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Autore: RubyChubb    14/03/2008    7 recensioni
Inserì cinquanta centesimi di euro nella macchinetta e, dopo aver capito come quel coso funzionasse, premette alcuni pulsanti e la canzone da lui scelta ‘Little Joanna’, suonò a basso volume nel locale. “Hai scelto una bella canzone!”, gli disse poi lei, “Mi piacciono molto i McFly!” Rise sornione. Sì, la sua vita stava nettamente migliorando! Aveva davanti a sé una loro fan, che stava sicuramente per chiedergli un autografo e… “Piacciono anche a te vero? Sono dei grandi!”, gli chiese lei, sorridendogli. No… La sua vita stava lentamente peggiorando. Lei non lo stava riconoscendo… --- Una città come le altre, una sosta dal lavoro. Quattro spigliati ragazzi inglese ed una cameriera timida... --- RubyChubb & McFly!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Four Guys in Her Hair & And That's How I Realize...' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Per facilitarvi, ricordatevi i cognomi perchè, da quanto ho capito, ai ragazzi piace chiamarsi per i cognomi...
Tom Fletcher
Danny Jones
Dougie Poynter
Harry Judd 

Son facili! Tom è il figlio segreto della signora in giallo, Danny è il fratello nascosto Indiana Jones; Dougie ha un cognome idiota come lui e Harry... vabbè, è il quarto ed è quello che viene da sè dopo il terzo.

Se cliccate sul titolo, troverete un link che vi porta diretti alla canzone dei Mc, appunto, che da il titolo al capitolo. 
No scopo di lucro.

 

 

2. Met This Girl

 

