non so amare le persone, Zayn. Faccio casini, sono egoista e stupida» ammette con un sospiro rassegnato. È così, lui non può negarlo. Louise non ci ha pensato due volte a scatenare una lite piena di bugie e rancori inesistenti per aver l'occasione di fuggire. «Mi dispiace» sussurra.
Zayn la stringe ancora un po' di più a sé, le lascia un bacio sulla fronte. Anche lui è spaventato dall'amare così tanto qualcuno. È terrorizzato dalla forza distruttiva di quel sentimento, ne ha provato sulla pelle un assaggio in quelle due settimane e ne ha paura. Ne ha paura, ma è disposto a sfidare quel sentimento, a lasciarlo crescere, sbocciare, fin anche appassire. Vuole viverlo perché, se lo sente nelle ossa, ne vale la pena. Louise ne vale la pena, vale tutte le pene dell'inferno.
«Torni a casa con me stasera» le dice.
Non vuole essere una domanda, ma lo sembra. Louise si sorprende, accorgendosi che Zayn teme una risposta negativa. Sorride e lascia scivolare una mano sotto al maglione del ragazzo, per poi stringergli forte un lembo di pelle tra le dita. Lui emette un lieve lamento di dolore, accompagnato da una smorfia, e lei ride. «Hai detto che ti sono mancati i miei pizzicotti, Zayn Malik, ora non puoi rimangiarti la parola».
  
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