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Autore: Frappesca    08/09/2013    1 recensioni
Violet ha diciotto anni, ricci capelli rossi indomabili, occhi color nocciola, e una marea di problemi da dover affrontare ogni giorno.
Tra Steve, il bulletto della scuola che la tormenta in continuazione, e Robert, il ragazzo di cui è innamorata ma che non ricambia questo suo sentimento, Violet inizia a voler mandare tutti a quel paese e voler pensare solo a se stessa.
Ed è quello che fa.
Stop con i mal d’amore e basta col farsi mettere i piedi in testa.
La nuova Violet sarebbe stata forte, sicura di sé, indipendente e soprattutto combattiva.
E chissà se sarebbe stato proprio questo suo nuovo modo di agire a farle conoscere l’amore ...
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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I am a fighter



3. Why?
 
 
Finalmente si decise a parlare fermando la corsa spericolata che stava percorrendo il treno dei miei pensieri.
 
 
«Sei in gamba, Violet. Lo eri già ai tempi delle medie, ma ora lo sei ancora di più.» Mi disse incurvando leggermente le labbra.
Dio, quando lo faceva mi scioglievo letteralmente di fronte a lui.
E poi il modo in cui pronunciava il mio nome …
Cavoli, il mio cuore non avrebbe retto ancora per molto, soprattutto se le sue intenzioni erano quelle di farmi altri complimenti.
«Grazie …» Sussurrai guardandomi le ginocchia, con le guancie leggermente imporporate e un sorriso spontaneo sul mio volto.
Rimanemmo ancora in silenzio ed io mi imbambolai osservando i suoi bellissimi occhi, con i miei che probabilmente erano diventati a forma di cuoricino.
Ma questa volta il nostro silenzio venne ben presto interrotto da una ragazza dalla lunga e liscissima chioma bionda che si posizionò di fronte al tavolo guardando prima Robert e poi me.
«Ciao Robert!» Disse mostrando il suo sorriso perfetto e sporgendosi verso di lui per dargli un bacio sulla guancia.
A quel gesto ritornai sul pianeta terra, togliendomi quell’aria incantata e trasognata che avevo guardando Robert.
«Hey Brittany! Che sorpresa, sei già qui!» Disse lui guardandola completamente catturato dai suoi occhioni azzurri.
«Eh già, ma a quanto pare ho interrotto qualcosa …» Rispose guardandomi e rivolgendomi un sorriso falsissimo, che assomigliava più a una smorfia.
Io guardai confusa Robert, il quale invece sembrava essersi improvvisamente dimenticato di me.
«Oh no! Lei è una mia vecchia compagna di scuola, si chiama Violet! L’ho incontrata qui per caso perché non c’era nessun altro posto libero!»
Vecchia compagna di scuola? Vecchia compagna di scuola?!?!?! E’ così che mi definisce?!?!
E’ la verità, idiota! Voi due non vi parlate da quando è finita la terza media, svegliati! La vostra è stata un’amicizia superficiale ai massimi livelli!
Ti prego, non dirmi questo testolina mia! Sei proprio acida, vuoi smetterla di essere così razionale?
Dico solo la verità.
E lasciami un po’ sognare! Sai benissimo che sono una sognatrice con la testa tra le nuvole ventitre ore su ventiquattro a farmi i film mentali!