 “Ma dove cazzo è Tom?”, borbottò una testa dai capelli lievemente mossi, castani.
“Boh.”, rispose semplicemente un altro capo, con i capelli scarmigliati, venati di qualche ciocca chiara.
“Secondo me è in giro.”, incluse l’ultimo dei tre crani, con una strana pettinatura naturalmente spettinata e biondastra.
“E si sarà perso.”
“Starà chiamando ai nostri cellulari…”
“E li troverà spenti.”
“E si dispererà.”
“Perchè senza di noi si perde anche per casa sua.”
“E il navigatore satellitare che gli abbiamo regalato?”
“Credo che lo abbia perso.”
“Secondo me sta ancora cercando parcheggio per il suo cervello.”
“Come si può non trovare parcheggio per un cervello a forma di Mini Cooper?”
“Speriamo abbia messo i sensori ai lati della macchina, sennò la sbatterà ovunque.”
“Che cosa hanno messo in questo caffè?”
“Il caffè forse?”
“E’ troppo forte!”
“Demente, è un espresso! E tu lo hai allungato con l’acqua del the!”
“Espresso, mi dispiace dirtelo ma fai schifo! Voglio un the.”
“Passami il burro.”
“Burro? Cosa essere burro?”
“Dai imbecille, passami il burro!”
Era questa la scena che si trovò davanti agli occhi Tom, appena tornato da una passeggiata lunga per il centro della città.
“Cosa?!?!”, esclamò, cogliendoli di sorpresa, “State facendo colazione adesso? Alle tre del pomeriggio?”
Li guardava con occhi spalancati, esterrefatto. I suoi tre compagni di musica, di viaggio, di avventure idiote e di vita se ne stavano tranquilli intorno ad un tavolo rotondo, con le tazze alla bocca o le posate in mano. Pronti a fare colazione nella sala da pranzo dell’hotel.
“Beh…”, disse il tipo riccioluto, “Quando Dio mi ha messo al mondo mi ha programmato per fare quel che cavolo mi pare…”
“Mi associo!”, aggiunsero gli altri due.
Tom sbuffò, scosse la testa, prese una sedia e la girò, sedendosi vicino a loro a cavalcioni.
“Dove sei stato, Fletcher?”, gli chiese il riccioluto, dandogli delle piccole gomitate, con le sopracciglia che sbalzavano maliziosamente in alto.
“Ti sei perso, vero?”, insinuò lo spettinato, imitando l’amico nei gesti.
“E quando hai parcheggiato hai fregato contro la macchina di un altro!”, si allineò il terzo del gruppetto, facendo scoppiare a ridere tutti gli altri.
Tranne Tom, che non aveva capito niente di quello a cui si stavano riferendo. Ma succedeva sempre così, quando uno di loro rimaneva fuori dalla discussione per un po’, e vi si ritrovava successivamente in mezzo, non capiva mai niente di dove gli altri erano andati a parare. Li lasciò perdere, tanto era impossibile capirli. E comunque, il più delle volte era impossibile parlare in gruppo. Ogni cosa faceva deviare la conversazione verso tutt’altri lidi.
“Sono stato in giro.”, disse poi, alzando le spalle.
“E cosa hai fatto di bello?”, gli domandò Danny, il riccioluto del gruppo.
Danny Alan David Jones era l’altra voce e chitarra dei McFly. Era incredibile quanto potesse trarre in inganno il suo aspetto esteriore, comparato alla potenza graffiante della sua voce bassa da rocker, quando cantava.
“Ho visto la città.”, disse Tom, “Ho camminato un bel po’.”
“Ecco perchè sento puzza di suole di scarpe bruciate.”, ironizzò Harry, il castano spettinato.
Harry Mark Christopher Judd, semplicemente Harry, ogni tanto usciva fuori con quelle battute tristi che bisognava bastonarlo con le bacchette della sua batteria per farlo rinsavire.
“Io sento puzza di scoreggia… sei stato tu Danny, vero?”, fece poi Dougie con voce nasale, essendosi tappato il naso.
Douglas Lee Poynter, il più piccolo del gruppo nel senso di nascita, non sapeva mai se scegliere di essere fine come una prostituta di Amsterdam, oppure garbato come sergente Hartman di Full Metal Jacket. Di solito, però, data la sua indole abbastanza pacifista, optava per il linguaggio estremamente delicato delle signorine in vetrina.
 “Sapete in cosa mi sono imbattuto?”, fece Tom, ristabilendo la calma, dopo che Danny ebbe risposto alla provocazione di Dougie con una serie di pedate sotto al tavolo.
“In cosa? Il proprietario della macchina che hai sfasciato?”, gli disse Harry.
“E dai!”, protestò Tom, “Cos’è questa storia della macchina! Ancora dobbiamo noleggiarla!”
Erano arrivati in aereo, solo loro quattro, senza staff, manager o tecnici appioppati al culo. Era come una piccola vacanza che si erano concessi, perché dopo la breve tappa italiana si sarebbero spostati di nuovo a nord, nei Paesi Bassi e poi ancora in Inghilterra, per l’ultima data.
“Boh, non mi ricordo nemmeno chi l’ha tirata fuori…”, rispose Harry, stringendosi nelle spalle.
“Dicevo…”, disse Tom, ridendo rassegnato, “Mi sono imbattuto in un locale per cui vale la pena tornarci tra trenta secondi per mangiare fish and chips!”
Gli altri lo guardarono, mentre affondavano con gusto le labbra dentro alle tazze di caffè o di the.
“Aspetta un secondo, fammi capire.”, disse Danny, assumendo un tono falsamente serio, “Siamo in Italia, giusto? Sei voluto venire tu con una settimana di anticipo sulla data del concerto che faremo qua, o no?”
“Sì.”, rispose Tom, con aria ingenua.
“E cosa fanno di buono, in Italia?”, gli chiese Danny.
Tom ci pensò un attimo.
“Il calcio!”, esclamò, annuendo per la correttezza della sua risposta.
“Imbecille!”, esclamò Danny, dandogli una manata sulla testa da farlo sbalzare in avanti, “Fanno il cibo buono! E tu vuoi mangiare fish and chips!”
“Beh…”, disse Tom, massaggiandosi la testa, “Se li fanno buoni…”
E si beccò un’altra pacca.
“Deficiente! Io voglio mangiare italiano!”, gli disse Danny, tornando sul suo caffè.
“Lo so…”, disse Tom.
Ma aveva un’ultima carta da giocare. Con faccia disinteressata, appoggiò il mento sul bordo della spalliera della sedia. Li conosceva fin troppo bene i suoi tre pollastri.
“Ci sono delle cameriere…”, avanzando la pulce nell’orecchio.
“Ok, chi ha voglia di fish and chips?”, esclamò Dougie scalpitante, alzando la mano.


