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Autore: Emera96    08/09/2013    8 recensioni
Sono passati dieci anni dalla guerra che rivoluzionò Panem.
Katniss e Peeta vivono insieme, ma a Peeta questo non basta.
Per questo, chiederà a Katniss di sposarlo in un modo tutto suo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10.

Note dell'autrice:

Mi scuso con le poche persone che recensiscono se vi ho fatto aspettare così tanto.
Ringrazio le tante persone che, silenziosamente, hanno messo la storia tra le seguite o tra le preferite.
In questo capitolo vedrete quanto Katniss, per amore, sia cambiata. Passando dalla rabbia all'amore più totale in un giorno neppure.
 Spero che il capitolo vi piaccia!



Pov Peeta.



Quando, nel corso degli anni, ti abitui a dipendere da una persona non ne puoi più fare a meno.
Il legame che ti lega a quella persona si ingigantisce nel corso di ogni mese, di ogni anno. A volte, anche solo un minuto insieme può cambiare un rapporto che dura da anni, senza che le persone coinvolte riescano neppure ad accorgersene. E così, in ogni più piccola parte del tuo tempo, tu finisci per abituarti alla presenza di quella persona.
Al suo respiro sul collo quando, in una notte tormentata dagli incubi che non riesci del tutto ad ignorare, riesci a prendere sonno al suo fianco.
Al suo sguardo sorridente, impulsivo, quando ti sente rientrare a casa dopo una giornata di lavoro particolarmente lunga.
Alla sua risata, che a primo impatto potrebbe sembrare stizzita e anche un po' sarcastica, quando le dedichi maggiore attenzione.
E al suo modo di piangere troppo contenitivo, troppo attorcigliato su sé stessa. Al suo modo di reprimere le emozioni che riflette la sua personalità chiusa a riccio.
La cosa che, dopo un ciclo del genere che dura ormai da anni, ti spezza definitivamente è sentire che quella persona ti sta scivolando via dalle mani.
La cosa che ti lacera è il pensiero che da quel momento, il filo che vi univa saldamente si è totalmente spezzato.
Portando con sé anche una parte di te.
Portando con sé anche quella persona a cui ti eri così abituato.
E' questa la sensazione che ho provato vedendo scappare via, con le lacrime agli occhi, Katniss.
Immaginavo che la vista di Gale, dopo tutto questo tempo, non le avrebbe certo portato allegria, ma neanche avevo ipotizzato una reazione simile.
Il disgusto con cui mi ha squadrato non riesce ad uscirmi dalla mente.

"Le cose non devono andare troppo bene tra voi, a quanto vedo."
Il commento di Gale, il tono compiaciuto di chi ha appena assistito a qualcosa di suo gradimento, è stato la ciliegina sulla torta.
Avrei voluto replicare, dirgli che si stava sbagliando, che io e Katniss non avevamo niente che non andava. Ma con che coraggio potevo farlo? 
Sarebbe stato peggio di una bugia. Negare l'evidenza per la troppa paura, per non voler dare una soddisfazione a qualcuno che ti disprezza.
Qualcuno che vedendo come tutto quello che ti è caro stia andando a fondo in un mare di complicazioni, non solo non ti getterà un salvagente o semplicemente qualcosa a cui aggrapparti per far sì che tu riesca a salvarti. Quel qualcuno sarebbe in grado di lanciarti un'ancora arrugginita, giusto per avere il piacere di vederti sprofondare con maggiore rapidità. Uno spreco minore di tempo, dal mio punto di vista.
"Che spirito d'osservazione, Gale." mi limito a rispondere, con una nota acida nella voce.
Lo accompagno nelle vicinanze del Distretto dove, a suo dire, c'è un suo vecchio amico disposto ad ospitarlo.
Scaccio via per un attimo l'immagine di Gale che, come fosse niente, sbatte i suoi pochi bagagli per terra, sul pavimento della nostra casa e ringrazio mentalmente la persona misteriosa che mi ha inconsapevolmente salvato da quella malaugurata sorte. 

Mi accorgo che, in silenzio e senza scambiarci nemmeno un sospiro, siamo già arrivati alla soglia di casa mia.
Gale, con un sorriso strafottente sul viso non troppo corrucciato dagli anni, è tuttora alle mie spalle, in attesa.
"Non avevi un amico che ti ospitava?"
"Si dà il caso che l'amico in questione sia il vostro vicino di casa. Spostati, mi stanno aspettando." ribatte lui, attraversando la strada in poche falcate e raggiungendo, in altrettanto poco tempo, la soglia della casa di Haymitch ed Effie. Ci dividono approssimativamente dieci passi.
Dieci maledettissimi passi. Una presa in giro bella e buona.
"Fossi in te non uscirei da quella casa." gli dico, senza alzare troppo la voce.
"Fossi in te mi terrei stretta la tua futura moglie." risponde lui, chiudendosi la pesante porta alle spalle.

Varco l'ingresso sentendo un senso di oppressione e rabbia occludermi le vie respiratorie.
Come se un grosso groppo in gola mi impedisse di rilasciare l'aria, nervosa e satura, nel momento più necessario.
Come se, in partenza, avessi già perso. Senza aver neanche lottato per la donna che amo.
Un singhiozzo, proveniente dal bagno, mi scuote. Un pianto sommesso che conosco da troppo tempo.
Conoscendo Katniss, non vorrà vedermi ancora per un po'. Ma niente mi impedisce di scriverle.
Se c'è una cosa che l'ha sempre riportata da me, sono le mie parole. Il modo in cui riesco a stupirla con una frase, mettendola in posizione di rispondermi con altrettanta dolcezza. Quella dolcezza che, anche dopo una vita insieme, non riesco a strapparle del tutto. Perchè non è da lei. Non è lei.
E se c'è qualcosa che Katniss non ha mai capito, è che la miglior risposta era il battito del suo cuore, rapido e veloce dopo quelle parole così mie.
Prendo un pezzo di carta strappandolo ad un vecchio quaderno trovato in giro, scrivendoci sopra quel che vorrei dirle.
Faccio passare il foglio sotto la porta del bagno, senza aggiungere niente se non un "Leggilo, per favore" rivolto a Katniss.
Passa qualche minuto prima che risponda con una penna trovata chissà dove, senza accennare ad uscire dal suo personale rifugio.

Trascorriamo così il tempo che resta prima di andare a dormire.
Tra fogli che passano davanti e dietro la porta, tra la sua calligrafia non troppo attenta e la mia scrittura fin troppo ordinata.
Tra pezzi di carta strappati da qualsiasi cosa, tra lacrime che finiscono per macchiare e per rendere illeggibili parole intere.
Tra il suo respiro, adesso più calmo e poco affannato, e la mia voglia di sentire il suo corpo leggero sul mio.
Qualche ora dopo, ormai appisolato sul pavimento proprio davanti alla porta del bagno, sento la chiave scattare e la porta aprirsi lieve.
Ne esce una Katniss distrutta, dall'aspetto dolorante. Come se avesse combattuto più e più guerre, là dentro.
"Katniss, ma che cos..."
Interrompendomi nel bel mezzo della mia domanda, Katniss si avvicina a me, prendendomi la mano tra le sue e posandola sulla pancia.
"Che significa?"
"Adesso non senti nulla, ma tra qualche mese non sarà più così."
"Questo vuol dire che..."
"Sì, Peeta: aspetto un bambino." mi dice.





 
   
 
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