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Autore: grenade_    11/09/2013    2 recensioni
Ero innamorato di lei. Abbracciarla, starle accanto, mi procurava sensazioni e brividi che non sarei mai riuscito ad esprimere ad alta voce. Ogni sua parola, ogni suo gesto, erano diventati una perenne ossessione.
Ma ero anche il suo migliore amico. L’unico con cui lei sentisse di confidarsi, su cui poneva fiducia anche ciecamente, e l’ultimo da cui si aspettasse delusioni.
E se avessi dovuto scegliere tra il suo amore e la sua amicizia, avrei scelto la seconda. Perché mentre la prima era qualcosa di incerto e tentennante, sapevo che la sua amicizia sarebbe durata per sempre.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiusi gli occhi di scatto ancora una volta, sbuffando e imprecando con la testa premuta contro la stoffa soffice della  poltroncina di velluto rosso. Ma nonostante i miei occhi non fossero capaci di vedere nulla, le mie orecchie udivano alla perfezione le urla di terrore.
Avevo sempre odiato i film horror. Sin da piccolo avevo sempre detestato quei film pieni di ansia, dove non sai mai cosa aspettarti, e odiavo particolarmente la vista del sangue. Odiavo omicidi, reincarnazioni, fantasmi e tutto ciò che potesse averci in un modo a che fare, e facevo sempre di tutto per evitare di guardarli. Guardavo di solito ogni genere di film, ma l’horror non potevo proprio sopportarlo.
Alle urla strozzate della solita protagonista ingenua, si unirono le risate divertite di Madison. «Giuro che sei esilarante quando fai così» ridacchiò, portandosi alla bocca un’altra buona manciata di pop corn.
Noi due avevamo una tradizione: ogni venerdì ci concedevamo una serata solo per noi due, a temi di volta in volta diversi. Un venerdì lei restava a dormire da me, l’altro ero io a restare a casa sua, uscivamo, ci divertivamo, e passavamo del tempo insieme, dedicandoci esclusivamente a noi e alla nostra amicizia. Quel venerdì Madison, sentendosi in qualche modo l’organizzatrice ufficiale della serata, aveva deciso di andare al cinema, a vedere un nuovo film del suo genere preferito: l’horror.
Mi distolsi dalla mia posizione di difesa solo per lanciarle un’occhiataccia, che la fece sorridere. «Sai che odio i film horror, non potevi sceglierne un altro?» le ripetei per l’ennesima volta, irato. Non potevo certo continuare a nascondere la testa contro la poltrona, cominciavo ad esserne stufo.
Lei scosse la testa, gli occhi fissi sul megaschermo. «Ho deciso io di andare al cinema, ricordi? Quindi il film era giusto lo scegliessi io.» ribadì. «Passami le caramelle, sono sul sedile accanto al tuo» mi ordinò poi, tendendo il braccio destro alla cieca, lo sguardo attento a scoprire la prossima mossa della bionda sullo schermo.
Afferrai il sacchetto e glielo porsi, dopo averne preso anch’io una manciata.
«Potevamo vedere l’ultimo di Iron Man, non questa schifezza» mi lamentai, azzardandomi per la prima volta a puntare gli occhi sullo schermo, dove una ragazza bionda camminava per un corridoio quasi infinito. Feci una smorfia. «E’ ovvio che adesso lei continuerà per quel corridoio e l’assassino le apparirà da dietro, con una motosega o qualcosa del genere. E quando lei se ne accorgerà sarà troppo tardi, e non potrà scappare perché si troverà in un vicolo cieco.»
Una signora dietro di noi mi fece segno di fare silenzio stizzita, ed io affondai nella poltrona, le braccia al petto come segno di disappunto.
«A me piace» ribatté Maddie, una caramella tra le labbra «Forse se provassi a seguire la storia e a non lamentarti come un bambino, piacerebbe anche a te»
«Io non mi lamento come un bambino» la contraddissi offeso «E’ solo che questo film fa schifo»
«La verità è che sei un bambino terrorizzato» mi schernì, una smorfia a tradire il suo sguardo concentrato.
