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Autore: _sverige_    10/09/2013    3 recensioni
Si crede che ogni persona sia affiancata da un angelo che guida le sue azioni e veglia su di lei, ma pochi sanno che vicino a quest’ultimo si trovi anche un diavolo, pronto a sussurrarti seducente nell'orecchio parole di tentazione. Perché ogni uomo essendo libero deve avere le stesse opportunità sia nel bene che nel male, poiché è lui a dover scegliere la propria strada.
Genere: Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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CAPITOLO III           Come anche un piano perfetto non lo è  poi così tanto
 
Aveva già preso in considerazione quell’ipotesi un paio di volte, ma mai seriamente. Di norma erano i demoni a prendere forma umana per avere più possibilità di tentare le vittime, mentre gli angeli preferivano rimanere in quella spirituale, seguendo i propri protetti silenziosamente e non intervenendo quasi mai in prima persona. Ma quello era un caso particolare: Lovino era pronto a tutto pur di tener Daniel il più lontano possibile sia dai pericoli che da quel diavolo, Antonio, e se per fare questo avrebbe dovuto fingersi umano, beh, l’avrebbe fatto.
Normalmente i custodi venivano a conoscenza dell’identità del proprio umano solo pochi giorni prima della partenza, duranti i quali era concesso osservare la loro vita sulla Terra, in modo da poterli comprendere e decidere il modus operandi più opportuno a seconda dei casi.
All’inizio Lovino aveva deciso di seguire la decisione di molti altri angeli e limitarsi a vegliare su Daniel, ma l’incontro con Antonio gli aveva fatto cambiare drasticamente idea.
Cercando di evitare le pozzanghere che si stavano andando a formare, l’angelo uscì dal vicoletto dove era atterrato e si diresse velocemente verso la sagoma rossa che spiccava poco più avanti in quello sfondo così grigio. Entrato nella cabina telefonica cacciò fuori degli spiccioli dal portafoglio e, premendo sui pulsanti consumati,  digitò un numero.
 
Daniel stava chiacchierando allegramente con il ragazzo alla sua destra, incontrato poco prima all’entrata dell’edificio, quando sentì improvvisamente il telefono vibrare in tasca.
Scusatosi con l’altro, si affrettò a rispondere.
-Pronto?-
-Mi scusi, parlo con Daniel Héderváry?- la voce che proveniva dall’apparecchio, anche se leggermente alterata, apparteneva di certo ad un giovane.
-Si si, sono io, posso fare qualcosa? E puoi darmi pure del tu-
-Ah, ok. Ho chiamato a proposito dell’appartamento… Ho visto il volantino e mi chiedevo se stai ancora cercando un coinquilino?-
-Certo, il locale può ospitare fino tre persone. Quando pensi di venire?-
-Ora. Però ci sarebbe un piccolo problema- un silenzio imbarazzato scese sulla chiamata- Vedi... ecco, come posso dire… non so dove andare-
Daniel era perplesso: quel ragazzo voleva abitare in un posto senza neanche sapere dove fosse. A pensarci bene però non era poi così strano: probabilmente si era appena trasferito a Londra o qualcosa del genere. Mosso dal senso di solidarietà per un altro straniero come lui, dall’accento si poteva facilmente dedurre che non fosse inglese, e memore dei suoi primi giorni in quella città così caotica, decise di aiutarlo.
-Senti, dimmi dove sei che ti vengo a prendere o mando un taxi-
-Victoria Station- Ora che ci faceva caso, poteva sentire molte voci in sottofondo.
-Oh, ma allora non è distante. Dieci minuti al massimo e sono lì, tu aspettami fuori-
-Va bene, a tra poco- la voce dell’altro sembrava più sollevata di prima
Il giovane chiuse la chiamata e si voltò sorridendo mesto verso il ragazzo con cui stava parlando prima dell’interruzione.
-Scusami, ma devo andare a prendere il nostro nuovo coinquilino- gli lanciò un mazzo di chiavi e si armò di ombrello –Tu intanto va avanti, torno subito-
L’altro ridacchiò divertito e gli fece segno di non preoccuparsi, quindi si incamminò lungo la rampa di scale.
 
Solo quando fu alla stazione, Daniel si rese conto di aver tralasciato un piccolissimo particolare: lui non aveva la ben che minima idea di chi dovesse cercare. Cominciò a guardarsi attorno freneticamente in cerca di un qualcosa che lo potesse aiutare, ma tutto quello che riusciva a vedere erano una moltitudine di ombrelli colorati e persone troppo impegnate e nervose per potersi fermare anche solo un momento a riposare.
 E ora? Come avrebbe fatto a trovarlo? Preso dallo sconforto, non si rese conto che qualcuno gli si era avvicinato finché non sentì una mano picchiettargli sulla spalla.
Davanti a lui un ragazzo poco più basso si stava sforzando evidentemente di sorridergli in modo cordiale, ottenendo però scarsi risultati data la sua strana smorfia più simile a un ringhio di qualche animale selvatico, cosa che tra l’altro ricordava. Certo, l’essere bagnati fradici e non sapere dove andare erano giustificazioni più che valide per quell’espressione.
Subito Daniel si premurò di coprirlo con l’ombrello portandoglisi più vicino. I capelli castani appiccicati al viso del giovane ne ricalcavano perfettamente l’ovale, mentre gli abiti leggeri facevano lo stesso con il suo corpo. La cosa però che in quel momento lo colpì maggiormente fu l’assenza di calzature: d’istinto controllò il terreno circostante in cerca di tracce di sangue, ma con sollievo non ne trovò.
D’un tratto udì quello che era poco più di un roco sussurro e riconobbe, anche se leggermente diversa, la voce che aveva sentito al cellulare.
-Piacere, Lovino- spostò lo sguardo sulla mano che l’altro gli stava tendendo e stringendola si presentò a sua volta.
 
