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Autore: Blooming    11/09/2013    2 recensioni
Joe è il tipico ragazzo sfigato, gioca a giochi online e si chiude spesso in casa, a scuola è preso di mira dai bulli, lui è il più semplice obbiettivo su cui si concentrano. A suo favore si schiera Scott, il nuovo arrivato, lui è bello, ha un fisico da urlo e le ragazzine lo guardano ridacchiando in corridoio. I due fanno amicizia e cominciano a dipendere l'uno dall'altro come veri e propri amici. Parte importante della vita dei due è la madre single e trentenne di Scott che si tira dietro gli sguardi d'odio delle altre madri e gli sguardi 'eccitati' dei ragazzi.
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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La signora William aveva preparato qualcosa da mangiare, spaghetti al pomodoro e salsicce con contorno di insalata. Non avevo mai mangiato così bene in vita mia anche perché né mia mamma né mio papà cucinavano, solo cose semplici. Ma la signora William era la regina della cucina!
Mentre mangiavamo saltò perfino la luce, non solo in casa ma anche in buona parte della città.
Fiona si alzò e sbattendo contro i mobili arrivò fino allo sgabuzzino
“Scotty, amore, se riesci ad arrivare fino al cassetto sotto il lavandino ci devono essere dei fiammiferi!”
Scott si alzò tastando in giro cercando di non farsi male
“Ma’… non li trovo!” sentivo un grande trambusto “Ahia! Che cazzo è sta roba?!”
“Scott!” urlò lei dall’altra parte “Non si dicono le parolacce!”
“Scusami… ma io non so cosa ci tieni qua dentro.” Mosse un po’ di posate “Trovati… no, sì. Sono loro. Ecco.” Ne accese uno e vidi il suo volto comparire nel buio con un sorriso “Ahia!” si era bruciato, ne accese un altro
La signora William aveva trovato delle torce nello sgabuzzino, arrivò tenendone una accesa
“Tieni tesoro.” Disse porgendomene una “Scott tesoro, fai il giro della casa ad accendere le candele, anzi, prima spegni tutti gli interruttori.”
Io presi la torcia e cominciai a fare il giro della casa con Scott e fargli luce mentre accendeva le candele mentre in cucina la signora William cercava di sistemare le pentole e padelle tenendo in bocca la torcia. Tornati in cucina portando una candela che posizionando al centro del tavolo, ci sedemmo di nuovo e ricominciammo a mangiare.
Scott continuava a fare lo stupido e soffiava di continuo sulla candela per spegnerla e quando ci riuscì accese la torcia sotto il mento e face una risata malefica. Gli arrivò una pacca sulla testa dalla madre che gli disse di smetterla di fare lo scemo. Cercavo di trattenermi dal ridere ma non ci riuscivo veramente, in poco tempo contagiai anche il mio amico e sua madre rimase a guardarci allibita scuotendo la testa.
L’aiutammo a sparecchiare anche se lei diceva di non aver bisogno
“Scott vai a preparare la stanza di sopra per Joe…” guardò un attimo davanti a sé “Nono… facciamo che facciamo un letto di emergenza in camera tua così voi ragazzi potete rimanere a parlare fino all’ora che volete. Sisi. Ora vado a fare il letto.” Mise sullo scolapiatti le ultime stoviglie e corse in camera
Scott alzò le spalle come se i monologhi di sua madre fossero normali e poi la seguimmo.
Aveva tirato fuori un materasso a una piazza da un armadio e l’aveva messo a terra accanto all’altro letto, l’aveva sistemato con il coprimaterasso e una cosa come centomila coperte di pile. Rubò un cuscino dal letto del figlio
“Ora sì che è un letto!” le mani sui fianchi, guardava il suo lavoro orgogliosa “Joe sicuramente non hai con te un pigiama vero?” continuava a guardare il suo lavoro
Ovviamente non avevo pigiama ne niente e Scott mi prestò una sua maglia e dei pantaloni della tuta. Mi andava tutto un po’ largo ma non ci feci molto caso.
