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Autore: Alyss_    07/09/2013    5 recensioni
Nidhoggr è stato sconfitto... Ma sarà veramente morto?
Il Male e il Bene si susseguono in un ciclo eterno, così come la pace e la guerra; e ora, soltanto delle armi leggendarie, forgiate nella notte dei tempi, possono impedire il ritorno delle Tenebre, quelle che si annidano nel cuore di ognuno.
Un essere millenario complotta contro i Draconiani, e vuole una sola cosa: vendetta.
La battaglia riprende, e stavolta, solo i cuori più puri saranno in grado di affrontarla.
Dal terzo capitolo [Nel Buio]:
Il sangue dei demoni scorreva in quei canali portatori di vita, pompato dal cuore possente, alimentato dall’odio e dal rancore, mentre calda linfa vitale dal colore della lussuria scivolava tra le zanne d’avorio, macchiando quel bianco candido, splendente ma letale.
Una coppia di ali maestose si spalancò, mentre i muscoli si stendevano di nuovo dopo millenni, e gli artigli affondavano in profondità nella roccia.
Un ruggito devastante, antico canto di un dolore profondo, echeggiò nella grotta. L’unico, fragile ostacolo che si interponeva tra lui e la tanto agognata libertà venne distrutto, lacerato come carta sotto i potenti colpi.
[...]
L'Angelo era tornato.

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Dedicata a Ginevra Gwen White e al suo geniale Cervello
Genere: Dark, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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Capitolo Uno - Il Rito
 
La prima cosa di cui Nida si accorse, fu il dolore accecante che le aveva preso la testa; quella successiva, fu di essere sdraiata su una superficie morbida.
L’ultimo particolare le fece spalancare gli occhi all’istante.
Era stesa su un letto dalle lenzuola bianche, in una stanza con le pareti di pietra levigata del medesimo colore; di fianco al letto c’era un tavolinetto di legno chiaro, forse ebano, dov’era sistemata una boccetta di cristallo di forma allungata, vuota, e una seria di stracci raccolti in una bacinella, bagnati da un denso liquido pastoso, color della pece.
Il suo sangue, realizzò.
“Come diavolo ci sono finita, qui?”
Non fece in tempo quantomeno a cercare di rispondersi, che la porta si aprì. Sulla soglia stava una giovane donna con i capelli blu scuro, che le arrivavano morbidi fino al bacino; da quella chioma color della notte, spuntavano due orecchie con una leggera punta. Gli occhi erano di un delicato color lilla, che sfumava sino al blu, senza un colore preciso, contornati da un leggero alone violetto. Ma, per quanto strani, non furono gli occhi a colpire la viverna: fu il neo. Il neo bianco che la donna aveva in mezzo alle sopracciglia. L’Occhio della Mente.
Nida si alzò di scatto, la mano destra già avvolta nelle fiamme nere, ma la sconosciuta la fermò con un cenno.
« Tranquilla, Nidafjoll, non ti sono ostile. » disse.
La bionda arcuò un sopracciglio, ma spense le fiamme e si avvicinò alla donna, che non mutò espressione.
« Chi sei? »  chiese, in un ringhio di minaccia.
L’altra sorrise. Era più alta della bionda di una spanna, e sì che Nida non era certo bassa!
« Unna, Custode della Bianca Fiamma di Draconia. Si potrebbe dire che sono una purificatrice di anime. »
Nida alzò entrambe le sopracciglia, assumendo un’aria stupita e scettica al tempo stesso.
« Non per dire, ma... Da quel che so, tu sei morta da un pezzo. » osservò, con il suo famoso tatto.
Unna sbuffò leggermente.
« Tesoro, scusa la brutalità, ma come dire... Anche tu sei morta. »
Di scatto, Nida si portò le mani al ventre, dove il tridente di Ofnir aveva trapassato la carne. Nulla; solo la pelle liscia e intatta. Eppure ricordava il dolore lancinante che l’aveva attraversata come una frustata, e l’urlo di Fabio che le giungeva attutito alle orecchie. Unna sorrise.
« Ho fatto un buon lavoro, no? » domandò, facendo sparire con un gesto della mano la bacinella e le pezzuole sporche di sangue poggiate sul comodino.
« Mi hai guarito tu? »
Appena ebbe posto la domanda, Nida si rese conto di quanto idiota fosse. Ma era confusa, non riusciva ad articolare bene pensieri e parole, pensava “carote” e diceva “limoni”, tanto per fare un esempio. Unna annuì lo stesso.
“Ma allora, se io sono qui...”
Nida non fece in tempo a concludere il suo pensiero che la Custode la precedette:
« E, dato che so che te lo stai chiedendo, ho portato qui anche Ratatoskr, sì. »
La viverna spalancò gli occhi: come...?
