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Autore: CHOU    20/03/2008    4 recensioni
“Oh smettila! Sarà tuo! È costato tanto quindi vedi di farlo sfruttare. Così ho deciso” lo interruppe brusco per poi voltarsi e ritirarsi nelle proprie stanze. “Signore a lei.” I nerboruti uomini che avevano scortato il padre stavano tendendo la corda col quale era legato lo schiavo a Nicias. -. I personaggi sono inseriti in un contesto di una Roma antica immaginaria, per questo troverete alcune discordanze con la Roma che si legge nei documenti storici!-
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Erano passate quasi quattro ore da quando si era ritirato nelle sue stanze, ed erano quattro ore che non aveva più notizie di Ajakan.

Un pesante bussare alla porta di legno scuro obbligò il nobile patrizio ad alzarsi dal letto. Due schiavi stavano sulla soglia sorreggendo Ajakan e ,dopo aver dato il ragazzo al patrizio, si ritirarono.

Nicias guardò con orrore il biondino accasciato a terra, i lunghi capelli imbrattati di sangue e terriccio mentre il petto glabro e la schiena erano ricoperte da numerosi tagli ed escoriazioni .Il viso era ricoperto da lividi e il labbro era spaccato.

Nicias ebbe una stretta al cuore e istintivamente si avvicinò al ragazzo. Dannato vecchio! Come aveva potuto ridurlo così? Un senso di nausea colpì in pieno il patrizio…come aveva potuto ridurre  una creatura così fragile in quello stato così pietoso.

Il patrizio chiamò con voce ferma due schiavi della casa orinandogli di prendersi cura e lavare il giovane schiavo. Dopo che Ajakan fu portato via si diresse con passo sostenuto  al tablinum* a parlare col padre. Dopo aver avuto il permesso di entrare iniziò a chiedere con voce indifferente:

“Padre, perché l’avete ridotto così?”

“Non devo rendere conto a te per quello che ho fatto! Ringrazia gli dei che non l’ho ucciso” sibilò severo il padre scoccandogli un’occhiataccia .

“Ha ragione padre” si scusò Nicias mentre malediceva gli dei...altro che ringraziarli!

Perché non poteva comportarsi come tutti i patrizi, perché doveva provare pena per quello che in fin dei conti era solo un oggetto parlante.

Nicias stava per tornare in camera quando, passando davanti alle cucine, si ricordò che Ajakan non aveva mangiato. Sbuffando ci entrò.

“Non è che mi potete dare un po’ di carne?”chiese gentilmente il moro.

I servitori gli si fecero intorno sorridendo e si affettarono a procurargli il cibo. Nicias era adorato da tutti i servi di villa Tulias, non solo era un ragazzo bellissimo, ma soprattutto  perché aveva sempre riguardi nei loro confronti. Insomma, l’opposto del padre.

Dopo avergli ringraziati il patrizio si diresse nel suo cubiculum con il piatto di carne nella mano destra. Aprì la porta di malavoglia e vide che Ajakan era già stato curato dai servi. Il biondo giaceva seduto per terra in un angolo con la corda legata a una gamba del letto, semicosciente. I capelli, ora, erano puliti e riflettevano la luce solare che proveniva dalla grandi finestre; i tagli avevano smesso di sanguinare e in alcuni punti era state applicate delle bende. Il ragazzo dagli occhi smeraldini si avvicinò al prigioniero e gli allungò il piatto ma Ajakan girò ostinatamente la testa. Un gemito di sordo dolore accompagnò quel gesto.

“Non fare il prezioso, ora apri quella bocca e mangi…e non provare a fingere di non capire la mia lingua!” gli ordinò perentorio Nicias, ma non abbastanza da intimidire lo schiavo che non lo considerò di striscio.

Ma dove era andato a scovarlo suo padre un tipo così testardo?!

E io che ci pedo pure del tempo!

Il patrizio gli lasciò il piatto affianco mentre , stanco di tutta quella assurda situazione, si apprestò ad uscire.

