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Autore: Driger    15/10/2004    3 recensioni
Kai, una persona fredda. Yuka, una persona ancora più fredda. Le loro strade si incrociano, per poi separarsi... o continuare insieme?
Questa è la mia vecchia "Ice People".. Ne ho cambiato il titolo, alzato il rating e apportato delle migliorie all'intera storia.
Genere: Romantico, Triste, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 Kai era alquanto nervoso. Stava andando a casa Hiwatari, la casa dove abitava suo padre... Il genitore l'aveva convocato per un'importante questione familiare, che a Kai non interessava affatto. A lui non importava un bel niente della sua famiglia, nè voleva più averci a che fare; era anche per quello che aveva deciso di andare a vivere da solo. Ma decise ugualmente di andare a sentire cosa avesse da dirgli il padre.
Quando arrivò alla grande villa fu accolto dal maggiordomo con un inchino.
- Bentornato, signorino. -
Kai non lo degnò di uno sguardo, si limitò solo a chiedere con tono scocciato:
- Allora? -
Il maggiordomo quindi lo condusse al cospetto del padre.
L'uomo, Susumu, stava nel suo studio, seduto su una poltrona di pelle. La porta dello studio si aprì, e il figlio fece il suo ingresso all'interno.
- Ciao, Kai. Prego, accomodati. -
Il ragazzo non aveva un gran voglia di parlare, ma questo non gli impedì di rispondere al padre.
- Non ho bisogno del tuo permesso per sedermi in casa mia. - disse stizzito.
- Ah, così la consideri ancora casa tua? Non lo pensavo, dal momento che te ne sei andato di qui.. -
Kai si sedette su una poltrona uguale a quella dove era seduto il genitore.
- Non sono qui per sentire le tue lamentele. Cosa vuoi? -
Il padre si alzò dalla poltrona e andò davanti alla grande porta a vetri che dava sul vasto giardino.
- Vedi, come ben sai tu sei l'ultimo di questa famiglia. -
- E allora? -
Kai era spazientito: sapeva che ciò che gli sarebbe stato detto non gli sarebbe piaciuto, e per questo voleva che il padre sputasse il rospo subito, senza proloqui e inutili giri di parole.
- La nostra è una famiglia prestigiosa, la Hiwatari. E' una delle più importanti del Giappone, anche perché possiede la Hiwatari Enterprise, una delle più grandi ditte del nostro Paese. -
Si voltò poi verso il figlio, e continuò il discorso.
- Perciò bisogna portare avanti il nostro cognome ancora per molto tempo. E tu sei l'unico che può farlo. -
Kai inarcò un sopracciglio. - Che vuoi dire? -
- E' semplice. Tu devi presto sposarti e mettere su famiglia. - disse con tono tranquillo, come se quello che aveva detto fosse la cosa più naturale del mondo.
Kai si alzò dalla poltrona, sperando di aver capito male. - Starai scherzando, non è vero? -
- Io non scherzo mai, dovresti saperlo. -
- E tu dovresti sapere che io non accetterò mai una richiesta del genere. -
A questa affermazione, Susumu scosse il capo.
- Ma questa non è una richiesta, è un'imposizione. - disse, facendo assumere a Kai un'espressione torva.
- Sia quel che sia, io non accetterò mai. - disse sibilando.
- Ti ricrederai non appena vedrai la ragazza che ho scelto per te. -
Kai spalancò gli occhi. - Cosa?! L'hai portata qua? -
- No, ma ho organizzato un incontro stasera per voi due, nel quale potrete conoscervi. -
Kai non rispose nemmeno, girò i tacchi e aprì la porta dello studio.
- Dove credi di andare?! - esclamò il padre.
- Stai sprecando il tuo tempo con me, sappi che non farò mai i comodi tuoi. -
Il ragazzo se ne andò in fretta, dopo aver sbattuto la porta.
Camminando a passo spedito per il corridoio, un solo pensiero di rabbia gli frullava in testa.
"Gli viene in mente che sono suo figlio solo quando gli fa comodo... solo per la famiglia... Ma chi se ne frega, che vada al diavolo! Lui e la mia famiglia!"
Kai non era mai stato orgoglioso di portare quel cognome, perché i membri della sua famiglia erano tutti degli individui subdoli e meschini, suo nonno per primo.. Non lo avrebbe mai perdonato per come lo aveva trattato durante la sua infanzia e adolescenza.
Era ormai uscito dalla tenuta Hiwatari e stava continuando a camminare a passo veloce e molto nervoso, quando in lontananza vide una ragazza. Vista da dietro sembrava quasi la yankee-gal, ma non era possibile che fosse proprio lei: portava un serio vestito scuro e i capelli raccolti in una coda di cavallo. Non poteva essere lei, doveva essere qualcuno che le somigliava, si diceva Kai... Ma presto il blader dovette ricredersi: la ragazza si fermò davanti ad un fioraio e, dopo aver domandato un mazzo di fiori, si voltò nella sua direzione.
Kai si nascose prontamente dietro un angolo per non farsi vedere; fece un po' di fatica, ma la riconobbe: era proprio Yuka! Piuttosto strana la cosa, come poteva essere che lei andasse in giro conciata in quel modo così serioso e che comprasse addirittura dei fiori?
"Vorrei proprio sapere dove sta andando.", pensò. Poco dopo la ragazza comprò un mazzo di crisantemi e si mise in cammino. Kai, preda di una strana curiosità, decise di seguirla.
Yuka stava camminando a passo lento, che Kai manteneva a distanza di sicurezza, però. Non voleva essere scoperto da lei: che figura avrebbe fatto se lei si fosse accorta di lui?
Poco dopo lei arrivò in un posto particolare, un posto effettivamente adatto al suo modo di vestire.
- Cosa? Un cimitero? - disse Kai a bassa voce.
Il ragazzo si fermò all'entrata di quel posto, indeciso se continuare o no a seguirla. Si diede dello stupido per aver deciso di pedinare Yuka, dopotutto non erano affari suoi quello che lei faceva. Non avrebbe dovuto cedere alla curiosità.
Stette per voltarsi e andarsene, ma un momento prima vide che lei si fermò poco distante; si accucciò di fronte una lapide e mise i fiori appena comprati in un vaso, che aveva riempito d'acqua. Poi strinse le mani al petto, iniziando a far scorrere veloci alcune lacrime, lacrime che Kai chiaramente non riuscì a vedere.

