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Autore: risakoizumi    09/09/2013    2 recensioni
La mia breve vita è stata un susseguirsi di momenti di gioia e infelicità.
La sofferenza è quella che ricordo meglio e che è stata al centro delle mie giornate per lungo tempo.
Una volta ero soltanto l’ex ragazza di Sam dal cuore spezzato e che nessuno sopportava.
Adesso mi sento una persona diversa.
Sono più forte, sento che niente può distruggermi. Sono padrona della mia vita. La triste e collerica ragazza di La Push si è trasformata in una persona nuova.
Osservo il ragazzo che sta in piedi accanto a me. I suoi occhi sembrano sorridermi, come sempre.
"Sei pronta?" mi chiede, prendendomi per mano.
"Sì". Ricambio la sua stretta sicura e familiare.
Il momento è arrivato, ma non ho paura. Santo cielo, sono Leah Clearwater! Dovrebbero essere loro ad avere paura di me!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Salve! Mi scuso per il terribile ritardo ma le vacanze mi hanno tenuta lontana dal pc! Cercherò di pubblicare il prossimo capitolo il prima possibile! Grazie per la pazienza! :)


 
Un pomeriggio d’inferno: ecco cosa mi ha fatto passare quella donna. Non sono molto stanca, dopotutto sono o no un mutaforma? Tuttavia se fossi stata una fragile umana so che avrei avuto la schiena spezzata. Ho passato tutto il pomeriggio china sui pavimenti, a sgrassare e pulire gli angoli e gli anfratti più bui e inesplorati di ben tre piani, e in ogni piano ci entra forse una decina di volte la casa di Charlie. Mancano dieci minuti alle venti, così mi faccio la doccia in fretta, indosso i vestiti più decenti tra i pochi che mi sono rimasti, spazzolo i capelli e esco dalla suite, scontrandomi con Alex.
<< Il tuo super udito non ti ha avvertito che ero qui? >>.
<< Ero sovrappensiero >> mi giustifico.
Lui inarca un sopracciglio, scettico e fa un sorrisino di scherno.
<< Scommetto che hai cercato di muoverti il più silenziosamente possibile solo per poter denigrare il mio udito >>.
<< Può darsi. O forse il tuo udito non è così sviluppato come quello di un licantropo. Ti ho sopravvalutato >>.
<< Ma piantala! >>.
<< Andiamo o faremo tardi. Non hai un’aria molto felice >>. Iniziamo a camminare attraverso quella rete intricata di corridoi.
<< Chissà perché >> gli lancio un’occhiataccia.
<< Sei tu che hai voluto lavorare a tutti i costi, non hai nemmeno voluto fare un giro della città con me >>.
<< Assegnarmi a Camille è forse stata la tua vendetta perché il tuo temporaneo passatempo ha preferito lavorare piuttosto che passare un pomeriggio a intrattenerti? >> chiedo a denti stretti.
<< Temporaneo passatempo? Non hai molta stima di te >>.
Gli do un pugno al fianco.
<< Ahi >>.
<< Lo meriti >>.
<< Ti sembra il caso di picchiare il tuo datore di lavoro? >>.
<< Fammi pensare >>. Faccio finta di pensarci su. << Sì! >> esclamo poi con foga.
<< Rischi il licenziamento >>. Ci fermiamo davanti a una porta e Alex mi guarda negli occhi.
<< Tu rischi di trovarti senza denti da un momento all’altro >> lo minaccio.
Alex sghignazza e apre la porta: siamo in una sala da pranzo dorata e bianca, con un lungo tavolo color noce che l’attraversa da una parte all’altra. In una delle pareti c’è una porta, da cui entrano e escono dei camerieri in divisa. Tom è già seduto a tavola.
<< Leah! Che piacere rivederti. Accomodati pure >>. Tom mi fa segno di sedermi alla sua sinistra.
<< Il piacere è mio >>. Mi siedo e Alex si sistema di fronte a me. Il tavolo è tutto libero, ci starebbero almeno venti persone per lato. Sembra una scena di un film, solo che io fortunatamente non sono seduta all’altro capo del tavolo rispetto a Tom; quest’ultimo fa un cenno e i camerieri iniziano a servire le portate.
<< Allora Leah, parlaci un po’ di te. Sono molto curioso >>.
<< Non so cosa dire, signore >>.
<< Abbiamo già detto che voglio che mi chiami Tom, detesto le formalità >>.
<< Bene, Tom. Vengo da Forks, stato di Washington e sono un mutaforma. Appartengo a uno dei due branchi che ci sono dalle mie parti >>.
Tom annuisce, come se già avesse avuto queste informazioni. Sicuramente Alex gli dice tutto.
Passiamo una piacevole serata, anche se mi tocca riparlare di Forks, dei vampiri e dei mutaforma.
<< Quindi i vostri pensieri sono collegati? >> chiede a un certo punto Tom, affascinato, mentre mangiamo il dessert. Sento gli occhi attenti di Alex su di me.
<< Purtroppo è così >>.
<< Anche a così tanti kilometri di distanza? >>.
<< Sì, se mi trasformassi li sentirei. Siamo legati, è come se fossimo un tutt’uno, vediamo e sentiamo quello che vede e sente ognuno di noi. Non ci sono segreti nel branco >>.