« Leggi nel pensiero? » chiese sarcastica, senza aspettarsi una risposta, che arrivò comunque: Unna annuì svogliatamente, controllandosi le unghie laccate di... nero?
Solo allora Nida prese nota dell’abbigliamento della purificatrice: portava una tunica scura, lunga fino ai piedi, stretta sulla vita da una fusaccia grigio scura allacciata di lato, senza spalline; tutto sommato sembrava un abito da sera. Al collo aveva un ciondolo chiaramente ricavato da un dente di drago scolpito, che ritraeva due draghi che si attorcigliavano sinuosi attorno ad una spada; ai polsi aveva un bracciale ciascuno, un filo adornato da scaglie di drago luccicanti, di dolore viola. Alle caviglie, sotto il vestito, dove Nida non riusciva a vedere, c’era una cavigliera intrecciata con i rami secchi dell’Albero del Mondo e ammorbiditi con la linfa. Sul viso aveva degli strani tatuaggi grigi, che lentamente sbiadivano, in modo quasi impercettibile: attorno agli occhi aveva aloni scuri che si allungavano fino agli zigomi e alle tempie come le ali di una farfalla, e che si aprivano tra le sopracciglia in una mezzaluna, che accoglieva l’Occhio della Mente in sé. Dall’attaccatura dei capelli partivano tre linee parallele che si curvavano fino al centro della fronte, vicino ad un tatuaggio tribale che sembrava una spada, diviso in tre parti, la cui estremità combaciava con il neo bianco, segnandone i contorni. Sulle braccia aveva delle spirali che le si avvolgevano lungo tutto l’arto, fino alla clavicola, avvolgendosi attorno alla base del collo come una collana. Sul palmo delle mani aveva un marchio a forma di muso di drago, con le ali spalancate che lo circondavano come un cerchio. Se si fosse voltata e avesse scostato i capelli, Nida avrebbe visto le ali tribali che le segnavano le spalle, spalancate, talmente ben fatte da sembrare vere. Ma tutti quei segni non l’abbruttivano, anzi, servivano a darle un che di mistico e surreale, unito al colore inusuale degli occhi e dei capelli.
Notando lo sguardo stupito della viverna, la Custode scrollò leggermente le spalle.
« Che credevi, che io sia un drago come gli altri? Sbagliato, Nida. Vedi questi segni? »
Si sfiorò i marchi sul viso con la punta delle dita, con aria afflitta, e voltò le braccia per far sì che vedesse meglio i segni che vi erano impressi.
« Ho più oscurità in me che in tutti gli altri messi insieme. Non so se posso neppure definirmi una creatura della luce... » sospirò, poi recuperò la sua maschera di impassibilità « Be', credo tu abbia voglia di rivedere il tuo compagno, no? » chiese.
« Be'... »
Quella domanda così diretta aveva spiazzato non poco la bionda: sì, ok, voleva rivederlo, ma... Come avrebbe potuto presentarsi davanti a lui, quando aveva “tradito” la sua razza, alleandosi con i Draconiani?
Di nuovo, Unna le lesse nella mente, ascoltando le sue paure e i suoi dubbi, e sorrise.
« Ratatoskr sa tutto » le disse.
Nida sobbalzò: presa com’era dai suoi viaggi mentali, si era quasi dimenticata della presenza di Unna.
« Come sarebbe a dire che Ratatoskr SA TUTTO?! » chiese, una nota isterica nella voce.  
Unna si strinse nelle spalle.
« Credi che i miei poteri si limitino a due scintille ogni tanto? Abbiamo seguito tutto da qui, sai? E, rilassati, non te ne fa’ una colpa. E se non credi a me, che ne leggo i pensieri, puoi sempre chiederlo direttamente a lui.  »
Nida arricciò leggermente il naso, più per abitudine che per altro. Unna scosse la testa, con un sorrisetto che le increspava le labbra.
« Su, se proprio non vuoi rivederlo ti farò vedere un’altra cosa. Vieni. » le disse, facendole un cenno con la mano.
Come se una forza misteriosa le controllasse le membra, la viverna si sentì muovere un passo dopo l’altro, seguendo la Custode, che sembrava fluttuare a qualche centimetro da terra, grazie all’abito nero. Era piuttosto... Sì, ok, era inquietante. Tutto sommato, sembrava la brutta copia adulta di una delle gemelle del film “Shining”... Nida si ritrovò in un corridoio dal soffitto a cupola, dalle pareti bianche e lisce, affrescate con dipinti di draghi e viverne che combattevano con ferocia; le immagini erano così ben fatte che sembravano muoversi. Unna mosse la mano con un movimento circolare, e le immagini si animarono davvero: i draghi e le viverne si avvolsero in un abbraccio mortale, e i suoni feroci della battaglia rimbombavano per il corridoio. Nida si portò le mani alle orecchie: per il suo udito fine, quei rumori assordanti erano troppo. Poi, com’era iniziato, tutto finì: la viverna alzò lo sguardo, trovandosi davanti Unna che la fissava impassibile, a braccia incrociate; i dipinti errano tornati normali, sempre se si erano mai mossi. In quel luogo, tutto sembrava distorto.
