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Autore: KrisJay    15/09/2013    6 recensioni
Bella Swan si è appena trasferita a Los Angeles con la sua figlioletta Allyson. Sta per cominciare una nuova vita lì, cercando di dimenticare il passato che le ha regalato qualche delusione e anche qualche dispiacere. Ci riuscirà, grazie anche all'affetto della sua famiglia, dei nuovi e vecchi amici che la circondano e, naturalmente, grazie ad un nuovo amore che la conquisterà quando meno se lo aspetta...
"«Oh, interessante!» quello, era un modo carino di dire “Non me ne frega niente di ciò che c’è scritto lì sopra, anche se tu me lo stai dicendo ugualmente.”
«Sì, molto interessante… ma non interessante quanto te, Isabella.» il dottor Cullen posò di nuovo la cartella sul tavolo e posò gli occhi su di me, guardandomi intensamente.
Oh, merda.
Ci stava provando con me dopo neanche cinque ore che ci eravamo conosciuti… era la prima volta in assoluto che mi accadeva una cosa simile!
«Eh… Dottor Cullen…»
«Ti prego, Isabella, chiamami Edward.»
«Edward,» dissi, accontentandolo, «non so… che stai facendo?»
«Sto cercando di conoscerti meglio, Isabella. Sai, non mi dispiacerebbe affatto sapere qualcosa in più su di te… in tutti i sensi.» sorrise sghembo, facendomi rabbrividire.
Dio mio, che persona sfacciata!"
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Solo il tempo... - Capitolo24

Ciao a tutte e buona Domenica!
Come sono andati i primi giorni di scuola? Spero bene, ragazze XD oggi per distrarvi dal pensiero che domani dovrete tornarci vi lascio questo nuovo capitolo :D
Non mi perdo troppo in chiacchiere, vi lascio quasi subito alla lettura… solo, vi lascio il link del mio gruppo personale su Facebook: siete tutte invitate a farci un salto, mi farebbe molto piacere ritrovarvi anche qui ;)
Se il tempo mi da una tregua e non fa saltare la corrente – antipatico! -.-‘ – risponderò in giornata alle recensioni dello scorso capitolo, siete state come sempre tanto dolci e carine *-* grazie!
Ci sentiamo al prossimo aggiornamento, che prometto arriverà presto ^-^ un bacione a tutte! Smack!

 
 

Solo il tempo

 
Capitolo 24
Suonai al citofono dopo aver trovato il pulsante corrispondente all’appartamento di Angela. Mentre aspettavo una risposta, abbassai lo sguardo e lo portai sulla figura di Allie, che si guardava attorno tutta incuriosita.
Quel giorno, la sua amichetta Jenny festeggiava il compleanno ed aveva invitato le sue compagne di asilo per stare tutte quante insieme; la festa, da quel che mi aveva detto Angela, sarebbe durata tutta la mattina e tutto il pomeriggio, fino all’ora di cena. Poi, avrebbe spedito suo marito Ben a fare il servizio taxi ed a riaccompagnare le bambine a casa, una per una…
Lei sì che sapeva come sfruttare il suo uomo!
Sarei rimasta un intera giornata senza la mia piccola brontolona, senza sentire la sua voce e la sua risata mentre giocava o combinava un nuovo pasticcio… delusa? No, affatto!
Per quanto volessi bene ad Allyson, per quanto la amassi, avevo bisogno di passare qualche momento da sola, a fare quelle cose che solo i grandi potevano fare… e per di più, Edward sembrava aver organizzato qualcosa per questa giornata, perché mi aveva fatto promettere che lo avrei raggiunto non appena ‘avessi mollato la marmocchia da Angela’.
Ero curiosa di scoprire cosa avesse in mente, e per questo motivo volevo che Angela si sbrigasse ad aprirmi: ero impaziente di raggiungerlo e di vedere con i miei occhi cosa mi aspettava, e volevo anche confessargli ad alta voce i miei desideri.
Magari erano identici ai suoi, ma non potevo saperlo!
Finalmente, il portone si aprì e contemporaneamente sentii la voce della mia nuova amica provenire dal citofono. «Terzo piano, la porta è già aperta!» disse, trafelata.
