Capitolo 3
strange encounters, Victorian poets and other letters
NDA Eccomi con un nuovo capitolo! Mi dispiace per il ritardo ma da questa settimana pubblicherò due capitoli alla settimana ! Vorrei ringraziare tutti i lettori silenziosi dubhe01 ,Joasteroide42 e _Dani_ grazie delle recensioni. anche questo capitolo è un po' di passaggio ma vi prometto che il prossimo non sarà più così! inoltre ho publbicato una raccolta di One Shot se qualcuno fosse interesasanto a leggere la prima che parla di qquello che è capitatoa Sirius prima di venire a new York. la raccolta è qui Lily Evans and the Marauders Missing Moments'
Buona lettura
Baci Marty Evans
class="hps">LILY
Stavo aspettando una risposta da Potter e da Remus. Ero seduta sulla sedia nella mia stanza a casa di Bianca. Stavo tamburellando con la penna sulla scrivania. Una mano sul mento mentre guardavo Central Park sotto di me e in lontananza la statua della libertà e Liberty Island. Quando un gufo planò leggero dalla finestra e si posò dolcemente sulla scrivania di mogano. Il gufo mi consegno una spessa busta dal aria molto costosa. Sopra la busta, in ceralacca dorata c’era un sigillo. Il sigillo raffigurava un cerchio con al interno due ali e una spada. Non avevo mai visto quel sigillo prima, ma intuii che era per me. Aprii la busta con mani tremanti. Il testo della lettera era scritto in una calligrafia elegante e svolazzate che non riconobbi. Ma leggendo la lettera capii di chi era. Vi riporto qui il testo:
Cara Signorina
Evans
Mi è
giunto il
vostro messaggi. Di solito, non sono io a rispondere alle lettere ma
nel vostro
caso ho fatto un
eccezione! Vedete
Signorina Evans la vostra richiesta mi ha colpito profondamente. Vi
giuro
che io non ero a
conoscenza dei
piani che la mia
vampira stava tramando.
So che lei sa di chi sto parlando signorina Evans. Ho molti vampiri al
mio
servizio. Tutti i
vampiri di questa
città mi devono obbedienza
e devono
rispettare le mie decisioni Tuttavia , non costringerei mai una ragazzina ad abbandonare i
suoi amici per
imparare ad essere
una somma
sacerdotessa. Ho sempre lasciato Bianca fuori dai giochi di potere. Non
è mio
interesse allontanarla da voi. Nonostante io sia l’essere
più potente di tutta
New York non desidero affatto che
una
vampira di cui non ho
bisogno sia
infelice. Avevo espressamente chiesto a Celia
di tenere sua figlia fuori dai giochi di potere ma quella donna
è una arrampicatrice.
Ti starai chiedendo piccola
streghetta come
mai, se so di cosa è
capace Celia la tengo con me. Devi
sapere innanzitutto che la nostra società
è diversa dalla vostra. Celia
e suo marito Adrian sono due dei vampiri
più antichi del mondo. E
persino io non posso controllare la loro influenza sugli gli altri
vampiri..
Crlia è
un abile manipolatrice. Sa
come tessere le carte in tavola. Le
sue decisioni valgono quasi quanto le mie
. per questo non posso ordinarle di lasciare
in pace sua figlia. Devi
capirmi
non posso rischiare che i miei vampiri si rivoltino contro di me. Gli
altri
arcangeli lo prenderebbero come un segno di debolezza. E ci
atterrerebbero. Gli
equilibri tra noi
sono delicati. Perché
ti dico questo? Perché
se io decidessi
di far ritornare Bianca a Hogwarts Celia potrebbe sollevare una
sommossa. Molti
vampiri la seguono e lei
ha carisma. Perciò non posso fare nulla
da solo. Ma posso fare qualcosa per cui anche Celia
sia costretta a obbedire. Ti spiegherò meglio
quando ci incontreremo. Vieni alla Torre degli
angeli. Domani sera
a
mezzanotte porta i
tuoi amici.
Raphael
Rilessi più volte la lettera incredula. L’arcangelo di Manhattan aveva chiesto a me di incontrarlo! Dovevo solo aspettare che Remus e Potter arrivassero .Sarebbero arrivati tra tre ore. Nel attesa decisi di leggere qualcosa. Presi il mio libro sui poeti vittoriani e iniziai a leggere. Avevo appena iniziato a leggere la dama di Sharlot di Tennyson quando sentii bussare alla porta. Saltai giù dal mio letto e andai ad aprire. Sulla soglia, della camera c’era Bianca.