Scott teneva in mano il candelabro e mi guardò, la maglietta era veramente larga
“Sbaglio o è un po’ larga?” rise
Mi sentii terribilmente preso in giro
“Scusa se non tutti sono grandi e grossi come te…” sono un maledetto permaloso
“Dai non te la prendere. Faremo palestra insieme, prima o poi.” Scendemmo le scale
La signora William mangiava patatine sul divano leggendo un libro di Jane Austen illuminata solo dalle candele di cui si era circondata, ci vide e sorrise salutandoci con la mano
“Ciao ragazzi. Allora, come vogliamo impiegare la serata?” chiuse il libro e lo appoggiò sul tavolo, si batté le mani per togliersi le briciole dalle dita
“Non lo so…” Scott mi guardò “Che cosa vuoi fare?” teneva sempre i capelli legati in un codino avvolto su se stesso
Non avendo niente in mente alzai le spalle e scossi leggermente la testa.
Fiona si alzò, si stiracchiò e ci venne in contro, prese la candela al figlio e disse
“D’accordo, ci penserò io allora… storia dell’orrore.” Tornò verso il divano “Ragazzi spegnete tutte le candele, lasceremo accesa solo questa.” Spostò il tavolino di lato e si sedette sul tappeto mettendo la candela davanti a sé
Noi ci sedemmo in cerchio con le gambe incrociate, lei si appoggiava sui polpacci, le mani sulle cosce
“Mamma non siamo un po’ troppo grandi per le storie di paura?” ridacchiò Scotty
“Non per questa tesoro.” E d’improvviso abbassò il tono di voce che risultò profondo e abbastanza inquietante
Fiona ci guardò un attimo, la candela illuminava poco e niente, era l’atmosfera giusta per una storia dell’orrore, sorrideva e noi la guardavamo in trepidante attesa.
Anche se eravamo quindicenni e ci credevamo tanto grandi eravamo curiosi.
La signora William cominciò a raccontare
“Questa è la storia di cinque ragazzi.” Ci guardò “Di cinque amici i quali si conoscevano da anni e cercavano sempre cose nuove da fare.
Un giorno uno dei ragazzi, Paul, trovò nella vecchia soffitta del nonno un grosso libro dalla copertina nera ormai consumata dal tempo e dalla muffa, era un libro di magia. Lo mostrò ai suoi amici e insieme decisero di utilizzarlo per evocare il diavolo, non volevano farlo veramente; per loro era solo un modo per passare il venerdì sera.
Così si ritrovarono prima di mezzanotte davanti alla chiesa sconsacrata del piccolo paese ed entrarono. Avevano letto su internet come si faceva ad evocare il signore delle tenebre e allora disegnarono un pentacolo con una vernice rossa sul pavimento, accesero delle candele che posizionarono su ogni punta della stella e a mezzanotte precisa Paul cominciò a leggere.” Fiona ci guardava mentre ci immaginavamo ogni scena “Quello che i ragazzi non sapevano è che quel libro era un vero grimorio che le antiche streghe leggevano per invocare il demonio e richiedere favori. Le parole erano scritte su pelle umana.
Dopo aver atteso più di un’ora senza alcun risultato, i ragazzi se ne andarono ridendo ma nell’oscurità emerse un’ombra nera di uno stregone che abitava in quella città più di mille anni fa. Morì sgozzato dalla folla che lo accusava di magia.”
Fiona si alzò portando con sé la candela, andò a guardare dalla finestra la neve che cadeva fitta e continuò a raccontare
“La mattina seguente tutti i ragazzi, eccetto Paul, vennero trovati sgozzati nei propri letti.” Fiona si risedette davanti a noi “La polizia indagò senza trovare nessun indizio e nessun colpevole. Paul morì per ultimo. Giorni dopo i suoi amici. Venne trovato ancora sanguinante dalla madre che andava a salutarlo prima di andare a dormire. Vide solo un’ombra, quella dello stregone che svanì con una lugubre e lunga risata.” Fiona soffiò sulla candela spegnendola
Rimanemmo in silenzio e al buio per qualche secondo senza vedere niente
“Mamma?” gridò Scott ma nessuno ripose poi la signora William comparì tra noi due con la torcia sotto il mento emettendo una risata macabra
Non ce l’aspettavamo e così urlammo in preda al panico come dei bambini.