«Bene! Sentito, amore? Andiamo!» mi rivolsi a mia figlia, e poggiandole la mano sulla schiena la sospinsi verso l’atrio del palazzo.
«Mamma, non ci voglio andare.» mormorò piano, stringendosi contro la mia gamba mentre mi prendeva per mano.
La guardai, sospettosa. «Perché no? Ci sono tutte le tue amiche, potrete giocare tutte quante insieme, e poi c’è la torta!» quale bambino in questo mondo rifiutava una torta di compleanno? Specialmente lei, che era golosa da non crederci! «Abbiamo persino il regalo per Jenny, non vuoi portarglielo?»
«Mi vergogno!» insisté, muovendo le braccia avanti e indietro.
Ah, adesso capivo.
«Ma non devi, sarà come stare a scuola! Solo che con voi ci sarà la mamma di Jenny e non la signorina Worowitz…» sbuffai, non riuscendo più a trovare qualcosa da dire per poterla convincere. Alla fine, mi inginocchiai davanti a lei e le pettinai tra le dita i boccoli biondi che le scendevano sulle spalle. Adoravo i suoi capelli, così lucidi e chiari… «Senti, amore, facciamo una promessa?»
«Che promessa, mamma?»
«Adesso andiamo di sopra, da Jenny, poi la mamma va via e tu resti qui insieme alle altre… e se poi ti annoi, o non vuoi più stare qui, mi chiami ed io ti vengo a prendere; la mamma di Jenny ha il mio numero. Va bene?» le sorrisi, carezzandole i capelli ancora una volta.
Allie, soppesando le mie parole, arricciò le labbra per qualche secondo e alla fine sorrise, annuendo forte con la testa. «Va bene! Devo portargli il mio regalo delle principesse!» urlò, afferrando la busta che tenevo io in una mano.
«Sssh, non urlare! Potrebbe sentirti e allora la sorpresa si rovinerà!» esclamai, ridendo. La abbracciai, baciandole la guancia. «Andiamo di sopra adesso, ci staranno sicuramente aspettando!»
Il tempo di salire le due rampe di scale – chissà come mai, ma a mia figlia piaceva un sacco salire le scale – e ci trovammo di fronte all’appartamento di Angela, da cui provenivano un sacco di voci e di urla. La festa doveva essere già in pieno svolgimento.
«Si può?» dissi ad alta voce non appena fummo dentro. Sbirciai da una entrata ad arco e mi ritrovai in salotto, pieno zeppo di bambine urlanti e che correvano in ogni direzione. Cominciai a ridere nel riconoscere una esasperata Angela che, nel mezzo, cercava di farle stare tranquille.
«Ah, Bella, sei arrivata!» la mia amica trovò in me una sorta di ancora di salvezza, venendo dalla mia parte. «Ciao, Allyson!»
«Abbiamo portato un regalino per Jenny.» dissi, porgendole la busta rosa tutta ricoperta di brillantini.
«Oh, grazie! Non dovevate disturbarvi.»
«È una festa, e in una festa ci vogliono i regali.» risi. «Amore, vuoi andare a giocare insieme alle altre?» domandai poi, rivolgendomi alla bambina.
«Sì! Sì!» urlò, e mi lasciò giusto il tempo di toglierle la giacca prima di scappare via, unendosi alla banda di piccole casiniste che affollavano quella parte della casa.
«Oh, Dio, non arriverò viva a stasera!» squittì Angela, preoccupata.
«Sono solo bambine…» le feci notare, alleggerendo un poco la questione.
«Rettifico: demoni travestiti da bambine! Prendi qualcosa prima di andare via? Non lasciarmi da sola con loro prima di qualche minuto, per favore!»
«Ma… e Ben?» chiesi; in effetti, non mi sembrava di aver visto una figura maschile in giro per casa.
Lei sbuffò, incamminandosi fino ad entrare in cucina. «Se l’è data a gambe, come ha saputo che la festa sarebbe durata tutto il giorno ha organizzato una giornata allo stadio insieme ai suoi cugini… ah, ma stasera non sa che deve riaccompagnarle tutte a casa! Se lo merita!» mi spiegò, versando del succo di frutta in un bicchiere con così tanta foga da rischiare di farlo cadere sulla tovaglia. «Vuoi un biscottino? O una fetta di dolce? Mia madre ha preparato così tante cose… fortuna che c’è lei qui ad aiutarmi!»
