“Ikuto!” tuonò una giovane ragazza.
“Sì mia dolce Amu?” rispose con il suo solito ghigno stampato in faccia.
“Non scherzare! Fa qualcosa!” ripeté sempre più arrabbiata.
Davanti a loro, un piccolo bimbo con gli occhi ambrati e i capelli blu correva all’impazzata per tutta la casa.
Aveva sì e no 3 anni.
Man mano che avanzava si lasciava dietro una scia di acqua e bolle.
Già, era scappato mentre stavano cercando di fargli il bagno.
Amu lo stava rincorrendo senza sosta, mentre Ikuto, come suo solito fare, la guardava divertito.
Troppo preso a sghignazzare, non si accorse che Amu aveva brandito una scopa e si stava dirigendo verso di lui con un sguardo truce.
Sbam!
“Ma sei impazzita!? Vuoi farmi venire un trauma cranico!” disse massaggiandosi la nuca il moro.
“Non fare la vittima, amore! Piuttosto se non ne vuoi un’altra aiutami a prendere Tsukiyoma!”
Gridò esasperata la ragazza.
Era da 3 anni che la situazione era diventata molto snervante.
E comica, dipende dai punti di vista!
Il piccolo diavoletto dava parecchio da fare, infatti:
Ogni giorno era un inseguimento, ma alla fine la scampava sempre.
Com’è che si dice? Tale padre, tale figlio.
Mai proverbio fu così azzeccato.
Ikuto non se lo fece ripetere due volte, e si mise subito a correre come un matto dietro a suo figlio.
Solo in quel momento capì cosa intendessero dire i suoi genitori.
Gli sembrava di aver a che fare con un suo sosia in miniatura!
Dopo molto, troppo, tempo, Amu si arrese, e si appoggiò fiacca allo stipite della porta.
Entrambi avevano il fiatone, mentre il piccolo continuava a ridere, felice per aver fatto esasperare i genitori.
“Te e le tue voglie! Sappi che non ti darò mai più ascolto!” disse divertita Amu.
“Non puoi farmi questo!” recitò in tono melodrammatico il ragazzo.
Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata, per poi riprendere a correre dietro alla peste.
Girarono l’angolo e si accorsero che Tsukiyoma si era sdraiato sul suo lettino, doveva essere molto stanco.
Tirarono un sospiro di sollievo, contemporaneamente, mentre la madre andava a coprirlo per evitare che si ammalasse.
Dopo di ché si diressero al bagno, per rimediare al macello combinato.
Se Amu pensava che dovevano ripulire tutto il piano di sotto, gli veniva un infarto!
Quando ebbero finito di pulire la vasca, cioè 1 ora dopo, la ragazza ormai era sfinita.
“penso che andrò a riposarmi” annunciò, mentre riprendeva fiato.
Ikuto nel frattempo si era seduto sul bordo della vasca.
“Ehi, dove credi di andare tesoro!?” non ebbe neanche il tempo di fare un passo, che si ritrovò sulle ginocchia dello pseudo-gatto-un-po’-invecchiato.
Lui cercò di trattenere una risata, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Amu.
“Scusa, è che sei troppo divertente! Ahah” spiegò l’altro.
Nella sua mente balenò per alcuni istanti la sua attuale immagine: tutta spettinata, sudata e col fiatone.
Arrossì di vergogna, e Ikuto cercò di consolarla.
“Non ti preoccupare, sei bellissima anche così.” Asserì, abbracciandola da dietro.
“E tu rimani lo stesso un cretino!” disse sorridendo, prima di impossessarsi delle labbra dell’amato.