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Autore: grenade_    06/09/2013    2 recensioni
Ero innamorato di lei. Abbracciarla, starle accanto, mi procurava sensazioni e brividi che non sarei mai riuscito ad esprimere ad alta voce. Ogni sua parola, ogni suo gesto, erano diventati una perenne ossessione.
Ma ero anche il suo migliore amico. L’unico con cui lei sentisse di confidarsi, su cui poneva fiducia anche ciecamente, e l’ultimo da cui si aspettasse delusioni.
E se avessi dovuto scegliere tra il suo amore e la sua amicizia, avrei scelto la seconda. Perché mentre la prima era qualcosa di incerto e tentennante, sapevo che la sua amicizia sarebbe durata per sempre.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sbuffai. Forse per la decima volta in 45 minuti.
Quando appena fuori dallo studio del dottor Wayne Madison mi aveva invitato a passare una “divertente serata al lunapark”, non avevo pensato che avrei passato il tempo a desiderare di scappare a casa a gambe levate praticamente ogni secondo, o placare istinti omicidi. Ma infondo, quando le avevo risposto con un “Ci vediamo tra qualche ora”, avevo dato per scontata l’assenza di Ethan. E mi ero sbagliato.
Ethan Kent era la persona più viscida e meschina che conoscessi. Un metro e settantotto di vanità e orgoglio, capelli castani e la sua immancabile giacca di pelle, non avevo ancora capito come passasse le sue giornate. Tutto ciò che sapevo era che aveva abbandonato l’università, per niente entusiasta di seguire le orme di suo padre, famoso azionista; come occupasse il tempo dopo allora, mi era totalmente ignoto. Ma non era certo una sorpresa non si ammazzasse di fatica per trovarsi un lavoro, visti gli assegni mensili di papà, direttamente da New York City.
I suoi erano divorziati, e mentre il padre Bill aveva deciso di concentrarsi esclusivamente sui suoi affari trasferendosi nella Grande Mela, sua madre era rimasta a Londra, nell’appartamento del suo amante, che era stato motivo della loro separazione. Dopo il divorzio Ethan era stato libero di prendere le sue scelte e aveva deciso di rimanere con la madre, mentre io passavo giorno dopo giorno a maledirlo per non aver scelto l’opzione alternativa.
Era il solito figlio di papà con la puzza sotto il naso che si da delle arie vantandosi di vittorie altrui, il genere di presuntuoso arrogante che avrei indubbiamente evitato, se fossimo stati al liceo. Era vanitoso, superbo, arrogante, falso e egocentrico, ed era il ragazzo di Madison da due anni.
Erano stati due anni di continui tira e molla, parecchi sbagli e addii, ma se a distanza di tutto quel tempo stavano ancora insieme, cominciavo a credere che le mie speranze di vedere lui fuori dalla sua vita cominciassero a mostrarsi vane.
E terribilmente egoiste.
Morivo dalla voglia che Maddie un giorno aprisse gli occhi e scoprisse quale genere spregevole di persona le stesse accanto, ma sapevo anche quanto lei tenesse a lui: nelle mie peggiori serate stava a raccontarmi di lui al telefono, come una ragazzina alle prese con la prima cotta. Forse e nella peggiore delle ipotesi, ne era persino innamorata.
Cosa facevo io? Restavo ancorato alla cornetta ad ascoltarla e dare cenni di assenso ogni tanto, trattenendo l’istinto di urlarle quando mi facesse male, sentirla parlare di lui.
Non mi reputavo il ragazzo perfetto, ma ero sicuro che io sarei stato molto più adatto a lei, e avrei saputo amarla in un modo migliore. O amarla davvero, perché non ero affatto certo che Ethan sarebbe mai stato il principe azzurro che lei tanto sognava. Forse un cavaliere oscuro, ammaliante ma pericoloso. E se le fiabe non mi ingannano, i cavalieri oscuri finiscono per mandare le principesse all’oblio, un giorno o l’altro. E il solo pensiero che un giorno Madison potesse sentirsi stretta e vincolata come una di loro, mi faceva ribollire il sangue nelle vene.