<< Questo vuol dire che il tuo branco adesso sa della mia esistenza >> interviene Alex. Annuisco.
<< E appena ti trasformerai mi vedranno nudo come un verme tramite i tuoi pensieri >> conclude con tono offeso.
Scrollo le spalle. << Ci siamo passati tutti >>.
<< Dovresti preoccuparti per loro. Vedendomi potrebbero sentirsi sovrastati dalla mia bellezza >> afferma spostando i suoi capelli neri all’indietro.
E io che credevo fosse preoccupato per la sua privacy. Gli lancio un’occhiataccia e lui ghigna.
<< Interessante >> commenta Tom.  E riprende con le sue domande. Parlo un po’ di tutto tranne che di Sam: quello è un argomento tabù, il mio subconscio lo omette senza che io quasi me ne accorga.
<< Sei l’unica ragazza mutaforma? Una rarità >>.
<< Io direi più uno scherzo della natura >>.
<< Perché dici così? >> interviene Alex, mangiando con gusto la seconda porzione di budino.
<< Non è normale che delle donne diventino mutaforma, non è … naturale >> cerco di spiegare.
Alex alza solo un angolo della bocca e mi guarda con complicità. << Stai forse dicendo che trasformarsi in lupi è una cosa normale? >>. Sghignazza. << Leah, nel nostro mondo non c’è niente di normale, se hai lo stesso concetto di normalità della gente comune. La normalità è una cosa relativa >>.
<< Come tutte le cose, del resto >> gli da ragione il padre.
Scrollo le spalle. << Però persino per ciò che noi definiamo normale, questo è stato un evento singolare >>.
<< E adesso è diventato normale, non sembra più una cosa così fuori dal comune. Vedi come tutto può diventare ordinario? Noi abbiamo secoli, dovremmo essere morti da decenni, eppure siamo qui. C’è sempre un motivo per tutto >>.
<< Io invece penso che le cose capitino e basta. Sei forse un credente? >>.
<< Non credo nel vero senso del termine, ma semplicemente penso che ci sia un motivo se qualcosa succede. Ora siamo qui, seduti insieme a questa tavolo, eppure fino a un giorno fa non ci conoscevamo. La vita è fatta così, in un istante può cambiare tutto >>.
<< Sono solo coincidenze >> ribatto.
La fossetta compare sulla guancia di Alex, che guarda in basso, quasi sorridendo tra sé e poi punta di nuovo i suoi occhi magnetici sul mio viso. << E’ proprio in questo che consiste la fede: credere che ciò che accade non sia una coincidenza >>.
Rido. << Hai delle idee strambe, Alexander >>.
<< Per creature come noi non possono esistere le parole fede o destino, gliel’ho sempre detto. Tuttavia ha sempre fatto di testa sua >>. Tom scuote la testa guardando però con affetto il figlio. Anche mio padre spesso guardava così me e Seth. Mi manca.
<< Leah, qualcosa non va? >>.
Alzo lo sguardo su Alex. << No, perché? >> chiedo perplessa.
<< La tua espressione è cambiata >>.
<< Non è niente, va tutto bene >> lo rassicuro. E’ incredibile come riesca a cogliere i miei sbalzi d’umore guardandomi in viso. Nemmeno mi conosce.
<< Bene ragazzi, è stata davvero una cena piacevole. Grazie Leah, mi farebbe molto piacere se volessi cenare con noi anche domani >>.
<< Farebbe piacere anche a me >> dico sincera.
<< Dopo che vivi con una persona per qualche secolo gli argomenti di conversazione iniziano a scarseggiare >> confessa con tono scherzoso.
Alex gli lancia un’occhiataccia e Tom ride alzandosi.
<< Mi ritiro nel mio appartamento. Alex, non fare troppa baldoria. Leah, buonanotte e grazie >>.
<< Buonanotte, Tom >>.
Tom scompiglia i ricci ribelli a Alex che si lamenta e poi esce. Ci alziamo anche noi e i camerieri iniziano a sparecchiare.
<< Allora Leah, ti va di venire con me questa sera? >> mi chiede Alex quando siamo nel corridoio.
<< Venire con te? >>.
<< Sì, in giro per San Francisco >>.
<< In giro? >>.
Si ferma di scatto. << La smetti di ripetere tutto quello che dico? >>.
<< Perché? E’ divertente! >>.
<< Ti diverti davvero con poco >>.
<< Sono una persona semplice >>.
<< A me invece sembri molto complicata >>.
<< Cosa te lo fa pensare? >>.
<< Hai dei segreti >>.
<< Come tutti >>.
<< Già >>.
 << Vieni con me allora? >>.
 << No, sono stanca, preferisco dormire devo ancora riprendermi dal viaggio >>.
<< Che pigrona! >>.
<< Sono sicura che adescherai più facilmente senza di me >>.
Alex mette il broncio.
<< Buonanotte, Alex >> lo saluto sorridendo.
<< Buonanotte >> borbotta.
Mi allontano verso la mia camera: quando arrivo chiamo subito Seth e mia mamma, raccontando loro la mia giornata. Mio fratello, come al solito, è ansioso: la fiducia che la mia famiglia pone in me è ammirevole. Quando finalmente sono libera, metto il pigiama e mi sdraio sul divano accendendo il televisore. Le mie palpebre si chiudono da sole quasi immediatamente.
