Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: syontai    14/09/2013    6 recensioni
Leon è un giovane ragazzo londinese che sogna di entrare a Scotland Yard; quando finalmente riesce a realizzare questa sua aspirazione, viene messo a fare da assistente a Pablo Galindo, uno dei più validi investigatori di Londra ma anche molto strano. Una ragazza misteriosa, incontri inaspettati e un giallo da risolvere: chi ha ucciso Gregorio Garcia, preside del prestigioso Studio 21?
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Leon, Pablo, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 13
Angie e Maria: una sola persona, un solo passato

“Cosa?!” esclamò Leon esterrefatto. Angie non disse una parola, ma osservò Pablo con un sorrisetto di sfida. “Lo sapevo che ci sarebbe arrivato” sussurrò. “Lara, puoi andare” disse infine, rivolgendosi alla ragazza dai capelli castani. “Vi chiedo solo una cortesia. Vorrei parlare solo con il commissario Galindo”. Tutti nella stanza annuirono, tranne Leon, che guardò dritto negli occhi il suo capo per ricevere ordini. “Leon, esci” pronunciò in modo secco Pablo. Seguì con lo sguardo il suo assistente uscire dalla stanza insieme alla falsa Maria, quindi nella stanza rimasero solo loro. Nessuno dei due parlò, ma si aggirarono per la stanza scrutandosi, aspettando la mossa dell’altro. “Lei è un genio, Pablo, ma io mi chiedo…come l’ha capito?” disse infine fermandosi davanti all’uomo, e incrociando il suo sguardo. L’uomo le rivolse un sorrisetto e cominciò a parlare. “Il dubbio che la sorella di Gregorio fosse tra i sospettati mi è venuto quando mi sono ricordato delle parole di Federico. Quando il primo giorno ha visto tra i nuovi insegnanti, Gregorio era sconvolto. Adesso, sicuramente si trattava di qualcuno che conosceva molto bene e gli unici possibili indiziati erano proprio lei e Jackie. A questo punto ho semplicemente rischiato. Non ho cancellato affatto la conversazione che abbiamo avuto quel pomeriggio in Chiesa, ma la conferma l’ho avuta con un dettaglio apparentemente insignificante. Quando ho letto sul fascicolo che la madre di Gregorio si era suicidata, mi sono ricordato che lo stesso era accaduto a Violetta. Quindi ho ricorso alla cosiddetta prova psicologica. Se è vero che la madre di Gregorio è morta tanto tempo fa, allora Maria doveva essere una bambina e quindi doveva aver subito un trauma. Le ho raccontato la storia del suicidio della madre della ragazza, volontariamente per metterla alla prova. La sua reazione mi ha fatto capire di avere fatto una supposizione giusta. E quando ha rivisto Violetta per la prima volta dopo quel racconto, l’ha abbracciato in modo protettivo. Si chiama empatia: la persona in questione riconoscendo in qualcun altro lo stesso dolore provato tende ad essere protettiva nei suoi confronti”. “Non ho creduto a una sola parola di quella falsa Maria, si vedeva che si trattava di una recita. Ma io mi chiedo perché” concluse l’uomo. Angie sembrava improvvisamente infastidita di essere stata messa nel sacco in quel modo, quindi rispose in modo scorbutico. “Andiamo, signor Galindo, mi vuole far credere che non ci è arrivato?”. “Ho qualche supposizione, certo…” mormorò l’uomo divertito. Angie si sciolse in un sorriso mesto. “Mi dica”. “Lei l’ha fatto per prendere l’eredità di Gregorio, senza doversi mettere allo scoperto. Ha scambiato le foto sul suo documento, per rendere tutto più credibile. Voleva avere lo Studio”. “Non pensa che me lo meritassi? Dopo tutto quello che è sofferto, il minimo che potesse fare quel bastardo era lasciarmi quella scuola” sentenziò la donna con voce fredda. “Non capisco, perché lo odia tanto? E’ pur sempre suo fratello” provò a dire Pablo, sfiorandole la mano, ma Angie si allontanò a quelle parole. Alzò lo sguardo e mostrò tutto il suo dolore.
