Would you be my first kiss, Lou?

Ed il sedicenne dai boccoli chiari continuava a girare attorno a quell'albero come una trottola.

Era l'unico nell'atrio di quella scuola alle sei del pomeriggio, ed ancora non si riusciva a capacitare di come una cosa simile fosse potuta accadere.

Mugugnò e si sedette su una panchina, sfilando dalla cartella il libro di greco e dandoci una ripassata, tenendo in mano la matita, mordicchiandola all'estremità.

Non riusciva a stare calmo, non riusciva a capacitarsene ancora.

E non riusciva proprio a concentrarsi, quindi gettò per terra il libro di greco e sbuffò.

“È inutile.” Sbottò con rassegnazione, portandosi le mani ai ricci scompigliati sulla fronte.

“Sono così inesperto, f-forse non avrei dovuto farlo.” Mugolò sentendosi ancora scombussolato.

Non riusciva a darsi pace. Era irrequieto, intimorito. Si distese sulla panchina e fissò il cielo.

Oh, quel cielo.

Gli ricordava tanto gli occhi del castano.

“Di cosa ti preoccupi Harry? Su, alla fine è solo stato...”

Flashback.

Labbra chiare, una faccia amichevole, avvolto in un maglione caldo con sù disegnati dei piccoli fiocchi di neve, alto e slanciato ma troppo bassino per la sua età.

Harry lo fissa da due minuti e trentacinque secondi;

Harry lo fissa e spia da due giorni e quarantasette minuti;

Harry lo fissa, lo spia, lo segue, da due mesi e undici giorni;

Harry lo fissa, lo spia, lo segue, lo ama, da due anni.

Due anni, ed Harry è innamorato di Louis.

“Che cosa guardi, babbeo?” Lo apostrofa un ragazzo alto e dalle spalle larghe appena lo vede, con la testolina colma di ricci accucciato all'armadietto mentre osserva assuefatto il castano.

“N-nulla.” Il piccoletto del terzo anno si dilegua stringendo i libri al petto e “Secchione!” gli grida uno del gruppetto vedendolo percorrere il corridoio con le spalle ricurve ed un andamento insicuro.

Louis è sempre circondato da quel gruppo di idioti, ed Harry maniacalmente spesso scrive i loro nomi sul banco e li scarabocchia, come a levarli di torno.

Disegna un piccolo cerchietto con dentro i loro nomi, quello di Louis compreso, comincia a scarabocchiare quelli del gruppo che gli stanno attorno, comincia a scriverci sopra le mille offese che gli gridano ogni giorno in corridoio, salva soltanto Lou.

Louis c'è scritto sul suo banco tutto scarabocchiato, ricoperto di nomi quasi ad indicare una lista nera, ricoperto di formule da ricordare durante i compiti e ricoperto di piccoli cuori scavati con le forbici, attorno al nome Louis.

Harry si sente uno stupido ad aver cura di tutti i suoi sentimenti, che mai verranno ricambiati.

Harry si sente uno stupido ragazzino del terzo liceo che si è innamorato di un ragazzo, ed ha paura di dirlo al diretto interessato, ha paura di dirlo ai genitori, figuriamoci a tutti gli altri.

Puntualmente Louis è circondato non solo dai suoi amici, ma anche da dozzine di ragazze che muovendo capelli e culi a ritmo lo seguono e lo venerano.

Oh, Lou..Perchè non ti potrà mai piacere un ragazzo?

Louis Tomlinson guarda il suo seguito di donne con indifferenza, ma Harry sa per certo che è per orgoglio, per non dar soddifazione, Louis è totalmente etero.

E Harry anche quel giorno sa di essere solo, così continua a vagare per i corridoi con una lattina di coca cola in mano ed una noia mortale che porta in grembo assieme ai libri.

“Hey riccio.” Quella voce gli fa raggelare il sangue nelle vene. Alza le spalle e trovandosi con il viso rivolto verso l'armadietto si gira.

“T-Tomlinson?” Sussurra messo in soggezione dai suoi penetranti occhi glaciali.

Harry si chiede cosa ci faccia lì il castano, di solito -da bravo studente che si fa bocciare quasi tutti gli anni- è l'ultimo ad arrivare ed il primo ad uscire, ma quel pomeriggio, alle cinque e mezza è ancora lì a scuola.

Magari mi stava aspettando...

No, il riccio scuote la testa come a cacciare quello stupido pensiero e si concentra sul castano.

“Eh?” Chiede timidamente, arrossendo per non aver sentito le ultime frasi del più grande, troppo chiuso nei propri pensieri.

“Ho detto che...Oh, non qui.” Sbotta leggermente irritatoLouis, prendendo per mano il riccio e tirandolo via, facendogli cascare per terra tutti i libri.

