Crossover
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Autore: Siirist    15/09/2013    3 recensioni
Siirist Ryfon è un giovane ragazzo della città di Skingrad, figlio di benestanti agricoltori che sogna di entrare nella Gilda dei Guerrieri per ricevere onore e gloria. Ma non è una persona comune, discende da un'antica casata elfica, della quale fece parte millenni prima un Cavaliere dei draghi leggendario. Un giorno la sua vita cambierà drasticamente e verrà catapultato in un mondo di magia, tecnologia, intrighi politici, forze demoniache e angeliche, per poi affrontare la più grande crisi della storia di Tamriel. Questa fanfic è una crossover tra tre mondi fantasy che amo: Final Fantasy (di cui troviamo le ambientazioni, come Spira, Lindblum), "Il ciclo dell'eredità" di Paolini (di cui sono presenti molti dati, quale i draghi con i Cavalieri e il sistema della magia, ma l'ispirazione è molto libera) e The Elder Scrolls IV: Oblivion (di cui sono presenti le città). Oltre a questo ci saranno anche alcune citazioni di One Piece e di Star Wars. I personaggi principali sono tutti originali. Ci saranno alcune comparse da vari manga (Bleach, ad esempio) e in alcuni casi i nomi saranno riadattati (Byakuya), in altri saranno quelli originali (Kenpachi).
NB: il rating è arancione in quanto è adatto alla maggior parte della storia, ma in alcuni capitoli dove compaiono i demoni (non il primo che si incontra all'inizio, quello è ridicolo) gli scontri possono essere anche molto cruenti.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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FUOCO E VENTO

Quello non era il momento di pensare ad Adeo; strinse i denti quando sentì il potere mentale dei due nemici rimasti intensificarsi.
‹Basta, non ce la faccio più…› ansimò.
Stava per annullare le magie di marmo nero quando sentì la sua mente invasa da un senso di freschezza e la sua barriera rafforzata, gentile concessione di Asthar che aveva unito la sua mente a quella del Cavaliere.
‹Se non siamo insieme, può essere pericoloso fondere le menti perché non abbiamo l’abilità di Eiliis e Alea di concentrarci al meglio su più di una situazione, e visto che anche io sono alquanto impegnato, non posso mantenere la fusione di menti per più di cinque minuti. Scusa.›
‹Va più che bene: cinque minuti in più con il marmo nero possono significare anche mille Scorpioni in meno!›
Tutti gli attacchi dei nemici rimasti erano vanificati dall’armatura di sabbia marmorea, così come le loro difese, perciò erano obbligati ad evitare anziché parare.
«Giavellotto vibrante!» esclamò creando una lancia di Sisma dal palmo sinistro, sfruttando la sabbia marmorea.
Lo comandò magicamente, guidandolo con forza verso il leone, ma l’aquila riuscì a deviarlo colpendolo con un gigantesco martello di ghiaccio il cui manico era costituito dalla spada corta a forma d’ala. Ma l’incantesimo del Cavaliere d’Incubo non era così banale.
«Raffica d’aculei!»
Il Giavellotto vibrante, formato da sabbia ben compattata, si divise in cinque lance della stessa grandezza, ma molto meno dense, che volarono verso i due nemici e dalla posizione in cui si trovavano lo spettro ed il suo martello, non poteva colpirle di lato. Allora l’aquila generò un tornado che fece uscire le lance di Sisma dalla loro traiettoria e il leone seguì, incendiando il vortice d’aria che fu poi diretto verso Corvinus.
«Ruggito della tigre!» esclamò, richiamando il suo famiglio.
Esso ruggì una tempesta di sabbia marmorea contro il tornado, disperdendolo, e Gilia corse rapido verso i nemici aiutato dall’elemento Sisma, la componente di fulmine che lo velocizzava e quella di terra che gli permetteva di scivolare più agevolmente e rapidamente sul terreno.
Ma sfruttando la copertura fornita dall’esplosione del tornado fiammante che veniva dissipato, lo spettro era sparito, lasciando Gilia a cozzare Enedome ithil contro lo scudo del leone.
«Trivella divina!»
Con una combinazione di sabbia marmorea e elemento Incubo, Gilia perforò lo scudo e il corpo dell’elfo oscuro, ma questi svanì, rivelando un’illusione.