Lasciando perdere questi piccoli discorsetti tra me ed il mio cervello, la biondina prese posto di fianco a Robert ed i due iniziarono a parlarsi guardandosi intensamente negli occhi e senza degnarmi della minima attenzione, come se non esistessi affatto.
Osservai Brittany, portava dei mini pantaloncini e una canotta super scollata con sopra una felpa aperta.
Premetto che non ero mai stata una persona con molti pregiudizi, però andare in giro in quello stato mettendo tutto in mostra, tra l’altro con quel freddo autunnale … insomma, mi dava l’impressione di una di facili costumi, per non essere volgare.
E non lo dico solo perché era a cinque millimetri di distanza dal volto di Robert, che sia chiaro!
Mi sentii a dir poco imbarazzata e inappropriata, insomma il terzo incomodo che non sa mai come comportarsi.
Era ovvio che quella Brittany fosse la sua fidanzatina, quei due non facevano altro che scambiarsi sguardi amorevoli e sussurrarsi parole dolci.
Anche se una parte di me, o meglio, una grande parte di me sperava il contrario, nonostante l’atmosfera zuccherosa che avvolgeva quei due. 
Avrei voluto sprofondare!
Nei miei film mentali Robert era sempre single e non avevo nemmeno considerato la possibilità che potesse avere una ragazza!
Che poi non capivo cosa potesse trovare in una tipa del genere.
Insomma, si capiva lontano un chilometro che era una troietta e che Robert sarebbe stato il suo giocattolino di turno per qualche settimana.
Poi quando si sarebbe stufata di lui, lo avrebbe abbandonato al palo, doveva essere senz’altro così!
O magari sono semplicemente due ragazzi innamorati che se ne fregano dei film mentali di una fuori di balcone come te!
Ehi! Ma come ti permetti! Stai al tuo posto e non ribellarti cervello mio!
«Ehm … Io ora vado …» Affermai non potendo più sopportare quella situazione. 
Loro non mi degnarono nemmeno di uno sguardo o di una parola.
Non feci in tempo a prendere la borsa e alzarmi che quando mi voltai vidi Brittany che prese il volto di Robert tra le sue mani e poi lo baciò con passione senza dargli il tempo per respirare.
Lui ricambiò senza protestare e fece scorrere le sue mani lungo la schiena di lei.
Abbassai lo sguardo e mi allontanai da quel tavolino il più velocemente possibile.
Se prima era solo stato ferito ora il mio cuore era completamente spezzato.
Anche quella minima speranza di poter avere una sola possibilità con Robert era svanita lasciando in me il vuoto più totale.
Mi fiondai fuori dal locale nonostante stesse ancora piovendo a dirotto.
Ciò che mi importava in quel momento era solamente allontanarmi il più possibile da quel luogo.
Inizialmente non provai dolore, perché era stato sovrastato dall’immensa quantità di rabbia che stava iniziando a ribollirmi dentro.
Rabbia verso me stessa perché ero così scema da continuare ad andare dietro ad uno che non mi aveva mai notata e mai l’avrebbe fatto.
Uno che stava insieme a quel genere di ragazza che io mi ero ripromessa di non diventare mai.
Uno che semplicemente mi stava rovinando la vita senza nemmeno accorgersene.
 