Yuka era di fronte alla tomba del suo ragazzo ucciso in quel maledetto pomeriggio di due anni prima... Ripensava ai bei momenti trascorsi col suo Ryo, e in poco tempo scoppiò a piangere, inginocchiandosi a terra.
- Ryo... sigh.. mi manchi... devo essere forte, ma... non ci riesco.. sigh.. senza di te.. -

Kai la stava guardando stupito: a quel punto si era accorto che lei stava piangendo disperatamente.. Chissà, probabilmente lei non era in realtà così fredda come dava a vedere. Ma per quale motivo invece si mostrava così aggressiva?
A quel punto aveva visto abbastanza; aveva soddisfatto la sua anomala curiosità, e quindi decise di andarsene.
Fece ritorno a casa sua, l'unica che potesse essere davvero "sua": lì era solo, e ci stava bene. Già, lui stava bene da solo: nessuno in giro che lo disturbasse, che si impicciasse degli affari suoi. Non soffriva mai di solitudine, lui stava bene così; e non gli importava se gli altri lo consideravano un asociale. Dopotutto, lui lo era.

Yuka intanto tornava a casa, asciugandosi le lacrime che, ogni tanto, continuavano a bagnare le sue guance. Quando tornò al suo appartamento, notò che la porta d'entrata era aperta. Immediatamente si spaventò: se la porta era aperta significava che qualcuno l'aveva forzata, non vi erano dubbi. Si sarebbe trattato certamente di un ladro.
"Mi spiace, ma hai sbagliato posto. Qui non c'è niente." pensò la ragazza, rincuorandosi del fatto che in casa sua non c'era niente di prezioso da rubare. Ma era comunque un po' timorosa del fatto che il ladro potesse essere ancora all'interno dell'appartamento; si fece comunque coraggio ed entrò, decisa ad affrontarlo.
Camminava piano piano, guardandosi intorno. Fece un giro d'ispezione nella casa, ma notò che stranamente era tutto a posto. Forse il ladro non aveva effettivamente trovato niente di interessante e se n'era andato. Rassicurata afferrò la maniglia della porta di camera sua per entrarci, ignorando chi potesse esserci dietro quella porta...
  
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