 

Seguivano Tom con scarso interesse. Se non fosse stato per quell’insinuazione sulle cameriere del posto, se ne sarebbero sbattuti altamente le scatole.
Erano lì in vacanza? Ce li aveva portati lui per riprendersi della settimana a luci rosse nel quartiere del Moulin Rouge? E allora che li lasciasse dormire in pace in hotel e si mangiasse tutti i fish and chips che voleva senza rompere le scatole!
Quello che volevano fare era, in ordine di importanza: dormire, mangiare.
Ah! E anche accoppiarsi, se ci fosse stata l’occasione. Quindi, quel locale poteva essere funzionale solo alla conoscenza di ragazze carine con cui provarci, dato che avevano fatto colazione meno di un’ora fa.
“Tom, sono stanco.”, disse Harry, appoggiandosi al muro di uno dei tanti alti palazzi che costeggiavano a destra e a sinistra il lungo viale che li conduceva verso il centro.
“Andiamo! Hai fatto cento metri e ti senti stanco!”, protestò vivamente Tom, “Sei la discarica di una discarica!”
Harry gli mostrò con una smorfia il dito medio e poi tornò a camminare, prendendo il posto di Dougie come ultima carrozza del treno.
“Quanto manca…”, si lamentò Danny.
“Ecco, basta svoltare qua.”, disse Tom, prendendo la prima strada sulla sua destra.
Quando furono tutti davanti al locale, Tom lasciò loro riprendere fiato.
“Siete diventati dei criceti.”, fece loro.
“Dei cosa?”, esclamò Dougie, tastandosi il basso ventre per il dolorino che sentiva alla milza.
“Dei criceti!”, ripetè Tom, “Annaspate nella vostra ruota finchè non vi catapulta fuori!”
Danny lo guardò con aria stranita.
“Che esempio del cazzo, Fletcher…”, fece, afferrando la maniglia dello Strictly English senza nemmeno dargli un’occhiata.
“Sì, ha ragione Jones.”, disse Harry, riferendosi a Danny, “Oggi non sei capace di essere sarcastico.”
Gli passò davanti, gli dette una pacca cinica sulla spalla ed entrò, seguito da Dougie, strinto rassegnato tra le sue spalle. Per ultimo, Tom si posizionò al tavolo che era stato scelto dai suoi tre amici, che già stavano con gli occhi iperattivi alla ricerca delle cameriere da lui nominate.
“Cosa prendete?”, chiese retoricamente Tom, guardandosi il menù.
“Una bionda e una mora.”, disse Harry, sempre il più goloso.
“Ci sarà una rossa?”,  si domandò Danny.
“Speriamo di sì…”, sospirò Dougie.
“Intendevo,”, si specificò Tom, “Che cosa prendete da mangiare!” 
Erano terribili quando si mettevano a fare comunella.
Danny gli sfilò rapidamente il menù di mano e, fatti avvicinare gli altri due a sè, si misero a guardare che cosa poteva esserci di gradevole. Confabulando tra di loro, si isolarono per dedicarsi alla scelta.
Tom si guardò intorno sconsolato e incrociò lo sguardo della quarantenne dietro alla macchinetta del caffè che, vedendolo, richiamò dalla cucina un nome a lui conosciuto.

Bene!
esclamò dentro di sé Tom. O li riconosceva, o era veramente scema.
Dopo qualche attimo, infatti, vide Joanna avvicinarsi. Portava tra le mani una cesta, apparentemente pesante, piena di pacchi e pacchetti di cibo. Quando lei lo vide, gli sorrise compiaciuta. Approfittando del momento, Tom dette una pedata al mucchio di  piedi vicino al suo.
“Ecco la cameriera…”, disse Tom, guardando soddisfatto i suoi amici.
Danny abbassò il menù e tre paia di occhi si puntarono su di lei.
La ragazza ricambiò i loro sguardi, osservandoli mentre camminava con il cesto tra le mani.
Poterono notare ogni cambiamento della sua espressione: da gentilmente sorridente, a interrogativamente strana, per poi finire sul consapevolmente inaudito.

Oh sì…
fece Tom con se stesso, con grande soddisfazione.
Ma se ne pentì in quello stesso istante.
Joanna inciampò in avanti, forse sui suoi stessi piedi, e finì a pancia a terra, mentre il contenuto del suo cesto si sparse sul pavimento, in un baccano infernale che fece ammutolire tutti i clienti del locale.
“Oh cavolo!”, esclamò,  mentre i clienti nelle sue vicinanze si precipitarono da Joanna per soccorrerla.
La ragazza si rialzò, ferita nell’orgoglio più che nel corpo.
Sto bene! Sto bene!”, prese a dire, allontanando con garbo tutte le mani che la volevano aiutare.
La quarantenne bionda accorse verso di lei e la prese sotto la sua ala protettiva, chiamando un’altra cameriera a ripristinare la situazione del pavimento. Nel mentre che si allontanava, Joanna lanciò un occhio verso Tom, e verso poi il suo tavolo.  
 

