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Autore: agfdetre    07/09/2013    1 recensioni
Equestria. Il mondo è sull'orlo dell'autodistruzione: dilagano guerre civili, ribellioni e contrabbando, il tutto governato e scatenato da una sanguinaria dittatura. Apple Bloom, vissuta per diciassette anni nella più completa solitudine nella EverFree Forest dopo essere fuggita a causa di un misterioso incendio che ha distrutto Ponyville, dovrà tornare e affrontare il mondo corrotto e distrutto che si cela dietro la fitta coltre di alberi della foresta. Accompagnata da vecchi e nuovi compagni, attraverserà queste terre desolate e scoprirà il segreto che gli Apple celano da più di cento anni.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Apple Bloom, Nuovo personaggio, Spike, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Apple’s Creed
Capitolo 7
Spike bussò al grosso portone di ferro che dava sulle fogne: quando si aprì mi investì il forte odore di inchiostro ed il ritmico rumore di macchine in sottofondo. La sala era piena di scrivanie, dietro le quali lavoravano svariate decine di pony. I muri erano tappezzati di cornici con all’interno articoli ritagliati da giornali: ne riconobbi persino alcuni che parlavano dell’incendio di Ponyville. In fondo si trovava un’ennesima porta, questa volta in rovere. Sul muro sulla destra era presente una grossa insegna fatta con delle lettere in metallo: “Foal Free Press”.
Attraversammo lentamente l’immenso studio, senza che nessuno dei tanti pony ci degnasse di uno sguardo, troppo impegnati a parlare tra loro e ticchettare sui luminescenti terminali. Notai come ognuna di quelle macchine avesse inciso un marchio della “N-P” sul fianco: le due lettere erano state incise con un carattere decisamente artistico, che dava l’idea di una firma veloce. Alcuni terminali avevano delle parti mancanti o delle grosse ammaccature, che mettevano in leggera difficoltà gli sventurati a cui capitavano.
Improvvisamente una porta in cima ad una rampa di scale posta dietro di noi si aprì ed una folla di giornalisti scese immediatamente nella sala: subito cominciarono a smistarsi tra le scrivanie, collegando macchine fotografiche ipertecnologiche e altri affari, simili a quello che aveva utilizzato Snails alla capanna di Zecora, ai terminali. Il trambusto creatosi ci invitò a muoverci velocemente, fino a raggiungere la porta in rovere. Spike bussò un paio di volte.
“Un secondo!”
Una voce matura e ben impostata rispose da dietro la porta. Nel mentre mi voltai ad osservare nuovamente l’immenso studio colmo di pony, fino a giungere con lo sguardo alla porta blindata d’acciaio che ci aveva fatto accedere alla struttura, la quale si era misteriosamente chiusa da sola. Non osai parlare, catturata dall’osservare i nervosi movimenti di quella densa folla, che nonostante il baccano, riusciva comunque ad essere perfettamente organizzata. Fu allora che notai che ogni terminale era collegato da un cavo abbastanza massiccio, ad un preciso punto della stanza nel quale si ammassavano tutti, dando vita ad un cavo gigantesco, di almeno due metri di diametro. Esso si dirigeva verso l’alto e poi all’interno della parete.
Finalmente la serratura della porta scattò alle mie spalle: mi girai e seguii il drago viola all’interno. Ci ritrovammo in un elegante ufficio, decisamente più accogliente di quello della contrabbandiera: sia il pavimento che il tetto erano in legno, mentre il muro era insolitamente costituito da uno strato di eleganti mattoni: ovviamente era privo di finestre. Dall’altra parte della stanza vi era un’elegante scrivania, anch’essa in elegante legno, su cui era presente, oltre a varie scartoffie, un terminale dal design decisamente migliore rispetto a quello degli altri pony: anch’esso aveva il marchio della N-P sul fianco del cassone. Seduto dietro la scrivania, vi era uno stallone abbastanza in carne, con una criniera arancione ed il manto azzurro; il suo cutie mark erano un paio di forbici. Aveva dei fogli tra le zampe, e cominciò a parlare continuando ad osservarli.
