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Autore: Lelaiah    09/09/2013    3 recensioni
Ryan e Strawberry frequentano la stessa scuola, ma non lo sanno. Si incontrano casualmente durante le vacanze estive e si ritrovano a causa... di un fumetto?!
La rossa proprio non capisce perché una delle sue migliori amiche abbia dovuto metter su carta il resoconto del suo disastroso incontro con un affascinante, quanto sgarbato surfista.
A peggiorare le cose ci si metterà anche il carattere del biondo, notoriamente scontroso e solitario.
Ma se i loro battibecchi diventassero l'attrattiva principale della scuola e portassero alla nascita di una nuova tradizione per gli innamorati?
Accompagnate Ryan e Strawberry in questa nuova avventura, dove il pericolo non è costituito dagli alieni, ma dalla penna a china di un'amica.
Buona lettura! :)
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Keiichiro Akasaka/Kyle, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Galetto fu il fumetto...
I personaggi di questa storia non mi appartengono, ma sono stati creati da Mia Ikumi e Reiko Yoshida. La storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.

Dopo una bella sosta, in cui mi sono dedicata a battaglie, mostri e vampiri, ho ritrovato l'ispirazione per questa fantastica coppia! :) L'idea è nata da una cosa che mi è capitata, in cui c'entrava un fumetto, per l'appunto. Non è stato galeotto, ma ancora oggi ci ripenso con un sorriso. Ho pensato di poterla adattare al carattere di Ryan e Strawberry e così...
è nata questa shot!
Spero vi piaccia, buona lettura!


P.S.: Ho trovato alcune difficoltà ad ingranare la marcia, spero di non esser andata OOC.


Galeotto fu il fumetto...






  Se ne stava tutta ingobbita sulla sabbia, chiedendosi per l’ennesima volta perché avesse accettato di andare in vacanza coi propri genitori.
Da quando era successo quel fatto si era sempre sentita a disagio tra gli altri e mostrare la propria pelle nuda non la entusiasmava più di tanto. Ricordava perfettamente le reazioni delle persone.
  L’unico lato positivo era che la località in cui si trovavano era molto bella. Okinawa era una delle mete balneari preferite dai giapponesi e Strawberry non faticava ad immaginare il perché: spiagge di fine sabbia bianca e mare cristallino.
Sospirando lanciò un’occhiata ad un gruppo di ragazzi intenti a giocare a ping pong su un tavolino assolutamente improvvisato. Rise notando la reazione di uno dei giocatori e poi tornò a guardare il mare.
Avrebbe tanto voluto fare il bagno, ma c’erano onde troppo alte per lei.
“Se solo mamma e papà non fossero impegnati in una delle loro stupide riunioni.”, pensò abbattuta.
Le avrebbe fatto piacere passare del tempo con loro ma, a quanto pareva, non poteva avere nemmeno quello.
  Stanca di starsene seduta senza far nulla, si alzò e decise di incamminarsi lungo il bagnasciuga. Le avrebbe sicuramente fatto bene allenare i muscoli delle gambe.
Fece scivolare il cellulare ed il portafogli nelle tasche degli shorts e poi controllò che la fasciatura fosse ancora ben salda.
-Perfetta.- mormorò prima di avviarsi.
Si allontanò di qualche centinaio di metri dall’ombrellone, ma bastò per farla rimanere l’unica persona su quel tratto di spiaggia. Si era inoltrata tra gli scogli ed era sbucata in una piccola baia. Si guardò intorno, perplessa e si chiese se sarebbe stata in grado di tornare indietro.
Fece per ritornare sui propri passi quando, con la coda dell’occhio, colse un movimento. Voltò la testa di scatto ed individuò un’onda bella grande.
  Sulla sua cresta stava volando un ragazzo dai capelli biondi. Indossava una muta che gli arrivava poco sopra il ginocchio e lasciava scoperte anche le braccia.
Non sembrava avere sangue nipponico, ma non fu quello ad attirare l’attenzione della rossa. Lo sconosciuto si muoveva con grande fluidità, sfruttando i muscoli delle proprie gambe ed i movimenti di bacino per guidare la tavola.
  Le sue dita accarezzarono il ventre dell’onda quando vi scivolò all’interno e le parve di vederlo sorridere, inebriato dalle sensazioni che gli dava l’aria salmastra sulla pelle.
Improvvisamente perse aderenza e sparì tra la schiuma, mentre la tavola da surf schizzava verso l’alto come un proiettile.
-Oh Kami!- esclamò Strawberry, spaventata.
Senza pensarci due volte si avviò il più velocemente possibile verso riva, cercando d’individuare il giovane surfista per capire se stesse bene.
Lui sbucò poco dopo, tossicchiando e scuotendo la testa. Si guardò intorno, confuso e poi controllò di avere ancora la tavola assicurata alla cavigliera.
Sollevato, mosse un passo verso il bagnasciuga, ma barcollò pericolosamente in avanti, dando modo alla ragazza di notare la brutta ferita che aveva alla tempia.
-Ehi, ti sei ferito!- lo raggiunse sciaguattando e lo afferrò per un braccio, preoccupata. Il sangue gli colava lungo il viso, perdendosi tra le increspature dell’acqua.
-Non è niente.- le disse, cercando di liberarsi.
Lei scosse la testa. –No, devi curarla.- insistette, riuscendo a fargli guadagnare la terra ferma. Tentò di farlo sedere per poter controllare la gravità del taglio, ma lui non glielo permise. –Insomma, fammi vedere!- sbottò.
-Non ce n’è bisogno: le ferite alla testa sanguinano molto. Ma non è grave.- replicò con tono indisponente.