 
Sono in un posto idilliaco, in una radura rigogliosa e fiorita, il sole splende nel cielo e sono felice. Avevo dimenticato cosa volesse dire essere felici. Non sono sola.
<< Sei bellissima, Leah >>.
Arrossisco leggermente e abbasso lo sguardo. Due mani calde si posano sulle mie guance, facendomi sollevare leggermente il viso. Alzo automaticamente una mano per appoggiarla su una delle sue che toccano il mio viso. I miei occhi incontrano i suoi e mi sento sciogliere, il cuore batte più velocemente, le mani mi sudano. Sam fissa le mie labbra e poi si avvicina lentamente, quasi timoroso. Sfiora le mie labbra, esitante e poi mi bacia dolcemente.
 
Apro gli occhi di scatto: ho ancora la mano appoggiata sulla mia guancia, ma sotto non c’è quella di Sam, come nel sogno, c’è solo la mia guancia accaldata. Mi metto a sedere affranta. Non posso continuare a fare questi sogni. Mi rifiuto di piangere, però i dolci ricordi che tengo rintanati in un angolino della mia mente, riaffiorano a causa di questi sogni e fa male, come se un macigno mi schiacciasse il petto e mi impedisse di respirare. Non posso trattenermi, sto per piangere. Un rumore però mi distoglie dall’infelice vertice di pensieri in cui ero caduta. Volto la testa verso la porta del corridoio. Qualcuno ridacchia rumorosamente. Guardo l’orologio: sono le quattro. Decido di ignorare i rumori, ma sento un altro botto e di nuovo ridere. Mi alzo e decido di controllare la situazione; quando apro la porta mi ritrovo davanti a una scena alquanto ovvia: Alex fa segno di fare silenzio e intanto ridacchia, appoggiato a un muro, mentre una donna più alta di lui di qualche centimetro lo bacia come una piovra. Non so se lei manca la sua bocca intenzionalmente o no, tuttavia qualche volta riesce a fare centro. La donna ha la camicia sbottonata, Alex tiene le mani sui fianchi di lei. Quando il licantropo si accorge di me, perché la luce del corridoio si è accesa all’improvviso, lascia andare la donna, che cade a terra e sghignazza. Lui la aiuta a rialzarsi e la sostiene, mentre quella farfuglia parole incomprensibili. E’ ubriaca, ma anche lui sembra un po’ troppo felice, ha un sorriso da imbecille stampato in faccia.
<< Ehi Leah, come butta? >> chiede, cercando di tenere la donna ferma.
Incrocio le braccia al petto, mi appoggio alla cornice della porta e un lieve sorriso mi incurva le labbra. Che situazione! << Bene, Alex. Non si può dire altrettanto della tua amica >>.
<< Starà meglio >>.
<< Stai facendo molto baccano >>.
<< Scusaci Leah, il tuo super udito è un problema, cerca di … >> viene fermato dalla donna che lo bacia.
Riesce ad allontanarla. << Dicevo cerca di tapparti le orecchie >>. Mi fa l’occhiolino.
Alzo gli occhi al cielo. << Cerca di finire subito, almeno >>.
Alex si avvicina leggermente, tenendo la donna dietro di sé. << Ci proverò ma non sarà facile. Sai, noi licantropi abbiamo molta resistenza >> sussurra.
<< Credo di aver sentito abbastanza per questa notte. Buon divertimento >>.
<< Grazie, Leah. Ho già detto che mi piace il tuo pigiama con i cagnolini? >>.
<< Sono conigli, Alex. Forse dovresti bere di meno. Ti saluto >>. Detto questo chiudo la porta e rientro ancora sorridendo. Che sfacciato.
Mi metto a letto, chiudendo la porta della mia camera e appoggiando la testa sotto il cuscino. Riesco a non sentire quasi niente dei rumori della camera accanto, perché mi addormento subito, tuttavia mi tocca sopportare un altro sogno con Sam. Quando mi sveglio sono le nove. Mi vesto e esco dalla mia camera per cercare qualcosa da mangiare: sto letteralmente morendo di fame. Apro la porta e penso proprio di avere un tempismo perfetto: la ragazza ubriaca, ormai con i postumi della sbornia stampati in viso, sta uscendo dalla camera di Alex. Ha il viso imbrattato di trucco, i capelli neri lisci e un viso tondo. Mi lancia uno sguardo curioso e poi sgattaiola verso l’ascensore. Ha lasciato la porta socchiusa, così mi avvicino per chiuderla. Metto la mano sulla maniglia ma impulsivamente decido di entrare: la suite di Alex è lussuosa almeno il doppio della mia, non si fa mancare nulla, i colori predominanti sono il blu e il bianco. Entra molta luce dalle porte finestre, le tende sono aperte. Entro senza dire nulla e proprio sulla destra trovo Alex, spaparanzato su un letto rotondo a pancia in giù, ancora addormentato, i capelli neri spiccano, sparsi sul cuscino grigio chiaro e il suo viso è rilassato nel sonno. E’ nudo, il lenzuolo di seta gli copre solo le gambe. Resto a fissarlo rapita, mentre dorme. Non so cosa mi succede ma una sensazione di tranquillità mi pervade. Alex si gira nel sonno e io torno in me: che cosa sto facendo? Spio un ragazzo nudo che dorme? Devo essere impazzita. Faccio per andarmene in fretta ma quando mi volto una mano mi trattiene per la spalla. Beccata.