“Spike! Che piacere! Era molto che non ci ved…”
Alzò gli occhi, restando paralizzato con lo sguardo fisso su di me: i fogli caddero in parte sulla scrivania e in parte a terra, scivolando dalle sue zampe, che erano rimaste perfettamente immobili. Si rimise a sedere molto lentamente, non distogliendo mai lo sguardo da me: inutile dire che quella situazione mi mise parecchio in imbarazzo, e per poco non arrossii. Spike se ne stava di lato con le braccia conserte.
“E’…è…l-lei?”
Balbettò nervosamente, senza smettere di fissarmi. Spike annuì con la testa.
“Incredibile vero? Era scomparsa da parecchi anni…”
“APPLE BLOOM!”
Il misterioso unicorno mi si gettò addosso, abbracciandomi. Rimasi paralizzata, senza sapere cosa fare, mentre l’altro rideva e piangeva allo stesso tempo. Spike non si scompose per nulla, e si limitò ad esternare un sorriso fraterno. L’altro si staccò dopo un paio di minuti, mentre io dovevo ancora capire chi fosse.
“Sono così felice di rivederti! E’ passato tanto di quel tempo…credevo fossi morta!”
Mi fissò negli occhi: quello sguardo mi ricordò qualcosa, ma non riuscii ad identificarlo bene. La mia memoria era ancora misteriosamente bloccata. L’unicorno azzurro rimase una decina di secondi con un sorriso stampato sulle labbra in attesa di una mia reazione, che non arrivò. Si ricompose velocemente, guardandomi con fare serio.
“Non…non ti ricordi di me?”
Rimasi a fissarlo, cercando di ricordare.
“Apple Bloom…sono Snails, il tuo compagno di classe! Non ricordi nulla?”
Cercai di farfugliare qualcosa, ma non mi uscirono che dei balbetti.
“Celestia santissima…”
Borbottò l’unicorno, avvilito.
“Che fine hai fatto per tutto questo tempo?”
Sospirai sedendomi su una delle due poltrone poste difronte alla scrivania.
“Dopo l’incendio sono…sono fuggita nella foresta, ed ho vissuto lì…beh, praticamente fino a ieri”
Lo fissai dritto negli occhi.
“Molte cose di…prima…non le ricordo. Non so perché ma…sono come bloccata”
Rimase anche lui a guardarmi, per poi abbassare lo sguardo.
“Beh…in ogni caso…sono felice di rivederti e di sapere che stai bene”
Sospirò, guardando questa volta Spike.
“Ci serve spleef”
“No”
Rispose secco Snips: era incredibile come avesse cambiato atteggiamento in pochi secondi; la nuova vita lo aveva…plasmato. Come ogni altro pony…ovviamente.
“Non sarete anche voi fatti di quella merda?”
“Assolutamente no!”
Urlai io immediatamente, come offesa da quell’affermazione.
“Ci serve, e basta”
Precisò Spike, molto fermo e sicuro di se. Non capivo bene il perché non volesse confidare nulla nemmeno a Snips. L’altro scosse la testa in segno di disapprovazione.
“Ci serve per pagare un pegaso”
Snips si girò verso di me incuriosito; dallo sguardo che mi fece Spike…beh penso che mi avrebbe volentieri sparato in testa.
“Dobbiamo ottenere delle informazioni su mio fratello”
L’unicorno azzurrino rimase a fissarmi pensoso per qualche minuto, finchè non cedette sospirando.
“In effetti ho in mente qualcosa che potreste fare…”
Tornò alla scrivania e picchettò qualcosa sul suo terminale: dalla parete posteriore uscì uno schermo che visualizzava una mappa della struttura fognaria di Ponyville.
“Di recente abbiamo avuto segnalazioni da vari cittadini riguardo a misteriose apparizioni di teste di metallo, nonostante la chiusura della zona sud-ovest”
La mappa si ingrandì su un particolare punto, che si colorò di rosso. Snips si girò verso di essa.
