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Autore: Allyn    10/09/2013    4 recensioni
Per la vita o per la morte è una long che vede protagonisti Sasuke e Naruto, in un universo alternativo sono due ragazzi dell'ultimo anno di superiori, Sasuke con il suo passato ricco di dolore, tessuto in una trama di sangue e follia, Naruto invece con molta sofferenza alle spalle eppure carico di una voglia di vivere contagiosa. Le loro vite si incroceranno, scatenando così una serie di eventi e di cambiamenti in entrambi... fino all'epilogo di questa storia, con una corsa disperata contro il tempo, con il cuore pronto a esplodere nel petto, nel tentativo di uno di raggiungere l'altro, che sia per la vita, o per la morte.
Nella speranza che vi piaccia!
***
Sasuke mi guardò, senza dir niente, fissò il rosso che tingeva la mia pelle, guardò dentro i miei occhi, scrutò, forse alla ricerca di qualcosa per cui urlarmi contro.
Provò a ritrarre la mano, ma la trattenni a me, stringendola, facendogli male là dove la ferita pulsava.
“Non mandarmi via” Pregai.
Le lacrime vicino ai suoi occhi non si erano ancora asciugate.
“Non mandarmi via” Lo abbracciai, tenendo ancora stretta la sua mano nella mia, sporcandomi di rosso la maglietta.
***
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto, Contesto generale/vago
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Capitolo 2

Avevo perso i genitori così presto da non ricordarmi il lori volti, se non attraverso le foto che tenevo in qua e in là per la piccola casa disordinata.

Mi aiutavano a non sentirmi solo.

C’erano giorni, in cui rientrando da scuola, parlavo ad alta voce gironzolando per le poche stanze, raccontavo a quei due le mie giornate, i miei problemi, i miei sogni, poi mi fermavo davanti a quell’immagine senza vita, mi perdevo un po’ nella tristezza della loro assenza, fissando i capelli rossi di mia madre, il mio stesso sorriso stampato sul volto allegro di mio padre.

“Mi mancate tanto” Sussurravo allora, prendendo la foto e stringendomela contro il petto, sperando che da qualche parte, ovunque fossero,  potessero sentirmi.

“C’è un ragazzo strano, a scuola” Esordii quel pomeriggio, sospirando con un lenzuolo da lavare tra le braccia.

“Si chiama Uchiha Sasuke” Continuai lanciando un’occhiata fuori dalla finestra di camera, verso la strada.

“E’ insopportabile” Aggiunsi sedendomi a terra, asciugandomi con il polso il sudore dalla fronte, fare le pulizie di casa era una fatica insormontabile e inutile, anche se avessi riordinato tutto, il giorno dopo il disordine avrebbe di nuovo invaso quelle mura.

Risi di me, raccolsi le gambe al petto e pensai al suo viso pallido, ai suoi capelli neri, chiedendomi come potesse essere un sorriso su quelle labbra sottili.

“Al Diavolo!” Urlai lanciando in aria il lenzuolo.

“Non mi farò di certo intimorire da quella brutta faccia che si ritrova? Giusto?” Sorrisi alla foto sul comodino e ripresi a riordinare casa.

Il giorno successivo mi presentai a scuola con un sorriso enorme e un’idea, forse stupida, ma pur sempre un’idea per coinvolgerlo.

“Uchiha Sasuke, io ti sfido!” Gridai puntando l’apatica e pallida figura seduta all’ultimo banco.

“Uzumaki ha sbroccato di nuovo!” Rise Kiba fissando la scena a braccia conserte.

“Zitto, Inuzuka, questa è una cosa tra me e Uchiha!”

“Naruto, dai, lascialo stare” Una voce gentile, questa volta quella di Sakura, sembrava preoccupata.

“Non puoi pretendere che tutti siano tuoi amici, non rompergli le scatole, ti sopportiamo già noi” Un’altra voce, quella della ragazza bionda, la fidanzata di Shikamaru; una risata affettuosa riempì l’aria, ma non mi importava, anche se adesso avevo molti amici non avrei rinunciato a quello sguardo indifferente.

“Ti sfido, decidi te in quale specialità, corsa, nuoto…” Ripetei, deciso.

Sasuke mi guardò dall’alto in basso, sbuffò sonoramente, poi si alzò e mi venne vicino, così tanto che potei sentire il suo respiro sul mio collo.

“Non so che problema tu abbia con me, ma finiscila” Sibilò al mio orecchio. Avevo la sua mano pallida a premere forte sulla mia spalla, quei capelli neri, liscissimi a solleticarmi la guancia, perché il mio cuore stava battendo così forte?

“Cercati qualcun altro da infastidire, idiota…” Dichiarò prima di andarsene dall’aula.

“Vigliacco!” Mi voltai qualche secondo dopo raggiungendolo con una breve corsa.