Non la vedevo da quasi due giorni. Era rimasta in camera sua, non aveva voluto vedere nessuno.
Bianca entrò in camera, si buttò sul mio letto e mi fece cenno di sdraiarmi accanto a lei.
Notai che aveva un aspetto orribile: era mostruosamente pallida. Non si era truccata, aveva i capelli arruffati, indossava una camicia da notte spiegazzata e aveva occhiaie violacee sotto agli occhi. Aveva l’aspetto di chi, non dormiva da almeno tre giorni.
«Bianca che ci fai qui?» chiesi guardandola preoccupata.
«Sono venuta a trovarti» mi rispose lei, con un leggero tremolio nella voce e rivolgendomi un sorriso tirato.
«Come stai?» chiesi non sapendo come parlarle.
«Sto benissimo» mi rispose lei con un tono di voce controllato.
«non si direbbe. Però ho buone notizie! Raphael ha accettato di incontrarmi. Inoltre stanno arrivando Potter,Black e Remus. Saranno loro ad aiutarmi con Raphael»
Le dissi sorridendo.
«Quindi hai chiamato i malandrini al completo per aiutarmi. Mi chiedo però se NewYork è pronta per i Malandrini» disse B sorridendo per la prima volta. Le sorrisi speranzosa.
«Ce la faremo Bianca, te lo prometto, noi ti riporteremo a Hogwarts» le dissi cercando di tranquillizzarla.
«Vorrei tanto poterti credere Lily..» disse lei dispiaciuta. Assunse un espressione triste, poi di colpo il suo viso assunse un espressione più allegra. Mi guardò sorridendo ed esclamò «Vado a preparare le stanze per gli ospiti!». Saltò giù dal letto e corse fuori dalla porta urlando «Helena!». L’unica cosa che sentii dopo che era corsa via urlando fu la porta di camera mia che si chiudeva con un tonfo. Sospirai e mi andai a preparare. Aprii la cabina armadio, cercai si non perdermi in quel mare di vestiti. La maggior parte dei vestiti che erano in quella cabina armadio me li avevano regalati la scorsa estate Bianca, Selene e Blair. Alla fine trovai ciò che stavo cercando. Pantaloncini di Jeans bianchi e una maglietta azzurra con un cuore sopra. Mi misi i pantaloncini e la maglia. Trovai le mie scarpe da tennis bianche e me le allacciai rapidamente. Mi legai i capelli rossi che ormai arrivavano ben oltre le spalle in una coda alta sula nuca. Afferrai la borsa con scritto New York che avevo preso al aeroporto, diedi un ultima occhiata allo specchio prima di dirigermi a passo di marcia fuori dalla stanza. Sapevo che per arrivare al JFK ci voleva almeno un ora in taxi per cui presi l’ascensore. Quando le porte del ascensore si aprirono salutai il portiere e aprii la porta che dava sulla strada. Sul marciapiede guardai la strada alla ricerca di un taxi ma non ce n’era nemmeno uno. Mi dissi che avrei dovuto andare a piedi. Mi misi la borsa a tracolla e iniziai a camminare. Sapevo che mi ci sarebbe voluto più tempo a piedi quindi decisi che appena avessi trovato un taxi l’avrei preso. Stavo passando in una strada secondaria non c’era nessuno sul marciapiede. Ero distratta, stavo guardando se vedevo un taxi per cui non vidi l’uomo che mi venne addosso. L’uomo stava correndo. Sembrava stare fuggendo da qualcosa quando mi finii addosso. Caddi picchiando le ginocchia sul asfalto mentre la mia borsa si rovesciava. L’uomo sulla trentina aveva i capelli castano scuro arruffati, occhi grandi e marroni, faccia squadrata. Era robusto e indossava un lungo trench marrone. Sotto il trench portava una leggera giacca blu e una cravatta dello stesso colore inoltre aveva dei pantaloni di velluto blu lunghi e delle converse rosse ai piedi. Ricordo che mi stupii molto per come era vestito. Ma voleva morire con i pantaloni di velluto la prima settimana di luglio a New York? Ma dopotutto non erano affari miei. L’uomo non si diede neanche la pena di aiutarmi si alzò e cercò di riprendere la corsa. Io lo fermai
«Ehi! Maleducato sarebbe carino se almeno mi chiedessi scusa!» lo apostrofai. Di solito non parlavo così agli sconosciuti ma quel tizio mi aveva fatta cadere e non mi aveva detto nemmeno una parola di scusa! Solo allora l’uomo sembrò accorgersi di me. Si girò e si chinò verso di me. Sembra stesse studiando qualcosa che solo lui poteva vedere. Poi finalmente mi disse
«Scusa non volevo» con mia sorpresa aveva un accento inglese del sud. Quindi anche lui era inglese! Poi lui mi aiutò a rimettermi in piedi e a raccogliere il contenuto della mia borsa.