Scossi la testa, accettando il bicchiere di succo. «No, grazie, va bene così. Resto solo qualche minuto, Edward mi sta aspettando…»
Angela fermò i suoi movimenti e prese a fissarmi con occhi attenti, gli occhiali le erano scesi lungo il naso e la facevano sembrare una maestrina delle elementari. «Edward, eh? Come vanno le cose tra di voi?»
Sorrisi. «Benissimo, è tutto perfetto. Non potrebbe andare meglio.»
Sorrise anche lei, sistemando alcuni dolcetti su di un vassoio. «Sono contenta! A quando le nozze?»
Feci una smorfia. «È troppo presto per parlare di matrimonio, stiamo insieme da… sei mesi appena. È decisamente presto.»
«Okay, capisco… ma informami quando accadrà.» disse, facendomi l’occhiolino.
Alzai gli occhi al cielo, poi posai il bicchiere vuoto sul tavolo e mi sistemai la borsa sulla spalla. «Devo andare, saluto Allyson e…»
«Vengo con te, così non sarò da sola ad entrare nella tana dei lupi!» borbottò, afferrando il vassoio carico di pasticcini e venendo con me.
Una volta in salotto, impiegai due minuti buoni per attirare l’attenzione di mia figlia, e lei invece ci mise solo due secondi per dirmi ‘ciao!’ e per salutarmi con un bacio frettoloso sulla guancia, troppo entusiasta di tornare a giocare con le sue amichette.
Sorrisi, guardandola: ero sicura che non mi avrebbe chiamato per farsi venire a prendere… anzi, se lo faceva era solo per chiedermi se poteva rimanere di più in quella casa.
 

***

 
Lasciata Allyson ai suoi giochi e divertimenti, risalii in auto e guidando più veloce di quanto facessi solitamente mi impegnai a raggiungere casa di Edward, sul lungomare di Los Angeles. Immaginavo già le splendide giornate estive che avremmo potuto trascorrere insieme, io, lui e Allie, spaparanzati al sole oppure immersi nell’acqua dell’oceano a giocare…
Ma adesso, quello che mi premeva di più era scoprire e immaginare cosa aveva in mente il mio ragazzo per quella giornata.
Gli avevo mandato un sms avvertendolo che stavo per arrivare, e lui aveva risposto con un semplice ‘okay’ e con uno smile decisamente innocui ma che non mi avevano convinta del tutto. Secondo me, lui non aveva nulla di innocuo in mente…
Schioccando la lingua contro il palato, osservai la strada e all’incrocio giusto girai a sinistra, scorgendo facilmente la palazzina dove dovevo andare. Una volta arrivata, parcheggiai al primo posto libero e mi affrettai a scendere per entrare. Eravamo nel mese di Febbraio e non faceva poi così freddo per essere inverno, ma era umido e tirava un po’ di vento; preferivo stare dentro casa che fuori.
Usando le chiavi che Edward mi aveva messo a disposizione, aprii il portoncino e prendendo l’ascensore salii fino all’ultimo piano. Arrivata, aprii anche la porta del suo loft e non feci in tempo ad entrare e a richiuderla che lui già mi aveva imprigionata tra le sue braccia, stringendomi a sé e depositandomi un bacio sul collo.
«Eccoti qui, piccola. Eccoti qui.» mormorò, dondolando sul posto.
Sorrisi, lasciando cadere le chiavi a terra per poterlo abbracciare, e per poter immergere le mani nei suoi capelli, che scoprii erano umidi: doveva aver fatto da poco una doccia. «Sono qui, piccolo.»
Scostandosi, Edward mi guardò in viso e mi regalò per un breve istante il suo sorriso sghembo, quello che amavo da morire e che mi faceva sciogliere ogni volta. Poggiò le mani sulle mie guance e avvicinò il viso al mio, baciandomi piano la bocca.