-Be’, scusa se volevo rendermi utile!- si mise le mani sui fianchi, piccata. Ma chi si credeva di essere?! Lei si stava semplicemente preoccupando che potesse avere una commozione, non voleva flirtare!
Il biondo le scoccò un’occhiataccia. –Nessuno te l’ha chiesto.
-D’accordo! Allora arrangiati e sistema da solo questa ferita che…- la voce le morì in gola. Si ritrovò ad osservarsi le dita, sporche di sangue. Doveva aver toccato la ferita senza rendersene conto. -… quanto sangue…!
La vide impallidire di colpo e temette stesse per svenire. Allungò una mano per afferrarla nel momento esatto in cui le si rovesciarono gli occhi. Sostenne il suo peso e la fece adagiare sulla sabbia.
-Fortuna che dovevi aiutarmi con la ferita.- commentò, ironico. Le mise due dita sulla giugulare per controllare il battito e poi recuperò un po’ di acqua salmastra per farla riprendere. La tenne nella mano a coppa e, dopo essersi preso un attimo per osservare quelle buffe codine rosse, gliela versò sul viso. –Svegliati.
Strawberry riaprì gli occhi con un singulto e poi balzò a sedere. –Cos’è successo?!
-Sei svenuta, cara la mia crocerossina.- le fece notare.
Lei lo squadrò da capo a piedi e poi assottigliò gli occhi. –Vedo che stai bene: devi avere la testa dura. Spero ti venga un bel bernoccolo, buona giornata!- si alzò rapidamente e prese a marciare verso l’uscita della baia.
  Camminò il più velocemente possibile, arrabbiata per com’era stata trattata. Non si capacitava dell’ingratitudine di quello stupido, spocchioso, saccente ragazzo dai meravigliosi e penetranti occhi azzurri.


***

-Sono in ritardo!!- esclamò, precipitandosi giù per le scale.
Rischiò d’inciampare negli ultimi gradini. -Strawberry, fai attenzione!- la rimproverò sua madre, comparendo dalla cucina. –Perché non riesci mai a svegliarti in orario?- sospirò subito dopo.
La figlia non rispose ed uscì di casa dopo aver infilato le scarpe. Per quel giorno avrebbe saltato la colazione, cosa che succedeva abbastanza spesso durante il periodo scolastico.
  Si avviò di corsa, nel tentativo di recuperare il tempo perso nel mondo dei sogni. Come quasi tutte le mattine arrivò in aula col fiatone, ma nell’esatto istante in cui suonò la campanella.
Sospirando grata per essere riuscita a scamparla anche quella volta, Strawberry prese posto al proprio banco.
Era passata solamente una settimana dalla ripresa delle lezioni e già non ne poteva più.
-Strawberry, ehi!- si sentì chiamare.
Si voltò ed incontrò i sorrisi di Mimi e Megan, le sue fidate compagne. –Ciao ragazze.- salutò, agitando velocemente la mano.
-Anche oggi in ritardo, eh? Ma come ci riesci?- le chiese la bionda, ridacchiando.
-Sono un caso patologico.- disse a sua discolpa, facendole ridere di gusto.
Megan lanciò un’occhiata alla porta scorrevole ed intravide la sagoma del professore di storia. –Sta arrivando il prof. Oh, a proposito, devi finire di raccontarci la storia del surfista! Ieri siamo state interrotte.- le fece notare.
L’amica fece appena in tempo a dire sì che il rappresentante invitò tutti ad alzarsi e fare l’inchino.
Riprendendo posto sulla sedia, la rossa avvertì uno strano fastidio alla caviglia. Si portò la mano alla fasciatura, sperando non fosse nulla di grave.
  Si era stirata il tendine d’Achille prima della pausa estiva, durante l’ora di ginnastica. Per fortuna non doveva essere operata, ma il medico le aveva detto di prestare comunque attenzione e di non sforzarlo.
“Solo io potevo farmi male in modo così stupido.”, si disse, seguendo distrattamente la spiegazione.
Le uniche a non ridere dell’accaduto erano state le sue amiche, mentre la classe si era rotolata a terra, le lacrime agli occhi. Si era arrabbiata, ovviamente e si era fatta accompagnare in infermeria.
Fortunatamente l’episodio era stato dimenticato in fretta e nessuno ormai la prendeva in giro.
Tornò a concentrarsi sulla lavagna quando intercettò un’occhiataccia del professore e smise di rimuginare su cose passate.

-E così me ne sono andata, dopo avergli detto che era un cafone.- terminò il suo racconto e staccò un pezzetto della barretta al cioccolato che aveva in mano.
Appena suonata la ricreazione, Mimi e Megan l’avevano trascinata fuori dall’aula, vicino alle finestre del corridoio.
Spirava un leggero venticello ed era piacevole lasciarlo giocare coi capelli.
-Scusami… quindi questo ragazzo non ti ha neanche ringraziata?- chiese Mimi, perplessa.
Lei scosse con forza il capo, sentendo la rabbia tornare al solo pensiero. –No, anzi! Mi ha detto che non aveva bisogno d’aiuto e mi ha offesa quando sono svenuta!- replicò, stringendo la mano a pugno con fervore.
-Per colpa del sangue, giusto?- chiese conferma la bionda.
-Esattamente.- confermò. –Sapete che non lo sopporto.- aggiunse rabbrividendo.
-Be’, ma che faccia aveva…?- le chiese Megan. Era stata abbastanza vaga su quell’aspetto e loro erano curiose.