‹No. Quando mi ci sono scontrato era reale, si deve essere nascosto nell’illusione dopo per fuggire. È vicino.›
Difatti venne colpito alle spalle dal bordo dello scudo dorato, il colpo che andò ad infierire sulle scapole, e un secondo attacco, un calcio, lo raggiunse, ma rafforzando il corpo con l’Ambizione, il Cavaliere non sentì nulla.
Il famiglio cercò di attaccare l’elfo oscuro, ma venne fermato da una barriera di ghiaccio, facilmente dissolta dai suoi artigli di marmo nero, ma ormai il leone era sparito, di nuovo mascherato da un’illusione.
‹Stanno prendendo tempo, attaccandoti di tanto in tanto per affaticarti e distrarti, intanto intensificando i loro attacchi mentali.› lo avvisò Asthar.
‹Lo so, me ne sono accorto. Ciò che è peggio è che credo abbiano capito che controllare il marmo nero sia incredibilmente difficile e stiano aspettando che lo smetta di usare. Eh?›
Scosse la testa di scatto sbattendo gli occhi. Aveva la testa leggera.
‹No…› pensò incredulo e infastidito.
‹Dove?› domandò preoccupato l’Incubo.
‹Non lo so.›
Quel maledetto spettro stava risucchiando l’ossigeno attorno a lui, ma il punto di focalizzazione della magia non poteva essere troppo vicino, altrimenti sarebbe stata neutralizzata dalla pietra di Titano. Sollevò la spada, la sabbia marmorea che ci si concentrò attorno.
«Vortice di sabbia!»
Generò una tremenda sferzata rotante di sabbia marmorea che, innalzandosi verso il cielo, annullò l’incantesimo dell’aquila e subito il Cavaliere ritornò a respirare normalmente.
‹Appena li trovo, li ammazzo.›
Ma i due Scorpioni dalle armature d’oro erano spariti e non ve ne fu più traccia fino al momento in cui Asthar, scusandosi, smise di alimentare la mente del suo Cavaliere con la fusione psichica e questi dovette interrompere il suo uso del marmo nero. L’armatura magica si era appena scomposta in polvere che già era tornato il leone, il filo della sua ascia incandescente, la fiamma così concentrata da diventare tagliente. Cozzò con il grande scudo invocato da Gilia, i cui incantamenti resistevano, ma il moro si trovava bloccato dalla grande forza del nemico, accresciuta dalle possenti fiamme smeraldine che lo circondavano. Il famiglio cercò di assistere il suo mago, ma ormai privo del potere del marmo nero, venne consumato dalle fiamme dell’elfo oscuro.
‹In due possono giocare a questo gioco.›
«Spiriti della terra, potenti custodi dei Beor, datemi forza!» evocò.
Con un grido di rabbia spinse indietro il leone e fece per abbattergli Enedome ithil avvolta nel Sisma in testa, ma l’aquila intervenne, costringendolo ad evitare il colpo per non riportare un trauma cranico.
‹Era tanto bello quando anche quello lì usava un’arma da taglio, perché è dovuto passare ad un’arma contundente?!›
Quando il gigantesco martello di ghiaccio lo attaccò di nuovo, menò un poderoso sottano dritto che lo tagliò in due e si preparò a crivellarlo con guglie di Sisma, ma non ebbe nemmeno il tempo di liberare l’energia magica richiamata che venne investito da un uragano infiammato. Ancora ringraziò gli incantamenti eccellenti di Hans: Adamantio o non Adamantio, se gli incantamenti fossero stati scritti da un incantatore inferiore, a quest’ora starebbe friggendo all’interno della sua armatura.
Con una sferzata della spada, carica della sua Ambizione, il Cavaliere estinse le fiamme e con rabbia guardò verso i due nemici che stavano concentrando una palla di fuoco amplificato dal diametro di oltre cinquanta metri.
Infilò la spada nel terreno, trasformandolo in sabbia ferrosa che emanava intense scariche viola scuro e alzò la sua arma in un montante, liberando la magia.
«Tempesta di sabbia!»
Essa colpì i nemici, ma la grande sfera fiammante si fece largo attraverso di essa e lo stava per colpire quando nuovamente infilò la lama della Falce di luna nella roccia.
«Cancello dei Beor!»