 
 


Dopo aver camminato per qualche minuto sotto la pioggia come un’idiota, i miei piedi mi portarono direttamente sotto casa di Sophie.
Citofonai e fortunatamente era in casa.
«Che diamine ci fai qui completamente bagnata?» Mi chiese non appena mi vide.
«Se mi fai entrare te lo spiego. E se magari avessi un ricambio da prestarmi …»
«Certo. Entra prima di beccarti una polmonite!»
Non appena fui del tutto asciutta entrambe salimmo in camera di Sophie, dove lei si lasciò cadere sulla poltrona girevole della sua scrivania, mentre io mi sedetti sul letto poggiando la schiena contro il muro che c’era dietro.
«Odio Robert.» Dissi di getto come prima cosa con voce atona e lei mi guardò con un sopracciglio alzato.
«Che novità. Lo odio anche io, sai? Da tanto tempo. Ogni volta che lo vedo, mi verrebbe voglia di buttarlo giù da un palazzo. E sai perché? Perché tu sei un’idiota!»
La guardai leggermente confusa.
«Certo … La tua affermazione ha un ottimo filo logico …» Dissi sarcastica mentre mi grattavo la testa con una mano.
«Quello che voglio dire è che lui ti sta facendo soffrire sempre di più, e per questo lo odio, ma la colpa è solo tua! Non ti sei mai fatta avanti e non hai nemmeno cercato di dimenticarlo come si deve. E non tirar fuori la solita storia che ti sei messa con David per dimenticarlo perché, dai … Quanto ci sarai stata con David? Due mesetti al massimo e oltre al bacio a fior di labbra non ci sei mai andata!»
«Senti, David era carino e tutto, ma non mi andava di entrare troppo in intimità con lui! Non ero pronta.» Dissi subito sulla difensiva.
«Appunto! Perché non hai mai voluto dimenticare Robert!»Rispose alzando leggermente la voce.
Io mi zittii un attimo, capendo finalmente quanto vere fossero le sue parole.
«Hai ragione … - Le dissi con un sorriso amaro sul volto - Ma ora basta. Non voglio più star male per lui! Se una stupida biondina con le tette all’aria è quello che cerca … beh, allora che si tenga la sua stupida biondina con le tette all’aria! Io sono molto di più di quello!» Affermai con quella rabbia di prima che era tornata a fare capolino grazie anche alla ramanzina motivante di Sophie.
«Che c’entra ora “la stupida biondina con le tette all’aria”?» Mi chiese un po’ confusa, ma con un sorriso sulle labbra per via di quel mio improvviso spirito combattivo.
«Oggi pomeriggio l’ho incontrato da Starbucks, era al mio stesso tavolino perché non c’erano più posti. E poi è arrivata questa biondina, peggio di una barbie, e vestita in modo indecente. Pantaloncini inguinali e canotta super scollata, manco fossimo alle Hawaii … E niente, alla fine si sono baciati, lì davanti a me, senza nemmeno considerarmi per un secondo. E’ per questo che odio Robert.» Le dissi cercando di non sbraitare o di lanciare cose in giro come una pazza al solo pensiero di quei due insieme.
Sophie sgranò gli occhi e aprì la bocca in modo stupito.
«Wow … Cioè, wow! – disse poi mentre scuoteva leggermente la testa – Certo che oggi il tuo caro Robert si è superato in stupidaggine, idiozia e stronzaggine! Ma … Aspetta, quindi tu sei arrivata a casa mia correndo completamente bagnata sotto la pioggia per scappare da quello Starbucks e non farti vedere in lacrime dallo stronzo, immagino.»
