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Autore: zenzero    10/09/2013    0 recensioni
Marcus è un tipo normale, e normale è il tipo di vita che gli si prospetta, ora che si è trasferito in un tranquillo appartamento. Ma cosa è realmente normale quando scopri che i tuoi coinquilini sono delle fatine completamente fuori di testa?
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2 patatine
Ginger era sempre più euforica mentre si lucidava le piccole ali azzurrine e sistemava i suoi lunghi capelli rosa. Era l’ultimo giorno che passava nella sua stanza. La sua valigia era pronta, piena fino allo scoppiare delle sue cose, e lei stava per andarsene.
“Ormai ho messo la testa a posto! Non come l’anno scorso! Ora che sono una fata adulta, mi comporterò come tale”, esclamò decisa.
I suoi genitori, che l'avevano aiutata a fare il bagaglio, non sembravano convinti.
Sua madre scosse la testa. “Vorresti dirmi che non appiccherai incendi come quello del collegio?”
La fatina mise il broncio. “Ehi, è stato un incidente! Credevo che quelli che aveva la mia compagna di stanza fossero bastoncini per incenso, e non fuochi d’artificio! Come potevo saperlo? Comunque erano davvero colorati!”
Suo padre le si avvicinò. “Quindi ti tratterrai dal portare animali abbandonati in camera per soccorrerli, come hai fatto con quella puzzola?"”
“Quella piccolina aveva una zampa rotta, e bisogno di aiuto! Non mi aveva detto di soffrire anche di meteorismo! Ma quest’anno andrà tutto bene!”
“Va bene, tesoro. Se ne sei convinta...”
“Lo sono!” esclamò la giovane fata.
Sua madre la abbracciò. “A noi basta che tu sia felice.”
“Certo!” esclamò lei.
Suo padre si limitò a toccarle la spalla. “Allora vai, e trova la tua strada.”
Ginger annuì e si avviò fuori, trascinandosi la grossa valigia.
Dalla finestra sia i suoi genitori sia i suoi diciotto fratelli e sorelle maggiori la salutarono con la mano.
Non appena la fata svoltò l’angolo e non si vide più, i familiari si riunirono in cucina per festeggiare, finalmente, la sua partenza che questa volta, salvo incidenti e pregando il cielo sarebbe stata definitiva.

Erano stati i suoi genitori a decidere l’appartamento, lei aveva solo sorriso all’affittuaria (quella bella signora dal sorriso gentile!) e firmato il contratto, senza nemmeno vedere l’abitazione.
Ginger ci mise ore per raggiungere il posto. A dire il vero non sapeva esattamente quanto ci avesse impiegato, poiché non portava l’orologio, ma il sole ormai stava tramontando.
Non che l’appartamento fosse troppo lontano, poiché dal quartiere fatato poteva facilmente raggiungerlo con qualche fermata di metropolitana ma Ginger non era mai stata brava a prenderla e, per non rischiare di perdersi, aveva deciso di raggiungere il posto volando.
Si era persa un paio di volte e poi si era accorta di aver letto la cartina nel verso sbagliato. Così alla fine aveva chiesto un passaggio ad un piccione che fortunatamente abitava sul cornicione  di un palazzo nella via accanto e conosceva il quartiere come le sue piume. Era arrivata solo nel tardo pomeriggio, stanca e affamata. Riconosciuto il condominio per via delle foto, era entrata tramite la finestra, socchiusa. Il piccione prima di andarsene le aveva detto che se aveva bisogno di aiuto, poteva chiamarlo, sarebbe accorso immediatamente.

“Bel posticino!” si disse, guardando il salotto, un po’ spoglio ma accogliente. Era chiaramente un’abitazione a misura di essere umano, come le aveva detto anche la padrona di casa, per cui per lei era enorme. Era invasa da una strana eccitazione, poiché non aveva mai visto molti esseri umani. Nel quartiere dove abitava erano rari, e il collegio dove aveva passato lo scorso anno era solo per fate.
Poggiò la valigia sul tavolo. Non sembrava ci fosse nessuno. Si accorse estasiata della presenza della televisione, una televisione enorme. Dopo averne fatto esplodere due, quando aveva creduto che si dovesse collegare la presa al fornello del gas per farla accendere, in casa le era stato proibito di usarla. Qui però nessuno poteva dirle niente, per cui schiacciò i pulsanti del telecomando. Trovò subito il canale dei cartoni animati. Che gioia, poterli vedere su uno schermo grande!
Poi si accorse che su divanetto c’era qualcosa di strano, un sacchetto di patatine.
“Chissà chi l’avrà lasciato?” si chiese la fatina. Non c’era nessuno. Forse qualcuno si era dimenticato di buttarlo. E a giudicare dall’odore, era quasi pieno e aperto solo di recente. Sarebbe stato uno spreco, lasciare tute quelle succulente patatine lì ad ammuffire! Così si tuffò nel sacchetto e iniziò a mangiarle, con il sottofondo dei suoi cartoni animati preferiti. Sì, era questo, il paradiso!

Si allarmò solo quando udì dei rumori di passi, e una voce maschile chiamare. “C’è qualcuno?”
Ginger voleva rispondere ma aveva la bocca piena delle ultime patatine rimaste, le ingurgitò e cercò di uscire dal sacchetto, ma era appesantita dalla grande abbuffata.
“Ehi, cosa c’è lì dentro?” chiese la voce.
Ginger voleva rispondere, ma poi vide che qualcosa entrava nel sacchetto. Sembrava una mano, una mano enorme.
La afferrò e la sollevò. Ginger stupita vide l’essere umano. Aveva degli strani capelli, corti e marroni e delle buffe orecchie rotonde. Gli occhi grigi erano incredibilmente sgranati dalla sorpresa.
Ginger fece due più due e capì che le patatine erano le sue. “Scusami, non volevo mangiarle tutte, ma erano buonissime. Te le ricomprerò”, disse la fatina, sorridendo.
L’umano ancora stupito per aver visto una fata, si mise ad urlare.
Per non essere da meno, anche Ginger urlò.
Le urla richiamarono il piccione, che preoccupato si precipitò nel salotto attraverso la finestra aperta.
“Ehi, cosa ti sta facendo quell’umano?” chiese il piccione.
Ma Ginger era ancora occupata ad urlare. Così, credendola in estremo pericolo, il volatile gracchiò, richiamando tutti i piccioni nelle vicinanze. “Presto, una mia amica ha bisogno di aiuto!” urlò, e di lì a pochi secondi una quindicina di pennuti che abitavano sui tetti dei palazzi accanto si precipitò nella stanza e aggredì a beccate l’umano, che non capiva cosa diamine stesse accadendo.
Ci volle tempo prima che Ginger riuscisse a spiegare ai piccioni l’equivoco. Se ne andarono via scusandosi. Marcus si gettò sul divano, dolorante e pieno di graffi e beccate, e deiezioni sui vestiti.
“Scusa, scusa!” esclamò la fatina, “ti prometto che forse la cosa non si ripeterà... ”
“Capisco….” Mormorò il ragazzo, “Però... si può sapere tu chi sei?”
La fata si fece più vicina a lui. “Sono la tua coinquilina. Questo è un appartamento misto, no? Ci sono sia umani che fate. Non te l'aveva detto, la padrona di casa?”
Un ulteriore urlo scosse l’appartamento fino alle fondamenta.


   
 
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