Ajakan si guardò intorno dolorante: la stanza era semplice ma raffinata, un’enorme letto a baldacchino faceva bella mostra di se al centro della camera. Un piccolo scrittoio e un armadio erano collocati a ridosso del muro, mentre un prezioso mosaico realizzato in oro e con ceramiche si estendeva per tutto il soffitto.

Lo sguardo celeste del ragazzo si posò sulla porzione di carne davanti a se. Che stupido quel patrizio, come diamine pretendeva che la mangiasse con le mani legate?!

Se pensava che si sarebbe ridotto a mangiare come un cane si sbagliava di grosso.

Una vocina maligna gli ricordò che si sarebbe ridotto anche peggio. Un giocattolo, una bambola. Ajakan strinse forte gli occhi per impedire alle lacrime di sgorgare,non voleva dargli la soddisfazione di averlo fatto piangere. Ma , impietose e traditrici, alcune scie salate caddero dai suoi occhi e a queste temerarie se ne aggiunsero molte altre. Il dolore delle ferite ritornò a farsi sentire prepotente, ogni minimo movimento gli costava sofferenza…anche a star seduto su quel freddo pavimento di pietra era un supplizio. Chiuse gli occhi cercando di resistere.

Ma a chi voleva darla a bere…non avrebbe resistito ancora a lungo. Non era mai stato un ragazzo forte, era molto emotivo e ..debole. enormemente debole. Non aveva saputo difendersi da quei tizi che l’avevano catturato ma , soprattutto, era sicuro che non sarebbe stato in grado di ribellarsi al suo padrone.

Padrone…che orrenda parola…oramai non era più nessuno…gli avevano perfino cambiato nome…

La paura e il dolore lo fecero sprofondare nel sonno.

 

Nicias rientrò nella domus piuttosto tardi, il padre e molto probabilmente anche i servi avevano già cenato. Dopo aver salutato il padre salì in camera con l’intenzione di andare a dormire ma appena aprì la porta gli si presentò davanti lo fece sospirare e maledire, ancora una volta, quel pazzo che si ritrovava per padre.

Ajakan era seduto, legato, in un angolo a guardare malinconicamente la luna fuori dalla finestra, il piatto di carne ancora intatto. La luce della luna rendeva la sua figura ancora più fragile e faceva spiccare i tagli e l’espressione sofferente del giovane.

Il patrizio si era completamente dimenticato dello sgradito regalo del padre.

“Non mangi?” chiese Nicias sedendosi sul letto a baldacchino.

Nessuna risposta.

“Quando ti parlo sei pregato di rispondere:”

Silenzio.

Spazientito il moro si accucciò davanti al biondo e gli prese il mento tra l’indice e il pollice obbligandolo a guardalo. Nicias stava per sibilare qualcosa di cattivo quando vide scie luminose bagnare le guance ambrate del ragazzo. Il patrizio ritirò la mano e abbassò la testa dispiaciuto prima di rialzarla e puntare i suoi occhi verde speranza in quelli indaco dello schiavo. Il moretto non aveva mai visto tanta tristezza tutta in una volta.

“Non hai fame?” chiese gentilmente.

In risposta la pancia del prigioniero gorgogliò mentre le guance del ragazzo si tinsero bruscamente di rosso. Con un gemito sottomesso nascose il volto tra le braccia. Ora si che si era umiliato del tutto. La risata del patrizio lo fece vergognare ancora di più mentre con voce sottile e rauca per tute quelle ore di silenzio disse:

“Non posso mangiarla…”

Nicias aggrottò le sopraciglia  per poi darsi mentalmente dell’idiota. Ovvio che non riusciva a mangiare! Con le mani legate non ci riuscirebbe nessuno. Ma il moro non si fidava a slegarlo così. Sedendosi anche lui a terra, iniziò ad imboccare lo schiavo.

Ajakan sbarrò gli occhi: da quando un patrizio imboccava un servo?