Non c’era nulla di malizioso in quel bacio, nulla di sconcio o chissà cos’altro: era dolce, dolce e sincero. Ci scambiammo quei baci piccoli e a fior di labbra per non so quanti minuti, interrompendoci di tanto in tanto solo per poterci guardare negli occhi prima di ricominciare.
«Potrei baciarti così tutto il giorno.» mormorai, aggrappandomi al suo collo.
«Io anche per tutta la vita, potrei vivere soltanto grazie ai tuoi baci.» soffiò sulle mie labbra prima di depositarci l’ennesimo bacio della mattinata.
Risi, scuotendo la testa. «Ma come siamo romantici oggi!»
«Ehi, io sono sempre romantico!» esclamò, difendendosi.
«Sì sì, immagino.» risi ancora, allontanandomi per potermi liberare di giacca e borsa: ero qui da almeno una ventina di minuti e ancora non ero riuscita a farlo. «Allora, cosa avevi in mente di fare in questa lunga giornata da soli?»
«Giusto, non ti ho ancora spiegato il mio piano.» Edward mi raggiunse e si appoggiò allo schienale della poltrona, mentre mi osservava posare la borsa sul divano. «Ho intenzione di deliziarti con un bel pranzetto, totalmente preparato da me, e poi potremmo occupare il pomeriggio in un altro mod-uh!» si interruppe, improvvisamente. «Bella, ma che…»
«Che c’è?» domandai, lanciando sul divano la giacca di cui mi ero finalmente liberata.
«Ti… eh… hai il reggiseno in bella mostra, tesoro.» gorgogliò, schiarendosi la gola senza distogliere lo sguardo.
Abbassai gli occhi, portandoli sulla camicetta che indossavo: era bianca, semplice, e lasciava intravedere il mio intimo nero che indossavo al di sotto di essa. Lo avevo fatto apposta a vestirmi in quel modo, ad essere sincera… e per fortuna che Edward non riusciva ad intravedere meglio com’era fatto.
Avrebbe avuto una bellissima sorpresa più tardi, se le cose andavano come speravo.
«Non… non ti piace?» domandai, tornando a guardarlo.
«No, cioè sì! Mi piace, è… nessuno ti ha vista vestita così, vero?» chiese, cambiando tono di voce improvvisamente.
«Ahahah, no! Mi hai vista solo tu, e Allyson, tranquillo.» Edward era geloso, non era la prima volta che mi faceva capire che lo fosse, ma era sempre bello, da una parte, vedere quanto fosse protettivo nei miei confronti. «Posso aiutarti a cucinare?»
«Devi aiutarmi, amore, altrimenti non c’è gusto.»
Per l’ora seguente ci divertimmo a cucinare insieme, anche se erano più le cose che faceva Edward invece di quelle che preparavo io. Aveva preso alla lettera il suo compito di cuoco e mi spiegava ogni passaggio del piatto che stava preparando, mostrandomi il libro di ricette italiane che Esme gli aveva prestato per l’occasione.
Lo osservavo condire con della salsa l’arrosto prima di rimetterlo in forno, poggiata sui gomiti al bancone della cucina e con un bicchiere di vino rosso poggiato accanto. Era attento, preciso nei dettagli, scrupoloso… sexy.
«E mentre l’arrosto continua a cuocere raccogliamo l’acqua per cuocere la pasta!» mi informò, aprendo uno sportello della sua cucina moderna e raccattando una pentola.
«Interessante. Con che hai detto che condirai la pasta?» chiesi, mordendomi le labbra. Cavolo, Edward era veramente sexy mentre cucinava!
«Con funghi, salsiccia e tartufo, buonissima. Spero che sia buono, non come quello di mia madre ma accettabile, perlomeno.» rise, nervoso.
«Oh, sarà sicuramente buonissimo!» lo tranquillizzai e presi un altro sorso di vino… mi corressi, mi scolai tutto il vino che c’era ancora nel bicchiere.
La visione di Edward ai fornelli mi stava facendo uscire fuori di testa, accidenti!
Chiusi gli occhi, cercando di darmi una calmata, e quando li riaprii mi ritrovai davanti il volto di Edward. Se non sapevo che si trovava a pochissimi passi da me, avrei già cominciato ad urlare come una pazza in giro per casa.