“Jo!”, la chiamò Arianna, “C’è un tavolo!”
“Arrivo subito!”, esclamò, scendendo dalle spalle del fratello, su cui era salita per prendere un barattolo di pesche sciroppate poste in altissimo, su uno dei ripiano della cucina.
“Sei ingrassata vero?”, si azzardò a dirle Michele, mentre la riponeva a terra.
Lei gli rispose con un pizzicotto sull’avambraccio, ma c’era poco spazio per la ciccia morbida e suo fratello non sentì niente.
“E tu hai troppi muscoli!”, lo rimproverò lei, “Sei buono solo a placcare gli avversari!”
Fece la linguaccia più lunga che potè e uscì dalla cucina, prendendo tra le mani la cesta di barattoli che doveva portare in magazzino.
“Faccio io!”, le fece Michele.
“E dai!”, esclamò lei, allontanando la cesta dalle sue manone, “Ce la faccio! E poi devo andare in sala, tu devi tenerti pronto per le ordinazioni!”
Uscì dalla cucina spingendo contro le due porte molleggiate. Suo fratello era un omone di zucchero, lo aveva sempre pensato e sempre lo avrebbe fatto. Non era poi così tanto grosso, era semplicemente un po’ più alto della media… e un po’ più forte. Era stato lui a convincere Arianna ad assumerla, qualche mese prima, poco dopo essersi tolta dalla casa in cui era nata e vissuta… Accantonò subito qualsiasi pensiero connesso a quei giorni, così come faceva ogni volta che le veniva da posarci la mente.
Miki, che oltre al suo lavoro aveva anche una passione sportiva abbastanza fuori dal comune per un italiano, l’aveva accolta a braccia e a tasche aperte. Perché i patti erano stati chiari: se voleva abitare da lui, le spese erano da condividere.
E lei era stata contenta di questo. Di certo non voleva che vitto e alloggio fossero gratis e, piuttosto che andare a vivere con degli sconosciuti oppure tornare dai genitori, aveva depositato le sue valige nella camera libera.
Appena mise piede nell’appartamento storse il naso: era visibilissima ancora la presenza femminile che aveva arredato quella stanza, così come tutta la casa. Avrebbe voluto rivoluzionare tutto, ma sapeva che Miki non sarebbe stato molto d’accordo con le sue decisioni.  Non tanto perché non gli piacessero i suoi gusti in fatto di arredamento… così aveva lasciato tutto come aveva trovato, accontentandosi di allontanare dalla stanza in cui dormiva qualche ‘scomoda’ fotografia.
Lei vent’anni, Miki venticinque. Non erano proprio uguali, a guardarli bene non sembravano nemmeno tanto fratelli. Miki era moro, portava i capelli lisci a mezza lunghezza fermati sulla testa da un cerchietto nero. Era uno sportivo nato... ed un cuoco diventato. Lei, Joanna, era bionda e mossa, goffa e non sapeva cucinare. Non ne era proprio capace, a meno che non si trattasse di uova sbattute in padella o di cibi precotti in forno. Quando cucinava lei, c’era da stare pronti con il telefono per chiamare i pompieri.
Fare la cameriera non era l’aspirazione massima della sua vita, questo lo sapeva benissimo. Ma aveva bisogno di lavorare, voleva mettere da parte qualcosa per un futuro ancora nebbioso davanti a sé. Non molti italiani frequentavano quel locale, forse spaventati dal nome scritto sull’insegna. O forse impauriti dal tipo di cucina che veniva offerta. Jo la adorava, ma non era facile spiegarla ai pastasciuttai e ai pizzettari italiani. Era una che andava a nozze con le schifezze di ogni genere!
E poi si trovava meglio con gli stranieri che con i suoi connazionali: almeno erano gentili, davano sempre ottime mance e non la trattavano come la serva di turno.
Con una certa goffaggine, cercò di non sembrare molto affaticata nel trasporto eccezionale che stava effettuando. Mentre camminava, notò una testa ossigenata che riconobbe subito.
Qualche attimo dopo, il ragazzo inglese si voltò e la vide, le sorrise. Lei ricambiò, sperando che nella testa di lui non passasse la frase: ma guarda quella, non sa nemmeno reggere tre chili di peso! Si era già pentita di non aver lasciato fare a Miki.
Lanciò di nuovo un’occhiata all’inglese. Si doveva chiamare Tom, se non ricordava male. Aveva anche detto, quella stessa mattina, che avrebbe portato dei suoi amici e, a quanto pareva dalle teste nascoste dietro al menù, era stato di parola.
Bene, era contenta, più mance!
Si voltò di nuovo verso di loro, non appena vide il menù abbassarsi e tre facce spuntare al di là. Li osservò in un lampo e sorrise, come faceva a tutti i clienti, anche se la voglia di farlo era schiacciata sotto cumuli di brutte sensazioni.
Ci fu qualcosa però che le si incastrò tra le pieghe della sua materia grigia.
Qualcosa che aveva visto sulla faccia di uno dei tre.
Al che il suo sorriso si trasformò velocemente in una espressione interrogativa.