«Scusami ancora per averti fatta cadere non volevo. Davvero ti devo sembrare un tipo odioso e maleducato» mi disse con il suo accento del sud.
«No! Solo un po’ strano.»
«Bene mi piacciono le cose strane! Cosa ci fai tu qui però?»esclamò l’uomo
«Non credo siano affari tuoi!» sbottai
«Hai ragione» mi rispose lo sconosciuto. Ora eravamo uno davanti al altra. Anche se io dovevo alzare il viso per guardarlo.
«Da cosa stai scappando?» chiesi incuriosita
«Se te lo dicessi non mi crederesti» mi rispose lo sconosciuto.
«Mettimi alla prova!» lo sfidai.
« è complicato e non abbiamo tempo» disse lui
«Abbiamo?» chiesi. Ma era troppo tardi, lo sconosciuto mi aveva già agguantata per il polso e stava correndo verso destra.
«Lasciami!» protestai cercando di liberarmi.
«Corri!» mi ordinò invece lui. Sembrava che fosse una persona abituata a dare ordini. Feci come mi chiedeva. Normalmente mi sarei liberata. Ma mi fidavo di quel uomo così lo seguii. Arrivammo fino alla strada che portava al JFK. Proprio dove dovevo andare io. Finalmente il tizio mi lasciò il polso. Guardai il polso sui cui c’era l’impronta rossa delle sue dita talmente nel’aveva stretto forte. Nei prossimi giorni mi sarebbe venuto un livido bluastro.
«Uh! L’abbiamo seminato!» disse l’uomo piegandosi ansimante sulle ginocchia.
«Che cosa?» chiesi
«Te l’ho detto è complicato. Come ti chiami?» mi chiese l’uomo.
«Lily» risposi sorridendo.
«Bel nome Lily. Significa giglio che è simbolo di speranza e purezza». Disse lui come se stesse tenendo un lezione sul significato del mio nome.
«E tu, invece, chi sei?» chiesi
Lui mi sorrise enigmatico e mi rispose «Ci sono tante risposte a questa domanda.». poi si allontanò. Prima d’incamminarsi per un vicolo si voltò verso di me e mi disse
«Addio Lily. Sono sicuro che un giorno ci rincontreremo»
Non mi ero resa conto che aveva ragione ci saremmo rincontrati molti anni dopo.
Ma allora in quella stradina secondaria della Grande Mela cercai di seguirlo. Quando arrivai al vicolo che aveva imboccato. Mi resi conto che era un vicolo cieco ma di lui nessuna traccia. L’unica cosa che c’era era il vento che mi stava scompigliando i capelli. . Il vento era una cosa strana visto che non c’era un filo d’aria nel resto di New York. E domanda ancora più strana dov’era quel uomo? Solo in quel momento mi resi conto che lo sconosciuto non mi aveva affatto detto il suo nome.
***
JAMES
Io e Rem arrivammo a New York verso il tardo pomeriggio. La Evans ci aspettava seduta su una panchina del aeroporto. Io e Remus ci incamminammo verso di lei nella ressa. Appena ci vide lei ci corse incontro.. abbracciò Remus calorosamente poi lo lascio andare. Provai un po’ di invidia per il mio amico lupacchiotto. Ma dopotutto cosa potevo pretendere io dalla Evans non sapevo nemmeno se potevamo considerarci amici. La Evans poi si voltò verso di me e mi sorrise. Era un bellissimo sorriso quello che mi aveva rivolto. Il sorriso le arrivava e gli occhi e le fece spuntare due deliziose fossette.
«Grazie di essere venuti con così poco preavvisò» disse la Evans.
«E’naturale per Bianca farei qualsiasi cosa» dissi a Lily
«Lo so Potter. Dov’è il tuo compagno di merende Black?»
«Non so dove sia Sirius. Ma tu potresti anche chiamarmi James. Sai un nome ce l’ho anch’io Lily» le dissi.
Lei mi guardò stupita. Poi con mia grande sorpresa acconsentì
«D’accordo Pot.... James» mi disse.
Pensai che il mio nome sulle sue labbra suonava davvero bene. Poi ci guidò verso le porte a vetri del aeroporto. Non avevo mia visto New York perciò rimasi stupito dai grattacieli. Ma, ricordai a me stesso,non ero li per visitare a città. La Evans chiamò un taxi. Io e Remus salimmo dietro di lei.
