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Autore: Ellies    11/09/2013    2 recensioni
Da sempre, fin da quando eri un bambino e gli occhi ti si spalancavano dalla meraviglia, dalla felicità di vedere tutte quelle lucine colorate in ogni centimetro della città, hai amato il Natale.
Quest'anno, però, non riesci a vederlo proprio in questo modo. Non senti l'atmosfera natalizia, non addobbi l'albero con la stessa allegria, e gli occhi non sono spalancati, ma gonfi, rossi e pieni di tristezza.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Albus Severus Potter, Lorcan Scamandro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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It's my heart you take.


Da sempre, fin da quando eri un bambino e gli occhi ti si spalancavano dalla meraviglia, dalla felicità di vedere tutte quelle lucine colorate in ogni centimetro della città, hai amato il Natale.

Quest'anno, però, non riesci a vederlo proprio in questo modo. Non senti l'atmosfera natalizia, non addobbi l'albero con la stessa allegria, e gli occhi non sono spalancati, ma gonfi, rossi e pieni di tristezza.

Sei sicuro che da questo momento ricorderai il Natale come la fine della tua storia. La fine della tua bellissima storia d'amore, con il ragazzo che credevi perfetto, con cui pensavi ti saresti sposato e con cui avresti avuto dei bambini, un giorno. Forse sono stati programmi affrettati, per un ragazzo di soli 18 anni, ma tu l'avevi fatto.

Avevi programmato tutto. Tutto, tranne un tradimento. Eppure, è ciò che è avvenuto.

 


 

“Il tuo ragazzo è davvero adorabile, quando è senza inibizioni, lo sai? Sono così felice che tu non sia a scuola, Scamander.”

 

Quello era solo l'ultimo, dei tanti biglietti anonimi che erano arrivati da Hogwarts. Prima erano solo stupide pretese, “minacce” di conquistare Albus senza che lui potesse far nulla, e Lorcan aveva semplicemente ignorato. Poi erano arrivati biglietti sempre più espliciti; situazioni, parole, gesti. Tutto sembrava volergli far credere che Albus l'avrebbe tradito da un momento all'altro, ma lui ancora non ascoltava. Era cieco, e totalmente fiducioso: Albus gli sarebe rimasto fedele.

Se l'erano promesso il 1º Settembre, perché mai avrebbe dovuto distruggere quella promessa? Lui non l'avrebbe mai fatto.

Inoltre, non capiva perché qualcuno dovesse fargli tutto quello. Non bastava la lontananza da Albus, il non poterlo vedere e sentire tutti i giorni, la nostalgia... Qualcuno stava rigirando il dito nella piaga e lo stava distruggendo giorno dopo giorno, con quegli stupidi biglietti.

 

Lorcan si sedette sul divano, stringendo nella mano l'ultimo bigliettino che gli era arrivato e chiudendo gli occhi, con un lungo sospiro frustrato.

Mancavano solo pochi giorni, e poi sarebbe arrivato Natale e con esso anche Albus, e tutti i suoi dubbi sarebbero stati soffiati via come sabbia con il vento.

 


 

 

Il ragazzo si smaterializzò davanti a Villa Potter, con le mani strette a pugno nelle tasche e un'espressione tesa sul volto. Aveva appena ricevuto un gufo da parte di Albus, che gli chiedeva di incontrarsi. 

“Mi manchi da morire,” era stata la richiesta a cui Lorcan non avrebbe potuto dire di no. Così si era diretto subito da lui, cercando di essere felice per quella lettera che di caloroso non aveva nulla.

Albus lo aspettava in camera. Percorse con lo sguardo le cornici argentate che ritraevano alcuni momenti di quotidianità dei Potter, e Lorcan si perse ancora una volta nella dolcezza che la foto che ritraeva un Albus in fasce emanava. Era così carino, anche da piccolo.

Indugiò qualche altro momento sulle scale, e poi aprì la porta della camera del ragazzo, che lo aspettava seduto sul letto, con il viso rivolto verso la finestra. Non poteva vedere la sua espressione, e si schiarì la voce per fargli capire che era arrivato.

Albus sobbalzò e si girò con un grande sorriso. Un secondo dopo, erano abbracciati e si stavano baciando con irruenza e desiderio, o almeno così sarebbe dovuto essere.