«Ottima deduzione! Ma devo correggere un piccolo errore. Non ho pianto. E non lo farò. Mi avrà pure detto che sono una ragazza in gamba, ma ho promesso a me stessa che non soffrirò mai più per quel bel faccino.» Dissi più risoluta che mai.
«E quand’è che ti avrebbe detto che sei una ragazza in gamba?» Mi chiese con un sorrisetto strano sul volto continuando a girarsi sulla sua sedia girevole.
«Sempre oggi, sempre in quel maledetto Starbucks. In pratica gli ho raccontato quello che era successo oggi all’intervallo. E sai cosa pensava lui? Che io stessi con Steve! A quel punto ho capito che è un completo idiota. E poi mi ha detto che secondo lui sono una ragazza in gamba. Tutto qui.»
«Dio mio … Ok, senti, io credo sia arrivato il momento di iniziare la terapia “dimentica Robert in pochi semplici passi”. Posso garantire che la tua vita sarà mille volte migliore!»
«Forse è la volta buona che mi convinci … E in cosa consisterebbe questa famosa terapia?» Le chiesi mentre la guardavo alzarsi dalla sedia ed iniziare a camminare avanti e indietro per la stanza.
«Per prima cosa questo sabato sera dovrai uscire con me. Credo ci sia una festa a casa di un tipo con una villa enorme e ci sarà molta gente. Devi assolutamente venirci. Incontrare nuova gente ti farebbe benissimo e almeno ti divertiresti un po’!»
«Ok.» Le dissi di getto stupendo sia lei che me.
Non è che amassi le feste in discoteca o quelle super affollate in cui non riesci a muoverti di un millimetro senza urtare contro qualcuno o qualcosa … Ma se questo mi avesse aiutata a dimenticare Robert, allora sarei andata a quella festa.
«Che decisione! Mi piace! Vedrai, da sabato non saprai già più chi sia il tuo caro Robert!» Mi disse sorridendomi.
«Speriamo … Comunque, che mi dici invece di Philippe, il bel francesino?» Le chiesi sorridendo maliziosa.
«Non si è ancora fatto sentire …» Rispose arrossendo leggermente.
Io la guardai divertita ma allo stesso tempo comprensiva.
Shopie era una ragazza che non arrossiva mai.
Ma proprio mai.
E questo grazie all’immenso carisma che possedeva.
La sua sicurezza in qualsiasi cosa facesse infatti le aveva dato la fama di una ragazza con carattere, grinta e passione.
Non per niente era una delle rappresentanti d’istituto e la sua rubrica era lunga chilometri.
Sin da quando ero una bambina, io che ero tutto il suo opposto, l’avevo considerata come un modello da seguire, come ciò che anche io avrei voluto essere un giorno.
Non nascondo che c’erano stati giorni in cui l’invidia avanzava sempre più fino a farmi dimenticare l’ammirazione che provavo per lei, ma alla fine lei trovava sempre il modo per farmi sentire speciale facendo sembrare anche i difetti dei bellissimi pregi.
Comunque il fatto che quel Philippe la facesse arrossire ogni qual volta si parlasse di lui, mi fece capire che per lei era diverso da tutti gli altri, era qualcosa di più, forse l’amore vero.
«Però … avevo intenzione di chiedere anche a lui di venire sabato.» Mi disse ridestandomi dai miei pensieri.
«E’ un’ottima idea. Vedrai che farete faville insieme!» Le dissi avvicinandomi a lei e poggiandole una mano sulla spalla.
La abbracciai forte sorridendo all’idea che per almeno una delle due Cupido stesse facendo un ottimo lavoro.
 