“Analizzate le segnalazioni, i nostri tecnici hanno formulato un’accreditata ipotesi, secondo la quale ci sarebbe un nido di quegli esseri schifosi in questa giunzione, in fondo al canale 135”
Si sedette sulla poltrona da ufficio, facendo volteggiare una matita con la levitazione.
“Il vostro compito e andare la e scattare delle foto per accertarvi della presenza o meno delle teste di metallo”
“Non mi pare sia così difficile”
Snips sbuffò.
“In teoria non lo è…”
Pigiò dei tasti sulla tastiera, senza smettere di fissarci.
“…ma lo diventa se si prende in considerazione ciò che c’è prima”
La mappa si rimpicciolì un po’, mostrando delle bande rosse lampeggianti su ogni canale che raggiungeva il punto visto prima.
“Le FAL hanno messo delle postazioni di sorveglianza in ognuno di questi canali. Le telecamere di sorveglianza coprono ogni singolo punto”
Premette un tasto e lo schermo rientrò nel muro.
“In parole povere, dovremo menar gli zoccoli?”
Snips accennò un sorriso.
“Mi fa piacere che tu abbia subito capito come funziona il mondo oggi Apple Bloom”
Spike ridacchiò. Quell’affermazione mi lasciò alquanto interdetta, ma non ebbi il tempo di pensarci, che subito Snips premette un pulsante su un altro apparecchio, che cominciò ad emettere dei bib, fino a quando non giunse la voce di un altro pony.
“Stanno arrivando un drago viola ed una pony, vedi di armarli per bene”
L’altro rispose affermativamente e Snips tornò a sedersi sulla poltrona.
“Non posso accompagnarvi, ho delle faccende molto urgenti da sbrigare”
Premette un tasto e si aprì la porta alle nostre spalle.
“Vi basterà scendere le scale là in fondo”
Annuii. Snips si avvicinò a me.
“Spero ritornerai presto, Apple Bloom”
“Eh, si…certo”
Spike sbuffò infastidito, facendo riprendere Snips.
“Già! Non c’è tempo da perdere!”
Ci invitò ad uscire.
“Prima tornerete, prima avrete lo spleef”
Mentre varcavamo la soglia, un giornalista corse a razzo all’interno dell’ufficio.
“Capo! Ho una notizia sensazionale! Ieri l’intera base delle FAL è stata messa in subbuglio un’altra volta dai pegasi, ma con l’aiuto di un drago viola e di un pony paglierino!”
Non lo vidi, ma posso immaginarmi la faccia di Snips.
“Ma che ca…”
Non potetti sentirlo, dato che la porta si richiuse da sola. Risi sotto i baffi.
L’armeria del Foal Free Press era un luogo buio e umido, situato al di sotto della redazione. Al suo interno l’unica fonte di luce era la saldatrice utilizzata da un unicorno, il cui colore del manto ora mi sfugge, a causa del continuo buio e dei lampi di scintille. Parlò pochissimo; quel tanto che bastò a farci avere il nostro equipaggiamento: una semplice pistola semi automatica con qualche caricatore. Non che vedessi enormi mitragliatori appesi ai muri, ma mi stupii di un armamento così scarno. L’altro ci liquidò molto velocemente, consegnandoci una mappa dei canali fognari e sbattendoci il grosso portone di ferro in faccia.
Percorremmo quei bui canali per qualche ora, parlando poco o nulla: intrattenere un dialogo con Spike si stava rivelando molto difficile; tagliava subito le conversazioni con risposte sillabiche e spesso fingeva di non sentire ciò che dicevo. Quel povero draghetto era cambiato, tanto, troppo.
Continuammo a muoverci sotto la città seguendo la mappa fornitaci, fino al raggiungimento di un incrocio, dove Spike mi fece cenno di acquattarmi e star zitta. Si sporse per qualche secondo con la testa, scrutando nell’apparente oscurità. Si voltò subito dopo facendomi cenno con la mano violacea di avvicinarmi. Dopo essermi sporta vidi chiaramente che in fondo al lungo canale buio vi era una forte luce biancastra che impediva di scorgere ciò che vi era in fondo. Tornammo indietro di una ventina di metri, prima che Spike incominciasse a parlottare, mentre fissava l’angolo.