Mentre i due si incamminavano verso casa la pioggia aveva cominciato a ticchettare gradualmente sempre più violenta sulla stoffa scozzese dell’ombrello, sovrastando tutti gli altri suoni e riempiendo l’aria londinese con la sua particolare melodia. Accompagnati da quel rilassante sottofondo, in pochi minuti entrambi i ragazzi si persero tra i loro pensieri lasciando cadere la conversazione appena abbozzata.
 A Daniel ronzavano in testa un sacco di domande, ma, ritenendo che sarebbe apparso troppo indiscreto, si trattenne dal chiedere.  Sperò comunque che al momento giusto il ragazzo gli avrebbe risposto spontaneamente. Si chiedeva chi fosse Lovino, perché l’avesse trovato sotto la pioggia battente, come mai non avesse né scarpe né bagaglio. Più il tempo passava, più domante si accumulavano e affollavano la sua mente e più le parole premevano per uscire.
Dal canto suo, l’angelo osservava di nascosto il proprio protetto attento a non essere scoperto, richiamando alla memoria le informazioni acquisite durante i precedenti giorni di osservazione. Daniel Héderváry, ungherese di nascita e trasferitosi in Inghilterra per studio grazie a un speciale concorso indetto dalla sua nazione. A causa del suo disperato bisogno di non sforare il budget offertogli dalla scuola, ha trascorso un intero pomeriggio tappezzando i muri londinesi di volantini,  deciso a trovare qualcuno con cui dividere le spese di un appartamento. Single, finite le lezioni all’università aiuta in una fioreria per permettersi qualche extra. Niente droga o grandi bronze, benvoluto da conoscenti e compagni di corso, disponibile e gentile perfino con gli estranei: l’orgoglio di ogni angelo custode. Era felice di essere stato assegnato a quel ragazzo: era un tipo con la testa sulle spalle, ma che sapeva anche divertirsi come si addiceva a qualcuno della sua età e a Lovino, le persone che prendevano tutto troppo seriamente, non erano mai andate molto a genio.
 
La voce squillante dell’ungherese si fece risentire solo quando furono in vista di grande palazzo panna dall’aria vissuta che Lovino scoprì essere il luogo dove avrebbe vissuto d’ora in avanti.
-Sai che è curioso?- cominciò Daniel appoggiando l’ombrello accanto all’entrata –Anche un altro ragazzo si è presentato oggi per l’appartamento. A dir la verità avevo quasi perso le speranze di trovare qualcuno con cui abitare…- si pettinò velocemente i capelli con le dita per poi legarseli nuovamente in una coda bassa liberando così gli occhi verdi -…e poi siete arrivati voi due. Credo ti piacerà il nostro coinquilino: ci ho parlato prima ed è molto simpatico. E’ un tipo a posto, sono certo che andrete d’accordo. A proposito, dovrebbe essere già là… Vieni Lovino-
L’angelo seguì l’altro al primo piano, spostando lo sguardo dalle pareti dai toni rosati alla figura di Daniel, che lo precedeva di qualche passo e continuava a ciarlare allegro.   Si fermarono giunti di fronte ad una porta di legno chiaro su cui campeggiava in caratteri tondeggianti il numero 127.
L’ungherese picchiò sulla superficie liscia un paio di volte per poi aggiungere in tono giocoso e infantile un acuto “è permesso?”. In risposta si sentì una leggera risata, soffocata dal muro che li divideva, e un verso che doveva essere di assenso. Quei due, pensò Lovino con una punta di rammarico, erano diventati amici nel giro di pochi minuti. Chissà quanto ci avrebbe messo lui invece: con il carattere che si trovava, non esattamente tra i migliori e se ne rendeva conto anche da solo, non era il candidato ideale a compagno di serate al pub. Al massimo poteva essere quello con cui lamentarsi quando il bus è in ritardo.
 
Prima che Daniel potesse afferrare il pomello della porta, questa si aprì da sola rivelando così il famoso terzo coinquilino. L’angelo registrò in pochi secondi quello che stava accadendo. Poco prima, quando aveva sentito la risata, Lovino aveva provato una brutta sensazione, anche se per pochi secondi, ma aveva deciso di ignorarla. E ora se ne stava lì, gli occhi sgranati e la faccia stralunata, non sapendo se ridere o piangere di quell’assurda situazione. Moro, occhi verdi, sorriso ebete in faccia. Dalla sua bocca uscì un suono a metà tra una risata nervosa e il verso di un qualcosa agonizzante che catturò l’attenzione del giovane davanti a lui, che fino a quel momento era stato occupato a parlare con l’ungherese. Il viso del ragazzo, attraversato da un moto di stupore, abbandonò improvvisamente la sua solita espressione spensierata, per assumerne una piuttosto divertita subito dopo. Incatenò il proprio sguardo a quello sconvolto di Lovino, sorridendogli enigmatico e scandì bene le parole.

- Yo soy Antonio, encantado de conocerte-




E questo è fatto. Ammetto che questo capitolo non mi piace molto e può risultare noioso, ma avevo bisogno di farli incontrare. Diciamo che è un capitolo di passaggio e dal prossimo vedremo l’inizio della vera e propria convivenza. 
Segnalatemi gli errori,  lo so che ce ne sono, semplicemente si nascondono alla mia vista (ho la netta sensazione che il mio italiano stia regredendo pian piano). Alla prossima
  Sve
  
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