‘Maria salì le scale della casa. Era tutta felice: aveva passato la mattina a raccogliere margherite ed era riuscita molto a fatica a confezionarci una coroncina da regalare alla madre. In quel momento vide il fratello richiudere la porta del bagno con lo sguardo basso. “Stupida donna” sibilò per poi incrociare lo sguardo della sorellina. “Dov’è la mamma?” chiese con una faccia solare. Gregorio non rispose ma si chinò su di lei accarezzandole il capo. “Da oggi ce la caveremo da soli”. I suoi occhi erano duri e  pieni di risentimento.’
Angie sospirò lentamente. Non voleva ricordare, non voleva. Ma Pablo era lì con quello sguardo penetrante che la costringeva a farlo. E non poté non sentirsi inerme di fronte all’uomo. Eppure era una donna forte che aveva costruito da sola il proprio futuro. “E poi, cosa successe?” chiese Pablo, accarezzandole il braccio. Angie non ce la fece e le prime lacrime fuoriuscirono prepotentemente.
‘Maria si guardava attorno in quel freddo corridoio della loro casa. Perché il fratello non voleva che entrasse nel bagno? Cos’era successo alla sua mammina? “Gregorio, cosa è successo?” chiese con voce tremante. Stava temendo il peggio. “Niente. La mamma sta dormendo” rispose in modo secco il fratello, accarezzandole il capo, cercando di rassicurarla. No, non ci credeva. Sgusciò di lato, e prima che potesse essere fermata, aprì la porta.’
“No!” urlò la donna, come se stesse rivivendo quel terribile momento. Si lasciò cadere a terra con il viso tra le mani piangendo. “Io…è tutta colpa sua!”. Pablo non capiva: cosa stava succedendo?.
‘Maria si fermò in mezzo alla stanza, osservando il volto candido della madre fuoriuscire dalla vasca. Si avvicinò tremando, e scosse il braccio della donna, appoggiato lungo il bordo. “Mamma” sussurrò piano, accarezzandole la mano. “Mamma, svegliati” provò di nuovo, ma non ottenne nessuna risposta. E mai l’avrebbe ottenuta. Gregorio si avvicinò da dietro e cercò di portarla via. “Cose la hai fatto?! Mamma!” urlò. L’ultima visione che ebbe fu quella del volto pallido della madre con gli occhi chiusi. Poi la porta del bagno fu richiusa con violenza.’
“E’ stata tutta colpa sua…” ripeté la donna. “Sua madre è morta a causa di una dose eccessiva di antidepressivi, soprattutto quelli a base di morfina” cercò di convincerla Pablo. “Nessuno vuole capire! Nessuno! La dico io come si sono svolte le cose”. “Dopo la morte di nostro padre, Gregorio all’età di venti anni è diventato il nostro capo famiglia. Nostra madre era entrata in depressione, e mio fratello non contribuiva certo a farla sentire meglio, escludendola completamente da qualsiasi decisione. Gregorio è sempre stato un dittatore, in tutto. La depressione di nostra madre in quel clima poté solo peggiorare, ed ecco perché è arrivata al suicidio”. “Cosa sta cercando di dirmi?”. “Le dico solo la verità. Indirettamente Gregorio si è macchiato di uno degli omicidi più efferati. Come potrei amare e rispettare un mostro del genere?”. Pablo le porse la mano per aiutarla a rialzarsi. Angie si asciugò qualche lacrima, quindi l’afferrò. “Sono fuggita da quel posto, appena ho potuto. Mi sono fatta iscrivere a un collegio europeo, e sono andata via dall’Italia. Tutte le lettere che mi mandava le rispedivo al mittente, tranne una delle ultime che mi informava che era diventato preside dello Studio. Non c’era nessuna miglior occasione per poterlo rincontrare e rovinargli il suo momento di gloria con una piccola riunione familiare” ghignò al pensiero. “Ed è così che nasce la giovane Angie, insegnante di canto” concluse Pablo comprensivo. “Volevo solo fargli capire che io non avevo dimenticato, doveva continuare a vivere con quei rimorsi. Quando ho saputo che è morto, mi sono rivolta a Lara per mettere in piedi la sceneggiata, ma questo lei già lo sa”. Angie si avvicinò al viso di Pablo. “Cosa intende fare, ora?” chiese accarezzandogli la guancia. L’uomo la guardava confuso. Non aveva idea di cosa fosse meglio fare. Quella donna aveva sofferto fin troppo, chi era lui per chiedergli di seguirla in commissariato? Era un poliziotto, non un mastino. “D’accordo, allora…io vado” mormorò Pablo. Prima che potesse fare un solo passo, Angie velocemente poggiò le labbra sulle sue, dando vita a un bacio. Gli prese il viso tra le mani, mentre l’uomo chiuse gli occhi confuso, ma allo stesso tempo felice. Non aveva mai avuto una donna, o meglio una donna l’aveva avuta, ma non era andata nel migliore dei modi.