“Seguimi”
Mi passò una delle due pistole che fino a quel momento aveva tenuto lui, per poi fare cenno di tacere e seguirlo. Mi resi conto del perché avesse ripetutamente fatto cenno di stare zitta quando cominciò ad immergersi nel canale fognario, il cui odore continuava, anche se meno intensamente, a provocarmi dei leggeri conati di vomito.  Malgrado i miei tentativi di dissenso, fui costretta ad immergermi in quell’orrore fatte liquido. Cominciammo così a camminare verso la fonte di luce in fondo al canale, quasi totalmente immersi in quella melma orripilante. Giurai di fargliela pagare una volta usciti da lì.
Dopo circa cinque minuti potei vedere chiaramente che il canale era sbarrato da una parete di lamiere, alla sommità della quale si era ricavata una finestrella. Non riuscivo a vedere all’interno di essa, dato che la zona era inondata di una fortissima luce da due potenti riflettori posti ai lati della parete. Spike si fermò ancora nell’oscurità, a pochi metri dal raggio massimo dei riflettori. Mi fece cenno di immergermi, e così feci. Continuammo a camminare, molto lentamente, acquattati sul fondale ricoperto di muschio del canale fognario; man mano che ci avvicinavamo riducevamo sempre più la nostra velocità, fino a giungere ai piedi della parete. Fuoriuscimmo silenziosamente, con la schiena appoggiata alle lamiere arrugginite, cercando di non far emettere il più minimo scricchiolio. Le nostre ombre erano relativamente piccole, e si sperava, difficili da notare se qualcuno si fosse improvvisamente affacciato. In effetti…ora che ci pensavo, non si era udito alcun rumore dall’altro lato della barriera, ma pensai ad una qualche tecnica militare. Dopo circa un minuto di totale silenzio, decidemmo di sbirciare dalla finestrella, tenendo ben salda la pistola nella bocca. Mi sporsi lentamente, fino a che ciò che c’era al di là della barriera non si mise a fuoco davanti ai miei occhi: sobbalzai per un misto di sorpresa ed estremo disgusto, facendomi cadere nell’acqua putrida della fogna, mentre Spike, spaventato dalla mia reazione, aveva estratto la sua arma preparandosi al peggio. Finii per vomitare nella fogna dopo ciò che avevo visto, spiazzando Spike che corse a controllare a sua volta arrampicandosi. Anche lui non rimase per molto a guardare quello scempio, ma non cedette alla nausea tornando a terra borbottando robe incomprensibili. Mi feci coraggio rimanendo in apnea e scavalcai la finestrella entrando in quell’inferno: pareti, tetto e pavimento erano completamente coperti di sangue e pezzi di carne, mentre a terra giacevano i corpi di svariati soldati, tutti rigorosamente squartati fino alle ossa. Nel tappeto di sangue figuravano delle impronte di pavimento pulito che davano delle forme di zampe grosse e lunghe, apparentemente con poderosi artigli.
“Mia Celestia…”
Borbottò Spike sempre più stupito. Le pareti erano piene di poderosi graffi profondi anche qualche centimetro. Fu allora che cominciai a pensare che forse ci eravamo andati a infilare in qualcosa leggermente più difficile di quello che pensavamo.
“Spike…”
L’altro mi bloccò immediatamente, già sapendo ciò che avevo intenzione di dire.
“Ehi! Lo vuoi ritrovare tuo fratello o no?”
Quella domanda, seppur concisa e priva di chissà quale significato, mi riportò a ragionare. Spike fece un grosso sospiro chinandosi su uno di quei corpi devastati.
“E comunque il sangue è molto secco. Sarà successo minimo sei ore fa”
Si rialzò.
“Ormai potrebbero essere ovunque”
Mi girai, osservando il fortino in lamiera. Sulla parete opposta a quella dove ci trovavamo era stata posta una grossa console con svariati schermi sopra di essa. Capii che si trattava del controllo delle telecamere. Oltre ad avere la console distrutta, l’apparecchio riportava tutti gli schermi delle accozzaglie informi di punti e linee grigiastri che si muovevano in continuazione e producevano un brontolio soffuso parecchio fastidioso.