Il mio titolo di migliore amico mi impediva in parte di immischiarmi nei loro affari. Tutto quello che potevo fare io, in nome della carica che ricoprivo, era supportarla e occasionalmente consolarla, e fingere. Non potevo permettermi di esternare i miei sentimenti, non con lei almeno, o tutto quello che condividevamo sarebbe presto svanito in fumo. Ed io non volevo che lei scomparisse, per nessun motivo al mondo. Era la persona a cui ero più affezionato, l’unica su cui ero certo di poter sempre contare, e ammettere i miei sentimenti per lei sarebbe significato perderla. Lei non mi ricambiava, di questo ne ero certo, e non avrei permesso che il mio stupido cuore malandato la costringesse ad allontanarmi, troppo a disagio e in imbarazzo per affrontare e gestire una situazione così complicata.
Ero innamorato di lei. Abbracciarla, starle accanto, mi procurava sensazioni e brividi che non sarei mai riuscito ad esprimere ad alta voce. Ogni sua parola, ogni suo gesto, erano diventati una perenne ossessione.
Ma ero anche il suo migliore amico. L’unico con cui lei sentisse di confidarsi, su cui poneva fiducia anche ciecamente, e l’ultimo da cui si aspettasse delusioni.
E se avessi dovuto scegliere tra il suo amore e la sua amicizia, avrei scelto la seconda. Perché mentre la prima era qualcosa di incerto e tentennante, sapevo che la sua amicizia sarebbe durata per sempre.
E per sempre avrei mantenuto i miei sentimenti nascosti, solo per paura di non rivedere il suo dolce sorriso.
E avrei sopportato il braccio di lui attorno alle spalle candide di lei, e le loro labbra congiungersi di tanto in tanto. Mi sarei limitato a stringere i pugni e lanciare sconvenienti occhiatacce equivoche, proprio come facevo in quel momento.
«Calmati tigre, o finiranno per rinchiuderti in uno zoo.»
Mi voltai furioso verso Cory, intento a consumare il suo zucchero filato. Era stata una fortuna che fosse venuto anche lui, altrimenti ero certo sarei impazzito. D’altronde quella era la terza volta, che mi riprendeva.
«Non capisco perché debba sempre essere tra i piedi.» borbottai, andando a rubare un pezzo dello zucchero filato di Cory, che mi lanciò un’occhiataccia. Diedi un morso, senza staccare gli occhi dalla felice coppietta davanti a noi.
«E’ il suo ragazzo...» Cory rispose «Sarebbe strano se non ci fosse.»
«Questo non implica che ci sia in ogni occasione, non le lascia neanche un minimo di spazio! E’ sempre tra i piedi, sempre.» replicai rude, e anche un po’ acido.
Cory si limitò a fare spallucce e roteare gli occhi, consapevole che non ci sarebbe stato verso di calmarmi, quella sera. Riprese la parola dopo un po’, mentre giocherellava con il bastoncino di zucchero filato finito.
«La verità è che sei geloso marcio, amico mio. E che non puoi incolpare nessun altro per questo se non te stesso, perché è da quasi 4 fottuti anni che sei innamorato di lei e ancora ti comporti come il suo amichetto del cuore. Se davvero ti sta a cuore confessale quello che provi, ed evita di stare qua a lamentarti come un bambino.»
Sbuffai.
Aveva ragione, dovevo dirglielo. Ma chi mi dava la garanzia che non sarebbe cambiato nulla fra di noi, una volta che mi sarei esposto in quel modo? Non potevo permettermi di perderla, era la persona più importante per me.
«Non posso dirle quello che provo, Cory. Cambierebbe tutto.» dissi in tono sommesso, debole. Quasi avessi appena ingoiato una pillola amara, l’ennesima della giornata.