‘Una donna teneva nervosamente d’occhio l’orologio del municipio, fino a quando non vide corrergli incontro un giovane con il fiatone. “Sei arrivato” esclamò battendo il piede in segno di disapprovazione. “Hai visto che ore sono?”. “Scusa, scusa davvero, ma il mio capo mi ha fatto rimanere in ufficio più del previsto per lavorare a un’indagine” si giustificò Pablo alzando le spalle, e sistemandosi il soprabito marrone. “Pablo, hai ritardato di tre ore. E’ dalle quattro che ti aspetto” esclamò la donna rigidamente, voltandosi di spalle e assumendo un atteggiamento offeso. “E non è la prima volta che succede. E’ sempre così con te. Non te ne rendi conto che riesci a rovinare tutto? Io ti voglio bene, ma non ce la faccio”. “Che…che stai dicendo con questo?” balbettò il giovane con lo sguardo perso. “Non vorrai che…?". Non riusciva a terminare la frase. “Tu hai fatto una scelta, hai scelto il lavoro. Ma hai perso me, non possiamo andare avanti così”. La donna non si voltò neppure per un istante, Pablo riuscì a distinguere solo una lacrima scenderle lungo il viso. Tese la mano come per afferrarla, come per poterle dire che non era vero, che per loro c’era ancora una possibilità, ma poi la riabbassò. Aveva ragione, non c’erano altre possibilità. Carriera o lei. E inconsciamente già da tempo aveva preso la sua decisione. La vide allontanarsi a passo lento. Forse sperava che lui la inseguisse, la pregasse di non abbandonarlo, di non chiudere così il loro rapporto. Ma le sue parole morirono in gola, così come la luce del tramonto moriva inghiottita dalla notte. L’ombra della donna che si allontanava si allungò fino a fondersi con l’oscurità. Un’ombra che non avrebbe mai dimenticato tanto facilmente’
Angie si separò lentamente, riaprendo gli occhi. “Signor Galindo, mi scusi, io…non so cosa mi sia preso”. “N-non si preoccupi, anche a me capita di baciare persone senza alcun motivo” cominciò a inventare l’uomo, arretrando. “Forse è meglio che io vada”. Si diresse verso la porta, ma raggiunta la maniglia si voltò. “E comunque non avevo intenzione di dire nulla sul suo conto, fino alla risoluzione del caso” esclamò tutto d’un tratto. Angie lo guardò con profonda gratitudine. “Lo so. So che non l’avrebbe fatto. Non so se qualcuno gliel’ha mai detto, ma è un uomo molto buono”. “Per essere un poliziotto, intendo” aggiunse dopo con un sorriso. Pablo rise a quelle parole, e salutò educatamente prima di uscire dall’appartamento. Un sospiro si liberò, trattenuto dalla tensione che si era creata in quella stanza. Quella donna era magnetica, e si chiese se per una volta non fosse il suo turno di essere felice. Ma c’era un dettaglio non insignificante che lo allontanava da quel sogno: la possibilità che lei fosse l’assassina. Una possibilità non da escludere, anzi…molto, molto probabile.