Strawberry finse di spremersi le meningi, ma in verità ricordava perfettamente come fosse quel maleducato. Fece per rispondere quando l’occhio le cadde sul giardino interno della scuola e lo vide. –E’ lui!- esclamò, indicandolo.
-Dove?!- si precipitarono entrambe alle finestra.
La rossa puntò il dito nella sua direzione, agitata come non mai. Perché era nel cortile della sua scuola?
Mimi spalancò gli occhi. –E’ lui il ragazzo di cui ci hai parlato? Oh Kami!- esclamò, eccitata.
-Perché sei così su di giri?- le domandò, perplessa. D’accordo, era un bel ragazzo, ma era anche estremamente maleducato. Non capiva perché dovesse agitarsi a quel modo.
-E’ uno studente del primo anno. La sua media è la più alta del liceo!- le spiegò, incredula di fronte alla sua ignoranza.
Sia Strawberry che Megan la fissarono con tanto d’occhi. –Sarebbe il tanto decantato Shirogane?- la bionda fu la prima a riprendersi  e tornò a guardare di sotto. –Caspita!
-Esattamente. Mi stupisce che non ne foste al corrente.
-Be’, a quanto dicono sta spesso sulle sue.- commentò la rossa, osservandolo. Anche in quel momento, infatti, se ne stava seduto a leggere, in completa solitudine. Le faceva strano pensare di aver incontrato un suo compagno di scuola (anche se di due anni più vecchio) e non essersene resa conto.
Viveva proprio tra le nuvole, come le rimproverava spesso suo padre.
-Potrebbe essere l’inizio di una bellissima storia d’amore!- Megan battè le mani, entusiasta e Mimi si aggregò.
Al che l’amica le fissò e scoppiò a ridere. –Ma non ci penso proprio!- rifiutò e, per avvalorare le proprie parole, diede le spalle al giardino.


-Ma che diavolo…?
Lasciò sospese le dita sulla tastiera, fissando incredulo lo schermo. Stava visitando il blog della scuola per cercare informazioni in merito ad un progetto che stava seguendo, quando l’aveva visto.
  Se ne stava tra gli aggiornamenti recenti ed era stato caricato dalla ragazza che gestiva la sezione fotografica. La domanda che gli si formò nella mente era perché?
Sperava vivamente di essersi sbagliato, ma quello… quello era decisamente lui.
-Chi è che si diverte a dare sfogo alla propria fantasia?- si chiese, cercando di trovare un indizio.
Non trovò nulla e i suoi occhi continuavano a tornare imperterriti su quei disegni. Erano stati realizzati con uno stile abbastanza ricercato, molto più simili ai manga giapponesi che ai comics occidentali. La cosa che più lo sconvolgeva, al di là dell’abilità dell’artista, era il soggetto.
La pagina in formato a4 rappresentava un episodio della sua estate, trattato in maniera abbastanza comica, ma assolutamente fedele. Qualcuno doveva aver cantato ed ecco il risultato: la pagina di un fumetto schiaffata in bella mostra sul blog scolastico.
-Ti pentirai di questa trovata.- promise, chiudendo con uno scatto lo schermo del portatile.
Si distese a letto e si ripromise di scambiare due paroline con la colpevole non appena arrivato a scuola.

  Quel giorno si era ripromessa di svegliarsi presto.
Aveva puntato tre sveglie ed era andata a dormire presto. Doveva assolutamente parlare con Mimi e le aveva ordinato di farsi trovare davanti al cancello scolastico prima dell’inizio delle lezioni.
  Voleva delle spiegazioni e spiegazioni avrebbe avuto. Esaurienti.
Mangiò in gran fretta la sua ciotola di riso, salutò i suoi genitori ed uscì di casa. I coniugi Momomiya rimasero a fissarsi interdetti, prevedendo la fine del mondo entro poche ore.
Tenne un passo sostenuto ed in poco ecco davanti a lei la strada alberata che conduceva al liceo. Ben presto individuò anche Mimi, appoggiata ad una delle colonne della cancellata, intenta a torturarsi le mani.
-Mimi, eccoti qui! Ora spiegami cos’hai combinato!- l’apostrofò, saltando a piè pari i saluti.
La ragazza fece per rispondere, ma una persona si avvicinò loro con fare deciso. –Ehi, rossa, ho bisogno di parlarti.
Le due si voltarono e, trovandosi davanti proprio Shirogane, sgranarono gli occhi.
-Ah… ehm… se… se è per…- iniziò Strawberry, senza sapere cosa dire.
Da dove diavolo era spuntato?
Mimi pensò bene di approfittare della situazione e sgattaiolare via. Avrebbe preso due piccioni con una fava: Strawberry avrebbe parlato con Ryan e sarebbe scampata alla ramanzina.
-Non è colpa mia, è stata…- la rossa si voltò per indicare l’amica, ma non trovò più nessuno. “Non dirmi che è scappata! Mimi, traditrice!”, pensò, sconvolta.
-Non dare la colpa agli assenti. So che sei stata tu: chi altri poteva saperlo?- la interruppe.
-Io non so disegnare.- si difese.
Il biondo incrociò le braccia. –D’accordo, te lo sei fatto fare da qualcuno. Ma la cosa non cambia.- replicò.
La ragazza iniziò ad irritarsi, vedendosi accusare per cose che non aveva commesso. –Senti un po’, la smetti di parlare come se sapessi tutto?- sbottò.
-Fino a prova contraria c’eravamo solo io e te, in quella baia.- le ricordò, senza scomporsi minimamente.
-Sì, ma io non avrei mai pubblicato una cosa del genere!
Sollevò un sopracciglio, divertito. –Ah no? Non è una scusa per attaccare bottone?- chiese, strafottente. Non sapeva perché, ma vederla arrabbiata gli piaceva tantissimo: le si arrossavano incredibilmente le guance ed iniziava a gesticolare.