La signora William cominciò a ridere
“Ve l’avevo detto che avrebbe fatto paura.” E continuò a prenderci in giro per ore
Colpiti nell’orgoglio e tremendamente offesi decidemmo, di comune accordo, di organizzare uno scherzo alla signora William e il terribile scherzo consisteva nel rubarle i biscotti della colazione.
Li nascondemmo in camera, in un cassetto, avvolti nei tovaglioli di carta.
Ovviamente lei, notando quella troppa complicità, capì subito e salendo in camera brandendo una torcia minacciò Scott di frugare in ogni cassetto se non gli avesse restituito il malloppo in tempo da record.
Preso dal panico che qualcuno potesse svelare i suoi segreti glieli consegnò subito, lei sorrise e con un pat-pat sulla testa del figlio tornò al piano inferiore tutta contenta canticchiando e sgranocchiando uno dei biscotti al cioccolato.
Una cosa importante imparai sulla signora William, nessuno può fregare la signora William.
Lei era troppo bella e troppo intelligente per riuscire a fregarla.
Quando fummo stanchi di raccontarci un po’ delle nostre vite e un po’ dei nostri progetti per il futuro, Scott ed io decidemmo di andare a dormire. Erano le 2 del mattino.
Scott si fermò sopra le scale ed urlò alla madre che andavamo a letto e lei rispose con un ‘Okay amore, sogni d’oro.’
Chiudemmo la porta e dopo aver spento torce e candele, dopo esserci infilati sotto le coperte, ricominciammo a parlare.
Guardai il soffitto, tenevo le braccia incrociate dietro la testa.
Scott abbracciava il cuscino, anche con le gambe e cercava di addormentarsi
“Scott?!” bisbigliai in modo che potesse sentirmi
“Si?” borbottò mezzo addormentato
“Lo sai che sei il primo e unico amico che ho?” continuai a guardare il soffitto
“Sì.” Un altro borbottio addormentato “E lo sai che vale lo stesso per me vero?” ora era un po’ più sveglio
“Sì.” Sorrisi e probabilmente sorrise anche Scotty
“Sai una cosa…” mi disse “È bello avere un amico come te.”
Rimasi allibito. Non ero mai stato l’amico di nessuno
“Grazie.” Mugugnai senza saper bene cosa dire
Mi arrivò una cuscinata in faccia
“Però ora dormi! Se no… ti rubo i biscotti!” rise
“Mmmh… questa sì che è una minaccia!” cominciammo  a ridere cercando di trattenerci ma non era facile
Scoppiammo a ridere fragorosamente e poi sentimmo uno ‘ssh’ dalla camera di Fiona William. Ci zittimmo per un secondo ma poi riprendemmo senza riuscire a fermarci.

 

Il mese di Dicembre arrivò come un lampo.
Appena la neve caduta a Novembre si sciolse, ne cadde subito dell’altra, meno del mese precedente e meno devastante.
Le vacanze di Natale si avvicinavano e con loro anche gli esami finali.
Il compito più difficile per me fu quello di algebra, non capivo niente di matematica e già dalle elementari avevo trovato i primi intoppi.
Per Scott fu quello di chimica.
Il professor Sunseri, lo odiava e la cosa era reciproca. Già dal primo giorno si erano odiati e solo perché era quello nuovo e quindi sembra il più facile da prendere di mira. Ma Scott non si faceva sottomettere facilmente e rispondeva aggressivamente e spesso maleducatamente. Non che Scott fosse maleducato ma sosteneva che non bisogna dare rispetto a chi non lo merita anche se questo comporta avere un brutto voto in una materia.
Riuscì a passare l’esame solo dopo aver studiato sotto il mio attento controllo per due settimane intere.
Veniva a casa mia dopo scuola, quando si faceva troppo tardi lo invitavo a cena anche se mia madre non era troppo contenta.
