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Autore: luna nueva 96    09/09/2013    0 recensioni
CROSSOVER TVD/Merlin
Una donna torna dal passato di Niklaus. Una donna conosciuta e da molti amata.
Intrigante, capricciosa, bellissima.
In un momento in cui tutto sembra sprofondare nel buio, Klaus vedrà di nuovo la luce.
Tutto grazie a lei.
Dal secondo capitolo:
Anche i suoi fratelli a quanto pareva-Rebekah ,Eliah e Kol; Finn era stato in precedenza pugnalato e chiuso in una bara- puntavano lo sguardo fisso sui colli della servitù; persino Elijah, con la sua ferrea morale buonista, Klaus potè giurare, stava già pregustando il momento in cui avrebbe saziato la sua sete.
Qualche servo particolarmente coraggioso osava lanciare sguardi malevoli a Rebekah, sguardi a cui lei non mancava di rispondere, in un connubio di gesti carezzevoli e provocatori.
Kol rise leggermente. –Fratelli, questa sera mangeremo da re-
-O il re- lo corresse Rebekah
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Merlino, Morgana
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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-A partire da sinistra ci saranno le vostre stanze in ordine alfabetico. Elijah, Kol, Niklaus e Rebekah. Ogni mattina un servo verrà a svegliarvi e vi porterà la colazione in camera, per poi essere a disposizione per ogni vostra evenienza- disse Merlino.

Desiderava allontanarsi da quelle quattro figure in prima possibile. Desiderava andare da Gaius, parlarne con lui, sentirsi dire che si stava sbagliando, che non c’era alcun pericolo in agguato oppure, se c’era, che avrebbero trovato presto una soluzione, come avevano sempre fatto. Ma soprattutto desiderava tenere i Mikaelson lontani da Artù e dalle altre persone a cui voleva bene. Per questo motivo, nonostante la sua riluttanza, invece di girare i tacchi come il suo istinto suggeriva di fare, alzò gli occhi incontrandone altre quattro paia che sembravano ponderare ogni suo respiro.

Fu il biondo con gli occhi incavati a parlare, quello che gli incuteva maggior timore. –Sei stato gentile giovane… ehm… scusa come hai detto che ti chiami?-
-Non l’ho detto- rispose il mago prontamente, e fu difficile ignorare l’occhiata di disprezzo che gli altri fratelli gli rivolsero.
-Si chiama Merlino- intervenne Rebekah- Lo ha detto prima il principe, non ricordi fratello?-
-Oh giusto. Merlino- Klaus calcò bene quel nome, lo masticò in bocca, lo ripetè nella mente come se dovesse essergli familiare, ma non lo era affatto. Non gli diceva nulla. Per un attimo fu pervaso dal dubbio che quello che aveva davanti fosse solo un comunissimo servo, ma non si poteva mai sapere. Fin da sempre la paranoia era stato uno dei peggiori lati del suo carattere, e questa ombra lo avrebbe accompagnato nel corso dei secoli a venire.

-E dimmi ragazzo- continuò poi- Artù è già a conoscenza dei tuoi poteri?-
Fu un attimo. Gli occhi di Merlino si accesero di una strana luce e una candela dietro di lui si accese all’improvviso;  Klaus lo prese per il collo e con velocità vampiresca lo portò nella stanza, seguito dai suoi fratelli, dove nessuno avrebbe potuto vederli. Solo quando vide il ragazzo soffocare sotto la sua stretta e fu certo di avere nuovamente la situazione sotto controllo, ritirò i canini e lasciò andare Merlino, il quale, mezzo morto, iniziò a tossire violentemente.
-Che cosa. Siete. Voi. ?- sibilò tra un respiro e l’altro.
-Questo non deve importanti- rispose Kol al posto suo- Piuttosto ci interessa sapere cosa sei tu-
-Non lo vedete già da voi stessi?- ribattè Merlino- Mi sembrate esperti in materia a quanto vedo-

Una risata fuoriuscì dalle labbra di Rebekah, e come automi tutti e quattro si voltarono verso quel suono inaspettato quando celestiale. La vampira si avvicinò a Merlino con passò lento e cadenzato, gli mise una mano tra i capelli e glieli scompigliò. –Come fa uno stregone ad essere alle dipendenze di Artù? La magia è vietata a Camelot. Scommetto che hai visto tantissimi tuoi simili bruciare sul rogo. Perché non te ne vai? Qui rischi la vita ogni giorno-
Pose le domande che tutti i Mikaelson si ponevano da diversi minuti ormai. Perchè rischiare così tanto quando avrebbe potuto vivere perfettamente in un’altra contea e praticare la sua arte liberamente? Se c’era una cosa che avevano imparato in tanti anni sulle streghe, è che più cerchi di allontanarle  dalla magia, più loro diventano potenti, imparano ad usarla. Semplicemente perché è la natura a scegliere le predilette. Loro sono solo delle serve. Non si può smettere di essere degli esseri sovrannaturali come e quando vuoi.