Gli ricordava una gattina stizzita.
-Cosa?! E perché mai dovrei voler attaccar bottone con te?- la sua voce salì di diverse ottave. Se andava avanti così rischiava di perforargli i timpani. Fece per parlare, ma lei glielo impedì. –Non sei proprio il mio tipo.- chiarì.
-Lungi da me volerlo essere.- replicò allargando le braccia. “Proprio un peperino.”, si ritrovò a pensare.
-Questa conversazione mi conferma sempre di più quanto tu sia maleducato e spocchioso.- sibilò Strawberry, stringendo le mani a pugno.
-Piano con le parole. Io non ti ho offesa.- le fece notare. Ora era lui a sentirsi infastidito: va bene punzecchiare e rispondere a noto, ma le offese gratuite non gli piacevano.
Lei ammutolì, mordendosi l’interno della guancia. Fece per scusarsi e riformulare la frase, ma si ritrovarono in mezzo all’orda di studenti in arrivo.
Vennero separati e, per qualche istante, la giovane lo perse di vista. Quando si ritrovarono nuovamente faccia a faccia, lui le disse:-Vedi di non pubblicare altro. La mia vita scolastica mi piace così com’è, ossia tranquilla. E vorrei rimanesse tale.
  Le lanciò un’occhiata penetrante coi suoi occhi azzurri e poi si allontanò, perdendosi nel flusso.
Strawberry restò a fissare la sua schiena come uno stoccafisso, iniziando ad odiare profondamente gli stranieri con gli occhi chiari ed i capelli biondi.
  Per tutto il resto della giornata fu di cattivo umore e, a peggiorare ulteriormente le cose, Mimi sembrava sparita.
Ogni volta che poteva parlarle senza essere rimproverata da un qualsivoglia professore, lei si dileguava.
Megan cercò di chetarla, ma lei le assicurò che voleva solo parlare con lei. Non le avrebbe fatto male. Non molto almeno.
Quando fu ora di tornare a casa, tentò ancora una volta di intercettare l’amica, ma questa volta fu la pioggia ad intralciarla.
Dato che non aveva con sé un ombrello dovette dargliela vinta e correre a casa, prima di ritrovarsi zuppa come un pulcino.


  Erano passate due settimane dalla pubblicazione della prima pagina del fumetto e da allora, ad intervalli alterni, se n’erano aggiunte altre.
I disegni di Mimi (perché Strawberry era sicurissima fosse opera sua) avevano riscosso talmente tanto successo che la pubblicazione era diventata un appuntamento attesissimo da buona parte della scuola.
  Il motivo?
Le successive pagine raccontavano tutti i battibecchi tra la rossa ed il biondo, dovuti sempre e comunque a quella pubblicazione in corso d’opera. I due aggiungevano del loro, dandosi contro come cane e gatto e questo dava spunti incredibili alla disegnatrice misteriosa.
Se si aggiungeva il fatto che, tra i commenti, erano iniziate ad apparire le prime scommesse circa la conclusione di quello strano rapporto, era normale che Strawberry stesse per dare di matto.
  Trovava sempre qualcuno che le faceva battutine alle spalle oppure che si congratulava per come aveva risposto a Shirogane nella pagina pubblicata il giorno precedente.
Credevano tutti che tra loro stesse nascendo del tenero, quando l’unica cosa che desideravano era cancellare il fumetto dal web. Ed ignorarsi per il resto della loro permanenza in quel grande edificio che era la scuola.
Nonostante fosse arrabbiata con Mimi per quel tiro mancino, non l’aveva denunciata a Shirogane, per paura che lui potesse prendersela con lei. Lei sapeva gestirlo, bene o male, mentre la sua amica sarebbe stata distrutta.
  Ryan, da parte sua, aveva più volte dimostrato la propria insofferenza. Ma non aveva potuto far altro che mettere a tacere gli scommettitori con sguardi glaciali e commenti ancora più freddi.
Sembrava quasi che i due fossero una coppia di attori, sempre sotto le luci dei riflettori per vedere quale sarebbe stata la loro successiva mossa.
Era stancante e lo era ancora di più arrabbiarsi e litigare tra di loro.
A riprova di quanto quel periodo fosse diventato stressante, Strawberry si ritrovò a correre verso la scuola anche quella mattina. A differenza delle altre, però, era in ritardo mostruoso e avrebbe sicuramente perso la prima ora.
“Ti prego, ti prego!”, pregò tra sé che il cancello fosse ancora aperto.
Svoltò l’angolo e si trovò davanti l’ingresso. Il bidello stava tirando la pesante cancellata per poter chiudere il passaggio.
-Aspetti!- gli urlò.
Accelerò per un ultimo scatto e passò nel piccolo spazio rimasto, piegandosi subito dopo in due per riprendere fiato.
-Sempre in ritardo, eh?- la rimproverò l’uomo. Lei non gli rispose, troppo impegnata a prendere grosse boccate d’aria. –Vai in classe, muoviti.- la esortò allontanandosi.
Lo ignorò e lo lasciò tornare alle proprie mansioni. Quando fu sicura di non sentire più il cuore rimbombarle nelle orecchie, si raddrizzò e si diede una sistemata.
Osservò il grande orologio ed ebbe la conferma di essere definitivamente in ritardo.
“Tanto vale prendersela comoda, a questo punto.”, si disse, incamminandosi.
Mentre attraversava il cortile, scorse una delle classi delle superiori intenta a far ginnastica. Non li invidiava proprio: fare educazione fisica alle prime ore di lezione era massacrante, soprattutto d’inverno.
