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Autore: Dave1994    10/09/2013    0 recensioni
"Dante,il figlio di Sparda...
No,non è mai stato il solo,figlio mio. Molti di noi si sono sempre battuti per ricacciare le tenebre nel luogo da dove provengono e anche se siamo soltanto umani,abbiamo ottenuto grandi risultati.
Tu sei il mio degno erede. E' tuo destino combattere per diventare un Cacciatore,tuo e di nessun altro.
D'ora in poi il tuo nome sarà Gestalt così che tu possa diventare in tutto e per tutto un Nightingale, proprio come tuo padre."

[Questa storia riprende il Dante della serie più famosa pre-Ninja Theory e inserisce una manciata di nuovi personaggi. Buona lettura!]
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Dante, Lady
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era odore di fumo nell'aria, in quell'ufficio dall'aspetto così striminzita e disordinata. Sebbene Gestalt distogliesse di rado il suo sguardo da quello del suo superiore referente, il tristemente famigerato Tickles, aveva modo di tanto in tanto di notare come un tocco femminile avrebbe soltanto restituito a quel posto la dignità che si meritava. Ma del resto, era di Eugenias Tickles che stava parlando: un tipetto tutto formalità e ordini, fin troppo spesso abbaiati sgraziatamente al poveraccio di turno.

Che tanto per cambiare era lui, questa volta. Gestalt si augurò che fosse una cosa breve, perché sentiva enormemente il bisogno di una doccia.

- Mi stai ascoltando, Gestalt? - latrò una voce malauguratamente familiare e l'interpellato si ridestò dai suoi pensieri, indeciso se quell'uomo meritasse o meno la sua attenzione. Alla fine ne convenì che finché era sotto il suo diretto comando, tanto valeva chinare il capo e tacere ogni eventuale ed indesiderata parola di troppo.

- Sì, capo. Perché vuole convocare anche gli altri a questo colloquio? -

- Veramente li ho già convocati. - disse Tickles e con un cenno della mano invitò qualcuno all'esterno dell'ufficio ad entrare. Seguì uno scalpiccio confuso e tre persone fecero il loro ingresso, tutte abbigliate con lo stesso modello di giubbotto nero di pelle e pantaloni abbinati in tessuto composito, lo standard ultraleggero ed autoriparante fornito in dotazione ai Nightingale; uno di loro, tuttavia, si distingueva dagli altri per un'aria spaesata e decisamente fuori luogo.

- Da quando fate fare il nostro lavoro anche alle reclute? - chiese Gestalt, con la punta di un sorriso. Una delle persone nella stanza sbuffò nel tentativo di mascherare una risata clandestina e l'uomo si chiese fino a che punto Trisha sapesse a cosa mirasse esattamente Tickles, convocando tutte quelle persone a sorpresa.

- Modera i toni. Cesare sarà anche un Nightsaber, ma ti assicuro che è molto più promettente di te rispetto a quanto tu lo fossi un tempo. -

- Non ne dubito – rispose Gestalt sorridendo, alzando un dito accusatorio verso il ragazzo a fianco di Trisha e quarto uomo in ordine presente in quella stanza – io mi riferivo a... -

- Chiudi la bocca. - ribatté l'interpellato, stringendo i denti. Il suo colorito incredibilmente pallido sfumava sgradevolmente alla luce delle lampade, dandogli l'aspetto di un albino con evidenti problemi di fegato.

- Andiamo, Eric, perché devi essere sempre così... -

- Fate silenzio. - intervenne Tickles, abbassando il tono della voce. Era il campanello d'allarme di ogni scoppio d'ira cui erano abituati tutti loro e Gestalt avrebbe voluto evitare in maniera assoluta di doversi trattenere oltre al quartier generale per aver fatto incazzare il capo. Perciò tacque e sfoggiò ai presenti la sua aria più curiosa e interessata.

- Ottimo. Immagino che Eric vi abbia avvertito del casino che è successo giù al fiume. -

- Quale dei tanti? - chiese Trisha, sornione – c'è l'Hudson, L'East River... -

- La parte dell'East River sopra Grand Street – la interruppe Eric, lanciandole un'occhiataccia – con rispetto, signore. -

- Grazie, ragazzo. Non vi nasconderò che mi preoccupa sia un tre-quattro-otto tanto eclatante, di solito il magnifico stato di New York non ha fra le sue attrattive lo spettacolo di ignari senzatetto sbranati per metà e oltre cinquanta metri di devastazione e squilibrio naturale. Sapete cosa vuol dire, no? -

Che la fine del mondo è arrivata, restate calmi e trascorrete in perfetta serenità i vostri ultimi istanti” pensò Gestalt, per poi rispondere: - Sì, signore. C'è un demone a piede libero. -

- Oh, e chi ha parlato di un demone? -

La domanda di Tickles lo spiazzò completamente. Che diavolo era stato secondo lui, un tifoso esagitato dei Lakers?