 



Il resto della settimana passò abbastanza tranquillamente a parte le occhiataccie che mi rivolgeva Steve ogni qualvolta lo incontrassi per i corridoi.
Se avessi potuto tornare indietro all’intervallo del primo giorno di scuola, al posto di subire spaventata e con le lacrime che volevano scendere, gli avrei tirato una bella ginocchiata nei gioielli di famiglia e gli avrei dimostrato la ragazza forte che in realtà sono.
Peccato che mi fossi fatta prendere dal panico che mi aveva svuotato completamente la testa.
Comunque tra una cosa e l’altra era già venerdì ed io stavo aspettando poco fuori dalla mensa della scuola che Sophie arrivasse dal suo corso di chimica per andare a pranzare insieme.
La mensa era già gremita di studenti affamati, chi di cibo e chi invece di gossip.
Già, nella nostra scuola la mensa non era solo il luogo in cui pranzare, ma anche in cui le ragazze, e a volte anche i ragazzi, più curiosi si radunavano per spettegolare sulle nuove coppiette, sugli oscuri passati degli insegnanti e tante altre cose di cui sinceramente a me non importava proprio nulla.
Di solito erano due o tre i “tavoli dei pettegoli”, che non passavano inosservati, anzi si riconoscevano subito, e se, come me, eri un tranquillo studentello senza la minima voglia di essere il protagonista del nuovo scoop scolastico, ti conveniva stare alla larga da quei tavoli, in modo da non catturare la loro attenzione e da non essere la nuova mira dei loro discorsi.
Poi c’erano i tavoli degli sportivi, anche quelli da evitare a meno che non ti interessasse la telecronaca dell’ultima partita di calcio o i consigli da parte delle cheerleader su come perdere più chili in meno tempo.
Quando facevo parte della squadra di basket qualche anno prima avevo provato a sedermi al loro tavolo per qualche tempo, ma le ragazze non mi consideravano perché ero l’unico essere femminile della scuola a voler fare uno sport che tutti consideravano maschile, e i ragazzi invece si dividevano tra quelli che mi pigliavano per il culo, tra cui Steve, e quelli a cui invece facevo pena, si dispiacevano per me, ma non facevano nulla per difendermi.
E quindi dopo un po’ decisi di stare alla larga anche da quei tavoli.
Ma non è finita qui.
C’erano anche i tavoli degli “ansiosi”, ovvero quelli che per la troppa ansia dovuta da un compito scritto o orale si mettevano a studiare e ripassare anche mentre pranzavano inondando i propri tavoli di fogli, libri e appunti vari.
Anche quelli cercavo di evitarli, più che altro perché il solo vederli mi metteva addosso un’ansia tremenda.
E infine c’erano i tavoli di quelli a cui, come me, non piaceva essere classificati, ma che volevano semplicemente mangiare in pace con i propri amici.
«Ehi tu! Vieni un attimo, dobbiamo sistemare una piccola cosa!» Sentii qualcuno urlare dalla parte opposta del corridoio.
Io mi voltai di scatto, conoscendo fin toppo bene quella voce, e vidi la figura di Steve avanzare velocemente verso di me.
Indietreggiai di qualche passo in modo da essere più vicina al portone della mensa, sperando che rinunciasse a qualsiasi cosa avesse in mente considerando che praticamente tutta la scuola era radunata lì.   
«Credevo di essere stato chiaro l’ultima volta!» Disse ad alta voce mentre a grandi passi era già arrivato a meno di un metro da me.
Questa volta era solo ed io ero pronta a reagire.
Non si meritava le mie lacrime ancora una volta.
«Vieni con me! Devo chiarirti meglio alcuni concetti dato che non credo siano arrivati come volevo!»
Steve allungò la mano e mi prese un polso trascinandomi con forza verso la parte opposta del corridoio, da dove era arrivato.
Io mi opposi e con forza riuscii a liberare il mio polso dalla sua presa per poi tornare indietro.
«Che cazzo vuoi ancora da me! Lasciami in pace o giuro che inizio a urlare e faccio sapere a tutta la scuola il gran bastardo che sei!» Affermai ad alta voce, allontanandomi di qualche passo da lui e massaggiandomi il polso.
Non l’avrebbe avuta vinta un’altra volta, avrei fatto di tutto pur di togliergli quell’espressione strafottente che aveva in volto.
«Ti prego. Non renderti ancora più ridicola di quanto tu non sia già.» Disse Steve, riaccorciando le nostre distanze.
Di nuovo afferrò il mio polso, questa volta in modo più stretto, e nonostante io continuassi a tirare verso la parte opposta, Steve riuscì a trascinarmi fino a metà corridoio.
«E quindi .. Non sai tenere la bocca chiusa, eh?» Sussurrò all’improvviso dopo essersi girato verso me ed aver bloccato entrambe le mie mani con la sua presa.
Aveva scoperto che avevo detto a qualcuno ciò che era successo l’ultima volta.
Ma le uniche due persone a cui l’avevo detto erano Sophie, che sapevo non avrebbe mai fatto una cosa del genere, e Robert, a cui avevo pregato di non dire niente, ma di cui non potevo fidarmi completamente.