Automaticamente aprì la bocca per accogliere il boccone che il patrizio gli stava passando. Il moro acchiappò un altro pezzo di carne con la forchetta e lo porse ad Ajakan, sperando che il padre non decidesse proprio in quel momento a fargli una visitina altrimenti questa volta avrebbe fatto frustare anche lui!

Quando Ajakan smise di mangiare il patrizio gli offrì un boccale di acqua che lo schiavo bevve avidamente.

“Sono stanco, vai di dormire e non disturbarmi” gli ordinò duro Nicias cercando di salvare in extremis l’immagine del patrizio che mai si abbasserebbe a livello di uno schiavo.

Dopo aver spento le candele si cambiò la tunica e andò a letto.

Era passata una ,mezz’ora da quando si era coricato ma Nicias non era riuscito a prendere sonno. Sbirciò di nascosto il suo schiavo, a quanto pareva neppure lui riusciva a dormire. Ajakan era rimasto seduto, in una posizione alquanto scomoda, e il suo sguardo era perso a guardare il cielo notturno. Il biondino provò ad appoggiarsi alla parete per cercare di stare più comodo, ma appena la fredda e dura superficie del muro entrò a contatto con la pelle martoriata ,il ragazzo si lasciò sfuggire un piccolo gemito,

Nicias sospirò pentendosi in anticipo di quello che stava per dire:

“Vieni qui con me”

Il biondo distolse la sua attenzione dalla luna e lo catalizzò ul bel viso assonnato del patrizio, arrossendo.

Notando lo smarrimento e la paura  agitarsi nel profondo degli occhi del servo, cercò di tranquillizzarlo.

“Non voglio farti niente. Le tue ferite soffrirebbero di meno. Fidati”

Fidati…come stonava sbagliata quella parola in quel contesto.

Il biondo gli rivolse uno sguardo di pura incredulità, ma prima di poter fare qualsiasi cosa, il patrizio tirò la corda e obbligò il servo ad alzarsi. Riluttante Ajakan si arrampicò sul letto, premurandosi di stendersi il più lontano possibile dal moro. Aveva ragione , però, le ferite bruciavano di meno.

Il patrizio gli sorrise leggermente per poi abbandonarsi finalmente alle braccia di Morfeo, non prima però di aver tirato due o tre accidenti agli dei.

Il biondo appena sentì il respiro del patrizio regolarsi e farsi calmo, tirò un sospiro di sollievo. In fin dei conti era grato a quel ragazzo ma, l’odiava per avergli tolto la libertà, lo odiava per averlo obbligato alle condizioni di un’animale.

Con questi pensieri per la testa Ajakan si addormentò concedendosi al dolce oblio del sonno, solo una lacrima scappata era testimone delle sofferenze del biondo.

 

 

Finalmente ecco il secondo capitolo!! Scusate se ci ho messo tanto ma sono andata via con la scuola e sono ritornata lunedì! Poi martedì, quando mi ero messa a scriverlo, mia madre ha iniziato a rompere e ho dovuto interrompere 1

Ringrazio chi ha commentato e chi commenterà.

Le frasi scritte in corsivo sono i pensieri diretti di Nicias!

 

*studio

 

 

Fujiima: sono contenta che l’ambientazione ti piaccia!! Ho sempre voluto fare una fic ambientata nell’antica Roma^^

_Audrey_: felice che ti piaccia. Ha azzeccato perfettamente il carattere di nicias…in questo capitolo emerge un po’ di più! Ti potrà sembrare che alle volte sia un po’ schizofrenico ^^’’’ ma si tratta solo di quel profondo contrasto tra la sua natura e il mondo in cui vive.

Giuxxx: grazie per la rece^^. Sono contenta che per questa storia hai fatto un’eccezione.

LittleBeaver91: spero che ti continui ad interessare! Il terzo chappy cercherò di postarlo più velocemente!!

Linasyan: grazie amica mia^^ sigh mi dispiace veramente di non essere venuta al ceppo ç__ç um kissssone!!

 

 

Grazie anche  a chi ha solo letto la fic!!

  
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