Quella bocca l’aveva già vista…
Ed anche i capelli strani del tipo accanto a lui, candeggiati come quelli di Tom, spettinati, sistemati malamente sulla faccia e sulle orecchie…
Li aveva già visti…
Li aveva già visti tutti e quattro…

Erano appesi alla porta della sua camera da letto!
I piedi si incrociarono tra loro e la sua faccia, che da interrogativa si era trasformata in terrorizzata, si trovò spiaccicata contro il pavimento. La cesta si riversò a terra, spargendo i barattoli e le scatole ovunque.
Merdamerdamerdamerdamerdamerdamerda
“Signorina! Sta bene?”, le chiese subito uno dei clienti, accorso da lei in suo aiuto.
Andava tutto bene!
A parte il fatto che aveva perso i denti sulle piastrelle bianche e nere.
E che a tre metri da lei c’erano i McFly, di cui per l’appunto aveva già incontrato un componente quella stessa mattina, facendo una figura pessima...
La consapevolezza di non aver riconosciuto Tom Fletcher e di avergli parlato come se fosse stato uno sconosciuto la faceva ancora tremare il pensiero.
Non che fosse una fan sfegatatissima: al confronto delle loro seguaci inglesi, lei passava per una che, senza pretese di sorta, si ascoltava le loro canzoni e basta. Però le piacevano moltissimo: li aveva conosciuti durante un piccolo viaggio a Londra, li aveva visti in tv e, una volta tornata a casa, aveva cliccato il loro nome su internet e si era lentamente appassionata alla loro musica.
Si era fatto spedire un loro poster tramite internet, era arrivato pochissimi giorni prima… Era andato a decorare la porta della sua camera, così come diversi altri poster dei suoi gruppi preferiti, attaccati ovunque. In fondo, anche se aveva venti anni ed era un po’ troppo vecchia per i poster, erano state le pareti bianche, squallide e monotone, a convincerla ad abbellirle con volti famosi.

Le coincidenze della vita

Si alzò, rifiutando le mani che le porgevano, umiliata dalla sua stessa goffaggine. Da lei accorse subito Arianna che la sostenne, notando il suo equilibrio precario.
“Tutto a posto?”, le domandò, preoccupata.
“Sì… sì, credo di sì…”, rispose, ancora frastornata.
“Maria! Vieni a pulire!”, esclamò Arianna, chiamando l’altra cameriera a riassettare il danno.
Prontamente, la ragazza si affrettò, mentre le due si allontanavano.
Jo lanciò un’altra occhiata ai McFly.
Se la ridevano di brutto…