Quando si staccarono, le labbra di Albus erano gonfie e rosse, e Lorcan immaginò che anche lui fosse nella stessa situazione.

«Come stai?» la voce del ragazzo lo colpì come un Bolide, quando parlò. Non era più abituato a sentirla e gli mancava da morire.

«Ora benissimo» rispose, con sincerità, andando a sedersi sul letto e accarezzando il tessuto soffice e morbido della trapunta arancione. 

«Sono contento che tu sia venuto» Albus si morse il labbro, e andò a sedersi accanto a lui ma per qualche motivo non osò sfiorare la mano che era così a portata di tocco, a pochi centimetri dalla sua.

«Me l'hai chiesto tu, è ovvio che sia venuto» Lorcan fece un sorriso, facendo vagare poi gli occhi per la stanza, alla ricerca disperata di qualcosa da fissare.

Ci furono alcuni momenti di silenzio, come non era mani accaduto tra loro, troppo impegnati a parlare delle loro giornate o a unire le loro labbra in uno e più baci.

Quando si spezzò il silenzio, parlarono entrambi nello stesso momento.

«Albus, devo chiederti una cosa»

«Lorcan, dobbiamo parlare»

I loro occhi si incontrarono con imbarazzo, e subito di scostarono, andando a cercare altro su cui focalizzare la propria attenzione.

«Prego, puoi parlare...» disse Lorcan, dopo ancora qualche secondo, e Albus scosse la testa.

«Vai pure tu...»

«Non importa, davvero. Parla» 

Il ragazzo esitò per un po', prima di parlare, a voce talmente bassa che non seppe come riuscì a sentirlo.

«Dobbiamo parlare di una cosa» sussurrò, deglutendo e mordendosi il labbro, lasciando che lo sguardo vagasse sul soffitto delle stanza.

«Questo me l'hai già detto» Lorcan parlò più rudemente di quanto intendesse fare davvero, e strinse involontariamente le dita in un pugno, respirando il più lentamente possibile.

«Lorcan...» quella supplica fu la goccia che fece traboccare il vaso di pazienza che lo tratteneva ancora dall'aggredirlo. Perché Lorcan non si arrabbiava mai ed evitava i litigi come una brutta malattia, ma in quel momento non ce la fece davvero.

«Cosa, Albus, cosa? Vuoi parlarmi dei bigliettini che mi sono arrivati? Dirmi che non ne sapevi nulla e che l'hai scoperto solo ora? Oppure volevi cercare di convincermi che non mi hai mai tradito davvero e che è tutto uno scherzo di cattivo gusto?»

Il ragazzo ebbe la decenza di restare in silenzio, senza modificare nemmeno un tratto dell'espressione del viso.

Lorcan aveva bisogno di quello, però. Aveva bisogno che Albus confermasse, che gli dicesse che era tutto uno scherzo orrendo e che lo amava con tutto il suo cuore. Ma quello che ottenne fu altro.

“Mi dispiace così tanto, Lorcan.”

E il cuore gli si fermò. Era sicuro che si fosse fermato per almeno due secondi, perché portò una mano al petto e si ritrovò a sfregare il punto in corrispondenza dell'organo, come se potesse far scomparire il dolore semplicemente toccando. 

Quelle parole significavano semplicemente una cosa: era stato tradito. E non era il fatto in sé, l'essere una persona tradita, che gli faceva così male. Era il pensiero di Albus con un altro, delle sue labbra morbide, calde e perfette su quelle di un ragazzo che non era lui, il suo corpo, i suoi gemiti e i suoi occhi per un'altra dannatissima persona, a lacerargli il petto. Qualcuno con cui il suo - ex - ragazzo, l'aveva sostituito.

«Ti dispiace. E che cosa, in particolare? L'esserti fatto scopare in qualche angolo del Castello? Oppure di aver fatto l'amore con questo tipo a letto, dolcemente, sussurrando paroline dolci? Che cosa? Fino a che punto mi hai tradito, Albus?»

«Lorcan, ti prego... Mi mancavi così tanto, e io... Non sapevo come...»

«Potevi aspettarmi! Solo aspettarmi, e io ti avrei dato ogni cosa. Avrei rivoltato il mondo, per te, e tu mi hai gettato via come uno straccio.»

«Mi dispiace, amore, mi dispiace così tanto... Non volevo, io... Davvero...»

