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Autore: Niere    12/09/2013    1 recensioni
Livia e Gianluca, in passato, erano una coppia affiatata, ma la vita li ha cambiati e tutto ciò che è rimasto del loro amore è un bambino di quattro anni e tanto rancore. Il rancore però annebbia la ragione ed entrambi si ritroveranno a mettere in dubbio le scelte fatte, le loro convinzioni e i loro sentimenti.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Una tranquilla serata ad Anzio - POV Gianluca

“Gianluca, potresti portare in giardino le bottiglie di succo d’arancia?”. Marta, la compagna di mio padre, fece capolino in cucina e mi regalò il solito sorriso materno.
“Ci penso io, non preoccuparti.”. Tirai fuori dal frigo altre due bottiglie di succo e uscii in giardino, dove Marta aveva sistemato il tavolo in legno bianco e le sedie. I nostri vicini erano già arrivati, puntuali come sempre e stavano parlando con mio padre, che era intento a preparare il barbecue.
Posai le bottiglie sul tavolo, accanto ai bicchieri di plastica e salutai i nostri amici: Michele, sua moglie Carla, il figlio Alessio, che aveva la mia stessa età e la piccola di casa, Noemi, che aveva compiuto da poche settimane diciotto anni. L’ aria era fresca, sarebbe stata una cena fantastica.
Amavo la casa di Anzio. L’ aveva costruita mio nonno, poco prima di sposarsi. Era una villetta su due piani, circondata da un ampio giardino pieno di alberi. Il primo dettaglio che si notava svoltando per il viale polveroso, era il cancello in ferro battuto e il muretto di mattoni rossi. Oltre il cancello c’ era un piccolo piazzale per le macchine e il vialetto bianco che proseguiva fino alla porta di ingresso. Al piano terra c’erano il salotto, la cucina e il ripostiglio, mentre al piano superiore c’erano tre camere da letto, due bagni e una bella terrazza piena di fiori. La casa era sempre stata accogliente, ma da quando c’era Marta, aveva qualcosa di magico. Forse perché aveva una laurea in design di interni, o forse perché aveva imparato ad amare anche lei quel posto.
Mio padre, borbottò come sempre: “Dannato barbecue… Mi sono bruciato per l’ ennesima volta.”.
Mio padre era una brava persona, ma bastava veramente poco per fargli perdere la pazienza. Mi chiedevo come facesse Marta a sopportarlo, visto che erano due persone opposte. Marta aveva dieci anni in meno di mio padre. Era una donna solare, ottimista, gentile anche con chi conosceva appena. Non aveva figli e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, la cosa le dispiaceva molto. Aveva un forte istinto materno che riversava su Matteo, tanto da viziarlo e accontentarlo sempre e incondizionatamente. Mio padre, invece, era un testardo che pretendeva di aver sempre ragione, in più era allergico alle dimostrazioni di affetto.
Presi posto su una delle sedie, mentre Alessio mi aggiornava sul suo nuovo lavoro. Io e Alessio eravamo cresciuti insieme e la nostra amicizia si era consolidata nel corso degli anni. Da bambini eravamo scalmanati, ma pieni di curiosità e di entusiasmo. Passavamo i pomeriggi estivi a correre in bicicletta, a giocare a calcio in giardino e a raccogliere le figurine dei calciatori. Durante l’ adolescenza, la nostra amicizia si era trasformata in complicità fraterna, perché eravamo molto simili: entrambi troppo sicuri e spavaldi, con la passione per lo sport e le moto. Con l’ arrivo di un’ età più matura, i nostri spiriti ribelli si erano placati, ma sapevamo che potevamo contare l’ uno sull’ altro.
Noemi prese posto accanto a noi e iniziò a trafficare con il suo cellulare. Ero stupito dalla rapidità con cui scriveva messaggi: ero sicuro che prima o poi le sue dita avrebbero preso a fumare. Le chiesi, per scherzare: “Chi è, un fidanzato geloso?”.
Noemi sbiancò e mi guardò con gli occhi sgranati. Io e Alessio scoppiammo a ridere e il fratello iniziò a prenderla in giro: “Lo conosco? Non dirmi che è quell’ idiota di Stefano…”.
L’ espressione di Noemi valeva più di mille parole. Ecco, era iniziato il divertimento, l’ avremmo tormentata per tutta la serata.
L’ arrivo di altri ospiti interruppe il mio nuovo passatempo. Salutai Marcello e Daniela, degli amici di Marta che conoscevo appena. Guardai l’orologio: erano già le sei e mezza e Livia non era ancora arrivata. Che avesse cambiato idea? Impossibile, quando le avevo telefonato per comunicarle l’ orario della cena sembrava entusiasta per l’ appuntamento. Ok, forse non entusiasta, ma sembrava realmente motivata a trascorrere la serata qui ad Anzio. Mi chiesi se fosse il caso di chiamarla, per sapere dove fosse, ma poi cambiai idea, non volevo soffocarla troppo.
Avevo bisogno di distrarmi. Ma come? Dovevo inventarmi qualcosa. Guardai Alessio e dissi: “Ti va di fare una partita alla Play?”.
“Volentieri, amico…”.
Ci dirigemmo in salotto, ci buttammo sul divano e iniziammo a giocare come ai vecchi tempi.