«Beh ci sono due opzioni, a questo proposito. La prima è che lei ti salti addosso confessandoti di amarti da una vita e di stare aspettando soltanto te, la seconda è che si allontani con uno di quei discorsi tipo “io non ti amo, non posso starti accanto sapendo quello che provi per me, rischierei di ferirti e blablabla”. Ma il punto è che non puoi sapere quale potrebbe essere la sua reazione. E finché ti limiti a borbottare da lontano, non la scoprirai mai. Ti vuole già bene, potrebbe anche essere così mediocre da amarti.»
Non avevo mai preso in considerazione l’ipotesi che lei potesse ricambiare i miei sentimenti. Sapevo bene quanto mi volesse bene e tenesse a me, ma non avevo mai pensato che lei avrebbe potuto considerarci qualcosa di più di due migliori amici, come io spesso avevo fatto. Non pensavo nemmeno l’idea la sfiorasse, così impegnata a gestire mille relazioni al giorno e prendere tutto per scontato, attenta a far rientrare ogni cosa nel suo perimetro perfetto, composto da: danza, migliore amico, fidanzato, e ancora danza.
Non pensavo che lei non mi ritenesse speciale, semplicemente il suo attaccamento a me era quasi come quello di un figlio verso i suoi genitori: non gli si dimostra tutti i giorni quanto gli si voglia bene, ma si sa che senza di loro ci si sentirebbe persi. Ero il suo migliore amico e le volevo bene, questo bastava per tranquillizzarla, senza il bisogno impellente di continue dimostrazioni d’affetto.
«Non posso dirglielo.» enunciai quindi, più verso me stesso che verso Cory, «Non capirebbe.»
Cory sospirò, stanco forse di stare a sentire la stessa identica cosa per fin troppo tempo. «E allora faresti meglio a non brontolare di continuo, sembra quasi tu stia prendendo inutili capricci.»
«Il mio non è un capriccio.» replicai, leggermente offeso da quell’insinuazione «Il tuo zucchero filato, è stato un capriccio. Il fatto che tu sia qui con noi, è stato un capriccio. I tuoi dannati biscotti di mandorle, sono un capriccio. La mia gelosia non è un capriccio.»
«E allora buttati!» sbottò «Deciditi una volta per tutte, va’ da lei, e dille “Sono profondamente innamorato di te”!»
«Chi è innamorato di chi?» Madison sbucò da dietro la mia spalla, andando a depositare un piccolo bacio sulla mia guancia. Rivolse poi uno sguardo curioso a Cory, che boccheggiava in cerca di una scusa plausibile.
«Io!» esclamò infine, «Sono profondamente innamorato di questo zucchero filato, sul serio, è ottimo! Vado a prenderne un altro bastoncino, eh. Voi divertitevi!» e senza lasciare che riaprissimo bocca scappò via, alla ricerca dell’uomo baffuto con cui aveva contrattato prima.
«Cory diventa sempre più strano.» decretò Maddie, con uno sguardo stranulato.
Non potei fare a meno di annuire, sebbene gli fossi davvero grato. Per un attimo avevo pensato che avrebbe potuto capire di cosa stessimo parlando, o peggio avesse origliato l’intera conversazione dall’inizio, ma Cory aveva messo fine al mio sudare freddo ricorrendo ancora una volta ad una delle sue idiozie. Una dote dovevo riconoscergliela: era il maestro delle scuse.
«Comunque sono venuta a proporti qualcosa.» riprese, con sguardo complice.
«Ovvero?»
Stette in silenzio per qualche secondo, come a volermi tenere sulle spine, infine sorrise «Andiamo sulla ruota panoramica?»
Sorrisi, se non altro per il tono tenero che aveva utilizzato e l’espressione supplichevole che aveva messo addosso, con tanto di musetto ammaliatore.