Oh mio dio!
Arianna la portò in cucina e la fece sedere su uno dei ripiani liberi.
“Che cosa è successo?”, domandò Miki, intento a girare in un pentolino del latte in fase di cottura.
“E’ caduta…”, disse Arianna, quasi con rassegnazione.
“Dio, Jo!”, esclamò Miki, “Hai bisogno di ripetizioni anche per camminare?”
Non gli rispose, non aveva voglia di parlare a nessuno, solo nascondersi al più presto, piuttosto che uscire di nuovo in sala e far fronte alla sua brutta figura.
Era paonazza, totalmente rossa, muta.
“Hey…”, le fece Arianna, vedendola stravolta.
Allora anche Miki, alzando gli occhi dal pentolino del latte, si accorse dello stato semi catatonico della sorella.
“Jo…”, fece, lasciando il suo lavoro, “Che ti è successo?”
Lei lo guardò con occhi sbarrati.
“Parla, cavolo!”, esclamò, innervosendosi.
“Miki… fuori ci sono i McFly…”, disse lei, fuggendo lo sguardo altrove, imbarazzata.
“I chi?”, fece lui, dopo qualche attimo di smarrimento.
“I McFly, Miki! Quelli di Little Joanna, quelli che ho appeso alla porta due giorni fa!”, gli spiegò lei.
Lui la guardò un attimo. Poi i suoi occhi diventarono grandi e colmi di stupore.
“Ecco perché quel ragazzo di stamattina mi sembrava di averlo già visto!”, esclamò, dandosi una pacca sulla testa, “E’ quel cretino con il mento lungo!”
“Si chiama Tom…”, gli ricordò Joanna, guardandolo male.
“Sì, sì, Tom come ti pare…”, le rispose.
Poi assunse la sua tipica faccia pensierosa e Joanna potette vedere che ogni attimo che passava questa diventava sempre più sorpresa.
“Aspetta un attimo! Fammi capire.”, fece dopo qualche secondo, “Quello è venuto oggi a mangiare qua… tu non lo hai riconosciuto… e ora che si è portato dietro tutta la sua combriccola di strimpellatori… ti è preso un accidente!!!”
Scoppiò in una risata così fragorosa che dovette appoggiarsi alla cucina per non cadere in terra. Come gli succedeva ogni volta che era attaccato da ridarella acuta, gli occhi presero a lacrimare copiosamente e, non appena riusciva a calmarsi, lo sguardo incattivito della sorella lo faceva piombare di nuovo nell’abisso dell’ilarità.
“Che fratello imbecille che ho…”, mormorò Joanna.
Nel frattempo Arianna si era affacciata alla finestrella della cucina.
“Sì, sono proprio loro!”, esclamò, esterrefatta, portandosi una mano al petto, “Vado subito a sentire cosa vogliono!”
E, con le gambe in spalla, sparì dalla cucina, lasciando Joanna con la voglia latente di prendere il coltello più vicino a lei e mettersi a punzecchiare il fratello dove gli faceva più male.
“Sei… sei una scema, Jo!”, fece Miki, asciugandosi le lacrime, “Sei andata a sbattere per terra proprio davanti a loro!”
“Non davanti davanti…”, si spiegò lei, sprofondando ancora nella vergogna.
La goffaggine la colpiva sempre nei momenti meno opportuni. Come quando era scivolata, durante un giorno di neve, su una pozzanghera ghiacciata. Solo che, prima di toccare terra, aveva gesticolato per almeno una decina di secondi, sgambettando allegramente in cerca di un appiglio, attirando l’attenzione dei passanti che, quando il suo fondoschiena si fu spalmato a terra, invece di aiutarla si misero a sghignazzare alle sue spalle.
O come quando, impensierita, si era trovata in mezzo ad un folto gruppo di turisti indignati, accorgendosi che stava calpestando un’opera d’arte in gessi colorati fatta da un’artista di strada.
Oppure come quando era inciampata in un grande magazzino, cadendo dentro alla grande cesta delle offerte ‘tutto a tre euro’… ed un ragazzo aveva ironizzato: “Di lei ne voglio due!”, mentre stava cercando di tirarsi fuori dall’ammasso di vestiti scontati.
“Sei troppo scema.”, gli fece Miki, una volta ristabilita la sua serietà, “Scommetto che ti sei messa a guardarli con due occhi spalancati… poi ovviamente le gambe sono partite per i fatti loro…”
E scoppiò di nuovo a ridere.
“Deficiente! Ti sentiranno tutti!”, lo rimproverò Jo, dandogli un calcio su una gamba.
“Tanto sono inglesi, non capiscono una mazza!”, rincarò lui, riprendendo il posto dietro ai fornelli, dove il latte aveva iniziato a bollire, facendo bolle e spargendo il suo forte odore per la cucina, “Ecco! Mi hanno anche fatto impazzire il latte!”
La porta a molle si mosse e Arianna entrò dentro la cucina, guardandola e sghignazzando.
“Che c’è…”, fece Jo, sconsolata.
“Oltre che ad essere rimasta letteralmente impressa sul pavimento…”, annunciò Arianna, “Hai colpito molto anche quei quattro, vogliono che prendi tu il loro ordine.”
Jo si nascose la faccia nelle mani.
“Ci sarà fine alla mia disgrazia quotidiana?”, borbottò poi.
“Andiamo! Vai a terminare la tua figura di merda.”, la esortò Miki, sventolando un cucchiaio di legno.
Jo guardò Arianna con due occhi tristi e pieni di rammarico, come per dirle che non poteva farle questo. La donna, invece di sostenerla, poggiò una mano sulla porta a molle e la spinse, accennando con la testa che doveva fare il suo lavoro.
A testa bassa, si frugò nelle tasche del piccolo grembiule verde annodato in bassa vita e prese il block notes, insieme alla fedele penna accompagnatrice.
Sospirò mestamente e si avvicinò a loro.
Stavano ridendo allegramente, sicuramente la prendevano in giro…



