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Autore: AnneC    08/09/2013    5 recensioni
Si può abbandonare il proprio Paese e una volta all’estero cercare qualsiasi cosa che ti tenga aggrappato ad esso?
Si può ripartire da zero, iniziare una nuova vita, creare una nuova versione di te senza sentirsi spaesati e soli in una metropoli che ti attende oltre le finestre?
Riuscirai a ristabilire l’ordine o andrà tutto a rotoli?
Resterai o tornerai indietro?
In ogni battaglia serve qualcuno che ti copra le spalle nei momenti di difficoltà e che esulti con te della vittoria. Ma puoi trovarlo in mezzo ad una folla sconosciuta?
C’e chi riesce nel suo intento e chi invece rimane sconfitto.
Cos’è successo a me? Stavo precipitando, ma qualcuno mi ha portata in salvo.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10

~•~

I can't keep thinking that you're coming back.


“Mi ripeti il programma della serata?” chiedo a Marisol.
“Ma allora non mi ascolti?” controbatte lei, richiudendo il suo armadietto.
“Se mi parli mentre servo i clienti, è ovvio che non ti ascolto” ammetto mentre usciamo dallo spogliatoio.
“Non hai tutti i torti. Ricapitolando, è una serata videogames. Josh rientra alle sei e tu e Rose potete venire quando volete” dice, mentre usciamo dalla caffetteria e ci dirigiamo al supermercato per comprare da mangiare.
“Quindi giocheremo con i videogames”.
“Esatto, genio. Non si è mai grandi abbastanza per giocare” aggiunge soddisfatta.
Dopo aver vagato tra le varie corsie, le nostre buste sono piene più che altro di confezioni patatine e di bottiglie di birra. Se continuiamo di questo passo, ci ritroveremo con un bel po’ di chili di troppo.
Alla fine Marisol ha insistito perché rientrassi con lei a casa, con la scusa che le buste erano troppo pesanti. Entriamo nell’appartamento buio e sistemiamo ciò che abbiamo comprato sulla penisola della cucina.
“Credo che abbiamo un po’ esagerato” dico, osservando il numero di buste di patatine.
“Me ne sono accorta anche io, ma ormai è fatta” conviene lei alzando le spalle.
Nell’attesa degli altri due invitati alla serata, ci stendiamo sul divano e la spagnola comincia a fare zapping.
“Quindi se ti chiamasse ora, cosa faresti?” mi chiede all’improvviso, mentre si ferma sulla pubblicità di un alimento precotto.
“Chi dovrebbe chiamarmi?” le chiedo a mia volta non sapendo a chi si riferisse.
“Ma come chi! Lo sai di chi sto parlando…” mi risponde lanciandomi un cuscino in faccia.
“Niente, che dovrei fare?! Dovrei abbandonare tutto e correre da lui? E poi perché ne stiamo parlando? Non l’ha fatto finora e di certo non lo farà adesso…” le dico, cercando di rimare calma. Perché lo tirava in ballo, facendolo diventare il centro dei miei pensieri?
“E’ solo che mi sembravi molto presa da Danny. E’ anche per questo che avevo detto a Josh di non provarci con te” confessa lei seria.
“Josh sa qualcosa di questa storia?”.
“No, non gliel’ho detto. Ma se dovesse ricomparire…”
“Non mi interessa. Forse ero solo io quella che si sentiva coinvolta” la interrompo.
“E allora perché ti ha ceduto il suo taxi?” insiste caparbia.
“Perché evidentemente gli facevo pena”. E’ l’unica ragione che mi viene in mente, non ce ne sono altre.
“Lo dici per convincere te stessa?”.
Nel preciso istante che pronuncia questa frase, Josh rientra a casa e vedendomi lì, un sorriso si fa strada sul suo volto.
“Hola amigo” lo saluta Marisol. Lui le passa accanto scompigliandole delicatamente i capelli, poi si china su di me ed io gli stampo un bacio sulle labbra.
“Vado a farmi una doccia, ci vediamo tra poco” mi sussurra, quando ci stacchiamo.
“Non voglio fare la guastafeste, ma sei sicura di quello che fai?” mi chiede la spagnola, non appena il suo coinquilino abbandona la stanza.
Non le rispondo. Forse perché una risposta non c’è.
 