Mi osservava, attento, sentivo il suo respiro che fuoriusciva dalle sue labbra dischiuse e che si infrangeva sulle mie, umide. Avrei tanto voluto baciargliele… «E adesso… adesso che si fa?» chiesi in un bisbiglio.
«Aspettiamo che l’acqua arrivi in ebollizione per poter cuocere la pasta.» rispose, bagnandosi le labbra con la punta della lingua.
No, non poteva farmi questo! Potevo restarci secca!
«Capisco… e, che cosa possiamo fare per far passare il tempo?» sperai che avesse già una risposta alla mia domanda… magari identica a quella che mi frullava per la testa.
«Questo, forse?» domandò, per poi poggiare le sue labbra sulle mie.
Oh, era proprio quello che desideravo!
Mi strinsi a lui e, in preda al bacio, intrufolai le mani al di sotto della sua maglietta facendolo gemere sulle mie labbra. Edward mi fece fermare e, cogliendomi di sorpresa, mi prese tra le braccia, sostenendomi per il fondoschiena con le mani.
Continuando a baciarmi, abbandonò la cucina e si diresse verso il soggiorno, prendendo poi posto sulla poltrona. Si sedette lì sopra, facendomi poi sistemare a cavalcioni su di lui… solo allora fece separare le nostre labbra, e solo per poter far aderire le sue sulla pelle del mio collo.
«Non… non dovremmo controllare il gas?» ansimai, persa nel vortice di piacere che mi scatenavano le sue carezze.
«Non serve, amore. Bisogna controllare te, invece…» le sue mani presero a slacciare i bottoni della mia camicetta, uno ad uno, fino a quando questa non si aprì completamente rivelando agli occhi del mio ragazzo il succinto e trasparente completino intimo che indossavo.
Era uno dei miei ultimi acquisti, che avevo preso sotto le insistenze ed i pareri positivi delle mie amiche… e vista la reazione di Edward, avevo fatto bene a spendere quei 50 dollari da Victoria’s Secret.
«Oh, mamma! Bella, sei stupenda!» mugolò, tuffandosi sul mio seno con le labbra e con i denti.
«Ti piace, allora?» mugolai ancora, poggiando le mani sulle sue spalle.
«Mi piace? Lo adoro! Voglio farti capire quanto lo adoro!»
E me lo fece capire bene, quanto aveva apprezzato… molto bene!
 

***

 
«Mhm, non vorrei alzarmi mai più da qui.» mugolai, accoccolandomi meglio sul petto nudo di Edward.
«Neanch’io. Mi piace sentirti così vicina.» Edward ridacchiò, circondandomi le spalle con le sue braccia e baciandomi tra i capelli.
«Di la verità: ti piace sentirmi così nuda e vicina a te…» trattenni a stento una risata mentre alzavo il viso per poterlo osservare bene.
Strinse le labbra e alzò gli occhi al cielo, pensandoci, e alla fine sbuffò. Lo presi come una conferma che avevo ragione.
La giornata dedicata soltanto a noi due stava proseguendo bene, ma che dico bene, benissimo! Non avevamo fatto altro che baciarci, toccarci, e fare sesso… tanto, tanto sesso! Non ricordavo più quand’era stata l’ultima volta che avevo fatto così tanto sesso in una sola giornata.
C’è anche da dire che, se ci fosse stata Allie insieme a noi, potevamo benissimo scordarci le acrobazie orgasmiche sul divano, sulla poltrona, e sul tavolo della cucina.
Dovevo ricordarmi di passarci sopra la candeggina, eliminando così tutte le prove del nostro passaggio…
Lanciai un rapido sguardo al piccolo orologio situato sopra al televisore: erano passate da poco le sei del pomeriggio. Avevamo ancora un paio d’ore di libertà, più o meno, prima del ritorno a casa della mia bambina… potevamo tornare a fare i ricci in calore senza alcun problema.
Mi grattai il naso, muovendomi leggermente sopra al corpo di Edward; nel farlo, strusciai la pancia contro qualcosa, un qualcosa che sembrava anche parecchio sveglio e su di giri…
«Sei già pronto per un nuovo round?» chiesi divertita, mettendomi seduta su di lui. Con le mani carezzai il suo petto e la leggera peluria rossiccia, che scendeva sulla sua pancia fino a giungere , dove si trovava sull’attenti il mio giocattolo preferito.
