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Autore: Elex97    06/09/2013    1 recensioni
Chi di noi non sa cos'è lo Slenderman?
Secondo la leggenda, appare come un uomo alto e ben vestito, senza volto, con cinque o sei "tentacoli". Di lui non si sa molto, a parte il fatto che ogni volta che compare in pubblico, la maggior parte delle volte nei pressi di un parco giochi, scompare un bambino.
Leggenda o realtà? Si direbbe leggenda, ma allora perchè Margaret, una bambina di sei anni in vacanza con la famiglia nei pressi di una foresta, afferma di aver parlato con questo uomo nero?
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Margaret si sentiva più sollevata ora che aveva parlato con Alice.

L'uomo nero le aveva detto che sua sorella era cattiva, perchè non voleva che fossero amici. Lui la odiava, ma Margaret gli aveva assicurato che non li avrebbe più disturbati.

Continuava a parlare alla finestra con la creatura. Era notte fonda ormai, ma non aveva sonno

 

- Quando ti potrò vedere?

 

Il mostro le disse che presto si sarebbero visti per giocare insieme, ma doveva avere pazienza.

 

 

 

Alice sentiva la bambina parlare col mostro nella camera affianco, mentre navigava per internet.

Finchè parlavano, lo Slenderman non l'avrebbe scoperta. Non poteva fermarsi, non ora che forse aveva scoperto qualcosa di interessante.

Forse, un modo per sconfiggere quel mostro esisteva.

Esisteva una filastrocca sullo Slenderman.

Una leggenda diceva che se questi versi venivano detti correttamente in sua presenza, il mostro sarebbe scomparso per sempre.

Per un secondo la voce della sorella si zittì. La ragazza si fermò di scatto, l'adrenalina le era salita al massimo. Poi Margaret riprese a parlare.

Con un sospiro di sollievo la ragazza continuò la ricerca.

Doveva trovare la filastrocca. Per il bene di sua sorella.

 

 

 

Margaret stava ancora parlando con l'uomo nero, quando questo la fermò per un secondo. Aveva sentito qualcosa.

 

- Cosa c'è?

 

Niente, rispose lui. Poi però la bambina avvertì nella sua testa la rabbia della creatura.

Senza dire niente, lui le si intrufolò nella mente prendendo possesso della guida del suo corpo. Margaret si lasciò andare, quella sensazione le piaceva molto.

Ora che l'uomo nero le aveva invaso la testa, lei vedeva il mondo dai suoi occhi. I colori erano mischiati fra di loro, tutto era distorto.

Lui iniziò a guidarla, prima la fece alzare in piedi, poi passo dopo passo camminò verso la porta. Era stranissimo vedere il proprio corpo muoversi da solo. Tuttavia non era molto coordinato nei movimenti, l'uomo nero doveva ancora abituarsi all'altezza del nuovo corpo. Muoveva gli arti in modo meccanico e per poco non fece sbattere la bambina contro un muro.

 

- Che mi stai facendo? -chiese la bambina, più curiosa che preoccupata. Si fidava ciecamente del suo amico, sapeva che non le avrebbe mai fatto niente di male.

 

Lui le rispose che doveva controllare una cosa.

Camminarono per il corridoio in silenzio, poi il mostro ordinò al corpo di Margaret di aprire una porta lentamente, e questo lo fece senza obbiettare.

Margaret si rese conto solo ora che quella era la stanza di Alice.

La ragazza non si era accorta di niente, dava le spalle alla porta per tenere sotto sguardo la finestra. Stava al computer.

Nella sua testa, il mostro ringhiò, e tutto l'odio immaginabile di questo mondo le si riversò nella mente.

L'ordine arrivò immediato. Doveva ucciderla.

La bambina rimase sbigottita, mentre il suo corpo eseguiva l'ordine.

Quando si rese conto di quello che doveva fare, Margaret riprese coscienza e si bloccò di colpo. No, non l'avrebbe fatto. Con una forza immane costrinse i propri muscoli a fermarsi, a non ascoltare l'ordine.

Il corpo le obbedì. Sembrava che il mostro fosse scomparso dalla sua testa.

Chiuse la porta e fece per andarsene, ma il mostro le si rigirò contro. Margaret si sentì sbattere contro un muro, poi cadde per terra.

L'uomo nero era infuriato con lei, così tanto che la bambina si mise a piangere.

 

- Mi dispiace -un singhiozzo le sfuggì di bocca- non posso farlo! É mia sorella!

 

Ma lui non ne voleva sapere. Le spiegò che non potevano fare altrimenti, sennò li avrebbe costretti a separarsi. E lui sarebbe rimasto per sempre solo.

Ma la bambina continuava a supplicarlo.