Harry è sorpreso, rimane allibito da quel contatto, rimane immobile, con le gambe che tremano mentre Louis Tomlinson, il ragazzo dei suoi sogni, lo trascina fuori nell'atrio rotondo chiuso, la cui forma è paragonabile ad una tortiera per ciambelle, con al centro al posto del buco una fontana sprizzante acqua che gocciola artisticamente e nutre le ninfee.

“Piccolo, è da molto che mi osservi, vero?” Sibila Lou con dolcezza, restando in piedi assieme al riccio impacciato a guardarlo negli occhi.

Harry arrossisce, schiude le labbra nel sentire quel soprannome. E con un cenno del capo annuisce, abbassandolo subito dopo in risposta.

“Scusa i miei ''amici''. Scusali, davvero. Io ...Non posso difenderti, purtroppo.” Conclude sospirando, tenendo il piccolo per le spalle.

“Perchè non puoi, Louis? Cosa te lo vieta?” Il minore alza lo sguardo, punta gli occhioni verdi e scintillanti nei suoi, pastosi e glaciali.

“Sono il più famoso della scuola, Styles. Ho diciannove anni, faccio lo spaccone, tutte mi vanno dietro, ho milioni di amici. Insomma...Cosa direbbero tutti se un giorno io dicessi 'Hey, mi sono innamorato di Harry. Sì, quel piccoletto che sta sempre con il naso sui libri'.”

Ed Harry diventa paonazzo, lo guarda negli occhi.

“Lou, non serve che tu lo dica a loro.” Il sedicenne sorride, e quel sorriso solca le sue guance facendoci nascere sopra due adorabili fossette.

“E a chi dovrei dirlo?” Adesso Louis è serio, è arrossito, lo guarda con altri occhi, teneri, comprensivi, che lasciano intravedere ogni angolo della sua anima.

“Basterebbe che lo dicessi a me.” Il piccolo non ha smesso un attimo di sorridere, e continua finchè due labbra si poggiano sul suo sorriso, facendolo chiudere a forma di cuoricino roseo.

Lou, insegnami. Io non so baciare. Harry lo implora mentalmente, mentre aggrotta le sopracciglia e sente il cuore battere all'impazzata nel petto.

Il riccio in quel momento ha le spalle premute contro la parete esterna della scuola, le labbra premute contro quelle del castano e le farfalle che svolazzano scompostamente nello stomaco; La sua espressione può apparire di sicuro tutto tranne che felice, ma è solo inesperto, è piccolo, è innocente e sente arrivare dopo una manciata di secondi la lingua del castano a carezzargli il labbro inferiore, come a farlo schiudere.

Louis sente inaspettatamente due mani delicatamente sul petto e si stacca piano, guardando il riccio, che ha gli occhi tra lo stupito ed il terrorizzato. Ride a bassa voce e lo guarda.

A Lou non è mai piaciuta nessuna di quelle ragazze, Lou preferisce di gran lunga perdersi negli occhi di Harry.

“Tutto bene, piccino?” Sussurra, a pochi centimetri dal viso dell'innamorato.

“Era...i-il mio primo bacio.” Harry sorride e lo guarda brillare in tutta la sua bellezza.

Quei capelli dalla frangia castana che gli copre la fronte come dentro ad una scodella, quegli occhi azzurri come il cielo frastagliati dal vento gelido, quel viso dai lineamenti femminili e con quella barbetta chiara che stona sulla sua pelle così limpida.

Harry si perde in Louis.

Louis si perde in Harry.

Sorridono.

Un altro bacio.

Lou ha perso la testa per Har.

Le labbra si incontrano di nuovo.

Suona la campanella delle sei, quella che annuncia la fine dei corsi di recupero pomeridiano.

“Ogni giorno qui alle cinque e mezza, Styles.” Louis gli sorride, gli carezza la guancia e gli ruba un bacio a fior di labbra, poi corre via senza alcuna cartella in spalla, come suo solito.

Harry rimane per un po' a guardare quel punto dove è sparito, poi si va a sedere sulla panchina, e si fa attanagliare da quelle preoccupazioni.

Oh, quelle stupide preoccupazioni.

Quella mancanza che gli stringe lo stomaco in un doloroso abbraccio.

Adesso che Harry ha trovato Louis...Lo deve vedere andar via.

“..E' solo stato un bacio. Il primo bacio della mia vita.” Il piccolo sorrise, ancorando gli indici alle fossette nuovamente spuntate ed andando poi a raccogliere le proprie cose.

“Domani qui. Alle cinque e mezza.” E corse via anche lui via da quella scuola, lì dove cominciò a rincorrere il suo sogno proprio quel pomeriggio.

Quel bellissimo sogno chiamato Louis Tomlinson dal quale Harry Styles non si sarebbe mai risvegliato.