Merlino si alzò in piedi a fatica, le gambe che gli tremavano per la paura. –E’ complicato- rispose – Diciamo che il mio mondo è qui a Camelot…- era una risposta vaga ma almeno non aveva negato tutto. In fin dei conti a Klaus neanche importava il motivo per cui insistesse a restare o come facesse a mentire così bene al re. L’importante era che quella sottospecie di pulce non interferisse con i suoi piani. Il fatto che non avesse nascosto le sue capacità però gli faceva ben sperare che non avrebbe compiuto passi falsi. A vederlo in realtà non sembrava capace di far del male ad una mosca: tremava di terrore per l’aggressione appena subìta, il cuore gli martellava nel petto, e l’unica cosa che aveva saputo calmarlo almeno in parte era stata la voce di Rebekah. Ma quello succedeva un po’ con tutti gli uomini.

-Voi invece cosa siete? E perché siete a Camelot?-
-Non sei nella posizione di fare domande, ragazzo- intervenne per la prima volta Elijah in quella discussione- Se vuoi avere salva la pelle ti consiglio di andare via adesso, non vorrei che a qualcuno dei miei fratelli venisse fame prima di cena. E naturalmente prova a raccontare a qualcuno di quello che hai visto e non esiterò personalmente a staccarti la testa-
Merlino non le lo fece ripetere due volte. I suoi piedi si mossero da soli, e in un attimo era fuori da quella stanza, sfrecciava tra le mura del castello chiedendosi se anche quella volta sarebbe andato tutto bene. Di certezze al momento ne aveva ben poche, di coraggio ancora di meno.

Gli Originali rimasero nella stanza in silenzio a valutare la situazione. –Mi chiedo perché tu l’abbia lasciato andare!- sbottò Kol all’improvviso- Avevamo detto che l’avremmo ucciso. Ora andrà a spiattellare in lungo e largo il nostro segreto quel maghetto da strapazzo, e possiamo dire addio al nostro piano. Desideravo così tanto bere sangue blu!, torcere la testa a quel Principino arrogante - concluse in un lamento
-Sono sicura che non farà niente del genere, era terrorizzato- pronunciò Rebekah.
“Però sarà meglio sorvegliarlo. Non si sa mai”
-Se vi fa stare più tranquilli però gli starò col fiato sul collo, giusto per fargli capire con chi ha a che fare-
-Brava sorellina- sorrise Niklaus- E magari vedi anche di scoprire che cosa nasconde quel servo. Inizio a diventare curioso-

                                                                                *****

La sera era arrivata in un baleno. I fratelli Mikaelson uscirono dalle proprie stanze contemporaneamente, come se fossero stati sincronizzati; ognuno di loro aveva indossato l’abito migliore per la cena con il re. Si guardarono e si scambiarono un segno col capo. In particolare Klaus si concentrò su Kol, tra tutti il più impulsivo, e gli dedicò uno sguardo di raccomandazione. Non che ce ne  fosse bisogno però: il giovane Kol era ben a conoscenza dei rischi che correva chi osava mandare all’aria i piani del fratello e poco valeva che avessero lo stesso sangue: Nik non sarebbe in nessun modo stato compassionevole. La fine che aveva fatto suo fratello Finn ne era stata la prova; Klaus aveva detto che un giorno lo avrebbe liberato, ma per ora era giusto che imparasse la lezione, e quella lezione era non mettergli il bastone fra le ruote. Quindi il messaggio che gli stava indirizzando era abbastanza chiaro: “fai battutine sul sangue e io ti rinchiudo in una bara fino al prossimo millennio”.