- Signore, con tutto rispetto...dubito sia il nuovo modus operandi di un poltergeist o anche solo di qualche folletto troppo esuberante. Se le informazioni in mio possesso sono esatte... -

- E lo sono – intervenne Trisha – l'ho informato io. -

- Aspetta un attimo, Cosplay. Sta parlando lui – disse Tickles, senza staccare gli occhi da quelli di Gestalt – continua pure. -

- Beh, ecco...ci sono i segni di un'alterazione naturale dei quattro elementi, quindi possiamo tranquillamente escludere la maggior parte della gamma di clandestini soprannaturali che transitano per New York e dintorni. Senza contare che proprio questi cercano di creare meno disastri che possono per espatriare senza essere notati. Sono sicuro che... -

- Signore, non abbiamo le prove per... -

- Taci, Eric. Gestalt, se non ti dispiace... -

- Abbiamo a che fare con un demone dei peggiori, probabilmente di terzo grado. Se siamo fortunati, eh. Non voglio immaginare qualcosa di più grave a piede libero, là fuori. - concluse Gestalt, fulminando con lo sguardo il suo diretto superiore che senza essere per nulla intimorito gli rispose per le rime, dal fondo delle sue iridi blu oltremare. In fin dei conti Tickles non era neanche un uomo tanto brutto – se si escludeva la massa incolta e disordinata di peli che gli cresceva sul petto, intravista di tanto in tanto negli spogliatoi del quartier generale – e forse, in via molto remota, c'era la possibilità che il suo modo di fare in azione, sul campo, fosse totalmente diverso e molto più affabile come ci si augura da ogni buon camerata costretto come tutti i suoi colleghi sotto le armi.

Tickles rimase in silenzio per diversi secondi, lisciandosi il mento appuntito come riflettendo su un problema particolarmente complicato. D'impulso prese una cartelletta dal cumulo di scartoffie abbandonato sulla sua scrivania e con una grafia impeccabile e svolazzante scrisse qualcosa al lato del foglio.

- Illuminante, davvero. Dunque è deciso: sarai a capo di una task-force antidemone specializzata, con tutti i crismi che ne conseguono. E nel caso te lo stessi domandando, quelli dietro di te sono i tuoi uomini. -

- Cosa, signore? -

- Nessuna replica. Vi voglio in armeria massimo entro mezz'ora. - ribatté Tickles seccamente, alzandosi e uscendo dall'ufficio prima di essersi congedato informalmente con un cenno della mano. Come la porta si richiuse alle sue spalle, cadde un silenzio di gelo e imbarazzo nella stanza e Gestalt fu certo che affidargli quel compito era da sadici della risma del suo superiore, perfettamente conscio dell'astio presente tra lui, Trisha ed Eric.

- Se credi di potermi dare degli ordini, ti sbagli di grosso - sussurrò quest'ultimo, avendo cura di attendere che il suo superiore si fosse allontanato a distanza di sicurezza – d'altronde non vedo perché non dovrei essere io a capitanare quest'unità. -

- Eric, per favore... -

- Andiamo, boy-scout – proruppe Cosplay, battendo una mano sulla spalla del suo vicino – tu non sapresti nemmeno da dove incominciare. E' già un traguardo che abbia imparato ad allacciarti le scarpe, non avere così fretta! -

Eric non la prese bene. Di scatto le afferrò la mano e cercò di torcerla con l'intenzione di mettere Trisha al muro, ma un braccio sbucato dal nulla lo afferrò e lo respinse all'indietro con una forza sorprendente: l'uomo ringhiò dallo sforzo, cercando di opporsi a quella morsa, ma Trisha gli sfuggì dalle dita della mano come fumo.

- La disciplina è tutto, per un Cacciatore. Aggredire un proprio compagno è assai deplorevole. - sentenziò a bassa voce il ragazzo di nome Cesare ignorando la differenza di grado fra lui e l'uomo che ora tratteneva con la sola forza di un avambraccio, dopo aver ritrovato la sicurezza e sfoggiato una micidiale espressione da temibile garante della legge. Eric si dimenò senza successo per qualche secondo, poi il suo sottoposto lo lasciò e questo lo spintonò vistosamente uscendo dalla stanza.