“Oh, lasciami in pace, ma che cazzo vuoi da me? Ti sei per caso innamorato?!” Mi rispose continuando a camminare per il corridoio con passo svelto eppure incredibilmente calibrato.

Una manciata di alunni ci seguivano in quell’insolito spettacolo mattutino, qualcuno commentava ridacchiando, tra i tanti sentii un ragazzo esclamare: “Le sfide si accettano sempre, probabilmente Uchiha se la tira tanto ma è solo uno smidollato, solamente perché un paio di ragazzine gli sbavano dietro e non è di qui si crede figo, probabilmente non è altro che un classico figlio i papà coccolato dalla mammina”

Altri ragazzi risero di quell’osservazione.

Sasuke si fermò. Immobile, vidi le sue spalle tremare, le mani stringersi a pugno.

“Tu, idiota” Corse indietro fino al ragazzo che stava ridendo e lo afferrò per la cravatta.

“Sarei un figlio di papà coccolato dalla mammina?” Tirò ancor più quel lembo di stoffa fino a sentire i gemiti strozzati dell’altro. Nel corridoio si levò un brusio sottile.

“Smettila” Mormorai, fissando le sue nocche sbiancate, gli avambracci tesi sotto la camicia, i viso contratto in una smorfia cattiva, eppure triste allo stesso tempo.

“Io ti ammazzo, se lo ripeti ti ammazzo…”Lo minacciòun’ultima volta lasciando la presa e andandosene di corsa.

“Uchiha, aspetta” Gridai seguendolo.

 

Sasuke se ne stava seduto su un bancone da lavoro dell’aula di chimica, le mani tra i capelli neri, se li tormentava come un pazzo, stringendo con forza le ciocche corvine.

“Sasu-“ feci per chiamarlo, ma lui si voltò. Lessi rabbia e angoscia nel suo sguardo lucido.

“Ancora tu! Ma che cazzo vuoi?! Lasciami in pace, lasciatemi tutti in pace!” Scese dal bancone avvicinandosi.

“Anche i miei genitori sono morti” Gli dissi abbassando lo sguardo sulle scarpe scure e sulle piastrelle chiare del pavimento.

Sasuke non parlò più ma sentii comunque i suoi occhi neri su di me.

“Non me li ricordo neppure” Continuai.

“Io i miei…me li ricordo” La sua voce mi sorprese.

“Puoi parlare con qualcuno, ogni tanto, sai?” Gli sorrisi cercando con l’azzurro delle mie iridi le sue.

Non trovai più la rabbia di prima, ma un volto stanco, più pallido del solito.

“Con quel ragazzo, ho esagerato” Ammise.

“Solo un po’” Risi. “Ma è un cretino, se lo merita”

Anche le sue labbra sottili si incresparono in qualcosa che sarebbe dovuto essere un sorriso, ma che si spense subito.

Allora era così, quando sorrideva, così incredibilmente triste?

“Ti avevo detto di non seguirmi”

“Mi dispiace, non so quando smettere di importunare le persone” Mi portai una mano tra i capelli. Parlare veramente con lui per la prima volta mi agitava e non poco.

“Le persone...ti amano” Affermò.

“Non è sempre stato così, all’inizio tutti mi odiavano” Cominciai a raccontare, sembrò volermi ascoltare perché crollò a terra sedendosi dietro un bancone, la schiena poggiata contro le ante d’acciaio.

Mi misi al suo fianco.

Eravamo soli, in quel laboratorio polveroso che la nostra scuola non utilizzava più, lontano dal chiacchiericcio degli altri alunni, lontano da tutti gli occhi che Sasuke amava evitare.

Solo noi.

“Ho perso un anno quando ero più piccolo, già questo mi ha sempre messo in cattiva luce con gli altri, ero per tutti Naruto lo stupido, Naruto il ragazzo che era stato bocciato, non dicevo a nessuno che i miei genitori erano morti tanti anni prima, che decidermi di mandarmi a scuola dopo era stata un’idea degli assistenti sociali” Sospirai.

“Ero additato da tutti, deriso…Ma non mi davo per vinto, ogni giorno li sfidavo a battaglia di fango, solo contro tutti. Perdevo, venivo sbattuto a terra, picchiato” Sasuke mi ascoltava con attenzione, senza commentare.

“Alle superiori capii che la violenza non mi avrebbe portato da nessuna parte, a sedici anni ho lasciato la casa di accoglienza che mi teneva e sono andato a vivere nella casa che era stata dei miei genitori. Cominciai a sorridere, ogni giorno scoprivo una qualche foto in un cassetto, smisi di picchiare gli altri ragazzi, iniziai a farmi degli amici, dimostrando il mio valore, e la gente cominciò a volermi bene, ero il ragazzo che da solo era riuscito a cavarsela… Tu non sei solo, Sasuke” Mormorai infine, stendendo le gambe sul pavimento e stirando le braccia verso l’alto.