“Ma non è possibile”
Mi girai per vedere nuovamente Spike chino sui cadaveri.
“Manca il tecnico addetto alle telecamere: questi sono solo tre”
Subito dopo udii una specie di bip e il brusio si interruppe per lasciare il posto ad un violento ruggito che, seppur di basso volume, mi fece sobbalzare. Mi girai per vedere che uno degli schermi si era riattivato, e in esso una lunga coda artigliata strisciava sul pavimento del canale. Spike si avvicinò ad una leva e tentò lentamente di muovere la telecamera, ma il rumore del movimento non fu abbastanza silenzioso da non allertare il mostro: i suoni gutturali divennero sempre più forti, finché con un ultimo botto lo schermo esplose nuovamente in un ammasso di punti e linee. Rimanemmo impietriti a fissare gli schermi mentre questi continuavano a mostrare quell’impasto grigiastro. Dopo aver deglutito rumorosamente, Spike cominciò ad ispezionare gli armadietti adiacenti alla console.
“Le telecamere di una di queste stazioni non hanno un raggio molto ampio”
Mi girai, osservando uno per uno i corpi smembrati dei poveri soldati: effettivamente mancava uno i cui vestiti dessero l’aspetto di un tecnico in grado di gestire le telecamere. Tuttavia notai una lunga striscia di sangue che partiva dalla chiazza centrale e si dirigeva fuori dal capanno, ma dal lato opposto da cui eravamo entrati. La indicai con la zampa a Spike, che cominciava a mostrare i primi segni di instabilità.
“Beh, siamo nella merda”
Disse battendosi i palmi delle mani.
“A questo punto tanto vale proseguire “
Accennò una risata mentre prendeva un mitragliatore dall’armadietto. Me ne passò un altro uguale, preso da un altro armadietto. Gli feci notare che, non avendo la magia, ero impossibilitata ad utilizzarlo, ma mi disse comunque di tenerlo, per sicurezza.
Ci avventurammo nel canale dietro il fatiscente posto di blocco, cercando di seguire quella traccia di sangue. Dietro la barricata i segni del passaggio di quei mostri erano ben chiari, ma non mi spiegavo come mai non lo fossero dall’altro lato, nonostante avessero superato la barricata senza nessun problema. Ben presto ci rendemmo conto che la traccia di sangue lasciata dal tecnico seguiva la stessa direzione per il nostro obiettivo.
“Ci sono dei segni di lotta qui. Guarda i proiettili nel muro”
 Spike mi indicò svariati fori di proiettile nella parete fognaria.
“Quindi le FAL sapevano che c’erano teste di metallo qua dentro”
“Ma se ne sono accorti troppo tardi”
Lanciai uno sguardo indagatore a Spike che continuò a camminare rasente il muro, controllando la mappa.
“Pensaci un attimo…”
Si girò a fissare il muro.
“Non ti sembra assurdo che le FAL, sapendo di aver a che fare con quegli affari, abbiano innalzato difese così scarne?”
Diede due colpi con le nocche sui mattoni, che risuonarono echeggiando: dietro c’era qualcosa.
“Loro non erano qui per tenere dentro le teste di metallo”
 Si chinò per terra raccogliendo un pezzo di mattone scheggiato.
“Erano qui per tenere fuori i pony”
Detto ciò comincio a martellare pesantemente contro la parete di mattoni, che pian piano cominciò a cedere. Dopo circa un minuto un pezzo di muro cedette completamente, invadendo l’aria di una fittissima nube di polvere. Tossii più volte prima che la nube si diradasse e potessi vedere ciò che i mattoni nascondevano: un corridoio con pareti e tetto in acciaio, alla fine del quale si trovava una porta sfondata. Spike si asciugò la fronte soddisfatto, mentre io ero ancora sbalordita.
“Siamo esattamente nel punto contrassegnato dalla mappa”
“Ma…come hai…”
“Ho fatto una prova”
Rispose Spike secco.
“Ed ha funzionato”
 
  
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