- Ma va' al diavolo – fu l'ultima cosa che gli sentirono dire, quel giorno. Istintivamente Gestalt raccolse tutte le sue forze, la sua pazienza e la motivazione di cui era capace per prepararsi a sopportare il suo odioso nuovo compagno di brigata nelle settimane successive.

- Ti ringrazio, ma me la sarei cavata anche da sola. -

- E' una questione di principio. - rispose Cesare, rimanendo impassibile allo sguardo di Trisha. Poi si voltò dando loro le spalle e seguì Eric a ruota, allontanandosi lungo il corridoio grigio e dall'aspetto fortemente asettico.

Gestalt e Trisha si guardarono negli occhi, senza che l'uno dovesse dire assolutamente nulla per farsi capire dall'altro: era una qualità incredibile che possedevano, il sapersi comunicare il necessario con una sola occhiata. Talvolta il pensiero che la donna provasse verso di lui ben più che semplice amicizia s'insinuava nella mente dell'uomo, ma era ben conscio che con una vocazione come la loro era dannatamente pericoloso gettarsi in una relazione che andava oltre la semplice conoscenza.

- Fa venire i brividi il nuovo arrivato. -

- Così sembra. A me è sembrato simpatico, dopotutto. -

- Mhhh. Tickles ti ha messo alla prova poco fa, sai? -

- Lo so. -

- Ciò nonostante hai reagito bene, i miei complimenti. Fossi stato in te avrei perso molto prima la pazienza. -

Gestalt alzò di soppiatto la testa, guardandosi fuori dai vetri dell'ufficio di Tickles per controllare che non ci fosse nessuno attorno. Dopo aver avuto conferma di ciò, sbatté animatamente una mano sul tavolo pieno di stizza.

- Che porcata, darmi il comando con uno stronzo come Eric nel gruppo! Come se non sapesse benissimo che io e lui ci odiamo dal primo giorno che ho messo piede qua dentro! -

- Non puoi farci nulla – rispose Trisha, poggiandogli una mano sulla spalla in segno di compassione – gli ordini sono gli ordini, non puoi fare altro che guidarci. Capitano. -

- Non chiamarmi così, io agisco da solo. -

- Ma come, hai sentito Tickles...? -

- Sì, l'ho sentito benissimo. - sussurrò stizzito Gestalt, stringendosi le ginocchia tra i palmi delle mani. Stava cercando di pensare rapidamente ad una soluzione per evitare il fastidio cui il suo superiore l'aveva destinato senza possibilità di ribattere, ma non vide nessuna via d'uscita.

Improvvisamente odiò con tutto se stesso quel maledetto posto e le persone che vi risiedevano; odiò la sua vita, che gli impediva di avere una vita normale e soprattutto odiò tutte le creature demoniache che gli era sempre stato ordinato di contenere e talvolta eliminare.

 

Operiamo nella notte, per il bene di chi vive alla luce del sole;

Viviamo una vita doppia, una vita dannata

solo per la consapevolezza

di aver preservato un giorno in più

l'innocenza e la salvaguardia della razza umana.

 

Ripensando al motto della sua unità Nightingale, Gestalt dubitò che la razza umana fosse davvero innocente. Se almeno la metà delle cose che vedeva ogni giorno e che sentiva nei notiziari significava qualcosa, allora vi erano casi e frangenti in cui avrebbe davvero voluto mettere a confronto la natura diabolica delle creature cui l'Organizzazione si era votata millenni prima a opprimere e quella delle persone che vedeva ogni singolo giorno.

Una pesante coltre di tedio gli cadde tutto d'un colpo sulle spalle e l'uomo ne fu oppresso, domandandosi per quanto ancora gli sarebbe toccato quel compito ingrato.

- Ehi, ci sei? - domandò la voce dell'amica, diventata all'improvviso appena insistente. Gestalt annuì e facendole un cenno si alzò dalla sedia e uscì dalla stanza, ora con un fastidioso nodo allo stomaco e tanta voglia di fuggire via da qualche parte, in un luogo possibilmente lontano e sconosciuto a tutti.