Un servo giunse ad avvertire gli ospiti che il Re li attendeva giù per la cena. Un’immensa tavolata piena di prelibatezze era stata messa a disposizione per solo sette persone, una decina di servitori andavano avanti e indietro per portare le vivande. Uther sedeva a capo tavola, accanto a lui, uno da un lato e una dall’altro, Artù e Morgana. Elijah prese posto accanto al Principe, seguito da Kol, mentre Klaus e Rebekah si posizionarono esattamente di fronte a loro.

-E’ sempre bello avere ospiti a cena- commentò Uther- Di solito siamo solo noi tre, e ci limitiamo a raccontarci gli avvenimenti della giornata. Voi, però, seppur giovani avete vissuto tante di quelle avventure, suppongo! Mi farebbe davvero piacere se qualcuno di voi allietasse questa serata con qualche racconto- e il suo sguardo cadde su Elijah.
Scelta perfetta, reputò Niklaus, perché tra tutti il maggiore dei Mikaelson era proprio quello che riusciva a mantenere al meglio un certo distacco, anche nel pieno di una menzogna. Klaus invece temeva che Uther gli chiedesse qualcosa che richiedesse inventare qualcosa di sana pianta, temeva di non saper riuscire a controllare moti di ira improvvisa, di mostrare un comportamento troppo altero che avrebbe fatto saltare in aria la sua copertura.

Elijah esordì narrando di come i loro genitori per vivere in pace fossero emigrati in terre lontane, terre piene di prosperità in cui gli uomini possedevano i doni della velocità e della forza.* Riferì di uomini che si trasformavano in bestie ad ogni luna piena, di come eravamo costretti a ripararci durante quelle notti di terrore. Arricchì il racconto con particolari fantasiosi, soffermandosi maggiormente sulle parti vere della storia per poi spolverare solo leggermente quelle inventate, alternava una parlantina spedita a lunghe pause, come se stesse cercando di rievocare nella testa quelle stesse immagini. Uther, Artù e Morgana erano rapiti; di certo mai nessuno di loro aveva mai visto o sentito, né tanto meno affrontato, le cose contro cui Elijah li metteva faccia a faccia. Klaus sapeva che suo fratello era semplicemente un bravo oratore. Probabilmente se lui stesso non avesse saputo la verità, sarebbe caduto nelle sue fandonie; era bravo ad incantare il pubblico, a creare la gusta suspance e a fermarsi prima che la bugia gli sfuggisse dalle mani.

Ad un certo punto fece finta di reprimere uno sbadiglio, e il Re si ridestò dalla trance in cui era caduto.
-Deve essersi fatto tardi, credo sia ora che Morfeo faccia cadere il suo potere su tutti noi- suggerì- Anche se devo ammettere che mi dispiace infinitamente staccarmi dalle vostre narrazioni così suggestive-
Elijah lo ringraziò per la cena promettendogli di continuare il giorno successivo,  dopo di che i Pendragon ed i Mikaelson si augurarono scambievolmente la buonanotte.

Mentre uscivano dalla sala la strana sensazione di essere nuovamente osservato fece voltare Niklaus, che ritrovò Merlino ritto al fianco di Artù. A giudicare da come i suoi occhi magnetici si posavano su ogni membro della sua famiglia, e dall’espressione di puro sospetto che aveva stampata in volto, doveva aver tenuto d’occhio-e d’orecchio- tutto ciò che era successo in quella sala. Il tutto senza che Klaus se ne fosse minimamente accorto.
-Inizia a diventare fastidioso sentirmi continuamente osservata- dichiarò Rebekah- Inizierò a seguirlo da domani-
Ma già Klaus non si sentiva più così tranquillo.

                                                                             *****

Molti secoli dopo quel giorno un tizio chiamato Gesualdo Bufalino avrebbe scritto che “non il sonno ma l’insonnia della ragione genera mostri”**. Ed è vero, perché a Niklaus una notte mai era sembrata più nera di quella. Dopo la cena si era messo sotto le coperte con l’intenzione di dormire, perché l’indomani ci sarebbe stato un altro incontro con il Re e non doveva in alcun modo apparire ai suoi occhi irritabile, ma il sonno aveva deciso di non bussare alla sua porta. Si chiese se qualcuno dei suoi fratelli fosse affetto dalle sue stesse inquietudini ma concentrandosi riusciva a sentire i respiri di tutti e tre già lenti e pesanti. Erano sprofondati nell’oblio. La sua mente da ibrido dannato e costretto a vivere per metà la sua natura, invece, era fin troppo attiva, nonostante l’ora tarda, e questo voleva significare solo una cosa: i mostri stavano tornando.