<< Credevo stessi dormendo >> dico. Mi giro, ormai in trappola. Incontro gli occhi blu di Alex. E’ bellissimo nonostante si sia appena svegliato. Dove sono gli occhi gonfi? Le occhiaie?
<< Non credevo che tu fossi una maniaca >>.
<< Infatti non sono una maniaca >>.
<< E’ tua abitudine spiare i poveri ragazzi nudi dormenti? >>.
<< La tua amica ha lasciato la porta aperta >> mi giustifico, impassibile.
<< Non credevo che fossi gelosa! >>.
<< Gelosa? >> sbotto. Gli piacerebbe.
<< Se me l’avessi detto avrei capito … avresti potuto essere tu la mia amica speciale, stanotte >>.
Si avvicina leggermente. Che faccia da schiaffi, non riesco a trattenermi e scoppio a ridere.
<< E ora cosa c’è da ridere? >> chiede seccato.
<< Scusami, Alex, ma questo sarebbe il tuo sguardo seducente? Non mi meraviglio del fatto che tu debba farle ubriacare per portartele a casa >>. Mi asciugo le lacrime agli occhi.
<< Che insolente, io la ospito a casa mia e lei mi prende anche in giro … >> brontola incrociando le braccia al petto.
Gli do una pacca sulla spalla. << Ahi! >>.
<< Suvvia non prendertela, può essere che diventerò tua amica ma amica speciale … non credo proprio >>.
Alex mi guarda aggrottando le sopracciglia ma alla fine ride anche lui. E’ mai serio? << Piuttosto ti andrebbe di fare colazione con me? >>.
<< Ok ma prima vestiti >>.
<< Credevo che ti piacesse vedermi nudo … >>.
Gli do uno spintone verso il letto e esco dalla suite. << Ti aspetto fuori! >>.
<< Non capisco che bisogno ci sia di uscire, ormai hai visto tutto di me >>.
Lo ignoro. Dopo cinque minuti è al mio fianco, vestito di tutto punto.
<< Andiamo, maniaca! Oggi facciamo colazione fuori! >>. Ci dirigiamo verso l’ascensore per andare al piano terra.
<< Non sono una maniaca, Alex! >>.
<< Da oggi in poi chiuderò la porta a chiave >>.
Sbuffo. << Piuttosto, come fai con le ragazze? >>.
<< Eh? >>.
<< Insomma … non fai loro del male? >>.
Alex mi guarda disorientato, ma poi si illumina, capendo quello che voglio dire. << Vuoi dire che siccome sono più forte potrei ferirle? Non preoccuparti, ormai so controllarmi. Non è stato piacevole con le prime umane… almeno non per loro, ma poi è andata sempre meglio e ormai so trattenermi benissimo >>.
<< Lo dici quasi con orgoglio >> dico ironica.
<< Ne sono orgoglioso, infatti! Tu sai controllarti così bene? >>.
Arrossisco leggermente. Io non arrossisco mai e a questo pensiero il mio rossore aumenta, sono davvero irritata. Credevo che la Leah capace di arrossire fosse morta da tanto tempo. Le porte dell’ascensore si aprono e accelero il passo per uscire fuori, all’aria aperta. Alex mi segue. Mi fermo sul marciapiede, davanti all’ingresso dell’hotel.
<< Leah, stai arrossendo? >> chiede stupito.
<< No >>.
<< Allora perché hai le guance rosse? >> insiste.
Alzo gli occhi al cielo. << Sì, sto arrossendo! Problemi? >> dico a denti stretti.
<< Nessuno, sei più carina. Magari riuscirai a scacciare quell’orribile immagine che ho di te appena sveglia >>.
<< Davvero simpatico >>.
<< Lo so >>.
<< Allora andiamo a mangiare? Ho fame >>.
<< Subito, generale Clearwater. Da questa parte >>.
Camminiamo un po’ in silenzio, immersi nei nostri pensieri, fin quando arriviamo in un parco. Ci sediamo a un tavolo di un bar e ordiniamo da mangiare almeno per quattro persone.
<< Dopotutto siamo esseri sovrannaturali, abbiamo bisogno di mangiare di più >> dice Alex quando il cameriere va via.
Annuisco.
<< Soprattutto dopo aver passato una notte a bruciare molte calorie >> aggiunge ridacchiando.
Lo ignoro.
<< Leah, perché sei così silenziosa? Stai ancora pensando all’umano che hai ucciso per sbaglio quando hai cercato di fare sesso con lui? >> tira a indovinare.
<< Sei impazzito? Io non ho mai ucciso nessun umano >>.
<< Forse gli hai spezzato qualche osso? >>.
<< No! >> esclamo con foga.
<< Allora qual è il problema? >>.
<< Nessuno >>.
<< Hai mai … >>.
<< Non riesci proprio a farti gli affari tuoi >> lo interrompo, sapendo benissimo cosa stava per chiedermi.