  Stava continuando ad avanzare quando riconobbe una delle figure maschili. Si bloccò, sgranando gli occhi ed osservò Shirogane eseguire alcuni allungamenti a terra.
Restò a fissarlo per diversi istanti, imbambolata e poi scattò di colpo verso l’ingresso della scuola.
Non l’avesse mai fatto!
Sentì il muscolo del polpaccio destro allungarsi e qualcosa tendersi fino allo spasimo. Subito dopo lanciò un urlo e crollò a terra, tenendosi la caviglia.
“Il tendine!”, pensò subito, terrorizzata. Aveva quasi finito la riabilitazione, non poteva essersi infortunata di nuovo! E per un motivo così stupido, poi.

  Stava osservando alcuni compagni eseguire in modo errato gli esercizi, quando sentì un urlo.
Voltò la testa di scatto e vide una ragazza accovacciata a terra. Da come si teneva la caviglia suppose dovesse essersi fatta seriamente male.
Senza pensarci due volte si alzò e si allontanò dal campo, non visto dal professore.
Si avvicinò rapidamente e notò la chioma rossa.
Gli sfuggì un sorriso, ma tornò subito a farsi preoccupato notando la stretta spasmodica sulla caviglia. –Ehi, fammi vedere.- esordì.
Lei non gli diede retta, troppo impegnata ad inveire contro se stessa e la sua goffaggine.
-Strawberry.- le posò una mano sulla spalla.
Lei allora si voltò di scatto e lo fissò, sgranando gli occhi color cioccolato. –Tu!
Non si scompose. –Sì, io. Cos’è successo?
-Non sono affari tuoi.- tagliò corto, tornando a concentrarsi sulla fasciatura che aveva al piede destro.
-Ti sei presa una storta?- le chiese. Per quanto potesse trovarla fastidiosa e chiassosa, non l’avrebbe abbandonata a se stessa. Non in quell’occasione.
“Perché Ryan? Perché, tra tutti, proprio lui?”, si chiese. Come gli spiegava che si era nuovamente stirata il tendine cercando di evitarsi di guardarlo? L’avrebbe presa per cretina, come minimo.
-Strawberry, se è una cosa seria potrebbe anche peggiorare. Dobbiamo arginare il danno.- le fece presente, tentando di non sollevarla come un sacco e portarla in infermeria. Avrebbe potuto mordergli una spalla nel tentativo di farsi mettere giù. –Andiamo, su.
-Non riesco ad alzarmi…- fu costretta ad ammettere. Aveva due grossi lacrimoni impigliati tra le ciglia e stava tentando di ricacciarli indietro. Il piede pulsava come se fosse finito in una tagliola e non sembrava voler smettere.
L’americano si abbassò alla sua altezza e la costrinse a guardarlo negli occhi. –Per cos’è la fasciatura?
-Per il tendine.- confessò, deglutendo a vuoto. Si trovavano a pochi centimetri di distanza e lei sentiva le guance caldissime.
Senza una parola, Ryan la sollevò di peso e si diresse di gran carriera verso la porta a due battenti della scuola.
-C-che fai? Mettimi giù!- si agitò lei. Come previsto.
-Dobbiamo metterci subito su del ghiaccio, se no dovrai ricominciare tutto daccapo.- la zittì. La vide lanciargli un’occhiata sconvolta e poi annuire, remissiva. –Brava, gattina.- si lasciò sfuggire.
In risposta ottenne un pugno sulla spalla. –Non prenderti troppe libertà.- gli disse, guardandolo storto.
Sollevò un angolo della bocca, divertito e poi raggiunse l’infermeria. Si guardò attorno, cercando l’addetta, ma non la vide da nessuna parte.
Sospirando, appoggiò Strawberry sul letto più vicino alla porta e le disse di stare ferma mentre lui cercava l’occorrente per la medicazione.
Tornò con una confezione di ghiaccio istantaneo ed una confezione di pastiglie, di cui Strawberry non riuscì a leggere il nome.
-Cosa vuoi fare?- gli chiese, vedendolo avvicinarsi.
-Secondo te? Mettere il ghiaccio sul tendine.- le spiegò con tono ironico. Lei lo guardò male, afferrando di malagrazia la piccola confezione. Si inginocchiò davanti al letto e la guardò. –Allunga la gamba.
Anche se pur riluttante, obbedì. Cercò di toglierle scarpa e calzino il più delicatamente possibile, per evitare ulteriori traumi al tendine stirato.
Le fece appoggiare la parte anteriore del piede sulla propria gamba e, lentamente, svolse la fasciatura. Notò che non aveva cerotti antinfiammatori, quindi la fase di guarigione era in stato avanzato.
Maneggiò con cura la caviglia, arrivando a tastarle la parte lesa. Per poco Strawberry non balzò giù dal letto, tant’era il dolore.
-Scusami.- le disse. Afferrò il ghiaccio, lo spezzò e glielo appoggiò contro la pelle. La vide rilassare leggermente i muscoli delle spalle. –Meglio?
Annuì lentamente. –Grazie…- mormorò.
-Qual era stata la diagnosi?- le domandò. Non voleva causare più danni di quanti già non ne avesse fatti lei.
-Semplice stiramento.- rispose, reggendo il sacchetto.
-D’accordo. Aspettiamo il tempo necessario e poi ti metterò i cerotti.- disse solo.
La rossa arrossì. –Rimani qui?!- quasi soffocò con la propria saliva, nel tentativo di deglutire. Lui annuì, fissandola stranito. –Ma posso fare da sola!