Mio padre invece, superato il periodo –mio figlio non ci guarda più-, era felice di vedermi in compagnia di qualcuno che non fosse un computer. Scott gli piaceva, andavano d’accordo. Entrambi erano sportivi, mio padre dal divano con un telecomando in mano e Scott ‘sul campo’. Stavano ore a parlare della partita di football della settimana scorsa e di come i punteggi sarebbero dovuti andare, di come l’arbitro fosse venduto o come quella settimana il basket avesse fatto schifo.
Il giorno della riconsegna dei compiti il professore fu scontento per tutta l’ora. Scott aveva preso A e questo indispettiva terribilmente il Sunseri.
Scott prese il compito con un sorriso e urlò un ‘Sì!’ e tornò a posto felicissimo, non seppe più come ringraziarmi. Ero felice per lui.
Scott mi passò tutte le risposte di algebra e presi una B+ e mi andava più che bene, passare dalla C alla B+ era il mio sogno da sempre.
Le cheerleader e la rappresentate scolastica organizzarono un ballo di fine quadrimestre, la sera dell’ultimo giorno prima dell’inizio delle vacanze e distribuivano volantini a tutti.
La rappresentate scolastica, Anne, era l’unica ragazza non intimorita dalla prestanza di Scott, l’unica ragazza che gli parlava e con cui era piacevole discutere.
Lui era contento di conoscere una di qualche anno più grande e che avesse preso una cotta per lei non c’erano dubbi ma poi lei si fidanzò con Roger Stons e questo fermò la relazione platonica di Scott. Non ci aveva mai provato veramente con Anne e lei lo considerava niente di più che un ragazzo di prima abbastanza carino e simpatico. 
Non ci andammo mai a quel ballo, non avevamo una ragazza e in realtà non avevamo voglia di vedere nessuno di quegli idioti che popolavano la nostra scuola.
Rimanemmo nella mia stanza per tutta la sera al computer e alla tv.
Nei giorni successivi, ci eravamo accordati per rimanere ognuno a casa sua e dormire il più possibile. Finché una mattina decisi di chiamarlo e di uscire.
Andammo al parco.
Faceva freddo e il vento pungeva sul volto. Mi strinsi nell’eskimo e dopo aver tolto della neve da una panchina mi sedetti
“Scott cosa fai?” soffiai sulle mani rosse e infreddolite, tirai fuori i guanti dalla tasca del giubbotto e li infilai
“Niente. Mi guardo in giro.” Teneva le mani nelle tasche dei jeans “Fa freddo.”
Risi
“Me ne sono accorto.” Mi infilai anche il berretto di lana lasciando fuori qualche ricciolo “Mi si appannano tutti gli occhiali.”
Scott si girò
“Vedi, io te l’avevo detto di provare con le lenti a contatto. Ma tu non mi ascolti mai.” il flebile sole di Dicembre che faceva capolino dalle nuvole bianche gli rendeva i capelli di un biondo ambrato
“Lo so. Ma mia madre ha detto che devo aspettare almeno l’anno prossimo.” Battei i piedi per scaldarmi
“Ma quindi… se ti lancio una palla di neve poi ti smonto tutto.” Si piegò a prendere della neve e la strinse tra le dita
“Esatto.” Gli tirai una palla di neve sulla nuca “Ma non vuol dire che non possa colpirti io.”
Scott si voltò sorridente passandosi tra le mani la palla di neve
“Me la pagherai O’Brian.” Aveva il solito sorriso di chi nasconde qualcosa
Si sedette accanto a me, continuavo a fissarlo preoccupato per la mia incolumità.
Mi abbracciò, o meglio mi stritolò e mi spiaccicò la neve sul berretto
“Ora siamo pari.” Si alzò e continuando a camminare nel parco urlò “Non stare lì imbambolato. Muoviti. Se no ti congeli.”
Risi scuotendo il cappello.
Appena lo raggiunsi cominciamo a parlare e raccontarci cosa avremmo fatto per Natale. Intanto camminavamo senza una meta precisa
“Cosa fai a Natale?” chiese calciando la neve sulla strada
“Niente. Sto a casa, vengono parenti da mezza America quindi mi tocca il cenone con i parenti e mi annoierò. Ci saranno le mie cugine che si sdraieranno sul mio letto e massaggeranno, come ogni anno, con i loro fidanzati. Ci saranno i miei zii che ti stringono le guance e ti dicono che sei cresciuto e che ti conoscono da quanto sei alto così… preferirei morire.”