Quindi si calmò, consapevole di quanto Margaret tenesse a sua sorella. Non sarebbe mai riuscito a convincerla. Non ora, almeno.

Di colpo le ordinò di dirigersi in cucina.

 

- Cosa vuoi fare?

 

L'uomo non le rispose.

 

 

 

Sarah si alzò dal letto. Era presto, ma non riusciva a dormire. Lentamente uscì dalla stanza, dirigendosi in cucina sbadigliando.

Ma quando entrò, rimase paralizzata.

Con gli occhi sgranati e la bocca aperta, guardò la parete davanti a lei.

L'uccellino ferito era stato appeso al muro con due chiodi. Era mezzo spennato e ricoperto di sangue, che lentamente scivolava fino a cadere a terra. Sulla parete, scritto col sangue, c'era una scritta

 

Be careful, or you could be next

 

Un urlo le uscì di bocca.

 

 

 

Alice si alzò di scatto, sentendo un grido provenire dalla cucina. Corse per il corridoio e entrata nella stanza vide Sarah davanti a quell'orribile spettacolo. Lesse la scritta

 

- Stai attenta, o tu potresti essere la prossima.

 

Un brivido le scese lungo la schiena.

Dietro di lei, entrarono i loro genitori.

A quella vista, la madre lanciò un urlo, e si posò alla parete rischiando di cadere. Il padre invece rimase immobile. Disse solo tre parole.

 

- C-chiamo l-la po-polizia...

 

Mentre frettolosamente componeva il numero, la madre sussurrò

 

- D-dov'è Margaret?

 

Alice non disse niente, sentì solo uno stretto allo stomaco. Corse più velocemente che poté verso camera di sua sorella.

 

 

 

Quando aveva sentito l'urlo, Margaret era già sveglia. Aveva visto Sarah uscire dalla stanza, e aveva già intuito che sarebbe stata lei la prima a vedere il disastro. Si alzò in fretta e prese i vestiti imbrattati di sangue. Dove li poteva nascondere?

Improvvisamente sentì dei passi frettolosi che si avvicinavano sempre di più, quindi non sapendo che fare mise tutto sotto il letto.

Alice entrò di colpo.

 

- Margaret! Grazie al cielo stai bene!

 

La ragazza l'abbracciò forte, con le lacrime agli occhi.

 

- Per un attimo ho temuto di perderti...

 

- Te lo avevo detto. L'uomo nero ti aveva avvisato...

 

- Non c'è più pericolo ormai, sta arrivando la polizia. Ce ne andremo da qui.

 

- Ma l'uomo nero... rimarrà da solo...

 

- Margaret, non lo capisci che è pericoloso! E poi non si chiama uomo nero! Il suo nome è Slenderman.

 

- Ma io e lui siamo amici... gli ho promesso che non l'avrei mai abbandonato come hanno fatto gli altri...

 

Alice la prese per le spalle, guardandola negli occhi.

 

- Lo Slenderman è pericoloso. Non ti permetterò più di avvicinartici.

 

La ragazza la prese in braccio e uscì dalla camera.

Nessuna delle due si era accorta che qualcosa le stesse spiando da dietro la finestra, una faccia pallida ma senza volto piena di odio e rancore.

 

 

 

Quando Alice entrò in cucina con Margaret in braccio, la madre stava seduta su una sedia, sventolandosi con un giornale per riprendere aria. Alla vista di Margaret, l'afferrò abbracciandola stretta e scoppiando a piangere.

Nel frattempo tre agenti della polizia entrarono in casa guidati dal padre.

Perlustrarono la stanza attentamente, sotto lo sguardo della famiglia. Poi uno di loro si rivolse ai genitori

 

- Dobbiamo analizzare l'intera casa, sono costretto a chiedervi di sgomberarla.

 

Il padre annuì.

 

 

 

Mentre la polizia chiedeva informazioni ai genitori riguardo agli ultimi giorni, Margaret si allontanò senza farsi notare, dirigendosi alla propria camera.

Arrivata, si sporse alla finestra sussurrando per non farsi sentire dagli altri.

 

- Mi dispiace, avevi ragione tu. Ci vogliono separare. Ma non glielo permetterò.

 

La bambina si infilò le scarpe frettolosamente. Quando si girò verso la finestra, con felicità vide la sesta pagina attaccata al vetro.

 

 

- Seguimi -lesse lei.

 

Senza aspettare un secondo, si arrampicò per la finestra calandosi da essa. Per sua fortuna non era molto alto, poichè la casa era di un solo piano, quindi non si fece niente quando atterrò sull'erba.

Finalmente lo avrebbe incontrato, finalmente avrebbero giocato assieme.

Con il sorriso stampato sulle labbra, corse verso la foresta.

  
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