«Si può sapere quando finisce, almeno?»
«Credo tra poco, la protagonista dovrà pur morire.»
 Sbuffai, sprofondando nella poltrona.
Nell’attesa che quell’orrido film terminasse, sfilai dalle mani di Madison i pop corn e me ne appropriai fino alla fine, mangiucchiandoli per mascherare la tensione.
Non avevo idea del perché gli horror le piacessero così tanto. Sarebbe potuta sembrare una ragazza aggraziata, dolce e timorosa, invece aveva coraggio da vendere e un’insana fissazione per tutte le cose che a me mettevano paura. Certo aveva più coraggio di me, se si teneva in considerazione che avesse deciso di trasferirsi a Londra e andare a vivere da sola all’età di 17 anni, quando ancora la mia unica preoccupazione sarebbe stata quella dei brufoli sul viso.
Vieni a Londra con me Niall, saremo finalmente liberi di poter essere noi stessi, senza nessuna costrizione. Vieni con me, perché tu sei l’unico motivo che mi tiene salda ancora qui, e sai bene quanto odi questa città”
Ricordavo bene come si fosse presentata a casa mia quasi tre anni prima, le valigie già pronte sul mio vialetto. Mi aveva preso alla sprovvista e non avevo saputo cosa risponderle, se non piangere. Non avevo mai pianto davanti a lei ma quel giorno lo feci, troppo grande la paura di perderla. L’avevo supplicata di restare, le avevo fatto mille promesse che mai avrei saputo mantenere, e in lacrime, le mie mani strette tra le sue, le avevo detto addio.
Quello fu per lei molto peggio di un rifiuto. Le avevo appena detto addio e una lacrima le aveva solcato la guancia, mentre piano le sue dita abbandonavano le mie. “Addio, Niall” aveva sussurrato tra le mie braccia, tra qualche singhiozzo. Poi se n’era andata, ed io mi ero sentito del tutto perso.
Sapevo che la mia vita non sarebbe stata la stessa senza di lei, e la sua determinazione mi garantiva che non avrebbe mai rinunciato ad andarsene, anche senza di me.
Scappare da casa mia, dalla mia famiglia, per seguire Madison in aeroporto quella notte fu un grosso colpo. Fu un colpo per me, che avevo deciso di avventurarmi in qualcosa di cui non conoscevo assolutamente niente; fu un colpo per la mia famiglia, che aveva acconsentito a quella mia piccola fuga senza dire una parola; e fu un colpo per Maddie, che mai avrebbe immaginato di ritrovarmi in aeroporto con lei, a circa venti minuti prima dall’imbarco.
Sapevo che non mi avresti abbandonata” mi aveva abbracciato forte, in lacrime. Ed io avevo pianto con lei, perché sapevo che tutto quello che stavo per lasciare mi sarebbe mancato. Mi sarebbe mancata la mia stanza, la mia famiglia, la mia scuola e i miei amici, ma se avevo deciso di seguirla era perché aveva capito una cosa: era lei, la mia priorità maggiore. Era il mio sorriso, le mie lacrime, la mia gioia e la mia disperazione, ogni cosa di cui avessi bisogno per vivere era racchiusa in lei, la mia pazza migliore amica. E quella notte avevo capito anche qualcos’altro, ovvero che non avrei saputo resistere all’impulso di andare con lei, perché ne ero innamorato perso, e l’avrei seguita in capo al mondo, se fosse stato necessario.
Avevo bisogno di lei, esattamente come lei aveva bisogno di me, e quel nostro bisogno reciproco avrebbe abbattuto ogni barriera e affrontato ogni avversità durante gli anni passati lontani dalla nostra casa. Ce lo avevamo ripetuto l’uno con l’altro mentre l’aereo per Londra decollava ed era stato proprio così: a distanza di anni, noi due eravamo ancora forti da sapere che niente ci avrebbe mai divisi. Come due perfette anime gemelle, io e Madison saremmo rimasti sempre assieme, come ci eravamo promessi nel giardino di casa sua all’età di 8 anni.