Scotty guardava avanti a sé
“Tu cosa fai invece?” chiesi
“Andiamo dai miei nonni. E come ben sai la cosa non ci rende poi così felici.” Mi guardò e sorrise “Non li conosco. Li vediamo una volta l’anno e quella volta che li vediamo c’è tensione e sempre commenti sarcastici da entrambe le parti. C’è una triste cena e un ancor più triste scambio di regali e di finti ringraziamenti. Non ci voglio andare.” Tirò un altro calcio alla neve “La mamma sta sempre male quando torniamo.”
Lo guardai
“Se vuoi posso chiedere se potete venire anche voi…” provai a dargli quest’idea
“No, non importa. È una tradizione e va fatta. Poi per quelle poche ore possiamo anche farcela, tu tieniti il cellulare dietro che riceverai almeno un milione di sms. E dovrai rispondermi!” suonava come una minaccia

 

Il Natale passò tranquillo o quasi. Ovviamente la nostra casa fu invasa da parenti che sapevano di naftalina e di ospedale, di cugine e cugini idioti che cercavano di essere divertenti, di nonni simpatici che ti allungavano banconote da 20 dollari di nascosto perché riconoscevano che l’unico che si salvava della famiglia eri tu.
Riconoscevo anche io che gli unici della famiglia che sopportavo e con cui era piacevole conversare erano i miei nonni, avevano sempre belle storie da raccontare e io preferivo stare con loro anzi che con i cugini. Anche io adesso avevo da raccontare delle storie su Scott e su Fiona.
Mio nonno, il padre di mia mamma, chiese di più della signora William e così gli raccontai qualcosa rimanendo sul vago e subito la trovò simpatica. Mentre gli raccontavo della serata passata a dormire a casa loro, passò mia mamma con un vassoio e sentì che tessevo le lodi di quella mamma che consideravo perfetta con quel bellissimo sorriso di cui mi ero innamorato e cominciò a creare casino riportando tutte le voci di paese che giravano su quella donna, del perché si fossero trasferiti a causa del figlio che spacciava droga, e che lei si prostituiva.
Non riuscii a trattenermi
“Ma non li conosci neanche. Che cazzo dici tutte queste cose? Come ti permetti. Sei mai stata a casa loro? No. Ci hai mai parlato con la signora William? No. Ascolti solo tante piccole voci di donne sui cinquanta e ormai in menopausa che vedendo una donna più giovane e più bella di loro si sentono in pericolo e in dovere di spargere cattiverie ovunque. Ha avuto un figlio giovane, d’accordo ma non per questo è una troia.”
Rimase a fissarmi
“Ma come ti permetti di parlarmi con quel tono?” disse offesa
“Mi permetto eccome. Sono mesi che ti sento sparlare inutilmente di persone che non conosci e che non vuoi conoscere perché rimani una persona dalla mentalità ristretta. Pensa alla tua di vita anzi che giudicare quella degli altri.” esplosi
Notai che tutti i parenti, compreso mio padre, si erano affacciati dalla cucina e avevano ascoltato la scenata.
Scossi la testa
“Bene. Che bel Natale, anche questo.” E corsi per le scale e sentii solo un brusio di persone che chiedevano spiegazioni dell’accaduto
Mi chiusi in camera e qualche minuto dopo arrivò mio nonno, un simpatico vecchietto che si reggeva a un bastone
“Joe.” Aprì piano la porta “Posso?”
Con un sorriso lo andai ad accogliere, si sedette sulla poltrona accanto alla finestra
“Sai… tua madre è sempre stata un po’ così. Sempre gelosa e pettegola, non lo fa con cattiveria…”
Gli sorrisi e rimanemmo a parlare un po’ di tutto fino all’ora di cena dove mi misi un angolo e mangiai silenziosamente senza guardare in faccia nessuno.