-Certo: puoi rischiare di peggiore la situazione. Sei una pasticciona cronica e non voglio averti sulla coscienza.- replicò, schernendola.
In risposta la ragazza gonfiò le guance, piccata. –Sei proprio stronzo!
-Lo prenderò come un complimento.- sollevò un angolo della bocca, osservando con occhio clinico la parte posteriore della caviglia. –Senti qualche miglioramento?- s’informò dopo un po’.
-No. Ora ho mal di stomaco.- fece lei, sincera.
-Come?- Ryan la guardò negli occhi, perplesso. Cosa c’entrava lo stomaco?
-Discutere con te mi fa attorcigliare le budella.- si spiegò, continuando a mantenere quell’espressione da criceto arrabbiato.
Ridacchiò, divertito. –Be’, non si può dire che ti sia indifferente.- commentò.
“Ha riso.”, pensò lei. Era già capitato che si mettesse a ridacchiare, durante i loro battibecchi, ma lo aveva sempre fatto con sarcasmo. Quella, invece, era una risata spontanea. E Strawberry si ritrovò ad apprezzarla più di quanto avrebbe mai immaginato.
Trascorsero i successivi dieci minuti in un silenzio teso, rotto ogni tanto dal ragazzo per chiederle come stesse e se il ghiaccio le stava bruciando la pelle.
Ad un certo punto, avvertì un leggero pizzicore attorno all’area anestetizzata e capì che era il momento di togliere il ghiaccio.
Posò il sacchetto sul letto, ormai sciolto e guardò il suo infermiere improvvisato.
-Devi sdraiarti sul letto, se no mi sarà difficile applicare i cerotti.- le disse.
Lo guardò scettica. –Ma sei sicuro di quello che stai facendo?- gli chiese, assolutamente poco propensa a fidarsi.
-Mio padre era uno scienziato. Ho studiato tutti i suoi libri sull’anatomia umana e sui diversi tipi di danni a cui può andar incontro il nostro corpo. Non morirai, tranquilla.- spiegò. “E poi non voglio farti un’operazione a cuore aperto.”, aggiunse tra sé.
-E come mai non sei già laureato, genio?- lo punzecchiò, distendendosi lentamente. Quando fece pressione sul piede dovette trattenere una smorfia.
Ryan esitò. –Imprevisti.- disse solo. La voce gli uscì un po’ meno forte di quello che voleva, ma si accontentò. Parlare della sua infanzia lo metteva sempre a disagio, considerando quello che era successo quando aveva dieci anni.
Strawberry capì di aver toccato un tasto dolente e se ne dispiacque.
-Devo sistemarti, così non posso lavorare e rischierei di farti male.- l’avvertì. Dopo un attimo d’esitazione la vide annuire. Allora l’afferrò per i fianchi e fece scorrere il suo corpo minuto sul materasso, fino a farle mettere i piedi oltre il bordo.
Lei non disse niente, ma giurò di aver visto la pelle del suo viso imporporarsi.
Prese il primo cerotto e lo sistemò sul polpaccio, poi ne recuperò altri due e, attentamente, li fece convergere sul tendine, sistemandoli a v.
La sua paziente non si mosse, limitandosi solo a qualche breve contrazione dei muscoli.
Una volta finito, si chinò su di lei e le sussurrò all’orecchio:-Adesso puoi sederti.
La rossa alzò di scatto la testa, rischiando di colpirlo, e i due si ritrovarono ad un soffio l’uno dall’altra. I loro occhi riflettevano le loro immagini e i loro respiri si mescolarono.
Improvvisamente entrambi sentirono la gola secca e un impellente bisogno di deglutire. Oppure di colmare quella distanza.
Il primo ad allontanarsi fu Ryan. Le dedicò un sorrisetto e le lasciò il suo spazio.
-Muoviamoci, su. Il prof potrebbe chiedersi dove sia finito.- disse, tentando di stemperare l’imbarazzo. Lei annuì, confusa ed in poco si ritrovò con la fasciatura rifatta.
-Non posso tornare in classe così.- osservò. Le sarebbe stato impossibile appoggiare il piede per qualche ora.
-Manda un messaggio alle tue amiche e dì loro di avvertire il tuo professore. Ora devo andare.- e con quello lui si congedò.
Una volta fuori si attardò vicino alla porta, sorridendo tra sé. Aveva una strana sensazione di euforia addosso.
  Quella sera, Strawberry dovette fare il bagno nella vasca.
Stare con la gamba infortunata di fuori la faceva sentire stupida, ma sapeva che non doveva bagnare la medicazione.
  Una volta rimasta sola, aveva avvertito Mimi e Megan ed aveva aspettato il ritorno dell’infermiera. Una volta arrivata, quella aveva controllato l’operato di Ryan e si era congratulata per l’intervento tempestivo.
Mentre ripensava al dolore provato non molte ore prima, le tornò in mente il suo quasi bacio col biondo. Al solo pensiero arrossì, nascondendo il viso sott’acqua.
“Ma cosa vado a pensare?”, si chiese.
Restò in ammollo per un altro po’ e poi chiamò la madre per farsi aiutare. Una volta vestita e comodamente sistemata sul letto, aprì il portatile per controllare gli aggiornamenti del blog scolastico.
Notò l’aggiornamento della sezione fotografica e vi cliccò sopra.
Si aprì un’altra pagina di fumetto, ma questa aveva qualcosa di diverso. In primo luogo c’era un titolo scritto a caratteri cubitali: APPUNTAMENTO ROMANTICO IN INFERMERIA?, recitava il testo.
Secondo, i disegni erano figli di un’altra mano. Quello non era lo stile di Mimi, assolutamente.