Fui sul punto di accettare la sua proposta, fin quando non mi resi conto di chi mancava, lì accanto a lei. «Dov’è il tuo ragazzo?» domandai allora, cercando di tenere a bada il tono sprezzante nella mia voce.
Maddie storse le labbra in una smorfia, improvvisamente dispiaciuta. «E’ dovuto andar via giusto poco fa, dice che ha avuto un’emergenza...» spiegò, nonostante non fosse poi così convinta.
Un altro elemento ignoto riguardo Ethan, era il suo improvviso scomparire. Riusciva a scappar via ad ogni uscita di gruppo, quasi fosse un impiegato d’affari ultramiliardario o semplicemente non gli piacesse la nostra compagnia. Non rimaneva mai più del dovuto, sembrava sempre avere qualcosa di più importante da fare.
«E ruota panoramica sia!» esultai con lei, spuntandole un sorriso.
Mi prese per mano e mi trascinò dritto fino alla giostra, entusiasta come una bambina. Prese i biglietti per entrambi senza darmi il tempo di pagare per il mio e mi tirò via ancora una volta. Prese posto sulla piccola panchina e mi costrinse a fare lo stesso, stabilendosi presto tra le mie braccia.
La ruota panoramica era la sua giostra preferita. Sin da piccola l’aveva amata, quando all’età di 9 anni i nostri genitori vi ci avevano portati per la prima volta. Aveva passato l’intero giro attaccata alla finestra in vetro, a guardare incantata il paesaggio sotto di noi, le piccole luci che si confondevano.
“Sembrano tante piccole formiche...” aveva commentato una piccola Madison con le trecce, addossata alla parete di vetro quasi vi fosse attaccata con la colla. “Guarda Niall!” mi aveva tirato poi “Non ti sembra di essere il più alto del mondo?”; avevo annuito, il mio sorriso connesso al suo, le nostre mani giunte e i nostri sguardi incantati.
«Guarda Niall!» mi riportò alla realtà, ora che la cabina era bloccata in alto e si era liberata del mio abbraccio, «Quello non è Cory?» fece, ridacchiando.
Portai il mio sguardo oltre il vetro e constatai che sì, era proprio lui. Cory si guardava in giro spaesato, con il suo secondo bastoncino di zucchero filato tra le mani, a chiedersi probabilmente dove ci fossimo cacciati.
«Sembra Biancaneve quando si perde nel bosco, non sa dove andare» rise.
La mia risata si aggregò alla sua, melodiose.
«Vorrei poter vivere qui in alto per sempre» mormorò contro il vetro, passandosi il mio braccio sulle spalle come d’abitudine. Posò la testa sulla mia spalla.
«Non sarebbe scomodo?» obiettai, «Nessun contatto con la terra ferma... Non avresti i tuoi deliziosi cornflakes alle fragole.»
Ridacchiò e si ritrovò ad annuire, d’accordo, mentre io la stringevo più a me, in un gesto del tutto automatico.
«Non ho bisogno di niente, se ci sei tu con me.»
Mi voltai a osservarla, immobile. Il suo sguardo era fisso oltre il vetro, le piccole luci si rispecchiavano nei suoi occhi nocciola. Il berretto le premeva sulla testa facendola sembrare molto più piccola e le ciocche di capelli libere svolazzavano dietro di lei. Era splendida.
Si strinse più alla mia vita, probabilmente intorpidita dal freddo.
Non potei che sorridere, intenerito da quel suo accenno di dolcezza. Posai le mie labbra sulla sua fronte per un attimo e la abbracciai più forte, per trasmetterle il mio calore.
«Ti voglio bene, Maddie.» mormorai infine, trovando il “ti amo” che avrei voluto dirle fin troppo inappropriato.

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Soooooooooooono tornata :3
In questo capitolo emerge un po' la figura di Ethan, anche se si capirà meglio nei prossimi. 
E la gelosia di Horan ahah ma l'ultima parte è dolcissima, vero? 
A presto, come sempre :3



 
  
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