Un imponente muro di marmo nero, alto cento metri e largo ottanta, si innalzò, vanificando la magia combinata degli Scorpioni, e prima ancora che la Tempesta di sabbia perdesse la sua efficacia, il Cavaliere si aprì un varco nella sua barriera e corse rapido verso i due, sostituendo l’armatura con quella del serpente. Rimandò a Oblivion anche lo scudo e impugnò la Falce di luna nella sinistra, lasciando la forma base di Enedome ithil nella destra. Velocizzato dall’elemento fulmine, giunse a un metro dall’aquila in un istante e lo colpì al busto, aprendogli l’armatura, ma quello era riuscito a spostarsi indietro a sufficienza per evitare un colpo mortale. Gilia non poté farne seguire un secondo perché attaccato alle spalle dal leone, ma grazie all’agilità incrementata dall’armatura gialla, poté compiere un movimento rotante in orizzontale e schivare la lama fiammante dell’ascia, per poi abbattergli la Falce di luna sulla gola.
L’aquila si era allontanata per andarsi a guarire ed il leone capitolò a terra mortalmente ferito, ma Corvinus sapeva bene che doveva finirlo o si sarebbe solo rigenerato. Si riequipaggiò nuovamente con l’armatura bianca della tigre e, lo Spaccaossa nella sinistra, lo abbatté con forza sulla colonna vertebrale dell’elfo oscuro, spezzandogliela, appena prima di trafiggergli il capo con Enedome ithil.
A sconvolgergli i piani fu una tempesta di ghiaccio che gli congelò il lato destro e lo allontanò dal nemico e lo spettro gli volò rapido in contro, innumerevoli armi contundenti di ogni dimensione e fattura immaginabile, tutte generate dal suo potere di ghiaccio, che gli vorticavano intorno ed attaccavano l’avversario. Istantaneamente, questi si riequipaggiò con l’armatura rossa del toro, in tempo per ricevere i primi colpi dati da due martelli e cinque mazze, due delle quali acuminate, che lo inchiodarono al terreno. Appoggiò i palmi a terra e liberò la sua magia, trasformando il terreno in sabbia e sprigionando il suo più potente incantesimo di terra.
«Ruggito della terra!»
Un’area circolare dal diametro di cento metri fu delimitata da un enorme muro di sabbia che si innalzò di altrettanti metri, e in mezzo ad esso si formarono quattro gigantesche teste di tigre, ognuna in uno dei punti cardinali, che ruggivano feroci. I due Scorpioni si riunirono al centro e quando le manifestazioni del famiglio del Cavaliere si abbatterono tutte insieme su di loro, pronte a divorarli, in pochi secondi furono trasformate in vetro dalle fiamme del leone e poco dopo furono infrante da nuove armi di ghiaccio.
«Quattro muri di pietraferro.» esclamò, facendo crescere quattro delle classiche barriere di Adamar.
Con la forza della sua magia le piegò in modo da creare una cupola attorno a sé, così da proteggersi dagli insistenti attacchi delle armi di ghiaccio, e riprendersi.
‹D’accordo, qui ci vuole una nuova strategia.›
‹Sono impressionato che quell’elfo oscuro sia riuscito a liberarsi così facilmente del tuo più potente incantesimo di terra. Mi stanno preoccupando sempre più. Purtroppo qui la situazione non sembra migliorare e se me ne andassi, molti draghi e Cavalieri verrebbero eliminati dai draghi terrestri, altrimenti sarei già lì ad assisterti.›
‹Lo so, ma non preoccuparti, quel leone maledetto non potrà liberarsi così facilmente del Ruggito della terra ancora per molto: non lo senti perché sei distante, ma il suo quantitativo energetico è sceso drasticamente, mentre io ho usato un minimo della mia riserva. Finché utilizzo incantesimi semplici e li costringo a debilitarsi, posso vincere. Intanto recuperiamo le nostre facoltà mentali, perché il marmo nero potrebbe essere di nuovo necessario per il colpo finale.›
‹D’accordo.› rispose, prima di esalare un Ruggito che pietrificò un drago terrestre in procinto di schiacciare un Cavaliere della nona brigata.
«Sabbie mobili.» mormorò, affondando nel terreno.
Allontanatosi di una ventina di metri, ritornò in superficie il più silenziosamente possibile, al sicuro dietro ad una roccia, e avvolto in un incantesimo di invisibilità oscura, volò verso l’alto. Aveva raggiunto l’altezza delle mura nere e, da lì, osservò il campo di battaglia, sbigottito: tra l’imponente muro di marmo nero, l’area di sabbia ferrosa e quella di sabbia comune rimasta dopo il Ruggito della terra, quel punto dell’isola non si riconosceva più.