Un ennesimo urlo mi prese alla sprovvista, ed io mi spaventai così tanto che il contenitore coi popcorn mi si sfilò dalle mani, cadendo per terra e riversando quindi il suo contenuto tutt’intorno.
«Okay, questo è decisamente troppo» decretai, terrificato. Mi alzai senza aspettare che Maddie mi intimasse di fermarmi e attraversai le scale illuminate per riversarmi nella sala d’ingresso del cinema, dove un ragazzo mi riservò un’occhiata stranita.
Io inspirai affondo, sentendomi finalmente libero da quella specie di prigione.
Ma in poco tempo Madison mi raggiunse, lo sguardo preoccupato. «Ma che ti salta in mente, scappare così!» mi rimproverò, lasciandosi andare anche lei a sani sospiri. Doveva aver corso, per raggiungermi.
«Scusa» mi limitai a dire, lo sguardo basso sulle mie scarpe.
Non rispose alle mie scuse, ma assunse uno sguardo addolcito. Alzò gli occhi al cielo e si sistemò meglio la borsa sulla spalla, puntando gli occhi scuri nei miei. «E va bene, ce ne andiamo, se proprio non riesci a sopportare altri pochi minuti!» brontolò, prendendomi sottobraccio.
Mi illuminai in un sorriso e le baciai la guancia felice, passando le braccia sulle sue spalle per stringerla.
«Ma sappi che sei un fifone, c’erano anche dei bambini lì in sala!»
«Che si nascondevano dietro ai loro genitori, nel caso tu non l’avessi notato!»
«Allora al prossimo horror facciamo venire la mammina, che ne dici?» mi prese in giro, ora divertita.
Le tirai una gomitata, che la portò a stringersi più a me.
«Non ci sarà un prossimo horror, perché non ti permetterò mai più di scegliere un film!»
«La prossima volta fattela venire tu un’idea decente per passare la serata, fifone!»
Si lasciò andare in qualche imitazione di un me a dir poco terrorizzato ed io non potei fare a meno di ridere, divertito dalle sue smorfie. E offendermi, dichiarando poi aperta la guerra di solletico, di cui entrambi ne soffrivamo parecchio.
Cominciammo a rincorrerci per le strade, ridere a crepapelle e scambiarci piccoli abbracci, attirando l’attenzione dei passanti. Alcuni ridevano divertiti, altri esibivano smorfie di disappunto. Ma a noi non importava quello che potessero pensare, ci stavamo soltanto divertendo.
Come da piccoli. A giocare e ridere senza far conto di nessuno, se non della nostra spensieratezza. Rincorrerci sui prati, fingerci pirati, fare dell’uno la felicità dell’altro, in modo così naturale da non accorgercene nemmeno. Discutere per gioco, scambiarci oggetti di nessun valore e farci promesse, incerti se davvero le avremmo mantenute.
Noi due saremo amici per sempre, Niall”
Le parole di una piccola Madison di 9 anni, un anno più grande del sottoscritto, risuonavano nella mia testa come un dolce ricordo. I capelli scompigliati, le facce ricoperte di fango, sorrisi e due mignoli che si intrecciavano, a sigillare quella solenne promessa.
Per sempre.
Cominciavo a credere che fosse proprio lei il mio lieto fine, come era stata tutta la mia storia.
«Okay okay, siamo arrivati» soffiò esausta, fermandosi davanti alla porta della sua casa.
Mi concessi anch’io di riprendere a respirare regolarmente, vista la corsa che ci eravamo fatti per arrivarci.
«Dannazione, non trovo le chiavi»
Il solito. Mai una volta che Madison ricordasse dove fossero le sue chiavi.
Sorrisi, riconoscendo e rivivendo quella scena ancora una volta.