Questo significava che qualcuno li aveva visti e si era divertito a portare avanti l’ormai tradizionale appuntamento giornaliero.
Si portò le mani alla bocca, già temendo il peggio. Scorse le immagini, ma si rese ben presto conto che la scena delineata con l’inchiostro iniziava da quando Ryan le aveva applicato i cerotti.
  La situazione era stata assolutamente fraintesa!
Fece per lasciare un commento non troppo gentile all’autore del misfatto, quando il suo cellulare prese a squillare. Rispose senza nemmeno guardare chi fosse il chiamante.
-Strawberry, sono io.- disse la voce dall’altra parte.
-Mimi?!- staccò il telefono dall’orecchio per controllare che fosse veramente lei. Non le parlava da tantissimo, ovvero dalla prima pubblicazione del fumetto.
-Sì, sono io. Scusa se ti ho evitata, in questo periodo… ma avevo l’impressione che tu ce l’avessi con me.- le disse. Impressione corretta. –Comunque, ti ho chiamata per dirti che io non c’entro niente con l’ultima pagina del fumetto, lo giuro!
Sospirando, la rossa disse:-Lo so. Non è la tua mano.
Ci fu una pausa. –Oh. L’avevi capito? Meno male. Hai idea di chi possa essere l’autore?
-No.- ammise, scuotendo la testa. –Qualcuno che è capitato lì per caso e ha frainteso tutto, comunque.
-Quindi non è come sembra?- fece l’altra.
-No! Assolutamente! Mi stava aiutando col tendine!- replicò, arrossendo.
-Be’… però vi siete avvicinati…- provò a buttar lì la ragazza dagli occhi azzurri.
-Prima che mi ricordi tutte le cose poco carine che volevo dirti, è meglio se stacco. Buonanotte, a domani.- e detto questo mise giù.
Lanciò un’ultima occhiata al pc e poi lo spense, sospirando. –Prevedo altri guai…- sussurrò.

-E questo da dove diavolo esce? Non è la stessa disegnatrice.- si chiese, perplesso ed infastidito.
Era stata pubblicata un’altra pagina, ma c’era qualcosa di diverso. A parte l’insinuazione non troppo velata che lui e Strawberry avessero compiuto chissà che cosa in infermeria, ovvio.
-Oh, un’altra pagina?- Kyle, il suo tutore e migliore amico, gli si fermò alle spalle. Abbassò gli occhiali sul naso e scrutò lo schermo, curioso. –Mhm… c’è qualcosa che devi dirmi, Ryan?
-Assolutamente no!- smentì.
Il moro lo fissò, pensieroso. –Eppure mi sembri irritato sul serio, non come le altre volte.- gli fece notare.
L’americano si voltò a guardarlo. –Certo che lo sono! Si sono inventati le cose!- sbottò.
-Vuoi dire che si sono inventati i fatti? Tu e lei non eravate in infermeria?- cercò di capire, perplesso.
-No… cioè, sì. Ma non era un incontro romantico, era per necessità. Strawberry si era appena stirata il tendine d’Achille.- spiegò, gesticolando. Quando si arrabbiava finiva con usare molto di più la mimica corporea.
-Oh… e sta bene, adesso?- s’informò, preoccupato. Negli ultimi tempi, la ragazza dai codini rossi era stata molto spesso oggetto dei discorsi del suo amico. All’inizio ne aveva parlato in termini non troppo positivi, poi il suo tono era cambiato e aveva iniziato a fingere di trovarla antipatica.
Sospettava che gli piacesse battibeccare con lei, che non aspettasse altro.
-Sì, spero di sì. L’ho trattata subito.- rispose, abbassando il tono di voce. –Comunque, qui c’è bisogno di una risposta chiara ed esauriente.- aggiunse.
-Ossia?
-Ossia mi aiuterai a far capire alla scuola come sono andati veramente i fatti.- gli disse, guardandolo dritto negli occhi.
Kyle sorrise. –Posso aggiungere una dichiarazione velata per la tua Strawberry? Mi sembra ora di confessare, ormai.- lo prese in giro. Ryan arrossì di botto, colto di sorpresa e borbottò qualcosa. –Lo prendo come un sì.

  Quel giorno le sembrava di essere fissata da un po’ troppe persone.
Era arrivata tardi come suo solito, ma era riuscita a sgattaiolare in aula prima della professoressa d’inglese.
Non appena si era seduta, gli occhi di tutti si erano puntati su di lei.
 A disagio, si era guardata intorno e poi aveva abbassato gli occhi, estremamente imbarazzata. A ricreazione la cosa si era ripetuta e così per il resto della giornata.
Stava tornando a casa con Mimi e Megan (sì, aveva perdonato all’amica lo scherzo del fumetto), quando finì per sbottare:-Ma perché tutti mi fissano?
Le due si scambiarono un’occhiata, poi la guardarono. –Davvero non lo sai?- le chiese Megan.
Lei scosse la testa.
-Aspetta.- le disse Mimi. Estrasse il cellulare ed entrò nel sito del blog. Cercò quello che le serviva e poi girò il telefono verso Strawberry, dandole modo di guardare. –Ecco perché.
La rossa si chinò per osservare meglio e vide un’altra pagina del fumetto.
Anche questa non apparteneva alla produzione dell’amica fidata, fotografa ufficiale della scuola, ma non assomigliava nemmeno a quella della sera prima.
Osservò i disegni uno per uno, il tratto deciso e decisamente più maschile.
-Oh.- riuscì a dire, arrossendo fino alla punta dei capelli.
-Se fossi in te, andrei a chiedere chiarimenti.- le suggerì la bionda, ridacchiando per la sua espressione.