« Ho affrescato io stessa questo palazzo, sai? » disse di colpo la donna « Ho impresso le mie memorie su queste pareti, dando loro vita... Un po’ mi consolo, è come guardare il passato, così non si dimentica mai... »
Con la punta delle dita affusolate, Unna tracciò in contorno del muso di una dragonessa bianca, che scintillava come un diamante tra i colori scuri delle viverne avvinghiate attorno a lei. Nida capì al volo che quella doveva essere la sua vera forma. La purificatrice si voltò, facendo ondeggiare i lembi del vestito nero, e raggiunse la fine del corridoio. Entrarono in una grande sala a pianta rotonda, con il soffitto a volta. La stanza era abbastanza grande per accogliere una ventina di draghi adulti e piuttosto massicci. Le pareti erano intarsiate di bassorilievi raffiguranti le elezioni delle varie generazioni di Guardiani, a partire dal soffitto fino a terra, divisi per fasce. Tutta la fascia più bassa era dedicata a Thuban e ai suoi compagni. Le varie sezioni erano divise da decori di rami frondosi ricoperti di fiori e gemme. Di fronte all’entrata del corridoio, c’era il disegno di un albero immenso, le cui fronde crescevano ricoprendo quasi tutto il soffitto color porpora. Il pavimento era di piastrelle, affrescato con disegni geometrici dei cinque colori dei frutti. Alte colonne parzialmente inglobate nelle pareti sostenevano la struttura, finemente decorate come se fossero ricoperte di verdi rampicanti rigogliosi. Tre ampie finestre lasciavano entrare la luce naturale, grandi abbastanza da far entrare un drago ad ali spiegate; i disegni sul muro continuavano sulle lastre di vetro, per non interrompersi mai. Una statua svettava al centro dell’enorme salone. Thuban, Rastaban, Eltanin, Aldibah e Kuma ad ali spiegate, ritti sulle zampe posteriori, e ai loro piedi i Draconiani: Sofia, Lidja, Fabio, Karl, Chloe ed Ewan, ognuno con le rispettive armi; Sofia stringeva la sua spada verde con la mano destra, ed essa grondava del sangue nero di Nidhoggr. I draghi erano scolpiti in gemme preziose, che ne rispecchiavano perfettamente i colori: smeraldo, rubino, topazio, lapislazzuli e ametista. L’insieme era mozzafiato.
« Questa era la sede del Consiglio. » spiegò Unna « Qui i Guardiani e i Custodi si riunivano per prendere le decisioni più importanti, che riguardavano l’intera comunità di Draconia... Era un periodo così bello... L’Albero del Mondo fioriva, era rigoglioso, la sua linfa curava i malati e gli anziani, i suoi frutti salvavano persino dalle malattie più mortifere... » raccontò, e mentre parlava, sembrava che sulle pareti si raffigurassero le scene da lei descritte; Nida rabbrividì: quel palazzo sembrava vivo. Unna sorrise a mezza bocca.
« Quando ho ricostruito Draconia, la mia... personalità, diciamo, si è impressa in queste pareti... E ora che la linfa dell’Albero nutre di nuovo i suoi figli, anche queste mura cantano la loro gioia. »
Se il suo ferreo autocontrollo non glielo avesse impedito, Nidafjoll avrebbe spalancato la bocca.
« Sono a... Draconia? »
Unna arcuò le sopracciglia e, dando mostra di un sarcasmo insospettabile, rispose:
« No, sei dove gli unicorni vomitano arcobaleni e  zollette di zucchero. »
Quando lei tacque, il silenzio regnò per qualche secondo, per venir poi rotto da un suono: non era un suono particolarmente acuto, o grave, o forte, nulla di tutto questo. Era una risata cristallina.
Nida stava ridendo. Forse per la prima volta in vita sua senza sarcasmo o malizia. Quando recuperò la calma, si stupì di come quel momento liberatorio le avesse fatto bene; ora si sentiva stranamente meglio.
« Cos’è che dovevi mostrarmi di così importante? » chiese, schiarendosi leggermente la voce.
Unna sembrò illuminarsi. Mosse la mano, e, apparentemente dal nulla, comparve una spada.
L’arma era meravigliosa: era nera, e sfavillava come il vetro, materiale di cui sembrava condividere la trasparenza; la lama piatta era affilata come un rasoio, e si stringeva leggermente verso l’elsa. Intorno a quest’ultima, di sezione rettangolare, si avvolgeva sinuosamente un drago.  Le fauci dell’animale erano spalancate, e altrettanto le grandi ali che si dispiegavano verso i lati della lama, lavorate a tal punto che vi si potevano intravedere i rilievi delle vene, e tanto sottili da essere trasparenti.