Scrolla le spalle. << Hai iniziato tu il discorso >>.
Sto in silenzio e Alex mi guarda alzando un sopracciglio. Sospiro. << La risposta alla tua domanda è sì >> dico a denti stretti.
<< Bene! E non hai neanche ucciso nessun povero umano. Perfetto! Allora perché ti agiti tanto? >>.
<< Non sono mai stata con un umano da quando mi sono trasformata, anzi non sono stata con nessuno da allora >>.
Alex sgrana gli occhi e poi mi guarda intensamente. << Cosa? L’ultima volta è successo quando eri ancora umana? Allora … >>.
<< Allora cosa? Perché ti sto raccontando queste cose? Hai qualche potere per far parlare la gente? >>.
<< Leah, non ho nessun potere, voglio solo conoscerti >>.
<< Di solito non si parla di queste cose con le persone appena conosciute >>.
<< Hai avuto un fidanzato e sei stata costretta a lasciarlo perché non volevi fargli del male? >> insiste con le sue domande.
<< No, anche il mio ragazzo è diventato un mutaforma >>. Ecco, l’ho detto. Il dolore al petto, sopito quando lo tengo in un angolino della mia mente, si risveglia, coinvolgendomi prepotentemente.
<< Uno del branco? La cosa inizia a farsi interessante! >>.
<< Non è una telenovela, è la mia vita, Alex >>.
Alex ride. << La vita è meglio delle telenovele >>.
Arriva la nostra colazione e ci interrompiamo. Iniziamo a mangiare.
<< Allora, parlami di questo mutaforma >> riprende Alex.
<< No >>.
<< No? >>.
<<  No >>.
<< Perché? >>.
<< Perché non voglio parlarne. Parliamo di te piuttosto, non mi hai detto niente di te >>.
<< Stai cambiando discorso >> si lamenta.
<< Sì! Dunque Alex, hai mai avuto una ragazza seriamente? O hai avuto secoli di avventure? >>.
Il viso di Alex si rabbuia.
<< Vedo che anche tu hai dei tasti dolenti. Prenderò la tua espressione per un sì >>.
<< Stando su questa terra da secoli succede di innamorarsi >>.
<< Allora sei stato innamorato! Chissà chi è la povera stupida che si è innamorata di te … la compatisco! >>.
<< Io invece compatirò chi finirà tra le tue grinfie, con la tua parlantina gli consumerai il cervello in poche ore! >>.
<< Com’era la ragazza che ti ha fatto innamorare? >>.
Alex guarda in alto, il cielo, con un lieve sorriso. << Bellissima, dolce, sincera, buona, altruista. Credevo di essere l’uomo più fortunato della terra perché lei mi amava. Potevo restare per ore a fissarla senza stancarmi … >> si interrompe bruscamente. L’avrà lasciato?
Si schiarisce la gola e torna a guardarmi. << Preferisco non parlarne >>.
Finiamo la colazione in silenzio.
<< A quanto pare abbiamo entrambi dei demoni che ci perseguitano >>. Alex si alza, stiracchiandosi.
<< Sono sicura che un giorno ce ne libereremo >> dico alzandomi anche io.
<< Dove ti va di andare? >>.
<< Devo tagliarmi i capelli >>.
<< Concordo, ce li hai rovinati >>. Prende una ciocca dei miei capelli tra le dita, facendo una smorfia.
<< Non mi risparmi i tuoi complimenti >>.
Mi da un buffetto sulla guancia e io allontano la sua mano con uno schiaffo. << Che violenza >>. Gli faccio una linguaccia. Iniziamo a camminare.
<< Hai mai fatto qualche pazzia? >> chiede Alex rompendo il silenzio.
<< Pazzia? >> ripeto perplessa.
<< Sì, quelle cose pazze che si fanno una volta nella vita >>.
<< Tipo? >>.
<< Una volta mi sono buttato da un palazzo di cento metri >>.
<< Più che una pazzia mi sembra una cosa cretina >>.
<< Non sminuire la mia impresa! >>.
<< Non ti sei fatto un po’ male? >>.
<< Qualche osso fratturato, niente che non si potesse aggiustare. Essere immortale ha i suoi lati positivi >>.
<< Non siamo invincibili. Buttarsi da cento metri solo per dimostrare chissà cosa mi sembra poco rispettoso nei confronti della vita. Ne abbiamo solo una >>.
<< Ma cosa stai dicendo? E’ una sensazione meravigliosa, io mi sono sentito libero, non avevo alcun pensiero >>.
<< Nemmeno quello di morire spiaccicato sull’asfalto? >>.
<< No, Leah. Libertà, adrenalina e gioia allo stato puro. Devi fare qualcosa di pazzo anche tu >>.
<< Intendi qualcosa di stupido? No, grazie >>.
<< Leah, ascolta il tuo saggio e vecchio amico Alex. Noi siamo immortali e ci stanchiamo facilmente. Vuoi forse trascorrere gli anni nella monotonia e nella noia? >>.
<< Forse mi taglierò i capelli di meno. Li ho sempre portati corti, odio i capelli lunghi. Ecco, questa è la pazzia che posso fare >>.
Alex sbuffa. << Goditi la vita, Leah >>.
