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Autore: Angelic_Girl    07/09/2013    2 recensioni
Questa ff è il seguito inventato da moi dell'ultimo libro, Città delle anime perdute. Riguarda i malec e... niente , spero vi piaccia! :)
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane, Presidente Miao
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Magnus era steso sul letto fissando il soffitto. Aveva spento il cellulare e l'aveva chiuso in un cassetto, per evitare di ricevere ancora chiamate da Alec. Non poteva credere di averlo ferito tanto, di averlo fatto arrivare fino a questo punto. Era una persona orribile pensò. Si accorse di avere le guance bagnate e le sfregò furiosamente con il palmo della mano, poi con un sospiro fece ricadere la mano sulla coperta. Dopo qualche minuto sentì il campanello della porta. Un grande sorriso gli comparve sul viso, gli si accese dentro una piccola lucina. La speranza che Alec fosse tornato da lui.
Si alzò in fretta e pieno di euforia, per poco non si aggrovigliò tra le coperte e cadde a terra. Corse alla porta pensando a tutto quello che avrebbe detto ad Alec, oppure prese in considerazione l'idea di risparmiare le parole e di baciarlo fino allo sfinimento. In questo modo si sarebbe spiegato meglio, pensò. Aprì la porta e il sorriso gli scivolò via dalle labbra, insieme a tutti quei pensieri di poco prima.
«Cosa ci fai qui?» disse fingendosi seccato ma con una punta di vera delusione nella voce.
Jace guardò i suoi occhi da gatto, poi fissò il pavimento «Magnus, devo parlarti.»
«Mi sembrava di aver detto che non voglio più avere a che fare con voi.» disse freddamente, mentre una fitta gli colpiva il cuore per ricordargli che stava sprecando forse l'ultima occasione di rivedere Alec.
«Tu non ti rendi conto di quello che hai fatto.» disse Jace che si avviò dentro ignorando Magnus. Lui lo guardò sbalordito mentre si sedeva sul divano. Lo stregone chiuse la porta e lo raggiunse, poggiandosi sul tavolino di fronte all'altro, gli occhi verdi ridotti a fessure.
«Ti introduci in casa mia senza permesso e ti metti ad urlare. Non dovrei cacciarti fuori a pedate?»
Jace spalancò gli occhi «E tu allora, che stai uccidendo mio fratello? Cosa dovrei farti?»
Magnus deglutì e distolse lo sguardo, non riuscendo a guardare Jace dritto negli occhi.
«Sta morendo di dolore, credimi.» continuò il ragazzo «Sono tre giorni che non esce dalla sua camera. Tre giorni che non mangia, non fa entrare nessuno.»
Magnus avrebbe voluto cucirgli la bocca per non sentire quello che aveva causato lui stesso.
«Oggi sono riuscito ad entrare. Magnus, sembra un... uno zombie. Sta impazzendo. Non reagisce, tiene gli occhi spalancati ma sembra che non ci veda. Era seduto per terra, immobile, davanti alla porta per bloccarla. Ti rendi conto di cos'hai fatto?»
L'altro stava in silenzio. Non riusciva ad immaginare un Alec in quello stato.
«Stai zitto. Basta.» supplicò in un sussurro, mentre si copriva il viso con le mani.
«Mi ha detto che non riesce a vivere così» aggiunse imperterrito Jace «Quando mi ha chiesto se avrei fatto in modo che tornassi e io ho detto di si, era tornato in sé per un attimo. Avrei giurato che quasi stesse sorridendo.»
«Smettila. Non voglio sentire queste stupidaggini.» disse Magnus alzando la voce.
«No, Magnus. Tu non vuoi sentire la verità.» lo aggredì Jace alzandosi di scatto. L'altro non si mosse, un labbro stretto tra i denti.
«Lui ti ama. Ti ama più di quanto ami Isabelle e Maryse e Robert messi insieme. Più di quanto amasse Max.» Magnus si nascondeva ancora tra le dita.
Jace tirò fuori delle verità che sicuramente l'avrebbero smosso «Ti ama più di quanto aveva amato me, una volta. Di più, Magnus. Lui sta morendo per te.»
A quel punto le mani dello stregone lasciarono scoperto il viso rigato dalle lacrime. Gli occhi erano aperti al massimo, puntati su Jace.
«Anche io.» sussurrò «Non ho mai provato niente del genere in ottocento anni. E' come se mi mancasse un pezzo del cuore quando non sono con lui, come se mi avessero tagliato le dita lasciando le mani. Non riesco a fare niente senza di lui. E' stranissimo, ma non posso farci niente. Viene da qui.» si batté sul petto, dov'era il cuore. «Credi che io stia bene? Be', non è così. Io lo amo come non ho mai amato nessuno, non sopporto l'idea di stargli lontano. Ma non posso tornare, Jace.» disse «Non posso.»