‹Non sarà facile riportarla al suo aspetto originale.›
‹Specie dopo la magia che stai per lanciare.› commentò Asthar.
‹Hehe.›
«Ira devastante di Raijin!»
Liberò la sua energia nel cielo, ammassando dense e scure nubi da cui subito si liberarono saette su saette che crearono terribili solchi sul terreno, investendo in pieno i nemici.
‹Dici che avranno capito che uso parecchio terra e fulmine?›
‹Sì, è il momento.›
Volò rapido verso l’aquila, energia magica nella sinistra e spada nella destra, e liberò il suo incantesimo: come previsto, lo spettro creò una spessa parete di giaccio atta a parare magie di terra e neutralizzarne di fulmine. Ciò che non si era aspettato era un incantesimo perforante di oscurità concentrata dalla forma di una catena che terminava in una punta acuminata. Giunta a pochi centimetri dal bersaglio, si divise in quattro e perforò il ventre dello Scorpione, arpionandolo, e Gilia tirò indietro, schiacciandolo contro il muro di ghiaccio da lui stesso creato, per poi trafiggerlo in testa con Enedome ithil.
Se fosse stato un novellino che non percepiva la magia in atto, avrebbe pensato che fosse finita lì, ma Corvinus si accorse subito dell’incantesimo di rigenerazione lanciato dall’aquila prima di venire trafitto e stava per far esplodere il suo elemento Incubo quando dovette lasciare andare la presa della spada per evitare l’attacco dell’elfo oscuro.
‹Ne hai eliminati due, eppure questi rimasti sono ancora più fastidiosi di prima quando erano in quattro.› osservò Asthar.
‹Non me lo dire…› sbuffò.
In volo sopra alla testa del leone, Gilia aprì il palmo destro e glielo appoggiò sul capo.
«Buco nero.»
Uno degli incantesimi predefiniti dell’ombra divoratrice di Syrius, quello era fra i più potenti e complessi attacchi di entrambi i Cavalieri d’Incubo, e l’elfo oscuro fu veloce abbastanza da accorgersi del pericolo e allontanarsi, altrimenti sarebbe rimasto ben poco del suo corpo. A giudicare dal punto in cui era stato toccato, sarebbero rimasti i moncherini delle sue gambe al di sotto delle ginocchia.
Senza perdere tempo, Corvinus rimise mano ad Enedome ithil, ma non prima che l’aquila se ne liberasse, ma rimaneva comunque arpionato alle catene strette nella sinistra del Cavaliere.
«Puoi anche arrenderti e farti ammazzare, perché io non lascio la presa.»
Conoscendo il segreto della creazione oscura avrebbe potuto creare delle catene fisiche come era solito fare il Cavaliere nero, e da esse liberare il suo Sisma in tutta la sua potenza, ma tutto il fulmine che poteva incanalare attraverso l’oscurità era l’Incubo di Syrius, affatto efficace in quel frangente.
‹Dovresti lavorare su un incantesimo predefinito che liberi lame di Incubo dalle Catene d’ombra.› meditò Asthar.
‹Non è il momento!› esclamò, impegnato a schivare gli attacchi combinati degli Scorpioni.
L’aquila aveva dissolto il suo muro di ghiaccio, perciò era libero di muoversi contro il nemico come un cane rabbioso che attaccava il padrone che lo teneva al guinzaglio.
«Ho detto che non lascio la presa! Catene d’ombra!»
Dalle catene già nel corpo dello spettro se ne crearono di nuove che lo perforarono dall’interno, facendogli emettere un verso strozzato e debilitandolo al momento. Con un grido di rabbia, Gilia roteò il braccio sinistro e sbatté lo spettro a terra in mezzo all’area di sabbia ferrosa, per poi alzare il braccio destro e parare con la spada l’ascia del leone.
«Corona del deserto!» esclamò, trafiggendo lo spettro.
Lasciò la presa della Catene d’ombra, che si dissolsero, e invocò Amur nella sinistra e la abbatté sull’elmo dell’elfo oscuro, rintontendolo, per poi menare un tondo dritto con Enedome ithil, che però andò a vuoto.
Guardò con fastidio il leone che volava verso l’aquila e alzò la spada al cielo, avvolgendola nel fulmine.
«Giudizio di Ramuh!»