Entriamo da un parrucchiere, anche Alex si taglia i capelli, ma lasciando i suoi ricci ribelli sempre abbastanza lunghi. Dopo due ore finalmente usciamo da lì e ci dirigiamo verso l’hotel.
<< Hai visto che ho seguito il tuo consiglio? Ho fatto una pazzia >>.
Alex mi guarda scettico. << Se aggiungere qualche ciocca viola ai tuoi capelli e tenerli un po’ lunghi è già per te una pazzia … >>.
<< Lo è >> lo interrompo, fermandomi per qualche istante a specchiarmi in una vetrina. << Che cosa ho fatto? Già me ne sono pentita! >>.
<< Ti stanno bene >>.
<< Grazie a te e ai tuoi discorsi sulla libertà mi ritrovo con delle ciocche viole. Non porti nulla di buono >>.
<< Stanotte andrai a caccia con me >> annuncia allegro.
<< Caccia? >>.
<< Sì, a caccia di uomini >>.
<< Scordartelo. Non lo farò >>.
<< Non capisci, è incredibile, è diverso, amplificato, è … >>.
Lo interrompo bruscamente. << Tu come fai a sapere che è diverso? >>.
<< Perché un tempo ero un umano anche io. Che perspicacia >>.
<< Com’è successo? Vi trasformate con un morso? >>.
<< Sì, con un morso. E’ stata una mia scelta >> ammete, con lo sguardo perso nel vuoto.
<< In che senso? >>.
Si volta di scatto e mi fissa, i suoi occhi sembrano trapassarmi, ha le sopracciglia aggrottate. << Ho scelto di trasformarmi io, mi sono fatto mordere di mia spontanea volontà >>.
Scende il silenzio. Non posso credere che quella di diventare un mostro sia stata una sua scelta.
<< Perché? >> non riesco a trattenermi dal chiedere.
<< Per amore >> mormora.
Per amore. Quasi non credo alle mie orecchie, sono quasi arrabbiata, lui ha avuto la possibilità di scegliere, e io? Che possibilità è stata data a me? Nessuna. Sì, sono decisamente arrabbiata: da quando sono un mutaforma è difficile trattenere la marea di emozioni.
<< Che idiota >> dico a denti stretti stringendo i pugni.
<< Come? >>.
<< Sei un idiota! >> urlo. Siamo arrivati davanti all’hotel e ci fermiamo.
<< Si può sapere perché stai urlando? >>.
<< Come hai potuto rinunciare alla tua umanità? Perché l’hai fatto? Non potrai mai più averla indietro! >>. Mi rendo conto di sembrare una pazza. Non sto ragionando.
<< Abbassa la voce >> sussurra, trascinandomi in un punto appartato. << Qual è il tuo problema? Sei impazzita? >>.
<< Forse sei tu il pazzo, non sono io che ho deciso di diventare un mostro >>.
Mi rendo conto che Alex si sta innervosendo. << Leah, sii ragionevole, non hai alcun motivo per urlarmi contro e arrabbiarti con me. Non è colpa mia se tu non hai potuto scegliere >>.
<< Non è giusto >> dico cacciando via le lacrime.
<< La vita è ingiusta, è una lezione che stai imparando a poco a poco >>.
<< Tu sei così perché l’hai voluto. Non posso crederci >> dico quasi tra me e me.
<< L’amore ci rende folli, non lo sai? >>.
<< Lo so benissimo. Vado in camera mia, tra poco devo lavorare >> dico gelida.
<< D’accordo >> dice Alex allibito, mettendo le mani in tasca. Mi giro e vado via, verso l’ascensore, sentendo il suo sguardo sulla schiena. Tremo un po’. Arrivata nella mia camera mi rendo conto di essere una stupida e non tremo più. Che scenata, che figura! Sono troppo impulsiva, perché me la sono presa con Alex? Mi sdraio sul letto, riflettendo. Ha scelto di diventare così per amore, ha detto. Io avrei mai scelto di diventare un mutaforma per Sam, se ne avessi avuto la possibilità? Il mio amore era così forte da farmi rinunciare alla mia umanità? Quanto si è disposti a sacrificare per l’amore? Non voglio mentire a me stessa, non so se avrei rinunciato alla mia umanità, probabilmente no. O forse sì. Non lo saprò mai perché in ogni caso non ho potuto scegliere. Alex ha amato così intensamente da decidere di diventare un mostro per amore. Dov’è ora la sua amata? Era quella di cui parlava lui, o ne ha avute tante altre? La ama ancora? Quanto poco so di lui! Mi rendo conto che voglio conoscerlo, che voglio sapere. Vorrei che un giorno si aprisse con me. Forse anche io prima o poi mi sentirò libera di parlare di tutto con lui. 
 
Passo il pomeriggio a lavorare. Oggi indosso la divisa nera delle cameriere e Camille ha raggiunto lo stesso livello di acidità di ieri. Mentre sono china a terra a sgrassare i già lucidi pavimenti di marmo del quinto piano sento una ragazza piangere. Mi alzo per andare a controllare: il pianto proviene da uno stanzino. Apro la porta, incerta, e trovo una ragazza in lacrime, inginocchiata a terra. Socchiudo la porta alle mie spalle.
<< Che cosa è successo? >> chiedo allarmata.