Mezz’ora dopo è arrivata anche Rose e Josh riemerge dalla sua stanza.
“Quali sono le squadre?” chiede la mia coinquilina, mentre riempie una ciotola con una delle buste di patatine.
“Io non voglio giocare con Josh” esordisce Marisol.
“Neanche io” aggiungo portando quattro birre in salotto.
“Bene, non sapete chi state sfidando. Rose, le stracceremo!” dice lui fiero, mettendosi quasi ad urlare.
“Non ti gasare! Ti batteremo noi!” diciamo in coro io e la spagnola.
“Ma a che gioco giochiamo?” chiedo, dopotutto ancora non l’avevo capito.
“A London 2012” annuncia Marisol “Almeno saremo divisi in squadre” aggiunge.
“Che nazione scegliete tu ed Anna?” ci chiede Rose.
“Tutte tranne l’Italia” annuncio io.
“E perché?” chiede Josh, scrutandomi.
“Perché porta sfiga!” gli rispondo. Ho sempre pensato che scegliere il proprio paese portasse davvero sfortuna, ma non so quale sia la ragione di fondo. Forse è anche legato al fatto che ormai non sono più lì ed ogni volta che mi ritrovo davanti a qualcosa che mi ricorda la mia Nazione d’origine la malinconia prende il sopravvento.
 “Vuoi l’Irlanda?” mi domanda Marisol. Io la picchio se non la smette con questa storia.
“No, scegli tu” le rispondo dandole una gomitata.
 Alla fine abbiamo scelto la Spagna e dopo un bel po’, Rose ha rinunciato alla Giamaica e ha assecondato Josh nello scegliere il Regno Unito.
Ho scoperto che sono negata nell’atletica leggera, ma se si tratta di una disciplina in cui si mira e si spara, sono quasi imbattibile. Potrei anche pensare di partecipare alle Olimpiadi nel tiro con l’arco.
Rose è abilissima negli sport acquatici, Marisol è imbattibile nel tiro del giavellotto e Josh è un atleta a tutto tondo.
Risultato? La Spagna ha perso.
“Siamo imbattibili!” si congratulano a vicenda i due inglesi.
“Non vale, non ero allenata” dico ed infondo è vero, sono anni ormai che non gioco con i videogames.
“Volete una rivincita?” chiede Rose ed io e Marisol annuiamo.
“Allora sabato, stesso posto, stessa ora” aggiunge Josh.
“Affare fatto” dice la spagnola. Sì, ma devo allenarmi allora.
“Cavolo è tardissimo” osserva la mia coinquilina guardando l’ora. “Domani mattina devo alzarmi all’alba per un progetto fotografico” aggiunge.
“Allora è meglio che andiamo” dico appoggiandola.
I due padroni di casa insistono per accompagnarci fuori al palazzo.
“Non allearti col nemico” consiglia Rose all’inglese prima di salutarlo.
“Non ho intenzione di farlo, ma le rubo solo qualche bacio” le risponde e dopo ne approfitta per stamparmene uno sulle labbra.
“La prossima volta vi stracceremo” controbatte Marisol, salutando la mia coinquilina.
“Mi raccomando la prossima volta ti voglio più concentrata” dice abbracciandomi.
“Ero già concentrata”.
“No, pensavi continuamente a qualcuno” aggiunge.
“ Ha pensato tutto il tempo a me” si intromette il suo coinquilino.
“Si, a te Josh” continua, lasciandomi intendere ciò che realmente pensa.
 