Niklaus li chiamava così: i mostri. Aveva fatto cose orribili in passato e ancora in futuro tante ne avrebbe fatte. Ed erano tutte lì a tormentarle. Alcuni li avrebbero chiamati i fantasmi del passato o rimorsi di coscienza. Ma Klaus era un essere oscuro: non provava rimorso e non era sicuro di possedere una coscienza. In più quelli che la notte lo perseguitavano non potevano di certo essere definiti fantasmi.
Era iniziato tutto quando il compagno d’amore della sua amata sorellina gli aveva teso un’imboscata. Alexander, si chiamava, ed era un cacciatore di vampiri. Niklaus e i suoi fratelli avevano fatto l’errore di sottovalutarlo, e una notte tutti si erano ritrovati un pugnale intinto nella linfa di quercia bianca conficcato nel cuore. Quello che Alexander non aveva considerato però era che, essendo un ibrido, nemmeno quell’arma avrebbe funzionato contro di lui; così Klaus aveva provato un immenso piacere a strappare il cuore a quegli stupidi umani super sviluppati. Poi aveva liberato i suoi fratelli, tranne Finn, che già da qualche tempo a quella parte aveva iniziato a provare insofferenza verso la sua natura da predatore.

L’incubo era cominciato dopo. Tramite strane allucinazioni tutti le persone a cui aveva fatto del male gli erano ritornate davanti agli occhi,gli avevano mostrato quanto la sua anima fosse oscura, quanto fosse sbagliata anche la sua esistenza in questo mondo. All’inizio li aveva combattuti, poi quando la tortura era diventata troppo grande anche per un essere potente come lui aveva ceduto alla resa e aveva provato ad uccidersi. Ma era immortale. Aveva minacciato le streghe più potenti affinchè spezzassero la maledizione, ma gli avevano risposto tutte allo stesso modo: sarebbe tutto finito quando gli spiriti si sarebbero stancati di prenderlo in giro. Era in ballo e doveva ballare. La musica si sarebbe fermata solo 52 anni 4 mesi e 9 giorno dopo lo sterminio, che di punto in bianco non avrebbe più sentito voci nella sua testa, che sarebbe stato di nuovo libero di pensare e di agire, ma a pochi mesi dall’inizio della tortura, questo ancora Klaus non poteva saperlo. ***

Voltò la testa di lato. Esther lo stava osservando. Era abituato ormai a certe improvvisate da parte della sua cara madre.
-Non riesci a dormire figlio mio?-
-Va via- le ordinò.
-Non parlare così a tua madre Nik, non è questa l’educazione che io e tuo padre ti abbiamo insegnato-
-Quale padre?- domandò  Klaus- Quello che mi sta dando la caccia per uccidermi? Oppure il licantropo a cui ti sei ceduta una notte e che è stato fatto a pezzi da Mikael?-
Esther non si scompose minimamente. Perché dopo tutto uno spirito dovrebbe scomporsi?
-Hai visto com’era amorevole oggi Uther verso Artù e Morgana? Anche tu avresti potuto avere l’amore dei tuoi genitori se solo non fossi stato un mostro-
Ed eccolo lì, uno dei momenti in cui diventava tutto così assurdo e così dannatamente vero che l’Originale avrebbe voluto davvero finirla lì. Chiuse gli occhi, non voleva più sentire niente.
-Non ignorarmi Niklaus, lo sai che sono nella tua testa. Non puoi fuggire da te stesso-
-E’ la mia testa!- ringhiò- La controllo io…-
Strinse i denti e spasmi violenti rischiarono quasi di fargli scoppiare il cervello. Si arpionò al lenzuolo che si strappò sotto la sua forza, i canini spuntarono fuori da soli per lo sforzo fisico.
Quando aprì gli occhi sua madre era sparita. Sarebbe tornata a tormentarlo il giorno dopo,  ma almeno per quella notte Niklaus aveva vinto. Era quasi giunta l’alba quando, finalmente, stanco e provato, riuscì ad abbandonarsi ad un sonno buio e senza incubi. 



*Frase presa dalla 3x08 di The Vampire Diaries: Ordinary People
** Gesualdo Bufalino, Il malpensante, 1987
*** Questa parte della storia è presa dalla 4x04 di The Vampire Diaries: The Five

 
  
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