Lei viveva da sola. Una volta la casa era abitata anche da sua nonna, dove aveva deciso di trasferirsi al momento della sua fuga da Mullingar, ma ormai la cara Beth era morta da più di un anno, e a Maddie non rimaneva che una stanza e tanto spazio vuoto. Le avevo proposto più volte di venire a vivere con me e Cory ma si era rifiutata ogni volta, scherzando su quanto la convivenza con Cory l’avrebbe turbata. Mi aveva assicurato che non avrebbe passato in quella casa così tanto tempo, visti i suoi continui impegni con la danza e con me, se non quello necessario per dormire, e che non si sarebbe lasciata andare a inutili pianti isterici. Sapevo che in realtà stare in quella casa finiva ogni tanto per farla crollare, ma lei non l’avrebbe mai ammesso, ed io preferivo lasciarle i suoi spazi, prendendomi cura di lei nel modo più discreto che conoscessi.
«Trovate!» esultò dopo un po’, sventolando il mazzo di chiavi in aria, quasi fosse un trofeo.
Le rivolsi un sorriso e lei si apprestò a infilare la chiave nella toppa. Ma quando provò a farlo la porta si aprì senza alcuna pressione, e Maddie rimase con la chiave infilata nella toppa per metà, un’espressione perplessa a incorniciarle il volto.
Si voltò verso di me stranita.
«Si è aperta da sola.» precedetti le sue parole, anch’io piuttosto confuso.
«Non ci saranno ladri, vero?» commentò impaurita.
«Ed entrano in casa dalla porta d’ingresso?»  replicai, ironico.
«Potrebbero aver forzato la serratura»
«Se fosse così la chiave non ci andrebbe nemmeno» la rassicurai «Entriamo, ci dovrà essere una spiegazione».
Mi mossi avanti a lei e lei mi seguì un po’ impaurita, aggrappandosi al mio braccio.
Aprii piano la porta e lasciai che il mio sguardo vagasse sul salotto, la prima stanza raggiungibile dalla porta d’ingresso. Era perfettamente in ordine.
«Le luci sono accese» notò Madison.
Annuii concordando con lei e deglutii, facendomi coraggio per inoltrarmi maggiormente nella casa.
«C’è nessuno?» feci.
Sentii Maddie tremare accanto a me, stringere forte la mia mano.
«Sei sicura di aver spento le luci, prima di uscire?» mi rivolsi a lei.
Annuì «Ho anche chiuso la porta a chiave, se è per questo»
Sospirai e insieme facemmo qualche altro passo nella casa, sentendoci un po’ come in quel film che stavamo vedendo prima. Il solo pensiero che potesse esserci un killer pronto ad ucciderci lì dentro mi fece trasalire, ma mi sforzai di mantenere un comportamento dignitoso.
Le nostre urla si sincronizzarono quando qualcuno apparve dalla cucina spaventandoci, se non altro per l’ombrello che teneva saldo tra le mani.
«E tu chi diavolo sei?!» urlò Madison.
La ragazza di fronte a noi posò l’ombrello e si lasciò andare a un sospiro, portandosi la ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. «Menomale che non siete ladri..» mormorò sollevata. «Tu devi essere Maddie» fece poi, rivolgendosi alla ragazza stretta a me.
Lei annuì, seppure ancora impaurita, e la ragazza bionda si aprì in un sorriso. Ci tese la sua mano.
«Sono Sam, la tua nuova coinquilina!»


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Ecco a voi me, il nuovo capitolo, e la mia depressione.
QUANTO PUO' ESSERE STATO TRAUMATICO ALZARSI ALLE 6 QUESTA MATTINA? Troppo, troppo. 
Qualcuno chiami Natale, voglio mettere fine a questa tortura al più presto! 
Anche voi avete avuto il vostro primo giorno? Il mio è stato drammatico, mi sono sciolta in un ghiacciolo <3 
va beh, riprendiamoci dai. ahah
Beeeene, Horan odia gli horror. E personalmente lo appoggio, io odio la vista del sangue e Iron Man è un film troppo figo per essere ignorato.
E ora sapete la storia dei nostri piccoli Niall e Madison, amici dall'infanzia e compagni di fuga :) 
e compare adesso Samantha, la nuova... coinquilina? di Madison. Come la prenderà la mora?
Lo scopriremo nella prossima puntata! (?)
Okay ora vado a fare i compiti di spagnolo, ci dovremmo vedere tra cinque giorni di nuovo. 

¡ Adios chicos !
 
  
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