La ragazza, una fragile biondina, alza lo sguardo su di me. I suoi occhi nocciola sono gonfi di lacrime. Si asciuga in fretta.
<< Non è niente >>.
Mi accovaccio accanto a lei.
<< Qualcuno a cui vuoi bene sta male? >> cerco di indagare.
La ragazza scuote la testa e continua a singhiozzare. Resto lì con lei, incerta sul da farsi. Non sono molto brava a consolare e non ho mai avuto molte amiche. Quelle poche che avevo le ho perse quando mi sono trasformata.
<< Come ti chiami? >> chiedo per rompere il silenzio.
<< Anne >>.
<< Io mi chiamo Leah, piacere di conoscerti >>.
Restiamo in silenzio ancora un po’. Si sentono solo i suoi singhiozzi.
<< Vuoi restare da sola? >>.
<< No, non preoccuparti. Non è niente di grave. Sei gentile, Leah >>. Anne fa un debole sorriso.
Gentile? Io? Da quanto tempo qualcuno non mi definisce gentile? Cerco un fazzoletto nella mia tasca e glielo porgo. << Tieni >>.
<< Grazie >>.
<< Forse dovremmo tornare al lavoro >>.
Anne annuisce, afflitta. Sembra così indifesa. Sento che potrei spezzarla con una sola mano. Mi alzo e faccio per andarmene quando lei parla. << Lui non mi ama >> mormora.
<< Come? >> chiedo.
I suoi grandi occhi sono vitrei e fissano la parete della stanza. << Non mi ama, non mi ha mai amato. Lavoro qui da dieci anni >>. Le sue parole si spezzano e ricomincia a piangere. Caspita, lavora qui da dieci anni? Allora deve essere vicina ai trent’anni. Io gliene avrei dati al massimo venticinque.
<< Non capisco >> sussurro.
<< Sono stata solo uno sfogo perché era triste, aveva perso tutto, ma io lo amavo da così tanto tempo ed ero così felice che finalmente fosse venuto da me! E adesso non si ricorda neanche il mio nome! L’ho aspettato per otto anni. Cosa mi è rimasto? Perché devo soffrire così? >>. Anne ricomincia a piangere e si prende il viso tra le mani. << Mi aveva anche salutato prima di partire, mi aveva detto di amarmi >> sento la sua voce soffocata attraverso le sue mani. Sono paralizzata non so che fare. Decido di sbatterle in faccia la realtà.
<< Anne, le lacrime che stai versando per questo ragazzo di cui parli sono anche troppe. Ti ha evidentemente preso in giro. Questo tizio che ami … dimenticalo. Vai avanti, hai perso anche fin troppi anni per lui >>.
<< Come posso dimenticarlo se lo vedo tutti i giorni? >> urla all’improvviso. << Nemmeno mi guarda >>.
La porta alle nostre spalle si apre violentemente. E’ Camille.
<< Anne, Leah, che cosa state facendo? Tornate al lavoro immediatamente! >> urla furiosa. Anne si alza immediatamente. Farfugliamo di sì e ci accingiamo a uscire mentre Camille si scosta di lato per lasciarci passare. Io sono già uscita quando Camille blocca Anne. In teoria dovrei essere già abbastanza lontana da non sentire, invece sento tutto perfettamente. << Tu, sciocca ragazza, dimentica Alex. E’ il tuo datore di lavoro, un uomo importante e tu sei solo una stupida se pensi che lui possa provare qualcosa per te. Credi di avere qualche pretesa su di lui? Ti ha solo usata per sfogarsi, è evidente. Non sei niente per lui, niente! Stagli alla larga! >>. Dice le ultime parole con così tanto impeto che inizio a sospettare che ci sia stato qualcosa tra quella lì e Alex. Alex!? Quindi la ragazza parlava di Alex! Non posso credere che quel farabutto giochi così con i sentimenti delle donne.
Quando finalmente sono le diciannove finisco di lavorare, stanca. Mentre torno in camera incontro Alex. Mi fa un cenno di saluto e passa avanti, ma io lo trattengo per un braccio.
<< Scusami per prima, non so cosa mi è preso. Forse le ciocche viola hanno come effetto collaterale la pazzia >>.
Il viso di Alex si rilassa. << O forse il problema sta nel tuo cervello >>.
<< Il mio cervello funziona benissimo >>.
Passa una cameriera mentre parliamo e arrossisce intensamente vedendo Alex, che le lancia un sorriso obliquo. Pure questa? Incredibile!
<< Sei stato con tutte le ragazze dell’hotel? >> chiedo, aggressiva.
<< Non tutte, qualcuna, ce ne sono molte nuove … >>.
<< Anche con Camille? >>.
<< Ecco… forse una volta … >>.
Sospiro pesantemente. << Sei un verme! >> esclamo.
<< Ehi vuoi litigare di nuovo? Non ti eri appena scusata? >>.
<< Camille è anche più grande di te! Molto più grande! >>.
<< Ti sbagli. Io ho più di trecento anni >>.
<< Allora perché non ti cerchi una bella ottantenne! >>.
<< Il mio record è cinquant’anni >>.
<< Sei disgustoso >>.
<< Perché ? >>.
<< Come fai? Non ti importa niente di loro? >>.