«Ma perché?» esplose Jace, incapace di capire perché la facesse così difficile.
«Lui vuole sapere il mio passato. Ma non posso. Mi ero ripromesso di non riesumare certe cose.»
«Ah è per questo? Quindi quella dell'immortalità era una scusa per sbarazzarti facilmente di Alec?» Jace era incredulo e infuriato «Non posso credere che tu sia una persona tanto orribile da fare questo! Il passato non è il presente, Magnus. Ma per te evidentemente i tuoi segreti sono più importanti dell'amore che una persona prova per te. Sei un mostro.» Jace non ci vedeva più dalla rabbia, si diresse verso la porta, mentre Magnus rimaneva immobile.
«Non è vero. Non è così.» disse in un tono appena udibile. Jace lo ignorò e si bloccò sulla porta.
«Ah dovrò inventare una ragione credibile da raccontare ad Alec per la quale non vuoi tornare. Se gli raccontassi tutto questo il suo cuore non reggerebbe.» disse, contento di stargli facendo male con quelle parole. Magnus sentì il rumore assordante della porta che sbatteva, attese qualche secondo e tirando su col naso si mise in piedi. Se stava facendo tutto questo era solo per Alec. Perché non voleva che soffrisse scoprendo tutte le sue precedenti avventure, tutto ciò che aveva fatto prima che arrivasse lui. Prima di Alec, pensò, era tutto diverso. Da quando l'aveva conosciuto provava qualcosa di nuovo, un sentimento forte e totalmente differente da quello che avvertiva quando vedeva un bel ragazzo o una bella ragazza. Quello era vero amore, che aveva sfiorato solo una volta in ottocento anni. Con Camille.
Magnus si era poggiato su i gomiti, sul tavolino, e quando quel nome risuonò nella sua mente si maledisse per aver pensato di nuovo a lei. Non voleva più pensarci. Aveva sempre evitato di parlarne con Alec, perché voleva che vedesse solo del buono in lui, ma era insistente. Troppo. E prima o poi sarebbe stato il ragazzo a lasciarlo, ma non voleva soffrire. Non si era reso conto che se fosse stato lui a rompere, avrebbe sofferto lo stesso. E ad Alec si sarebbe spezzato il cuore.
Gli venne a mente di aver detto ad Alec che l'immortalità ha un prezzo molto alto. Ed era vero, ma Alec desiderava così tanto vivere per sempre al suo fianco...
Non sai quanto lo voglia anch'io” pensò. Si era reso conto che avrebbe fatto di tutto per essere felice con il suo ragazzo e che essere immortali era una cosa a stento sopportabile. Vedere la gente che ami morire, una dopo l'altra... Ma poteva far in modo che lui perdesse la propria immortalità, come aveva pensato di fare Camille. Era una grande idea, ma prendersela in quel modo, come aveva fatto giù alla metro, era stato uno stratagemma per mollare facilmente Alec.
Mollare facilmente Alec. Mi faccio schifo da solo per aver ideato una cosa tanto cattiva...” Ma l'aveva fatto per lui! Oh, ma si sarebbe fatto perdonare. Non poteva perdere Alec. Lo amava come se non ci fosse un domani, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui. Anche morire.
Con un mezzo sorriso stampato in faccia, prese dalla libreria un grosso tomo bianco, che, una volta posato sul tavolo, si aprì circondato da fiammelle blu. Magnus schioccò le dita e in un angolo della stanza, sul pavimento, comparve un cerchio di cenere.
Lo stregone osservò il lavoro e si chinò a leggere qualche riga del libro. Ad un tratto sbarrò gli occhi e si morse un labbro. “Farà un po' male” si disse “Cavolo, ma ne varrà la pena”.
Con un altro schiocco di dita, la sua mano si ritrovò a stringere il fodero di un pugnale. Quando lo ebbe sfilato, si diresse al centro del cerchio e iniziò a cantilenare come faceva sempre per evocare un demone. Terminò la formula e osservò la cenere intorno a lui emanare scintille azzurre, che presto diedero vita al fuoco. Il rumore delle fiamme era assordante.
Questo lo faccio per te” pensò, prima di rivolgere la lama verso di sé e affondarla nel petto con uno scatto. All'altezza del cuore.



Angolo dell'autrice
Dunque, vorrei ringraziare di nuovo per tutti i complimenti (GRAZIEEEEE :DDDD) e prevedo che dopo aver letto vogliate uccidermi. Ammetto che questa ultima parte è stata un pochino esagerata ma si spiegherà tutto nel prossimo capitolo (forse l'ultimo...). Intanto voglio essere cattiva e metterò il seguente tra un po' (molto) :3

  
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