Estate 2005
Era stata una giornata fantastica. Io, Livia, Alessio e Martina eravamo stati al mare fino alle sei del pomeriggio e eravamo rientrati a casa da appena un’ ora. Livia e Martina si erano già fatte una doccia e si erano rintanate in cucina per preparare la cena, mentre io e Alessio avevamo deciso di giocare un po’ alla Play. Alessio mi chiese: “Allora, tu e Livia fate sul serio?”.
Annuii: “Sembrerebbe così, lei non si è ancora stufata di me. Tu e Martina, invece?”.
“No, niente complicazioni. Abbiamo solo diciassette anni, fratello!”.
Lo corressi: “Quasi diciotto.”.
Livia entrò in soggiorno, con i capelli ancora umidi, legati alla meglio da un mollettone. Mi piaceva anche così, senza un filo di trucco, con una maglietta semplice e un paio di leggins grigi. Mi lasciai distrarre da lei, che ci guardò divertita: “Ragazzi, non dovreste farvi una doccia?”.
Alessio rispose: “Dai, Livia, non rompere… Facci finire questa partita!”.
Livia si avvicinò pericolosamente alla Play e, prima che potessi comprendere le sue intenzioni, la spense. Incrociò le braccia e sorrise trionfante: “Per oggi i giochi sono finiti.”.
Io e Alessio la guardammo interdetti, con le dita ancora appoggiate ai tasti del joystick. Alessio la prese male e si lamentò: “No, stavo vincendo. Livia, sei una guastafeste.”.
Avrei dovuto essere almeno irritato per quel gesto, ma non ci riuscivo. Ero solo in grado di ammirare la sua aria sprezzante, le sue labbra piegate in un sorriso furbo. Non mi importava della partita, o di quanto potesse essere fastidiosa la mia ragazza. Mi limitai a lanciarle un cuscino in faccia e a dirle: “Sei incredibile! Questa ce la paghi, te lo prometto!”.
Ci guardò seria e poi replicò: “Dai, andate a fare questa benedetta doccia, che io e Martina stiamo morendo di fame!”.
Mi alzai, mi avvicinai a lei per regalarle un bacio sulla guancia e risposi: “Agli ordini!”.
In quell’ istante ero certo che la nostra complicità sarebbe durata per sempre, che niente e nessuno avrebbe rovinato il nostro rapporto.


Ciao, ecco terminato il nuovo capitolo. Questa volta ho deciso di inserire un flash back di una tranquilla estate ad Anzio, tanto per dare un' idea di come fossero Livia e Gianluca da ragazzi.
Che altro dire? Vorrei ringraziare nuovamente chi segue questa storia, in particolare Sun_Rise93, che riesce sempre a trovare qualche minuto per lasciarmi un commento. Grazie, grazie, grazie!!!
Alla prossima!!
  
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