«Mi fidavo di te, Albus. Non pensavo che avresti potuto farlo e dispiace anche a me così tanto, perché ti amo, e so che non riuscirò mai più a trovare niente che sia forte come la nostra storia, e tutto quello che abbiamo passato insieme...”

Prese un grande respiro, estraendo tutte le pergamene dalla tasca e gettandole sul letto, accanto a lui. «Tieni, queste sono tutte le prove che il tuo amico mi ha mandato. Ti chiedo solo di leggerle, e di provare a pensare che cosa posso aver provato, leggendole. Mi avrebbe fatto meno male non saperlo in questo modo» “Come una lama che affonda lentamente nel cuore”, avrebbe voluto aggiungere. Ed era stato proprio così: aveva sentito il suo cuore spezzarsi ad ogni lettera, e non sapeva che cosa era riuscito a tenerlo insieme, fino a quel momento. Forse, la fiducia. Ma Albus l'aveva ridotto in mille pezzi in pochi secondi.

Lorcan si diresse verso la porta, ma si sentì trattenere per un braccio. Chiuse gli occhi, cercando di mantenere il controllo e semplicemente si divincolò, senza ascoltare le supplice del ragazzo che gli chiedeva di restare.

«Non cercarmi più, Albus. Mai più» disse, con una voce che non assomigliava per niente alla sua, di solito così dolce e calda, mentre ora era gelida e piatta. Senza emozioni.

Corse letteralmente giù dalle scale, uscendo da quella casa che non avrebbe rivisto per molto tempo, Smaterializzandosi non appena l'aria pungente ebbe colpito la sua pelle.

Nel frattempo, aveva cominciato a nevicare.

 


 

Quando arrivò nel salotto di casa sua, dovette fare uno sforzo per riuscire a raggiungere il letto e mettersi qualcosa di più comodo. Non appena toccò il letto, e il silenzio lo avvolse, scoppiò a piangere.

Pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto in quei mesi e nell'ultima mezz'ora, stretto al cuscino che aveva preso automaticamente, come a colmare il vuoto nella sua vita e nel suo cuore. Lui aveva bisogno di Albus, nonostante stesse soffrendo per lui, ma non poteva averlo. Non poteva avere il suo sorriso, la sua pelle delicata e la sua dolcezza. Non poteva avere i suoi baci, i suoi sguardi e le dita che vagavano sulla sua pelle. Non poteva avere il cuore che batteva alla sola sua presenza, non poteva stringerlo e non poteva amarlo.

Si era dedicato talmente tanto a lui che ora si sentiva semplicemente svuotato. Albus era ciò per cui andava avanti, per cui viveva e sopportava i giorni e le settimane che trascorrevano a rilento. Albus era l'amore, la ragione della sua vita, e ora che l'aveva perso non sapeva che cosa fare.

 

Nei giorno successivi non cercò di trovare una soluzione o un rimedio. Rimase a letto, senza alzarsi per prendere da mangiare nonostante il suo corpo protestasse potentemente. Faceva lo stretto necessario per sopravvivere, e forse nemmeno. Dopo una settimana era dimagrito di quattro chili, e dopo due il suo migliore amico era riuscito a entrare in casa sua e a salvarlo.

 

Non riuscì ad evitare di versare altre lacrime, quando gli raccontò tutto quello che era successo, ma acconsentì che si prendesse cura di lui.

 

Perché, se non poteva farlo lui stesso, se Albus era stato così stupido da farselo sfuggire, Jeremy si era ripromesso, sette anni indietro, che non l'avrebbe mai abbandonato.



 


Angolo dell'autrice.

*Prende un ombrello e si rannicchia in un angolo.* OKAY, OKAY. Mi ero ripromessa di non scrivere più Angst, ma lo sapete che io vivo di esse.
Qualche chiarimento: 1- ho messo l'avvertimento (?) AU, perché per me questa con non succederà MAI MAI MAI. Alternative Universe in cui l'Alburcan si lascia... puah.
2- HA FATTO MALE ANCHE A ME SCRIVERLA. E' stato doloroso...

Quindi non tiratemi le mele o le zucche, vi voglio bene.

3- Non è betata, quindi... Eventuali orrori di ortografia, tempi messi ad minchiam se verranno segnalati provvederò a correggerli. 
   
 
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