22 dicembre
Erano
successe tante cose negli ultimi giorni.
Annabeth
aveva setacciato l’America, ma non aveva trovato alcuna
traccia. Aveva
bestemmiato contro Era così tante volte che ormai il cielo
non tuonava nemmeno
più.
Quattro
giorni prima, il diciotto, Annabeth si era svegliata con la
consapevolezza che
anche questa volta il suo ragazzo avrebbe dimenticato il loro
mesiversario. E
dubitava che sarebbe riuscita a trovarlo in tempo per ricordargli che
erano
passati esattamente quattro mesi dal suo compleanno e dal giorno in cui
si
erano messi insieme. Dopo essere rimasta dieci minuti a letto a
pensarci, si
era mentalmente sgridata. Non sei mica
una figlia di Afrodite, Chase. Non è tempo di fare le
sentimentali, abbiamo un
eroe da rintracciare.
La chiave
di tutto, la risposta al problema di Annabeth, così come
l’aveva chiamata
appunto la regina degli dei, ce l’aveva Jason.
L’aveva sempre avuta, solo che non
la ricordava.
Il ventuno,
Jason, Piper e Leo erano tornati dalla loro impresa e il Campo si era
riunito
in concilio.
Il segreto
era stato svelato.
Esistevano
altri dei.
Altri
semidei, anche.
Persino un
altro campo.
Percy era
lì.
Annabeth e
Jason erano sorprendentemente arrivati alla stessa identica
conclusione, che
agli altri inizialmente era parsa strana ed improbabile.
I due campi
dovevano unire le forze per combattere l’esercito di Gea,
questo era nella
profezia.
Annabeth
avrebbe voluto partire all’istante per il campo romano,
rapire Percy e
riportarlo a casa, ma tutti la trattennero,
Chirone la prese per un braccio, e con la sua voce
profonda che non
ammetteva repliche o domande e quegli occhi antichi quanto gli dei
stessi, le
disse semplicemente “Non è ora. Il momento non
è ancora giunto.”
Avrebbero
dovuto costruire una nave, l’Argo II
prima di salpare, poi lei, Piper, Jason e Leo sarebbero passati per il
Campo di
Giove a prendere Percy e la restante parte dei sette
e la profezia si sarebbe avverata, ormai era tutto abbastanza
chiaro.
E il
sentimento dominante dei sei mesi successivi nella vita di Annabeth
divenne la
frustrazione.
Ma facciamo
un passo indietro.
Il
pomeriggio del ventuno dicembre dopo il concilio al Campo Mezzosangue,
Annabeth
era corsa a Manhattan.
Quando
arrivò all’appartamento Jackson –
Blofis, suonò il campanello pregando con
tutta se stessa che Sally fosse a casa. Si vede che anche durante il
concilio
degli dei, qualcuno ascoltò le sue preghiere,
perché dopo meno di un minuto, la
mamma di Percy aprì la porta.
“Annabeth
–
tesoro finalmente! Erano giorni che aspettavo tue notizie!”
il resto si perse
nell’abbraccio che seguì.
Visto che
Annabeth era il suo unico contatto con il Campo, da quando la ragazza
era
partita per le ricerche, Sally non aveva saputo più nulla.
La preoccupazione
era palese nel suo viso e nel suo corpo. Si vedeva che negli ultimi
nove giorni
Sally non aveva mangiato granchè, perché aveva un
aspetto pallido e malaticcio,
ed era decisamente dimagrita. Gli occhi le si erano riempiti di
lacrime, così
Annabeth si affrettò a dirle “L’abbiamo
trovato,“ Poi fece un breve excursus
sull’esistenza di semidei romani e proseguì
“Si trova all’altro campo, ma non
abbiamo idea di come lo stiano trattando e in che condizioni sia. Ma
è vivo,
Sally, sta bene.”
~
Annabeth si
trovava sulla riva del lago, –perché nonostante
cercasse di negarlo, stare
vicino all’acqua la faceva sentire più vicina a lui– con un cestino di biscotti
blu fatti insieme a Sally e il PC
aperto sulle ginocchia. Ad un tratto, mentre era intenta a studiare una
particolare tecnica di costruzione che Dedalo le aveva lasciato,
sentì dei
passi avvicinarsi alle sue spalle, e di riflesso si voltò.
La persona
avanzava a passo lento ma sicuro, come se avesse a disposizione tutta
l’eternità – che in effetti aveva.
“Ancora
a
crucciarti, Annabeth?”
“Thalia!”
la più piccola si alzò e le si gettò
fra le braccia.