«Io sono sempre pronto per te, mia adorata.» mi sbeffeggiò lui, posando le mani sui miei fianchi e spingendomi giù, fino a far incontrare le nostre intimità.
Mi piaceva giocare e mi piacevano da morire i preliminari, ma per quel giorno ne avevamo anche avuti fin troppi, fu per questo motivo che decisi di dare un bel taglio alle coccole per poter dare la precedenza al sesso vero e proprio.
Mi sollevai sulle ginocchia, pregustandomi già il piacere che avrei provato nel sentirlo di nuovo prendere posto dentro di me…
…quando il campanello di casa cominciò a suonare.
«Cazzo!» quell’imprecazione mi sfuggì dalle labbra, non potendo proprio farne a meno.
«Lascia perdere, amore, continua, magari vanno via!» Edward mi spronava a continuare, guidandomi verso la sua erezione, ma ormai il nostro momento era stato rovinato.
«No, lascia perdere… vado a vedere chi è.» borbottai, leggermente infastidita, e scesi dal suo corpo e dal suo divano.
«Eh, no! Tu non vai da nessuna parte così nuda! Vado io.» e si alzò anche lui dal divano.
«Ma sei nudo anche tu!» o quel dettaglio gli era improvvisamente sfuggito?
«Metto i pantaloni, saputella dei miei stivali!» dopo aver raccattato i suoi jeans e dopo averli infilati in fretta e furia, si avviò a piedi nudi verso la porta di casa.
Raccattai anche io i miei vestiti, e mi nascosi dietro al divano per poterli indossare senza essere vista dal nuovo arrivato. Avevo appena infilato il reggiseno e le mutandine quando sentii Edward parlare, con tono preoccupato, con qualcuno.
«Stai bene? Rose, non hai un gran bell’aspetto…»
Sbucai con la testa da dietro lo schienale del divano, osservando gli altri due che parlavano poco lontano: anche da quella distanza capii che Edward aveva ragione, Rosalie sembrava un vero e proprio straccio. Era pallida, e sembrava anche un pochino dimagrita…
Aveva preso la varicella anche lei? No, non poteva trattarsi di quello…
«Rose! Che succede?» domandai, lasciando il mio nascondiglio.
«Bella! Per l’amor di Dio, copriti!» mi ammonì Edward, fulminandomi con gli occhi.
«Vi ho interrotti! Non era mia intenzione, non volevo! Mi dispiace tanto…» si scusò Rosalie, preoccupata.
«Ma no, che dici! Beh, è vero, ci hai interrotti, ma non è un problema…»
«Questo lo dici tu!» se ne uscì acidamente Edward guardando storto Rose.
«Senti, Edward, o stai zitto oppure stai zitto! Decidi tu!» incrociai le braccia sul petto, decisa.
«Me ne sto zitto, ho capito… sono di là, a guardare la partita, se avete bisogno di qualcosa fate un fischio.» scrutandoci male, Edward prese la via del corridoio e si rintanò in camera da letto.
Sbuffai, tornando poi a concentrarmi su Rosalie. C’era davvero qualcosa che non andava in lei, e l’aspetto pallido e cadaverico della sua pelle non mi piaceva affatto.
«Non volevo farvi litigare, davvero, se sapevo che eravate nel bel mezzo di una maratona di sesso non sarei mai venuta!» si scusò di nuovo, torcendosi le mani in grembo.
«Non devi preoccuparti, non è successo niente.» le sorrisi, prendendola per mano e guidandola sul divano... quell’altro divano, non quello su cui ci eravamo divertiti io e Edward. «Che succede, tesoro? Mi sembri così… giù.»
Lei non disse nulla, sul momento, limitandosi a togliere la giacca e a guardarsi le mani. «Non sapevo davvero a chi rivolgermi, mi sei venuta in mente tu perché… perché so che ci sei già passata e puoi capirmi.» mormorò, e nel farlo vidi i suoi bellissimi occhi blu diventare lucidi per le lacrime.