“Scusami ancora per averti lasciato all’improvviso da sola nel mio appartamento” disse Leon, stringendo la mano di Violetta. “Non importa, e poi ho potuto ficcanasare in giro” scherzò lei, poggiando la testa sulla sua spalla. “Hai trovato qualcosa di compromettente?” chiese lui, divertito, fermandosi di colpo. “No…a parte un disordine incredibile”. “Mi devi scusare, ecco…io non volevo, solo che…” cercò di scusarsi lui, abbassando lo sguardo imbarazzato. “Non ti preoccupare, solo che forse avresti bisogno…di una moglie” disse lei con sguardo vago, mentre le guance lentamente si tingevano di rosso. Leon la guardò di sottecchi e sorrise. Quindi si mise di fronte a lei, e tenendo fissi i suoi occhi verdi sulle sue labbra, le accarezzò piano la guancia, avvertendone il calore. “Era una proposta, forse?”. La ragazza si ritrasse con un’espressione sconvolta. “Ma cosa dici?! Non ci conosciamo bene, e non ti ho nemmeno presentato a mio padre!” esclamò. Ma il colore ancora più acceso delle sue guance diceva tutto il contrario. Leon scoppiò a ridere. “Stavo scherzando” disse, avvicinandosi di più. “Per ora” sussurrò prima di baciarla. Violetta portò le braccia intorno al suo collo, rispondendo al bacio con passione e amore. Dopo essersi separati, Leon la guardò seriamente. “Perché non mi hai detto nulla sulla faccenda di Luca Artico?”. Violetta impallidì di colpo, poi respirò a fondo e si affrettò a rispondere. “Francesca per me è come una sorella. E’ l’unica persona che mi è stata vicino dopo il suicidio di mia madre. Quando mi ha confidato il suo segreto, mi sono sentita in dovere di non raccontarlo a nessuno. Mi dispiace per avertelo nascosto” disse lei con le lacrime agli occhi. “Ehi, ehi, tranquilla” cercò di rassicurarla Leon, baciandola dolcemente. “Va tutto bene” le sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra. Non capiva, non poteva capire. Violetta sospirò al pensiero di come tutto fosse destinato a finire così in fretta. Era stato davvero bello, ma non poteva più andare avanti in quel modo. “E’ successo qualcosa?” chiese lui stranito, vedendo la sua espressione cupa. “No, nulla, ma devo andare, non vorrei che mio padre si preoccupasse”. “Vuoi che ti accompagni?” chiese in modo galante. “No, grazie, ora devo scappare” rispose lei, correndo via. Una lacrima scese mentre si allontanava rapidamente. Stava soffrendo troppo, davvero troppo, ma si era promessa una cosa: se le cose fossero andate in un certo modo, avrebbe agito di conseguenza.
Pablo finalmente trovò l’ospedale dove lavorava e faceva ricerca il padre di Federico. Sentiva il bisogno di scambiare due chiacchiere con quell’uomo, e quale migliore occasione del pretesto del libro che si era fatto prestare? Con aria attenta entrò nell’edificio, il cui candore esterno era stato coperto dalla fuliggine londinese. “Il signor Bianchi?” chiese davanti a una segretaria che sembrava uscita da un manicomio. Aveva un tic nervoso all’occhio destro, le mani tremavano mentre scriveva e rispondeva parlando alla velocità della luce. Questo posto deve portare alla follia, constatò tra sé e sé l’investigatore. “Adesso il dottor Bianchi sta facendo alcune importanti analisi, ma la preghiamo di attendere” disse, scattando in piedi e muovendosi velocemente per i corridoi. Apriva di tanto in tanto qualche porta alla ricerca del diretto interessato, fino a quando non cominciò a parlottare con qualcuno a metà del corridoio. “Signore!” strillò ad alta voce facendo voltare tutti i pazienti in sala d’attesa. “Il dottor Bianchi la può ricevere nel suo ufficio tra cinque minuti” esclamò nervosamente, indicandogli una porta bianca.