 Il mattino seguente approfitto del fatto che Marisol ha il turno mattutino per fare colazione in caffetteria. Prendo posto accanto al bancone e nonostante ricevo delle occhiatacce da parte di alcuni clienti, non mi muovo di un millimetro.
“Secondo me la tua è una sorta di ossessione” conclude la mia amica dopo avermi detto per l’ennesima volta che penso continuamente all’irlandese.
“Se lo tiri in ballo ogni volta che parliamo, sei tu quella che ha un’ossessione per lui” controbatto.
“Lo tiro in ballo, perché sono certa che pensi ancora a Danny”.
Non ha tutti i torti, lo ammetto. Mi capita di pensarlo soprattutto quando vengo in caffetteria e qualcuno occupa il tavolo vicino alla vetrina che dà sulla strada. Ma da pensarlo a diventare un’ossessione, la strada è ancora lunga.
“D’accordo, ogni tanto lo penso, ma non posso farci niente” ammetto infine.
“L’accettazione è il primo passo verso la guarigione” annuncia la mia amica, prima di preparare un caffè macchiato.
“Bella perla di saggezza” le dico quando ha terminato la preparazione. “Lo so che devo dimenticarlo, ma tu  se fai così non mi aiuti di certo” aggiungo, nella speranza che cambi argomento.
“Il mio obiettivo è questo: ti sto aiutando a non dimenticarlo” afferma seria guardandomi negli occhi.
“E perché dovresti farlo? Io non ne capisco il senso. Josh è tuo amico, se fai questo a me, ricadrà negativamente su di lui”. Non riesco a capire qual è il suo scopo.
“Josh sopravvivrà, è un tipo forte” si interrompe, ma quando nota che non apro bocca continua dicendo che c’è qualcosa di incredibile nel modo in cui il destino  ha fatto conoscere e rincontrare me e Danny.
“Ci serve un parere estraneo ai fatti” dice guardandosi intorno, e dato che alla cassa non c’è nessun cliente, chiama Leslie attirando la sua attenzione.
“Un ragazzo e una ragazza si incontrano casualmente all’aeroporto, lui le cede l’ultimo taxi e la cosa finisce lì” racconta la mia amica alla nostra collega, mentre si avvicina a noi.
“Dopo due giorni si rincontrano casualmente in una caffetteria”  continua.
“E’ successo qui?” chiede Leslie interrompendola.
“Sì, è successo qui, ma questo è un dettaglio. Dov’ero rimasta? Ah, ecco. Si parlano, c’è feeling tra loro e si nota a chilometri di distanza”.
“La stai influenzando” la riprendo. Il suo racconto non è più oggettivo.
“Non è vero. Fammi continuare! Comunque, si scambiano i numeri, ma non si sa per quale motivo lui non si fa più sentire, nonostante lei cerchi di contattarlo” conclude.
“Subentra però un altro ragazzo, che ci prova ripetutamente con la ragazza, la quale alla fine si lascia andare, cercando di dimenticare il ragazzo iniziale” continuo ad esporre i fatti e la mia amica mi guarda di traverso per averle rubato il ruolo di narratore.
“La questione è: la ragazza deve lasciar perdere il primo ragazzo e continuare col secondo oppure cercare di ricontattare il primo e lasciar perdere il secondo?” chiede infine Marisol alla povera Leslie.
Credo che le abbiamo mandato in fumo il cervello.
“Se fossi la ragazza, cercherei di ricontattare il primo ragazzo” annuncia la nostra collega, dopo averci riflettuto a lungo. “Il destino li ha fatti incontrare proprio qui. Avete idea di quante caffetterie ci sono in città e lui ha scelto proprio questa in cui si trovava lei! E’ incredibile” continua Leslie con gli occhi sognanti.
Marisol sorride soddisfatta ed io strabuzzo gli occhi al cielo.
“Ma la ragazza lavora qui per caso?” chiede incuriosita dalla vicenda.
“Leslie ci sono due clienti alla cassa” le faccio notare.
“Dopo voglio sapere chi è però” aggiunge prima di lasciarci sole.
“Ti sei convinta adesso?” mi chiede insistente la spagnola.
“D’accorto è una cosa che accade solo nei film, ma io non ti prometto niente” concludo dandogliela vinta.
“Ma anche lui ha il mio numero, se vuole può chiamarmi” aggiungo infine.
“Sei sempre la solita” mi rimprovera scuotendo la testa.
 