Qualcosa
scattò nel suo cervello e Annabeth strabuzzò gli
occhi come se avesse appena
ricordato un dettaglio terribilmente importante.
“Dii immortales, Thals, auguri!”
“Sapevo
che
non ti saresti dimenticata,” le rispose la maggiore con un
sorriso.
“Quante
candeline vuoi che metta sulla torta? Tecnicamente hai ventidue anni,
senza
contare il periodo da pino ne hai diciotto…”
“Dimentichi
che sono immortale, Annabeth,” le fece una linguaccia, poi
continuò “Non sono
qui per festeggiare. Ho chiesto ad Artemide un permesso con la scusa
del
compleanno, ma in realtà sono qui per te. Sono stata una
pessima amica in
questi giorni, avrei dovuto starti accanto, ed è quello che
farò d’ora in poi.
Le mie Cacciatrici possono cavarsela da sole per qualche
giorno.”
Annabeth fu
molto colpita.
“Thalia
davvero, sto bene. Adesso che sappiamo dove-”
esitò, ma non pronunciò il nome “-si
trova sto molto meglio… non c’è bisogno
che ti allontani dalle ragazze. Falle
venire qui e festeggia anche con loro. Sono la tua nuova famiglia,
dopotutto.”
Aveva detto
l’ultima parte con un po’ di astio, senza volerlo.
Forse perché l’ultima volta
che Thalia si era scelta una famiglia, era andato tutto a rotoli. Era
diventata
un pino. Luke era diventato cattivo. Poi lei era tornata umana, ma
aveva
rinunciato alla vita del Campo, abbandonando Annabeth e mettendosi al
servizio
di Artemide.
“Tu e
Jason
siete la mia famiglia,” le disse sorridendo, quasi avesse
capito a cosa stava
pensando.
Già,
era
stato scioccante scoprire che Jason e Thalia erano fratelli. Lei figlia
di Zeus
e lui di Giove, ed entrambi figli della stessa donna mortale.
“D’accordo,”
sussurrò Annabeth stringendosi nell’abbraccio.
“Ti va un biscotto?”
Finchè
aveva Thalia si sentiva più forte, più protetta.
Alla fine
le Cacciatrici erano venute lo stesso al Campo, occupando
l’altrimenti vuota Cabina
8, e Chirone aveva indetto il consueto gioco di Caccia alla Bandiera.
Loro erano
circa una trentina, che equivaleva al numero di semidei che si
trovavano al
Campo Mezzosangue per le vacanze di Natale.
Se non
fosse stato per la visita delle immortali, Annabeth non avrebbe nemmeno
preso
parte al gioco, ma Clarisse e Jason (eletti co-capitani) non avevano
intenzione
di perdere e la nominarono stratega della squadra. Inutili le sue
proteste perché tanto contro le
immortali non si
vinceva, i due la costrinsero comunque a stilare un vero e
proprio piano di
battaglia. Mentre per Piper e Leo quella era la prima partita, Jason
ricordava
di aver partecipato a giochi simili al Campo di Giove. Era uno abituato
a
vincere, Jason. Abituato ad essere rispettato da tutti, in quanto
figlio del re
degli dei. Perciò fu uno shock per lui quando, dopo circa un
quarto d’ora dall’inizio
della partita, una Cacciatrice, gli pareva il suo nome fosse Phoebe,
prese
vittoriosa la bandiera del Campo. Lui era impegnato in uno scontro con
Thalia,
e benchè sua sorella non volasse come lui (forse
perché soffriva di vertigini, comunque
non ci aveva mai provato) Jason doveva ammettere che era proprio brava.
Fu
momentaneamente distratto dall’urlo di vittoria delle
Cacciatrici e Thalia
sfruttò l’occasione per disarmarlo e buttarlo a
terra, tutto con una sola
mossa.
“Beh,
fratellino. Combatti bene, ma attento a non farti distrarre.”
“Solo
perché
è il tuo compleanno,” le rispose cercando di
nascondere il senso di offesa per
essere stato sconfitto così facilmente.
“Sì
certo,
come no,” rispose lei aiutandolo ad alzarsi.
~
“Mi
dispiace ragazzi, ma ve l’avevo detto. Contro le Cacciatrici
non si vince. E’
matematico. Sono più di settant’anni che il Campo
perde ogni partita contro di
loro,” stava ripetendo Annabeth ai compagni di squadra.
“Ma
non
capisco. Il tuo piano era perfetto. Una difesa inespugnabile ed un
attacco
ottimo. Siamo tutti semidei abbastanza dotati, mentre tra di loro
c’è
addirittura qualche ragazza umana e qualche ninfa… pensavo
che l’unica di cui
preoccuparsi sarebbe stata mia sorella,” disse Jason
crucciato.