Dentro quello studio era tutto perfettamente normale: una stanza quadrata non troppo grande con una spaziosa scrivania. La porta si aprì ed entrò un Leon tutto trafelato. “Ho chiesto al commissariato e mi hanno detto di cercarla qui…come mai non mi ha detto nulla?” esclamò risentito il giovane. “Volevo solo restituire un libro” disse l’uomo mostrando un libro dalla copertina verde muschio. “Ah, io pensavo stesse indagando…” ribatté Leon deluso. Finalmente fece la sua apparizione il signor Bianchi, che si mise seduto dopo aver rivolto un breve saluto ai due visitatori. “Allora, cosa volete?” chiese con fare sbrigativo. “Ero venuto a restituirle il libro, e a farle un paio di domande” cominciò Pablo facendo scivolare il libro dall’altra parte della scrivania. “Riguardo suo figlio…volevo sapere solamente di che malattia si è trattata, quella avuta il giorno dell’omicidio di Gregorio” disse semplicemente Pablo, mettendosi seduto su una sedia girevole. “Un’influenza batterica, perché? Probabilmente si causa di streptococchi…batteri fastidiosi, ma non letali, ci mettono quarantotto ore prima di agire e…”, ma l’uomo lo fermò. “Si, lo so, ho letto il suo bellissimo libro. Ma lei quando l'ha visitato?". "La mattina prima di andare a lavoro. Allora sembrava una semplice influenza di poco conto, ma quando sono tornato la sera tardi ho notato un peggioramento pauroso!" esclamò il medico, abbastanza sconvolto. "Mh…c’è un altro aspetto che mi incuriosisce. Nel corpo di Gregorio sono stati ritrovati resti di acido barbiturico, utilizzato spesso nelle anestesie” parò l’uomo tranquillamente. “Beh, non ci vedo nulla di strano. Quell’acido si trova anche nei calmanti. E può darsi che il signor Garcia ne facesse uso, no?” chiese accigliato. “Certo, ma…niente, la prego di scusarmi per queste domande così sciocche. Le sto solo rubando tempo” si scusò Pablo, scattando in piedi con aria mortificata e tendendo la mano. Il signor Bianchi si alzò e la strinse dubbioso. “Non si deve preoccupare”. Pablo stava per andarsene, ma poi si voltò per un’ultima domanda. “Cosa faceva la madre di Federico?”. “Era una ballerina” rispose prontamente l’uomo, infastidito da quell’improvvisa domanda. “E dove lavorava?”. “Al Teatro dell’Opera di Roma. Ha avuto la parte in seguito all’infortunio di un’altra ballerina” spiegò il signor Bianchi. Pablo sgranò gli occhi e rapidamente tornò a riflettere. In quel momento qualcun altro entrò nello studio.
“Mi scusi” mormorò Violetta entrando senza permesso. “Mi hanno in detto in commissariato che avrei potuto trovarvi qui” si limitò a dire. “Ormai il commissariato è la mia personale segreteria!” sbottò Pablo ironico. “Violetta, che ci fai qui? Lo sai che a lavoro non possiamo…vederci” la riprese severo Leon, imbarazzato per la situazione. Violetta non lo degnò di uno sguardo e non rispose, ma avanzò per la stanza fino a raggiungere la scrivania. Poggiò la borsa e armeggiò per un po’ al suo interno, quindi ne estrasse una nera pistola lucente, che appoggiò lentamente. Il silenzio calò nella sala. La ragazza si voltò verso Pablo con un’espressione seria e determinata. “Eccomi, signor Galindo. Stavate cercando l’assassino, e l’avete trovato. Perché sono io ad aver ucciso Gregorio Garcia”. 







NOTA AUTORE: altro finale con colpo di scena! Ebbene dopo la triste storia di Maria/Angie e il flashback di Pablo che ci fa capire una delle sue scelte di vita, abbiamo questo VERO colpo di scena. Violetta ammette di aver ucciso Gregorio Garcia. In questa nota autore non voglio commentare il capitolo (anche perché vado di fretta), dico solo che il prossimo capitolo sarà il penultimo, quindi direi che è il caso che cominciate a farvi qualche ipotesi sostanziosa, che nelle recensioni del capitolo 14 voglio sentire le vostre ipotesi finali ;D (visto che nel 15 sapremo chi è l'assassino :D). Bene, credo di avere detto tutto, alla prossima :D (fatemi sapere che ve ne pare di questo capitolo...lo so, la parte finale è scritta da cavolo, ma perdonatemi xD). Buona lettura a tutti! 
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: syontai