Mi arrivavano sms di aiuto da Scott e gli rispondevo cercando di tirarlo su di morale.
Uno dei natali più incazzati della mia vita.

 

Il ritorno a scuola fu tragico.
Tutti gli studenti sembravano zombie e Scott si trascinava a fatica da aula ad aula.
Ormai abituati a dormire fino alle 3 del pomeriggio e andare a dormire alle 4, il rientro a scuola fu devastante per entrambi ma passato Gennaio cominciammo a riprenderci e a Febbraio scoppiò la prima rissa.
Stavo aspettando fuori dallo spogliatoio di nuoto Scott che aveva finito l’allenamento e si stava cambiando. Venni avvicinato da uno del quarto anno, uno di quelli a cui piaceva mettermi la testa nel cesso, mi sorrise e mi tirò un pugno. Così, lo tirò così. Perché ero sulla sua strada.
Gli occhiali caddero a terra e cominciò a uscire sangue dal naso, tirai fuori dei fazzoletti di carta dalla cartella e cercai di bloccare l’emorragia. In quel momento uscì Scott con la borsa del nuoto sulla spalla, mi vide con la testa rivolta verso l’alto che mi stringevo il naso con un cleenex già sporco di sangue
“Hey!” mollò per terra la sacca “Tutto bene? Ma che ti è successo.” Cercava di spostarmi la mano “Fammi vedere.” Era seriamente preoccupato
“No. Non è niente.” Cercai di tranquillizzarlo inutilmente
Vide i miei occhiali a terra e li raccolse
“Tieni. Ti sono caduti questi.” Aveva la voce bassa “Muoviti, andiamo in bagno.” Prese sia la mia cartella che la sua borsa e mi stette al fianco fino al bagno
Appena riuscii a sistemarmi quanto bastava per non sembrare un drogato che aveva lottato per una dose di coca uscimmo e ci dirigemmo all’aula per la lezione di storia del professor Whang, l’unico professore che aveva capito qualcosa di quello che succedeva quando nessuno guardava.
Appena entrammo, in ritardo, l’insegnante ci guardò
“Tutto bene ragazzi?” si soffermò sul mio naso tumefatto
Portai un fazzoletto al naso
“Tutto okay, scusi il ritardo.”
Scott sorrise rimanendo concentrato sui suoi pensieri e non disse niente per tutta l’ora.
A mensa ci dirigemmo al nostro angolo con i nostri vassoi pieni di sbobba e passammo davanti al ragazzo che mi aveva tirato il pugno qualche ora prima, accompagnato dai suoi amici. Mi guardarono e risero, abbassai lo sguardo remissivo incassando ogni risata, Scott non disse niente. Passò accanto a quel gruppo senza dire una parola e appena ci sedemmo mi puntò gli occhi addosso
“È stato uno di loro?” lo guardai
“Senti non ha importanza… ormai è passata.”
“No. Non è ‘ormai è passata’. Ti ha fatto uscire il sangue dal naso. Chi di loro è stato?” continuava a fissarmi con quegli occhi azzurri
“Scott ti prego.” Guardai quelli che dovevano essere maccheroni al formaggio nel mio piatto
Quando rialzai la testa lo vidi andare verso il tavolo dei ragazzi, prese una sedia e si sedette accanto a loro, appoggiò i gomiti allo schienale.
Nella mensa era calato un silenzio glaciale.

Scott sorrise
“Vi divertite ragazzi?” non importava che fosse più ‘piccolo’ di loro, aveva comunque intenzione di fargli male
Quelli risero
“No dai rispondete, mi interessa. Perché io non mi diverto affatto.” Lo guardarono serio, lui sorrise “Ve l’avevo detto di lasciar in pace il mio amico ma sembra che non l’abbiate capito. Quindi vi avverto, fate altre cazzate e me la pagherete.”
Aveva un sorriso di quelli che ha chi ti prende in giro, di quelli sicuri di sé anche davanti al pericolo
“E credi di farci paura?” disse uno
“Beh, in effetti sì.” Sorrise ancora
“Perché non viene a difendersi il tuo amico.”