Oh mio dio! Quante recensioni per il primo capitolo! La mafia è utile certe volte eh!! XD Bene bene, passiamo ai rigraziamenti!

CowgirlSara: Ovvio, è il primo capitolo non si può giudicare, ma incrocio le dita e spero che non cambierai idea su di me con questa storia! Ancora siamo all'introduzione di tutti i personaggi, mi sono serviti diversi capitoli per farlo, non volevo spiattellare tutto nel giro di poche pagine... diciamo che li introduco poco per volta in ogni capitolo. Mi dispiace che non abbiano fatto presa su di te... cavolo! XDDD Sappi che ufficialmente sei bannata dalla mia macchina e che le ferrovie dello stato si sono alleate dalla mia parte. Quindi RASSEGNATI! XDDD

Zizzy94: lo sapevo che qualcuna in ascolto c'era, lo sapevo!! XD vabbè che sono sconosciuti in Italia, ma qualcuna ci oltre a me loro fan che frequenta il sito ci deve pure essere! Beh, grazie per i complimenti sul mio modo di scrivere, ne sono molto contenta! Anche io sarei nella più completa e miserabile ignoranza se non fosse stato per una mia amica, che me li ha fatti conoscere! Ora sono completamente drogata! Come per te, loro per me non sono proprio il mio stile, ma ci si avvicinano molto! E li apprezzo anche molto (moltissimo) di più dei Tokio Hotel, su cui ho scritto valanghe di storie, come puoi vedere dal mio profilo. Sono più spontanei, li adoro. Sul serio! Alla prossima! E falla leggere anche alla tua amica, dimmi cosa ne pensa! XD Ciao!!

Ciribiricoccola: Eheheh, Joanna non è proprio una trottolina amorosa dudu dada da... se mi vuoi picchiare per questo fallo ora... per adesso sembra quasi quella che non ho voluto che fosse! Capirai cosa intendo! Grazie per la recensione e anche per la stupenda chiacchierata di ieri sera su msn, l'ho apprezzata molto e mi scuso per non averti rigranziato prima! Ci sentiamo presto pazza!

Picchia:  Mentos Man XDDD è propio un soprannome da Tom! Povero piciulo, col mentone ed anche la zeppola alla Bill... Ma è tanto carino! Beh, che fosse il mio stile e che fosse riconoscibile a chilometri di distanza... è il minimo che potessi dire... cioè, ma hai presente chi sono? Sono RubyChubb, mica Frizzina Belvedere. -Fine modalità Silvia che se la tira- Non ti ho ancora chiesto un parere sulla loro musica, lo farò appena ci troviamo su msn, anche se so che sicuramente non sarà un parere positivo, dato la metallare che sei XD Deficienti? Ma li hai visti poi i video che ho linkato nel primo capitolo?!? E non è nulla!

_Princess_: da buona Harryana quale so che tu sei, sappi che in questa storia Harry avrà la rilevante parte dello stronzo. E te lo avevo anche già detto! XD Secondo me ce l'ha la faccia dello stronzo... poi non lo so, ancora non li ho capiti questi ragazzi! Figurati,
non me ne importa per la cortezza della recensione, basta che ci sia! E come MS giustiziera, ti chiedo: come la risolvi la caciarata che è appena scoppiata? Tu sai di cosa parlo (ed anche la Saruccia).... >.< tengo la mia spadona della giustizia infoderata, sai quanto potrei parlare!  Beh, appena ti becco su msn facciamo uno scambio di opinioni moschetteriane. Ci sentiamo!!!

   
 
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