Scrolla le spalle. << Anche a loro non importa niente di me >>.
<< Camille ti ama >>.
<< Come fai a saperlo? >>.
<< Anne ti ama >>.
<< Chi? >>. Aveva ragione, non si ricorda neanche il suo nome. << Sei qui da soli due giorni, come puoi sapere queste cose? >>.
<< Ho beccato una cameriera che piangeva per te in uno stanzino. Poi Camille l’ha rimproverata e le ha intimato di starti alla larga, come se stesse marcando il territorio >>.
<< Adesso sono diventato il territorio? >>.
<< Voi maschi siete impossibili >>.
<< Tu invece mi sembri un tantino isterica. Prima te la prendi perché ho scelto di diventare un licantropo e ora perché mi piace divertirmi? >>.
<< Non puoi divertirti giocando con i sentimenti di una povera ragazza! >>.
<< Non ho giocato con i sentimenti di nessuno! >> si difende.
<< Allora perché ti sei consolato con lei e le hai detto che l’amavi e poi sei partito per otto anni? >> lo aggredisco. Mi sembra quasi la mia storia. Sam parte dandomi speranze che non credevo di poter avere, io lo aspetto come una povera illusa e lui ritorna con un’altra. Forse mi sto alterando troppo, dopotutto se quella ragazza è stata così stupida da farsi prendere in giro io che posso farci? Prendere in giro. Anche Sam l’ha fatto. Con me.
Alex incrocia le braccia al petto. << Ma cosa ti importa di quella ragazza? Io non ho mai promesso niente a nessuno! Oggi vuoi proprio litigare >>.
<< Non voglio litigare, voglio solo farti capire che non è giusto quello che fai >>.
<< Non è giusto cosa? Vivere la mia vita come preferisco? Lo faccio da più di trecento anni, perché dovrei cambiare ora? Perché a una ragazzina che conosco appena e che ha avuto una delusione d’amore ed è scappata come una vigliacca per non dover fronteggiare più il suo dolore non va bene? Stai scherzando, vero? >> urla. I suoi occhi sembrano mandare fulmini, è molto arrabbiato. Le sue parole bruciano, sento che sto per esplodere. Inizio a tremare violentemente.
<< E a te cosa è successo di così grave otto anni fa? Ti è morto il gatto e ti sei consolato con più ragazze del solito? Ti si è spezzata un’unghia? >> urlo io ancora più forte.
La sua voce e il suo sguardo sono talmente gelidi che quasi rabbrividisco. << E’ morta mia moglie >>.
Una moglie? Morta? Questo non me lo aspettavo. Siamo vicini, io con le mani strette in pugno, tremante e quasi sul punto di trasformarmi. Alex con le braccia incrociate al petto e un cipiglio severo.
Chiudo gli occhi per un secondo, respiro profondamente e mi concentro. Calma, Leah. Dopo qualche secondo ho tutto sotto controllo e apro gli occhi. Alex mi fissa severamente.
<< Scusami di nuovo. Sono impulsiva, è un mio grosso difetto >> dico tranquilla.
Alex mi guarda perplesso e arrabbiato. << E’ normale per te andare in giro a litigare con la gente per poi pentirsene e chiedere scusa? >>.
<< Penso ancora che tu ti sia comportato male, ma dopotutto chi sono io per giudicare? Solo una ragazzina che ha avuto una delusione d’amore >>.
Alex sospira e stende le braccia lungo i fianchi. << Scusa, non avrei dovuto dirlo >>.
<< Perché no? Hai ragione, è così. Ho avuto una grossa delusione d’amore e sono scappata. Tu invece hai una moglie morta e hai reagito a modo tuo >>.
<< Sembri molto ragionevole adesso >>.
<< E’ questione di controllo, se avessi continuato mi sarei trasformata >>.
<< Forse dovresti controllarti meglio >> mi rimprovera.
<< Anche nel branco me lo dicono >> ammetto.
<< Credo di dover parlare con quella cameriera e di dovermi scusare >> sospira Alex.
<< Ottima idea >> sorrido debolmente.
<< Preferisco parlare con te quando non tremi. Mi hai perforato i timpani >>.
<< Esagerato. Credo che dobbiamo andare a cenare tra poco, tuo padre ci aspetta >> dico.
Alex annuisce. Faccio per andarmene.
<< Leah >> mi chiama il licantropo, << mi dispiace per quello che ti ha ferito e che ti ha costretto a lasciare la tua casa >>.
Annuisco tra me e me. << A me dispiace per tua moglie, Alex >>.
Alex sorride appena, un fiacco accenno del suo solito sorriso. << Già, dispiace anche a me. Era l’amore della mia vita. Sono stato fortunato, più di trecento anni di felicità sono più di quanto molti possano mai sperare di avere >> sussurra talmente piano che persino io faccio fatica a sentirlo. Si gira e si allontana lentamente. Resto così, a fissare la sua schiena; mi sembra talmente vulnerabile che sento potrebbe spezzarsi in due da un momento all’altro. Penso a quello che ha perso: per la prima volta riesco davvero a mettere da parte tutto il rancore, la delusione, l’amarezza, il dolore, le lacrime versate, e a gioire del fatto che almeno Sam sia vivo.

 
 
 
 
 
 
   
 
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