“Lui non ha tempo da perdere con voi idioti.” Sorrise ancora portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio
“Idioti?!”
“Sì. Idioti.”
“Forse sei tu l’idiota. Non sai con chi ti metti contro.” Disse uno di loro
Scott si alzò pacifico, quello si alzò guardandolo
“Bravo vattene.” Rise
Scott stava per andarsene e tutto a un tratto si girò e colpì il ragazzo in faccia che rispose.
Cominciarono a pestarsi di brutto, Scott sembrava avere la meglio ma continuavano a tirarsi cazzotti fortissimi.
Quelli di pallanuoto presero Scott e cercarono di tenerlo, arrivai di corsa
“Scott ma che cazzo fai!” lui si tolse dalla presa dei nuotatori
“Questo sì che è divertirsi Joe.” E tirò un altro pugno al ragazzo che glielo restituì
La rissa finì quando arrivò il professor Whang che si mise in mezzo separando i due lottatori
“Smettetela stupidi!” guardò i due “O volete che arrivi il preside? Io non lo vorrei.” Guardò me e Scott “Tu e tu, venite con me.” Guardò il bullo “E anche tu Simon. Non pensare di cavartela così.”
Entrammo in un aula vuota e porse a Scott e a Simon dei fazzoletti, Scott aveva il labbro sanguinante
“Cosa credevate di fare eh?” Nessuno rispose, lui sbuffò “Non parlate? Allora parlo io.”
Si appoggiò alla cattedra “Pensate veramente che non sappia niente, che mi limiti a insegnare quattro cazzate e che poi torni a casa a guardarmi lo sport senza sapere niente di cosa succede qui?” ci guardò a tutti e tre “Tu!” indicò Simon “Voglio da te una relazione degli argomenti che ho spiegato dall’inizio dell’anno scolastico entro domani e lo voglio di dieci pagine. Scritte in corsivo a caratteri piccoli e con poco spazio tra di loro. Se non hai seguito niente durante le lezioni non mi interessa, voglio quella relazione. Vai adesso.” E mentre il ragazzo usciva dall’aula a testa bassa lo richiamò “E voglio un colloquio con tua madre per parlare di tutte le F che prendi da sempre.”
Scott e io guardammo Simon uscire e appena la porta venne chiusa tornammo a guardare il professore
“In quanto a voi due…” tornò ad avere la sua solita voce e il suo solito comportamento gentile “Scott.” Scott alzò lo sguardo “Ottimo lavoro,” mostrò il pollice alzato “quell’idiota si meritava da tempo una bella batosta. Joe…”
“Si?!”
“Devi imparare a difenderti da solo.” Sorrise “Ragazzone qui non può sempre fare a botte per te. Credi veramente che non sappia niente? Mi accorgo di tutto. Mi sono accorto prima come mi sono accorto dall’inizio dell’anno che qualcosa non andava. Poi è arrivato Scott e sembrava andare tutto bene. Non dico che devi far pestare tutti dal tuo amico, dico che forse, dovresti saper reagire e dovresti anche parlarne.”
“Parlarne?” chiesi stupito
“Sì, con i tuoi genitori…”
Sorrisi
“Non ho un buon rapporto con i miei genitori e non si accorgono praticamente di niente. Mia madre ha scoperto solo l’altro giorno che il mio libro preferito è Siddartha anche se no ho più di una copia in camera e che ne ho parlato per mesi e mesi a tavola, con loro è impossibile parlare.”
Rimase a guardarmi un secondo, comprensivo e paziente
“Beh se vuoi puoi parlarne con me se ti va. Quando ne hai voglia, se ne hai voglia…” sorrise
Annuii e poi venimmo congedati.
Scott e io rimanemmo a parlare di quella rissa per ore dopo scuola, si scusò per essere stato così impulsivo e io lo rassicurai dicendo che se fossi stato in lui avrei fatto lo stesso.
Purtroppo non ero né forte né sicuro di me come Scott e ciò mi faceva sentire inadeguato di fronte a quell’amico che aveva preso le mie difese scatenando una rissa.

   
 
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