-Credete?
Annuirono, convinte. –Oh sì. Noi andiamo, poi facci sapere.
Le guardò allontanarsi e poi ripensò a quello che aveva visto: la pagina raccontava del suo infortunio, ma lei era stata raffigurata come una gattina decisamente permalosa.
Non si vedeva mai il viso della persona che la aiutava, ma era quasi sicura di sapere chi fosse.
Si guardò intorno e poi decise di raggiungere la panchina su cui l’aveva visto spesso.
Evitò di correre, dato che non voleva dover dire definitivamente ciao al suo tendine e raggiunse con calma il cortile interno.
Quando svoltò l’angolo, individuò subito i suoi capelli biondi.
Si avvicinò cercando di non farsi scoprire.
-Finalmente ce l’hai fatta. Iniziavo a sospettare di dover aspettare qui tutta notte.- esordì lui.
“Sempre gentile.”, pensò, piccata. –Vuoi già litigare?- chiese, pronta a dar battaglia.
Lui si voltò, inchiodandola coi suoi occhi chiari. Appoggiò il libro che stava leggendo sulla panchina. –No. Hai visto il fumetto?
A quelle parole, Strawberry tornò ad arrossire. –Sì…- ammise.
-E non ti avvicini perché hai paura che ti mangi?- la punzecchiò, ridacchiando subito dopo. Lei allora fece il giro e gli si piazzò esattamente davanti. –Oh, grazie. Temevo volessi farmi venire il torcicollo.
-Perché l’hai fatto?- chiese.
-Be’, tecnicamente non l’ho fatto io. Non so disegnare.- rispose. Voleva farla innervosire e vederla perdere le staffe.
Sbuffò. –Hai capito il senso. Perché hai risposto con quei disegni?
-Volevo chiarire le cose.
-Ritraendomi come una gattina?- chiese, perplessa.
-Ma tu sei una gattina. Anche adesso, stai tirando fuori le unghie.- le fece notare, divertito. Gli brillavano gli occhi.
Se possibile, la ragazza arrossì ancora di più. –Il… il misterioso salvatore saresti tu?- chiese conferma. Iniziava a non capire più niente e si sentiva destabilizzata. Il suo stomaco si era attorcigliato.
-Ci sono altre persone con cui litighi tutti i santi giorni e arruffi il pelo?- sorrise, divertito dal suo stato d’agitazione.
-Ryan.- piagnucolò allora lei. –Cosa stai cercando di dirmi?
Abbassò lo sguardo sulle proprie mani, cercando di convincersi ancora una volta che non si stava comportando da stupido. –Be’… vorrei continuare a litigare con te. Mi piace troppo vederti arrossire di rabbia.- confessò, lanciandole un’occhiata da dietro i ciuffi di capelli biondi.
-Ti piace litigare con me?- fece lei, perplessa.
Annuì. –A te no?
Fece per rispondere, ma poi si trattenne. In effetti, da quando si erano incontrati la prima volta, discutere con lui le era diventato molto più facile. Peggio, aspettava quei battibecchi e li gustava fino a fondo, divertendosi.
“Oh, Kami! Sto impazzendo? Mi piace litigare con una persona e ne sono felice?!”, si chiese, sconvolta. –A-anche a me piace litigare con te…- fu costretta ad ammettere.
Sul viso di Ryan si aprì un bellissimo sorriso. Si alzò e le si avvicinò, sovrastandola con la sua altezza. –Bene. Allora dopo questo litigheremo di brutto.- sussurrò.
Le prese il viso tra le mani e si coprì la sua bocca con la propria. Attese che lei realizzasse la cosa e poi le diede un leggero morsetto, facendole dischiudere le labbra.
Strawberry non poté fare a meno di aggrapparsi alla sua divisa ed arrossire. Ma non si staccò e lo lasciò fare, assaporando il contatto col suo corpo.
Quando finalmente Ryan si fu scostato, dandole modo di respirare, lo guardò con tanto d’occhi. –Come ti sei permesso?!- scoppiò, dandogli un pugno in pieno petto.
Senza poterselo impedire rise, rise forte.
Era contento e doveva tutto ad uno stupido fumetto.
Vedendolo così allegro e rilassato, Strawberry abbandonò le intenzioni bellicose e si unì alla risata, guardandolo.
-Domani avranno una bella sorpresa…- commentò il ragazzo.
-Vuoi fare un’altra pagina?!- chiese, preoccupata.
-No… voglio aspettarti al cancello ed accompagnarti in aula.- replicò, perplesso. Lo credeva così stupido da vantarsi della buona riuscita dell’impresa su internet?
-Oh. Da domani?- chiese stupidamente lei.
-Be’, farlo oggi mi sembra difficile, ormai.- le fece notare, divertito dalla sua espressione.
Strawberry esitò. –E se arrivo in ritardo?
-Non arriverai in ritardo.- le assicurò.
-Ah sì? Come fai a dirlo?- chiese, scettica. Era praticamente impossibile farla arrivare puntuale a scuola.
Ryan le avvolse la vita con un braccio, attirandola a sé. –Ti darò un incentivo.- sussurrò, posandole un tenero bacio sulle labbra.
La vide arrossire di nuovo e si rese conto che anche quel tipo di rossore gli piaceva molto. A dir la verità, gli piaceva lei.
-Sarò puntuale, promesso!- disse Strawberry.
Rise. –Brava, gattina. Credo che domani avrà inizio una nuova tradizione.
-Ossia?
Sciolse l’abbraccio e la fece sedere con sé sulla panchina. –Galeotto fu il fumetto…
Al che risero entrambi, contenti di essere lì.

  
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