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Autore: deepblueyes    07/09/2013    1 recensioni
Cosa faresti se un Demone, per scommessa, ti offrisse in un Contratto l'amore della tua vita, chiedendo in cambio soltanto la tua anima?
Accetteresti?
E se poi ti trovassi invischiato in un mondo di cui non immaginavi neppure l'esistenza, rischiando la vita, e scoprissi che la tua esistenza era sempre stata soltanto un'apparenza di normalità?
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 15
Verde d'erba.


Faceva così caldo che avevo abbandonato i jeans quella mattina, preferendo un abito corto di cotone chiaro, per poi avere la brillante idea di sedermi sull'erba. 
Probabilmente adesso avevo originali striature verdi sul posteriore di un bianco altrimenti immacolato.
Ma si stava così bene, all'ombra delle fitte fronde, con la schiena poggiata al tronco del mio albero preferito, che non ero riuscita a convincermi ad alzarmi per recuperare una felpa da mettermi sotto. Il cinguettio allegro degli uccellini e il frusciare del vento leggero che mi accarezzava il viso mi avevano completamente rilassato; o, forse, erano le ore di sonno che mi mancavano a farmi sentire così intontita, in realtà. 
Con un libro aperto alla prima pagina in grembo, del quale avevo letto si e no il titolo, fissavo distrattamente i fili d'erba che ondeggiavano leggeri, di un verde lucente di sole, o più cupo nell'ombra.
Probabilmente Axel e Marlene erano ancora in casa, come anche il nonno: entrambi sembravano ammirarlo profondamente, soprattutto Marlene, perciò non era così sorprendente che spendessero al chiuso una giornata come questa per vederlo. 
Io, al contrario, mi ero catapultata fuori appena avevo sentito accennare al suo arrivo. Decisamente non avevo voglia di vederlo, e ancora meno di parlare con lui. Per fortuna erano tornate le belle giornate, altrimenti mi sarebbe toccato stare fuori sotto la pioggia o fingere un patetico malore pur di evitarlo; mi era andata bene, infondo. 
Stiracchiai le gambe, notando con la coda dell'occhio che anche le mie converse si erano inverdite e contemplando la vaga idea di schiacciare un pisolino proprio lì, dato che ero troppo stanca persino per pensare ancora a Gabriel. 
Stavo per chiudere gli occhi quando sentii bruciarmi la pelle.
“Ah!” esclamai, stringendomi il polso con l'altra mano, la pietra nera e impenetrabile. Sapevo che mi sarei scottata bruttamente la pelle se non fossi schizzata nella cappelletta vicina, ma continuai a restare immobile. Cassandra mi aveva spiegato che la zona era stata benedetta in ogni angolo, perciò sarebbe stato molto difficile entrare per i demoni; e, se anche fossero stati abbastanza forti da riuscirci, con tutti gli angeli che c'erano non sarebbero certo durati molto. Sarebbe stato stupido anche provarci, da parte loro.
Perciò, quella pietra non poteva brillare che per una persona.
Mi alzai, ignorando del tutto il bruciore che provavo ogni volta che il pendente si scontrava con la mia pelle, decisa a tornare di corsa alla villa, ma non fu necessario che muovessi un passo: a pochi metri da me, un bellissimo gatto dal manto nero e dai conturbanti occhi verdi mi osservava con il suo solito cipiglio compiaciuto. 
“Gabriel!”
Il felino fece un passo avanti e svanì, ritrasformandosi nell'alto e flessuoso demone dalla pelle bronzea e il sorriso furbo che conoscevo... con la sua consueta strafottenza.
“Al suo servizio, miss.” mi salutò, facendo un lieve inchino.
Sorrisi, incapace di trattenere l'entusiasmo: “Finalmente sei tornato! Si può sapere dov'eri finito? Sei sparito per giorni!” 
Nel mio piano iniziale avrei dovuto essere fredda e dura, per fargliela pagare di avermi lasciata sola in mezzo a tutti quegli angeli inquietanti ma, ovviamente, non mi riuscì: mio malgrado, avevo sentito troppo la sua mancanza.
“Un po' qui, un po' là..” divagò, avvicinandosi a me di qualche passo, le mani infilate nelle tasche dei jeans scuri. Per il caldo aveva slacciato un po' di più la camicia chiara, e mi trovai a seguire distrattamente il profilo del suo collo, parlando.
“Nemmeno tu vuoi dirmi che succede?” gli chiesi scocciata, tornando a guardarlo negli occhi.
Sogghignò, inclinando il capo a sinistra, sempre con quella sua strana abitudine di non battere gli occhi mentre parlava: “Ho dovuto sbrigare qualche... commissione, per il nonnino.”
Inarcai un sopracciglio, guardandolo dal basso. Mi sentivo sempre una nana con lui in giro, accidenti.
“E da quando lavorate assieme?”
Fece un altro passo, sempre più vicino: “Da quando abbiamo interessi comuni, se così si può dire.”
Era davvero un'impresa restare concentrata quando stava a un soffio da me, con quel profumo intenso, quello sguardo magnetico, le labbra scure. Mi sentivo andare a fuoco le guance, ma, per la prima volta nella mia vita, me ne fregai altamente.
“Anche tu vuoi proteggere l'intera umanità dalle forze del male, tenendo chiuse le Porte dell'Inferno?” lo canzonai, sapendo bene che degli umani gli fregava ben poco. 
L'avevo capito, ormai.
Sorrise appena, sistemandomi distrattamente i capelli dietro l'orecchio, abbassando gli occhi: “Non proprio. È solo una l'umana che mi interessa.”