Unna prese in mano l’arma, e la gemma brillò per un secondo, prima di tornare normale.
« Porgimi la mano destra. » ordinò la donna dai capelli blu, a voce bassa.
All’improvviso, la purificatrice sembrava tesa e concentrata: due docce di sudore le scesero lungo la tempia. Nida, di nuovo comandata da fili invisibili, alzò il braccio con il palmo rivolto verso l’alto.
Unna chiuse gli occhi più forte possibile, e l’Occhio della Mente sfavillò di  una bianca luce accecante. La spada calò, e il metallo nero scintillò quando la luce bianca irradiata dalla gemma sulla fronte della donna ne colpì il filo affilato come un rasoio. Un taglio slabbrato si disegnò sul palmo dalla pelle chiara di Nida, facendole scappare un gemito di dolore. Ebbe appena il tempo di sgranare gli occhi, che si afferrò il polso e si portò la mano al petto, ora urlando sul serio per le atroci fitte che le attraversavano l’arto.
Bruciava... Bruciava come fuoco, dannazione! Sembrava che un tizzone ardente fosse stato posizionato sulla ferita. Un alone grigio si spandeva attorno il taglio, fino ad inglobare tutta la mano. Il sangue nero colava sul pavimento, in una piccola pozza. Unna le afferrò il braccio, portandoselo sulla fronte; il calore dell’Occhio della Mente, sommato a quello della ferita, era insopportabile. Nida era sicura che avrebbe vomitato. Sudava, i capelli erano appiccicati alla fronte, le dita della mano sinistra erano contratte, come se stesse stringendo qualcosa; la schiena si era incurvata sotto un peso invisibile.
Unna recitava una litania in una lingua sconosciuta e dai suoni cantilenati a voce bassa, aumentando gradualmente il tono. I segni sulla sua pelle sembravano ardere di fuoco nero, in netto contrasto con la luce bianca del neo. Sembrava affaticata, come se stesse compiendo uno sforzo estremo: i muscoli del collo erano tesi, e le dita che serravano il polso della viverna erano contratte nella loro presa.
I sensi di Nida si stavano offuscando: vedeva sfocato, avvertiva sempre meno il dolore alla mano, e una grande sonnolenza la stava invadendo.
“Fidati di me, Figlia...” le sussurrò una voce profonda nella sua mente, calma e rassicurante.
Lei si lasciò cullare da quel suono vibrante e caldo, avvertiva sempre meno il suo corpo, solo grazie alla magia che Unna esercitava sulle sue membra non era ancora crollata  terra.
Unna, ormai, stava gridando. I marchi sulla sua pelle scottavano da impazzire, ma mai quanto l’Occhio della Mente. Le sembrava di avere un carbone ardente conficcato in mezzo alla fronte, e resistette alla folle voglia di strapparselo con le unghie per porre fine al dolore. Sapeva che faceva male, lo faceva ogni volta, ma fortunatamente per Nida, chi subiva scivolava lentamente nell’oblio per un paio d’ore. La spada nera era ancora stretta nella sua mano destra, e dalla punta colavano gocce di sangue nero e pastoso, che andavano a macchiare il pavimento già sporco. Unna alzò il braccio, e affondò la punta dell’arma nella fronte della bionda, esattamente in mezzo alle sopracciglia, per poco meno di mezzo pollice. Una ragnatela di filamenti luminosi si espanse dal punto dove l’arma interrompeva la pelle della viverna, disegnandole un reticolato di linee bianche sul viso. Il sangue colava sul viso di lei, che aveva ricominciato a dimenarsi, scossa dagli intensi spasmi.
Con gli ultimi residui di voce, Unna concluse il rito, ritirando la spada dalla carne di Nida. Lei diede un ultimo urlo, talmente acuto da farlo sembrare quello di una banshee, per poi perdere completamente lucidità, abbandonandosi come una bambola di pezza tra le braccia della purificatrice.
Ora, il sangue che colava dalle sue ferite, era rosso.

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Look at me!
So che Ginevra Gwen White mi starà lanciando maledizioni. Lo so. Be', lo confesso, la storia doveva venire molto meno cruenta, ma l'ho riscritta daccapo in un pomeriggio di incazzatura con il mondo, ed ecco il risultato... Confesso di aver immaginato di usare la spada di Unna per fare a fettina il motivo della mia rabbia u.u
Vabbè, spero che comunque sia accettabile.
D.
P.S.: Non temere, avrai comunque il tuo momento puccioso, solo che ci vorrà un po' di più del previsto. (eheh)
  
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