 

 

- Dici che...? -

- Taci, Fix, taci. - lo implorò Dexter, ordinando alle proprie gambe di allontanarsi da quel luogo. E in quel momento ripensò alle voci, alle leggende e alle dicerie che giravano in ogni angolo della Terra e del Limbo, nei posti più remoti dove gli anziani ancora ricordano le gesta incredibili di grandi uomini passati trattandole con la giusta dose di venerazione. In particolare era stato uno spauracchio di bassissima categoria con una certa età a parlargli di quell'individuo il cui nome nessun demone aveva mai il coraggio di pronunciare.

“Perché non vai al confine della Crepa? A volte capita che si apra uno scorcio e qualcuno passi, la vita sulla Terra è molto più eccitante che da 'ste parti.” gli aveva detto una volta Dexter, guardandolo con un misto di saccenteria e derisione. Ma lo sguardo di Tonberry aveva messo a tacere in lui qualsiasi spacconeria e le sue parole lo avrebbero traumatizzato per gli anni a venire.

“Nessuno di noi vecchi ha più il coraggio di mettere piede lassù, dopo quello che è successo al'Esecrabile.“

Dexter era rimasto assai confuso, quando lo spauracchio dalla lunga barba aveva chiarito l'oscurità delle sue parole.

“Mundus, mio caro. Il re dei demoni. Non vi insegnano nulla a scuola?”

“E chi ci va a scuola? Siamo folletti, non poppanti!” era scoppiato a ridere il piccoletto, facendosene un baffo di formalità e rispetto davanti all'anziano. Ma questo si era mostrato impassibile e aveva continuato la sua storia:

“Fu ucciso da uno di quaggiù...e contemporaneamente anche di lassù. Un mezzosangue, un demone dalle fattezze di essere umano. Una creatura votata a distruggerci tutti, nessuno escluso.”

“E perché?”

“Nessuno di noi lo sa. Là sulla Terra le persone che hanno paura di noi lo contattano e lui...fa piazza pulita.”

“Ma è solo una leggenda...” aveva risposto Dexter, ma non ricordando il proseguimento della conversazione si vide costretto a ritornare alla realtà del presente, con quell'insegna da incubo davanti agli occhi e il sangue pulsante dietro l'unico occhio che possedeva.

- Fix, forse è meglio che... -

- Buonasera. -

I cuori dei due folletti gelarono all'istante, ritti sulla falsariga di ogni singola nota presente in quella voce. Una di quelle calde, che ti invitano ad entrare in una notte d'inverno e a riscaldarti per non morire di freddo. Oppure una di quelle che ti ipnotizzano, facendoti dimenticare perché sei lì, e intanto cerca di indovinare i mille modi con cui farti a pezzi.

Fix e Dexter non si voltarono, sebbene avessero da lungo compreso che lui era dietro di loro, sempre se era davvero di lui che si trattasse. Ma chissà come mai, avrebbero scommesso sulla base di quel presagio così nefasto tutta la fortuna che possedevano, derivante da innumerevoli rapine o scippi ai danni di ignari cittadini.

- Siamo chiusi, se proprio avete bisogno potete ripresentarvi domani. - pronunciò con cortesia la voce e solo allora i due folletti trovarono il coraggio di voltarsi, o meglio lo trovò di loro solo quello con le gambe, l'altro non sarebbe riuscito a muovere nemmeno un dito dalla gelida paura che ora gli stringeva il cuore come una morsa.

E perché diavolo quella presenza stava usando il plurale? Aveva forse già scoperto che il travestimento celava in realtà due esseri del Limbo? Stava forse per trafiggerli da un momento all'altro con la micidiale spada di cui narravano le leggende?

Dexter deglutì rumorosamente.

- O è uno di quei casi che proprio non può aspettare? Perché sennò dentro c'è sempre posto, posso offrirvi qualcosa da mangiare? Ho della pizza avanzata da qualche parte, spero non siate schizzinoso. -

I due tirarono un sospiro di sollievo e osservando l'uomo davanti a loro non avrebbero mai detto di avere di fronte il grande Dante, l'acchiappademoni per eccellenza. Più forte, veloce e glorioso di suo padre, dai capelli bianchi come la neve, il cuore e gli occhi di ghiaccio, dall'impermeabile rosso capace di incutere il terrore in ogni creatura originaria del Limbo, dai folletti ai demoni maggiori più feroci.

L'uomo davanti a loro aveva invece l'aspetto di un comunissimo uomo d'affari newyorkese, vestito in giacca e cravatta dall'aspetto incredibilmente costoso. Righe color oro solcavano quest'ultima periodicamente, mentre eleganti e splendenti gemelli rilucevano alle maniche della giacca.