La saetta colpì l’elfo oscuro alla schiena, abbattendolo, per poi andare ad unirsi alla sabbia ferrosa e fondersi per creare il Sisma, fulminando ulteriormente i due nemici.
«Fauci voraci.»
Lanciò il suo incantesimo vivente d’acqua che diede forma ad un megalodon, il quale si diresse versi i nemici sfruttando l’umidità nell’aria per nuotarci. Addentò il leone, negandone il fuoco e staccandogli braccio e gamba destri.
‹Eh no, basta!›
Nel vedere l’aquila rialzarsi in volo, seppur lentamente, comandò mentalmente al megalodon di attaccarlo mentre preparava un secondo Giudizio di Ramuh. Evitò una sequenza di palle di fuoco verde mentre concentrava la sua magia, e finalmente la liberò colpendo lo spettro che era stato bagnato dal megalodon che si era fatto esplodere. Per finire, con la Falce di luna nuovamente combinata a Enedome ithil e Bengala nella sinistra, Corvinus andò ad attaccare il leone, solo per essere fermato da un nuovo arrivato, dall’armatura un compagno di quelli con cui aveva combattuto fino a quel momento, che aveva la testa che raffigurava un ariete.
‹Un altro, eh?› pensò infastidito.
‹Fusione mentale?› chiese il drago.
‹Ancora no, riprenditi ancora un po’. Questo nuovo arrivato è già abbastanza provato, ne sento il fiatone fino a qui: deve essere fuggito da un’altra battaglia, a giudicare dalle crepe nella sua armatura e dalle ferite. E quel ghiaccio… Hehe, sei finito male, amico.› commentò felice, osservando come il lato sinistro del nuovo nemico fosse ghiacciato dal fianco al tallone, ed il ghiaccio continuava ad espandersi e a freddare.
L’ariete lanciò due raggi di luce in direzione dei compagni, guarendoli quasi all’istante e Gilia sbuffò, ma tutta la rabbia che aveva provato fino a poco prima era svanita, sia perché aveva visto quel ghiaccio, sia perché fra poco avrebbe investito tutti con la sua inarrestabile sabbia marmorea.
Aquila e leone, ripresisi, si stavano per rialzare in volo, ma Gilia li fermò sul posto con una serie di Catene d’ombra che li trapassarono. L’ariete lanciò due grandi lame di luce che vanificarono l’oscurità del Cavaliere per poi attaccarlo con due diretti di fila, parati dal grande scudo di Adamantio invocato al posto di Bengala. Si spostò rapido per evitare un attacco combinato di fuoco e vento che, invece, investì l’ariete e immise la sua energia magica nella sabbia ferrosa, innalzandola per un secondo Ruggito della terra.
Ancora una volta fu l’elfo oscuro dall’armatura di leone a vanificare l’attacco del moro, fondendo la sabbia ferrosa, ma ancora più di prima accusò il colpo e cadde a terra in ginocchio.
‹Sei mio.›
«Lancia di Raijin!» esclamò, puntando in avanti la spada avvolta da fulmini neri.
L’ariete tentò disperatamente di difendere il compagno con una barriera di luce, ma essa venne infranta dalla magia del Cavaliere d’Incubo che andò a tagliare in due il leone all’altezza del petto.
‹Fusione mentale?›
‹Fusione mentale!›
Le due aree di sabbia e sabbia ferrosa, ormai miste fra loro, si trasformarono in sabbia marmorea, unita anche a quella ottenuta dalla scomposizione della grande barriera precedentemente eretta.
«Neutralizzate questo! Ruggito della terra!»
Come topi contro le fameliche tigri cardinali, i due Scorpioni rimasti tentarono disperatamente di fuggire, riuscendo ad evitare di essere inghiottiti dalla prima, ma la seconda tigre sabbiosa prese l’ariete nelle fauci e lo inghiottì, schiacciandolo con tutto il peso della terra. Abile con il vento seppur così vicino al marmo nero, l’aquila riuscì a fuggire, solo per venire trafitto da una freccia in fronte e due in petto, per poi trasformarsi in una statua di ghiaccio e andare in frantumi.

 

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Il prossimo capitolo si intitola DRAGHI CONTRO SCORPIONI e sarà pubblicato domenica 29. Si vedranno altri punti di vista della grande battaglia che infervora nella Rocca e l’arrivo di un nuovo, temibile nemico.

  
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