Lei ordinò al taxista di portarci verso il centro. Intanto la Evans a bassa voce ci raccontò della lettera ricevuta da Raphael. Io chiesi « A mezzanotte? Ma perché a mezzanotte è pazzo?». Non riuscivo proprio a capire come mai l’Arcangelo di New York volesse incontrarci a mezzanotte!
«Senti Potter non è colpa mia e poi non sei mica obbligato a venire» mi disse acida la Evans.
Non parlammo per il resto del viaggio. Quando arrivammo a casa di Bianca lei ci abbracciò
****
Dpo cena ero
comodamente appoggiato al divano bianco
nel soggiorno degli Olivier la Evans era
sprofondata in una poltrona li vicino e senza rendersene conto si era
addormentata. Sembrava un angelo quando dormiva.
I capelli rossi le
si erano incollati al viso, le guance
avevano una leggera sfumatura rosa ò le labra erano
dischiuse. Gli occhi anch’essi
chiusi erano contornati da lunghe
ciglia
rosse. Era un rosso leggermente più chiaro di quello dei
capelli. La luce della
luna che entrava dalla finestra le illuminava la pelle candida. Rimasi
a
contemplarla prima di accorgermi che aveva ancora il libro che stava leggendo tra le
mani. Presi il libro
e lo deposi sul tavolino. Poi gli lanciai un occhiata. Poeti Vittoriani
s’intitolava.
Lo aprii curioso. Anch’io amavo
i poeti babbani
di quel epoca. Mia madre gli adorava e
io avevo iniziato a
fare altrettanto. Avevo
letto le loro poesie e le avevo trovate
bellissime. Il mio poeta preferito era Tennyson. D’accordo così
sembrò una femminuccia romantica
sdolcinata perciò non ditelo a nessuno o vi crucio! Mi
sorpresi a scoprire che
stava leggendo una delle mie poesie preferite Mariana. Era al secondo
verso che recitava:
Her
tears fell with the dews at even;
Her tears fell ere the
dews were dried;
She could not look on
the sweet heaven,
Either at morn or eventide
Era uno dei versi più belli di Tennyson ma era anche molto triste.. pensai a Bianca e mi si spezzò al cuore quel verso me la ricordava. Mi ricordava che come per la protagonista della poesie le sue lacrime sarebbero cadute prima che la rugiada si asciugasse anche dopo se non fossimo riusciti ad aiutarla. Chiusi il libro e presi la Evans in braccio. La portai nella sua camera e la misi a letto. Lei non si svegliò. Rimasi mezz’ora a guardarla dopodiché andai a dormire.
***
Fui svegliato da una finestra che andava in frantumi. Mi misi a sedere sul letto. Cercai a tentoni gli occhiali sul comodino. Inforcai le lenti e mi diressi la fonte del rumore. La vetrata del salotto era in frantumi e in mezzo giaceva un ragazzo dal aria spaesata. Aveva i capelli neri e gli occhi grigi Era Sirius
«Sirius che diavolo ci fai qui?» chiesi.
«Esatto Black che ci fai qui?» chiese Lily. Ci voltammo verso di lei. Era appoggiata alla ringhiera delle
scale, le braccia incrociate e l’espressione severa.
« è una storia lunga Evans e sono stanco morto. Sapete non facile farsi otto ore di volo da Londra New York con un manico di scopa.»
«Da Londra? Tu sei venuto qui con quel trabiccolo da Londra?» disse Lily indicando la scopa accanto a Sirius
«Certo Evans» le rispose Sirius
«Come mai non hai risposto alla mia lettera» lo accusai
«Ora ti racconto» fu così che Sirius ci raccontò come suo fratello lo avesse aiutato a scappare.
« A proposito Evans» dissi alla fine del racconto di Sir «Che cosa ci facevi tu alzata a quest’ora?»
«Cercavo il mio libro» disse lei indicando il libro che era sul tavolo.
«Ah»
«E vorrei sapere perché qualcuno mi ha portata in camera mia»disse
«Io non ho fatto niente Lily» mentii.
«Ah no’ Guarda che non sono scema! Eri tu l’unico rimasto in salotto» mi accusò.
« E va bene anche se un grazie sarebbe apprezzato» dissi. Lei si voltò e se ne andò senza dirmi nient’ altro.
Beh ora che avevo Sirius potevo anche pazientare fino a mezzanotte.
NDA mi dispiace so che fa molto schifo il capitol. votrrei dirvi che mi dispiace di averlo fatto così corto! Ditemi che cosa ne pensate! Baci Marty Evans