Era talmente vicino da tramortirmi, confondermi, togliermi il fiato. Non riuscivo a smettere di guardagli la bocca, la lingua mentre parlava... altre volte aveva usato il suo fascino contro di me, ma non mi ero mai sentita così. Forse, fu anche per questo che non tolsi il braccialetto: in un certo qual modo, il bruciore che mi provocava era la manifestazione esterna di quello che Gabriel mi stava facendo provare. E... beh, mi piaceva, parecchio.
Non mi ero mai lasciata andare come in quel momento. 
Ma lui era un demone. Non potevo fidarmi. Non dovevo.
“Ci tieni così tanto alla mia anima?”
Mi accarezzò la guancia con la punta delle dita, guardandomi attentamente, e appoggiò la fronte contro la mia. La sua pelle era fredda.
“Non nel senso che intendi tu.”
Mi tremavano le gambe, così tanto che ero sorpresa di riuscire a stare in piedi. 
Non era mai stato così serio, così intenso. E non mi era mai sembrato così sincero. 
È un demone, scema. Sta mentendo, è ovvio... no?
No. Non era ovvio nemmeno un po'. 
Teneva gli occhi chiusi adesso, e le ciglia scure gli sfioravano le guance per quanto erano lunghe. 
“Gabriel...”
“Mmh..”
“Per favore, devi dirmi che succede.”
Aprì gli occhi, incontrando i miei: “D'accordo. Ma voglio qualcosa in cambio.”
Lo guardai storto: “Non ho intenzione di venderti la mia anima una seconda volta, sappilo.” sbuffai, non potendo credere alle mie orecchie.
Scosse la testa: “Non intendo siglare nessun altro Contratto con te, Alice. Mai più, te lo prometto.”
Appoggiai una mano sul suo petto, reprimendo il brivido che mi percorse la schiena a quel contatto, e lo allontanai un po' da me. Dovevo restare lucida.
“E quanto potrà mai contare la parola di un demone?”
Le sue labbra si tesero in un sorriso incerto, che non animò i suoi occhi, di colpo duri e freddi: “Non ti fidi proprio, vero? Devo dire che, per averci messo solo quattro giorni, i pennuti ti hanno addomesticato bene.”
Strinsi la mascella, offesa: “Non ho nulla a che spartire con quella gente, Gabriel. Cerco solo di essere meno stupida e ingenua, questa volta.”
Ci fissammo in cagnesco per qualche secondo, prima che lui sospirasse e infrangesse il silenzio: “Come ti ho già detto, i demoni non sono liberi di entrare e uscire dall'Inferno, ma devono seguire delle regole. A quanto pare, alcuni devono essersi stancati di doverle rispettare, e vogliono aprire le Porte dell'Inferno per avere libero accesso al mondo umano. Le regole, Alice, esistono per una ragione precisa; se questi pazzi avessero successo, sarebbe il caos.”
Annuii: “Questa parte la so. Volevo sapere cosa sei andato a fare per conto del nonno.”
Sollevò un sopracciglio al mio tono saccente, facendomi arrossire dalla vergogna, e infilò di nuovo le mani in tasca: “Per gli angeli non funziona come i demoni. È assai raro che possano scendere dal P...” si interruppe e contrasse il viso in una smorfia: “Beh, hai capito. Sono molto pochi, quindi. In caso si arrivasse ad uno scontro, pur non sapendo con esattezza il numero degli avversari, non mi sorprenderebbe se si trovassero in minoranza. Perciò, sono andato a cercare man forte dove ero certo di poterne trovare. Inoltre, avevo bisogno di alcune informazioni utili.”
Di nuovo, annuii, e abbassandomi lentamente tornai a sedermi contro l'albero. Con la mano battei per terra, e lui si mise vicino a me, spalla contro spalla, la sua lucida scarpa nera contro la mia azzurra, macchiata di verde. 
“Ti fai aiutare da altri demoni?”
“Si... c'è chi mi deve dei favori.” 
Mi girai a fissarlo, studiando il suo profilo; la fronte dritta, gli occhi felini socchiusi, persi nel vuoto, quel naso un po' lungo, le labbra scure e sottili, la mascella tesa, il collo... era davvero bello da morire. 
“Scusa se ti ho trattato male prima..” mormorai, dispiaciuta.
“Mmh... finite le domande?” 
“Per ora si. Ma sono davvero dispiaciuta, Gabriel... ah aspetta! Ma io come... insomma, come devo chiamarti?” chiesi, rendendomi conto di stare usando ancora il nome del nonno.
Si girò verso di me, ridacchiando: “Come preferisci tu... mica mi offendo.” e ammiccò, divertito. 
Arrossii e gli sorrisi a mia volta. 
“Comunque.. quante domande hai fatto?” chiese, appoggiando una mano sulla mia guancia girandosi verso di me, più vicino di quanto pensassi. Mi fermò il mento con una mano, impedendomi di guardare altrove. Deglutii, riconoscendo in lui quella tensione felina che mi faceva perdere la testa.
“Cos.. non so, un paio forse..”
Il mio cuore perse un battito quando capii che quel suo sguardo famelico era rivolto alle mie labbra. 
Oh cazzo. E adesso?
“Erano tre. Nemmeno così tante, e hai già perso il conto? Perdere colpi alla tua giovane età è preoccupante...” sussurrò, sempre più vicino.
Il suo profumo in intontiva talmente che non riuscii a reagire alla provocazione... accidenti, perché era così maledettamente sexy?
“Che... che importa delle domande?” balbettai, quasi senza fiato.
Sentii le sue dita scorrere tra i miei capelli, intrecciandovisi. 
Non respiravo più.
“Ti avevo detto che avresti dovuto darmi qualcosa in cambio...”
Le sue labbra erano a un soffio dalle mie. 
“Io non ho mai...” 
“Lo so, miss. Lo so.”
Poi mi baciò.
Dio.

  
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