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Risveglio
Uno
dei sei
Si
vegliò sdraiato su qualcosa. Gli avevano bendato gli occhi.
Attese qualche
momento, cercando di ricordare quello che era successo. Presto gli
tornò in
mente tutto, ma era così distante, distaccato…
come se fosse successo tanto
tempo fa… o a qualcun altro.
C’era
qualcun altro nella stanza. Oltre a sentirlo dai suoi movimenti, poteva
quasi
dire di percepirne la presenza. L’avevano preso alla fine. Le
voci nella sua
mente tacevano, come addormentate.
“
Dove mi trovo?” chiese Scott a chiunque ci fosse nella stanza.
“
Sei
in un laboratorio.” Era la voce di una ragazza. Ma non era
quella che lo aveva
incantato. Che gli aveva sparato.
“
Cosa mi state facendo?”
“
Niente di quello che pensi Scott.” La ragazza gli si
avvicinò. “ Ora ti
toglierò la benda dagli occhi.”
Scott
si ritrasse istintivamente al tocco delle sue mani fredde, ma
pensò che quella
poteva essere l’occasione giusta per attaccarla.
“
Prima che te la tolga, voglio dirti che i tuoi poteri non hanno effetto
su di
me. È per questo che hanno lasciato me qui.
Intesi?”
Gli
tolse la benda. Scott provò comunque a fissarla negli occhi,
come stava
imparando a fare istintivamente. La ragazza gli rispose con un sorriso
dolce.
Aveva i capelli neri, corti. Portava gli occhiali. Era molto graziosa.
“
Io
mi chiamo Helen, lieta di conoscerti.” Disse la ragazza.
Scott
si guardò in giro. Sembrava la stanza di un ospedale, ma era
piena di strane
attrezzature. Aveva delle flebo inserite nel braccio. Un altro
macchinario era
collegato alla sua testa.
“
Sei
tu che mi stai facendo questo?” chiese Scott.
La
ragazza sorrise di nuovo. “ No. La mia preparazione medica
non mi consente di
trattare con agenti come te. Agenti del tuo potenziale.”
“
Perché mi hai chiamato agente?” chiese Scott senza
smettere di guardarsi
intorno.
“
Perché
è quello che sei. Quello che sono
anch’io.”
“
Per
questo i miei poteri non hanno effetto su di te?” chiese
ancora.
“
No.
Non puoi colpirmi perché, in un certo senso, siamo
fratelli.” Disse Helen, poi
aggiunse, prevenendo la domanda di Scott. “ Di questo
parleremo dopo. Ce ne
sarà tempo. So che hai altre domande più
urgenti.”
Scott
ci pensò un attimo e chiese: “ Sono diventato un
topo da laboratorio, vero?”
“
No,
per niente. Queste macchine che vedi, servono solo a inibire i tuoi
poteri.
Giusto il tempo di farti spiegare il necessario. Hai steso 8 agenti
speciali là
fuori. Capirai che è una procedura necessaria.”
Scott
sorrise: “ Stai forse dicendo che mi lascerete andare,
dopo?”
Stavolta
Helen non rispose al suo sorriso: “ Sto dicendo che quando
avrai capito tutto,
sarai tu a decidere di restare.”
La
ragazza gli liberò le mani e le gambe. Scotto si mise
seduto. Indossava una
tuta asettica, bianca come tutto il resto lì dentro.
Provò a scendere dal
letto, ma barcollò. Se Helen non l’avesse
sorretto, sarebbe caduto a terra.
“
Scusa. Ho dimenticato che gli inibitori ti hanno lasciato spossato.
Sarà meglio
che prenda delle stampelle.”
Si
voltò per cercare le stampelle in un armadietto. Scott vide
che aveva ancora
una siringa infilata nel braccio. Fece per toglierla, quando Helen gli
disse: “
Così ti farai male, Scott.”
Scott
rimase di sasso. Helen era girata, non c’erano specchi.
“ Come hai fatto a
vedermi?”
“
Non
sei l’unico ad essere speciale qui dentro. Ecco le
stampelle.”