E’ venerdì mattina e a quasi due settimane dal mio arrivo, tutto mi sembra più familiare: il traffico cittadino che scorre sotto la finestra  della cucina, la fermata della metro affollata, le donne con tacchi vertiginosi che si affrettano lungo la strada e persino i clienti che pronunciano parole italiane con un accento improponibile. La mia strategia ha funzionato, mi serviva solo sentirmi parte di questa città a cui non appartenevo e devo ammettere che nel weekend mi sento quasi un’inglese. Non so se è merito dei pub, della birra, dell’atmosfera rilassata che aleggia per strada o delle uscite serali, ma è in questi giorni che mi sento a casa.
Un flebile raggio di sole illumina la mia stanza. Sembra che anche il tempo abbia deciso di concedermi un po’ di tregua, ma tanto c'è qualcos'altro che occupa i miei pensieri...
Due nuove questioni si fanno largo nella mia mente:
Uno. Cosa siamo realmente io e Josh?
Fidanzati? Non credo.
Amici? Certo.
Coppia? Possibile.
Credo che dovremmo definire il nostro tipo di relazione a questo punto.
Due. Danny.
Non esiste una vera e propria domanda su di lui, ma il problema è l'effetto che scaturisce in me anche il solo pronunciare questo nome. Non so descriverlo, è un misto di emozioni non ben distinte tra loro.
Decido di sgombrare la mia mente con una doccia calda e dato che l'acqua porta via ogni cosa, spero che porti con sé anche le preoccupazioni.
Per fortuna Rose non c'è, altrimenti avrebbe cominciato a sbraitare perché ho lasciato per troppo tempo l'acqua aperta, riempiendo così il bagno di vapore. Pulisco lo specchio sul lavandino con la manica dell’accappatoio e guardo il riflesso che mi rimanda.
Sono sempre la stessa, non sono diversa da com'ero due settimane fa, ma da allora sono cambiate molte cose.
Mi dirigo in camera mia e controllo il cellulare: una chiamata persa e un messaggio. Sarà sicuramente Marisol che continua a tormentarmi con i suoi discorsi.
Controllo prima chi mi ha chiamata e quasi non credo ai miei occhi. Controllo poi anche il messaggio, nella speranza che almeno questo sia della mia amica spagnola.
Il mittente è lo stesso, ma non è la mia amica.
Ripongo il cellulare senza aprire il messaggio, cercando di ignorarlo.
Mi vesto, ma sembra che ogni secondo si sia tramutato in eternità; la mia mente si affolla dei pensieri più disparati e non hanno intenzione di lasciarmi in pace.
C'è un'unica soluzione, prendo coraggio e visualizzo il messaggio.
 

"Ciao Anna, ho provato a chiamarti, ma non ho avuto alcuna risposta. In questi giorni sono stato in Irlanda.
Lo so che non è una scusa plausibile per non averti richiamata, ma non so cosa mi sia preso.
Sto tornando a Londra e vorrei rivederti, sempre se per te va bene.
Danny”
 
Prendo un respiro profondo e per questo lungo istante la mia mente è sgombra. L’agitazione si fa sentire subito dopo. Marisol ha ragione, non è davvero finita tra me e lui.
E' bastato un solo messaggio per mandarmi in tilt.
 


~•~

Ciaoooo! Ed ecco che
ricompare il nostro O’Donoghue!
Cosa farà adesso Anna? Accetterà di rivedere
Danny oppure lo ignorerà?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo ;)
Ringrazio chi continua a recensire e a leggere la storia,
ogni volta che mi dite la vostra mi rendete davvero felice.
Alla prossima,

~ AnneC

   
 
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