“Jason,
cosa ti sfugge della parola immortali?”
cercò di calmarlo Piper.
Erano
carini insieme, pensò Annabeth. Ma non aveva ancora capito
se erano diventati
una coppia per davvero. Era sicuramente solo questione di tempo.
D’altra parte
si conoscevano da meno di due settimane, per quanto i ricordi di Piper
fossero
illusori per via della Foschia.
“Sì,
insomma possono comunque morire in battaglia. Però sono
più veloci e più forti
dei semidei normali, sono caratteristiche che acquisiscono con
l’immortalità
dopo il giuramento ad Artemide. Ma non hanno una vera e propria
strategia.
Agiscono come un branco di lupi. La forza del branco sta nel lupo, e la
forza
del lupo sta nel branco.*,” spiegò Annabeth che
era entrata in modalità
enciclopedia.
Se Jason
era offeso e dispiaciuto, Clarisse era proprio arrabbiata.
“Comunque
dov’è Clarisse?” chiese Leo, ancora
esaltato per la partita. Giacchè era
innamorato di metà Cacciatrici, andava in giro dicendo di
averle fatte vincere
apposta. Era senza speranza, pensò Annabeth.
“E’
andata
nell’arena. Ora sta probabilmente tagliando le teste a tutti
i manichini
immaginando che siano le Cacciatrici,” rispose Chris
Rodriguez, il suo ragazzo.
“Forse è meglio che la raggiunga,”
salutò tutti con un cenno della mano e uscì.
“Beh
ragazzi, forse è meglio che andiamo a darci una ripulita
prima del falò,” disse
Annabeth togliendosi del fango dai capelli, “Voglio che sia
perfetto per il
compleanno di Thalia stasera.”
~
Con il
getto della doccia su di sé, Annabeth potè
constatare di essere decisamente più
tranquilla. Sapeva che Percy era vivo. Sapeva perfino dove si trovava.
Lasciò
che l’acqua fredda la calmasse e decise che per una sera
poteva sentirsi più
rilassata. Dopo giorni in cui non aveva dormito né mangiato,
pensò che il
peggio era passato.
~
Nonostante
fosse risaputo che le Cacciatrici non amassero stare al Campo
Mezzosangue,
soprattutto per via della presenza di molti semidei maschi, quella sera
fecero
un’eccezione e sembravano genuinamente divertirsi mentre
festeggiavano la loro leader.
Le fiamme del fuoco erano più alte del solito e il loro
riflesso brillava nel
lago poco distante.
Come
sempre, furono i figli di Apollo a cominciare a cantare, ma poi il
resto dei
semidei si unì a loro e intonarono tutti Tanti
Auguri in coro ad una felicissima Thalia, seduta tra Annabeth
e Jason.
Dopo
qualche minuto di festeggiamenti, arrivò anche un satiro con
la torta.
“Grover!”
gridò Thalia correndo ad abbracciarlo.
“Scusa
il
ritardo, Faccia di Pino.”
Annabeth
dovette presentare Grover a Jason.
“Wow,
ragazzi. Non vi assomigliate per niente,” disse guardando
Thalia e Jason.
Il cielo
tuonò.
“Apparte
per gli occhi,” si affrettò ad aggiunger Grover,
guardando in su con aria di
scuse.
Tutti
scoppiarono a ridere.
~
Si era
proprio divertita quella sera, era stato proprio bello da parte di
Thalia voler
festeggiare al Campo con tutti i suoi vecchi amici.
Ma ora,
nella solitudine delle pareti azzurre della Cabina 3, circondata dal
perenne
profumo di mare, Annabeth non riusciva a non pensare a Percy, e a
quando si
sarebbero finalmente rivisti.
Rimani
lì, Testa d’Alghe. Vengo a
prenderti.
Angolo
autrice: eccomi qui! Non ho molto da aggiungere sul capitolo, se non
che adoro
il personaggio di Thalia, la reputo una ragazza molto forte.
Spero che a
questo punto anche chi non l’aveva già letto in
inglese abbia avuto modo di
leggere L’Eroe Perduto, vorrei sapere che ne pensate J
Ditemi
anche che ve ne pare del capitolo, sono curiosa di sapere se vi
è piaciuto.
* “La
forza
del branco sta nel lupo, e la forza del lupo sta nel branco”
è un verso tratto
da una poesia di Rudyard Kipling.
Un bacione
e alla prossima,
Ginny_theQueen
♥
PS:
qualcuno
ha Twitter? O Tumblr? Voglio seguire un po’ di gente :3