“
Ci
siamo già incontrati io e te. È successo
più di quattro anni fa. È stato allora
che ci hanno portato qui, eravamo in sei. Abbiamo cominciato quello che
potremmo definire… corso di preparazione. Ci hanno divisi
subito e da quel
momento non abbiamo più avuto tue notizie. Sei come sparito
nel nulla.”
“
Sono… sparito?” chiese Scott. Erano nel corridoio,
ma ormai non gli importava
dove stessero andando.
“
Sì.
Ovviamente dalle cartelle risulterà che eri in qualche
programma speciale. Ma
non c’erano programmi speciali, ne sono quasi sicura. In
tutto questo tempo non
siamo riusciti ad avere altre notizie: pensavamo ti avessero chiuso da
qualche
parte, in isolamento. O che ti avessero ucciso.”
“
Quello che stai dicendo non ha senso.” Disse Scott.
“
No.
Come non ha senso che un solo ragazzino di nemmeno quattordici anni
uccida
diciotto agenti senza muovere un dito.” Disse Helen senza
voltarsi.
“
Allora era vero… ho… ho ricordato qualcosa
prima…”
“
Sì,
il capo ha detto che forse col tempo ricorderai anche il resto. Non
è sicuro
però. Da quello che so, nessuno sa niente di preciso sul tuo
conto. Quindi non
credere mai ciecamente a quello che ti diranno. Ci sono solo ipotesi,
non
certezze. Questo ovviamente è solo un mio
consiglio.” Disse la ragazza.
“
Perché?” chiese Scott.
“
Perché cosa?”
“
Perché mi stai dando questo consiglio? Tu sei dalla loro
parte.”
Helen,
si voltò. Il suo sorriso sembrava sincero. Non riusciva a
credere che stesse
mentendo. Eppure cerca molta fermezza nei suoi occhi. C’era
molto di più.
“
Loro mi hanno aiutata a capire chi sono. Mi hanno mostrato una strada
che ho
scelto di seguire. Ma non posso dire di essere dalla loro
parte.” gli si
avvicinò, quasi contando i passi. Continuò, a
bassa voce: “ Ci sono cose… cose
che devo scoprire e solo restando ne avrò la
possibilità. Voglio aiutarti per
due motivi. Perché anche tu hai delle domande e solo qui
troverai le risposte.
E perché tu sei uno dei sei. Solo con te siamo completi.
Spero che terrai per
te queste informazioni. Anche qui, ci sono segreti da
mantenere.”
Helen
si voltò senza aspettare risposta. Scott continuò
a seguirla, appoggiandosi
alla stampella. Quanto desiderava che le voci riprendessero il loro
normale
chiacchierio. Almeno avrebbe avuto qualcosa di familiare a cui
aggrapparsi.
“
Chi
sono gli altri quattro?”
“
Karen devi averla già incontrata. Solo lei avrebbe potuto
fermarti.”
“
La
ragazza che mi ha sparato!” sbottò Scott.
“
Sì,
lei. Può essere un po’ drastica a
volte… ma con te penso che anche io avrei
fatto lo stesso. Spero lo capirai. Ti ha sparato dei
tranquillanti.” Disse
Helen. Anche se era di spalle, capì che stava sorridendo.
“
E
gli altri?”
“
Li
conoscerai presto. Ti sto portando da loro, oggi sono tutti qui. Penso
sia meglio
per te conoscere prima il resto della squadra e poi il resto
dell’organizzazione. Così avrai qualche punto di
riferimento.”
Arrivarono
ad una stanza, all’apparenza identica a tutte le altre. Ormai
aveva calcolato
che quel posto fosse lungo diversi chilometri, e le stanze si
susseguivano
sempre identiche, con le porte situate secondo la stessa logica. Non
un’eccezione, non un’anomalia. La cosa che
più trovava incredibile, in ogni
caso, era il fatto che non avevano incrociato nessuno nei corridoi.
“
Sei
pronto a conoscere gli altri, Scott?”