«Vuoi ancora minacciarmi? Vaffanculo, Steve. Non ho intenzione di giocare ai tuoi stupidi giochetti!» Dissi io, più convinta che mai, con la pazza voglia di tirargli uno schiaffo su quell’odiosa faccia.
«Non ne sarei così sicuro …» Disse in un sussurro mentre la sua mano libera andava a posarsi su un mio fianco, salendo lentamente fino a sotto il mio seno.
«Forse non mi conosci abbastanza …» Risposi mantenendo sempre il suo sguardo.
«Invece si.» Replicò nuovamente lui.
Non appena sentii le sue dita spostarsi sul mio reggiseno e vidi un ghigno divertito sul suo viso, alzai di scatto le braccia, tenute unite all’altezza dei polsi dall’altra sua mano, fino a colpire il suo mento.
Il colpo non fu violento, ma riuscì comunque a destabilizzarlo per qualche secondo, di cui io approfittai per liberarmi definitivamente dalla sua presa e allontanarmi.
Tornai con una corsetta di fronte al portone della mensa dove Sophie mi stava aspettando.
«Ehi ciao! Come mai così in ritardo?» Mi chiese non appena le passai di fronte, ma io non le risposi e mantenendo un passo veloce entrai in mensa continuando a guardarmi dietro di me.
Steve mi stava nuovamente per raggiungere, ma questa volta sembrava molto più incazzato, probabilmente a causa del suo orgoglio maschile ferito.
«Dove stai ...? Ehi! Mi vuoi aspettare? Che cavolo ti prende?» Chiese Sophie quando ormai mi ero già addentrata tra i tavoli cercando un posto per sedermi in cui potermi mimetizzarmi tra gli altri studenti e non farmi così trovare da Steve.
In quel momento lo vidi attraversare il portone della mensa e guardarsi intorno.
Anche io iniziai a guardarmi intorno cercando di trovare un nascondiglio più sicuro.
Quando mi alzai cautamente per allontanarmi ancora un po’ dall’entrata, Sophie si avvicinò a me con un volto non molto contento.
«La mia presenza ti da così tanto fastidio?» Mi chiese non capendo il perché di quel mio continuo scappare di qua e di là.
«Scusa, non posso parlare ora. Più tardi ti spiego tutto.» Risposi in fretta per poi sgusciare via un’altra volta ed andare qualche fila di tavoli più dietro.
Mi sedetti ad uno a cui era seduta una decina di studenti e mi imposi di calmarmi e di non lasciarmi prendere dal panico.
Anche se mi avesse trovata, cosa avrebbe potuto farmi? L’avrebbero visto tutti, perciò di sicuro ci sarebbe stato qualcuno che l’avrebbe fermato.
E poi, anche io ero in grado di difendermi e l’avevo dimostrato a me stessa poco prima.
«Violet!» Mi voltai non appena sentii qualcuno chiamare il mio nome.
A quella stessa tavolata rettangolare c’era Robert, che si era sporto per poter catturare la mia attenzione.
Sulla panca di legno su cui eravamo seduti, tra di noi c’erano due ragazze, perciò per poterlo vedere meglio dovetti sporgermi anche io, abbassando la schiena e allungando il collo.
Cavoli, ci mancava solo lui.
«Che ci fai qui?» Mi chiese alzando la voce per sovrastare quelle degli altri ragazzi.
«Non lo so.» Risposi nel modo più idiota possibile.
Lui si alzò, scavalcò la panca di legno e girò attorno al tavolo per sedersi accanto a me, dove c’era ancora un piccolo posticino.
«L’ultima volta te ne sei andata senza nemmeno salutarmi.» Affermò riferendosi al pomeriggio in cui per caso ci eravamo incontrati da Starsbuck.
«Beh … Ma in realtà io ti ho salutato. Forse … forse eri tu ad essere troppo impegnato per sentirmi.» Risposi continuando a guardarmi attorno con l’ansia di essere trovata da Steve.
«Mmhh … Ops, forse hai ragione tu. Allora credo di dovermi scusare. Il fatto era che avevo un appuntamento con Brittany. Stiamo insieme da qualche settimana.»
Ok. Che stava succedendo?
Perché Robert stava parlando con me per la seconda volta in una settimana?
E da dove veniva tutta quell’amichevolezza nei miei confronti?
«Credo fosse piuttosto chiaro.»
E perché io riuscivo a rispondere senza sparare cretinate?
Ma soprattutto perché c’era una mano sulla mia spalla?
Mi voltai di scatto non appena sentii quel contatto, sperando con tutto il mio cuore che fosse Sophie.
Ma le mie speranze furono vane, perché quella grossa e tozza mano era di Steve, i cui occhi bruciavano di rabbia.
  
   



Un piccolo angolino per me 
Ciaoo!
Come va la vostra vita?
La mia da schifo … Ho appena finito gli esami di riparazione (per fortuna sono stata promossa), tra poco inizia la scuola, ho tutti i compiti delle vacanze da finire e ho scritto un capitolo di cacca.
Non mi piace particolarmente e vi giuro che diminuirò drasticamente i dialoghi tra Violet e Sophie!
So che sono noiosi e fanno schifo, ma prometto che servono solo all’inizio della storia e che poi ce ne saranno di meno!
Se volete lasciarmi un vostro parere, non esitate!
Un bacione
Francesca

 
  
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