L'occhio di Fix annusò un'aroma familiare, più dolce del cedro e degli aghi di pino in una foresta vergine situata accanto al fiume. Mocassini o Gucci? Il folletto non avrebbe proprio saputo dirlo.

E a confortarlo di più era soprattutto il colore dei capelli e degli occhi dell'individuo, di un delizioso nero e nocciola assolutamente comune e per nulla screziato di bianco.

- Fiù – sussurrarono all'unisono Fix e Dexter, senza accorgersene. Poi il secondo si concentrò per ottenere il tono di voce più neutrale e insospettabile che possedesse, sperando di andarsene da lì il più in fretta possibile per non incappare nel vero Dante.

L'insegna del negozio non mentiva, dopotutto.

- La ringrazio, ma stavo solo dando un'occhiata in giro.-

- La capisco, questa dopotutto è una splendida zona per quanto riguarda le attività commerciali. – rispose l'uomo, battendo poi affabilmente una pacca sul braccio di Fix – senza sapere che effettivamente era il braccio di un folletto – e facendo un passo verso il figuro in impermeabile e cappello.

- E soprattutto...è ottima per fare incontri, non trova? -

Dexter alzò un sopracciglio, sentendo un lungo brivido freddo scendergli lungo la schiena. C'era qualcosa che non lo convinceva per niente in quell'uomo...qualcosa di parecchio inquietante...

- ...si sente bene? -

- Comescusinonhocapito? - biascicò in fretta il folletto, annaspando nel tentativo di allontanarsi dal suo interlocutore che anzi lo incalzava ogni secondo di più, accorciando la distanza che li separava.

- Ho detto: si sente bene? Credo sia un po' troppo coperto per una notte afosa come questa. -

- Assolutamente no, sto bene. Ora devo proprio andare, mi scusi, la famiglia sa, immagino mi capirà... -

- Ma certo, ma certo, che sbadato. - sussurrò sorridendo l'uomo in giacca e cravatta, poi scrutò il proprio riflesso nel vetro del negozio davanti a lui e si lisciò i capelli neri orientandoli quasi tutti da un lato. Dexter notò un accenno di barba sul volto del tipo e finalmente fece per allontanarsi, quando l'altro lo fermò con un cenno della mano.

- Scusate, dimenticavo. Posso chiedervi un favore? -

- ...Guardi, sono proprio in ritardo... -

- E' solo una cosa da poco, vi prego. - sussurrò Dante, scivolando fino ai due folletti nel breve tempo di un battito di ciglia. Con una forza sorprendente afferrò il colletto dell'impermeabile e sollevò bruscamente i due senza nessuno sforzo, facendo cadere dal soprabito di Fix e Dexter una quantità incredibile di portafogli, borse, borsette, cellulari, anelli...

- Non voglio più rivedervi da queste parti, capito? -

...collane, bracciali, penne firmate, blocchi note da ufficio rilegati e smaltati in versione Extradeluxe...

- Altrimenti... -

Fix e Dexter ora strillavano a squarciagola con la loro vera voce, squillante e infiorettata di tanto in tanto di implorazioni e preghiere accorate riguardanti il non maciullare a colpi di spada e stendere la pelle scuoiata al sole per poi farne finimenti e portachiavi. Dante osservò con sufficienza la mercanzia a terra, lasciando crollare a terra i due mostriciattoli terrorizzati: un forte odore di cloro gli colpì le narici e giudicò che quello con le gambe dovesse essersela fatta addosso.

- Sparite. Subito. Sarà una rottura restituire tutta questa roba alle persone che avete derubato... -

Non finì nemmeno la frase che dei due folletti non c'era più traccia, scomparsi in una puzzolentissima nuvola di zolfo e ammonio; in realtà sapeva benissimo come fossero finiti poco distanti da lì, ma non aveva voglia di infierire ulteriormente.

Dante sollevò lo sguardo al cielo e sospirò, esausto. Era stata una dura giornata di lavoro e questo era l'ultimo dei modi che aveva in mente per concluderla.

Rovistò nella tasca della sua giacca e ne trasse fuori una minuscola chiave d'ottone, poi aprì le porte del Devil May Cry e una voce proveniente dall'interno lo esortò a darsi una mossa, accompagnata dall'inebriante profumo di pizza appena sfornata.

  
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