“Perché me? Perché ce l’hai tanto con me?” Mi chiese.

“Non lo so, l’altro giorno, mi sembravi triste, avevi la stessa faccia che avevo io qualche tempo fa, quando credevo che andare avanti non avesse poi molto senso”

 

La prima volta che portai Sasuke a casa mia fu da ridere, lo vidi storcere il naso di fronte al caos, o meglio di fronte al caos che avevo tentato inutilmente di far scomparire in visione della sua visita.

“Rispecchia l’elemento che la abita” Aveva commentato acido, poi però era entrato chiudendosi la porta alle spalle.

“Vuoi un tè?”

“Sì, grazie. Sono loro?” Aveva chiesto afferrando una foto dei miei genitori.

Annuii guardandola con affetto.

Scoprii che averlo intorno, se pur silenzioso e avvolto da un’aura nera come la pece, mi piaceva

“Sei uguale a tuo padre, ma l’espressione del viso, quella è la stessa di tua madre”  La posò nuovamente sul tavolo per fissarmi con attenzione, sembrava voler studiare i miei lineamenti.

“Tu, Sasuke, a chi assomigli?” Gli chiesi, voltandomi verso il piccolo cucinotto per nascondere il rossore tra le foglie di tè.

Mi domandai  chi dei suoi familiari fosse così bello.

“Io assomiglio a mio fratello”

“Vive con te?” Versai l’acqua calda nelle due tazze.

“E’ morto” Mi trovai Sasuke alle spalle, i suoi occhi neri fissi sul mio preparato.

“Non hai messo le foglie, sei proprio imbranato” Aggiunse, sfiorandomi le dita per togliermi di mano le due tazze.

“Un momento, lo stavo facendo!” Brontolai.

“Tu ce l’hai la ragazza?” Mi domandò poi, sostituendomi al bancone, vertendo l’argomento su temi più facili.

“No. A te piace qualcuno, Sasuke?”

“Le ragazze non mi interessano, sono noiose” Sorrise, porgendomi il tè.

Afferrai la tazza con il cuore in panne, cosa significava quella risposta?

“Come fai a dire che sono noiose, Sakura, lei è bellissima, intelligente e mi fa copiare ai compiti” Borbottai.

“Anche lei è noiosa” Sentenziò acido come sempre.

“E sentiamo, hai mai avuto una ragazza?” Domandai ammiccante.

“Diciamo che ho impiegato il tempo per le ragazze in attività più utili, c’era una cosa che dovevo fare” Non sorrise e guardò altrove.

Calò un silenzio imbarazzante durante il quale mi limitai a sorseggiare il tè caldo.

“Ehm, Sasuke, studiamo un po’? Ti va? Tu sei bravissimo in algebra potresti...insomma” Sorrisi.

“Tira fuori i libri, incapace” Notai sulle sue labbra sottili una smorfia di scherno.

Parlare di numeri e di formule con Sasuke era quasi divertente, vedere le sue dita abili sfogliare le pagine dei libri di scuola, i suoi occhi neri concentrati sugli esercizi.

Il tempo passò senza che ce ne accorgessimo, tra una frecciatina e l’altra, tra le sue risate contenute, le sue prese in giro, i commenti sulla mia scarsa abilità matematica.

Passò così tanto tempo che il sole calò oltre le colline, la stanza illuminata dalla gialla luce artificiale della lumiera.

“E’ tardi” Convenne qualche minuto dopo guardandosi l’orologio stretto al polso esile.

Una folata di vento scosse il vetro sottile delle finestre facendole vibrare. L’inverno era alle porte, una sensazione di freddo mi invase le vene. Lo immaginai, solo, con quel suo passo cadenzato camminare verso casa, una casa vuota, come la mia, così fredda.

 “Dovrei andare” Disse afferrando la giacca dalla sedia, guardandomi con uno strano cipiglio e avviandosi verso la porta.

“Ehi, Sasuke!” Lo chiamai, prima che afferrasse la maniglia.

“Chi ti aspetta a casa?” Chiesi.

Non si voltò neppure, si limitò a scrollare le spalle larghe e rispose, flebile:

“Nessuno”

“Rimani qui, mangiare in compagnia è...” Sussurrai, mentre le sue dita si posavano sulla maniglia dorata, lentamente.

“Sasuke, fuori è freddo, i tuoi libri sono tutti qua, domani potremo fare la strada insieme...” Continuai, mentre le sue dita indugiavano.

“Non devi rimanere da solo per forza...rimani qui” Le parole uscirono fuori dalle mie labbra come una supplica.

“Rimani qui con me”

   
 
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