«Ehi! Sai che puoi dirmi tutto… che cosa c’è?» chiesi ancora, carezzandole una guancia.
Tirando su col naso, Rosalie afferrò la tracolla della sua borsa e se la poggiò in grembo, prendendo poi a frugarci dentro. Si fermò, per un istante, e alla fine mi porse quello che sembrava…
Oh, cazzo!
 

***

 
Stando a quello che leggevo sul test, Rosalie era incinta di sei settimane, giorno più giorno meno.
Ero sbigottita, sorpresa, scioccata, ammutolita, e chissà quanti altri aggettivi ancora potevano aggiungersi alla lista, ma mi fermai lì. Quella scena era da immortalare come in uno dei quadri di Van Gogh: me e Rosalie sul divano, io poi che me ne stavo tranquillamente seduta in biancheria intima trasparente con in mano il suo test di gravidanza…
Icone dell’arte, altro che la Gioconda!
«Rose, mio Dio, è… è meraviglioso! Un bambino!» riuscii a dire non appena ebbi ritrovato la voce. Sorrisi, distogliendo lo sguardo dal test per puntarlo sul viso della mia amica. «E Emmett lo sa? Che diventerà papà?»
«No, lui… lui non lo sa ancora. No…» mugugnò, sviando il mio sguardo e afferrando una rivista.
La sua reazione mi insospettì, era… strana. Era sicuramente scioccata nell’aver scoperto che c’era un bambino all’interno del suo corpo, ci ero passata anche io d’altronde! Ma c’era qualcosa che non andava.
«Ma glielo dirai? Glielo dirai, sì?» chiesi.
Annuì, mentre girava le pagine del giornale senza veramente guardarle. «Glielo dirò, certo! Voglio prima essere sicura che… che è vero che sono incinta.»
Ridacchiai, tornando a guardare il test. «Credimi, Rose, è vero. Questi cosi difficilmente sbagliano!»
«Ma voglio assicurarmene, Bella!» esplose, con così tanta foga da farmi sussultare sul posto.
«Va bene, capisco…» battei le palpebre, ancora stupita per la sua uscita. «È giusto.»
«Non credevo che avrei avuto un bambino così, su due piedi… non sono neanche sposata, e io ed Emmett ancora non viviamo insieme. Pensavo che sarebbe arrivato… dopo, e non adesso! Se solo quel cretino del mio ragazzo si fosse ricordato di indossare il preservativo, maledizione!»
«Credevo che tu prendessi la pillola…» dissi, cercando di farla parlare ancora: magari così avrei capito il motivo per cui era così mogia e triste all’idea di diventare mamma.
«La prendevo, ma mi ha dato problemi alle gambe: si gonfiavano come zampogne ogni volta che la prendevo, così il ginecologo mi ha detto di interromperla. Io e Emmett siamo andati avanti a preservativi… ma a Capodanno deve essersene dimenticato, eravamo tutti e due brilli e non ci abbiamo fatto caso. Neanche io me ne sono resa conto! Non so come potrebbe reagire all’idea di diventare papà…» nel parlare, aveva cominciato a torcere le pagine della rivista tra le dita fino a strapparle; pezzettini di carta volavano da tutte le parti, adesso.
«Okay, okay, calmati.» mi affrettai a fermarla, stringendole le mani nelle mie. «Stai calma, vedrai che andrà tutto bene. Lunedì vieni in ambulatorio e facciamo le analisi, ti aiuterò io… e se sono positive anche quelle diamo la bella notizia a Emmett. Sarà elettrizzato all’idea di avere un figlio!»
«Tu dici, Bella?» pigolò, con gli occhi che tornavano pian piano lucidi di lacrime. «Non abbiamo mai parlato seriamente di avere bambini, ho paura che sia troppo per lui…»
«Un bambino è una gioia, Rosalie. Non è mai troppo.» oddio, forse lo era. Specialmente se crescendo diventava un baby vandalo della casa… «Tu come stai, invece? Hai già dei sintomi?»
«Me ne sono resa conto per quelli, Bella. Questa settimana non ho fatto altro che vomitare non appena sentivo un odore più forte degli altri. Non riesco più a mettere neanche il mio Obsession senza sentirmi male!»
«Questo ci dà una conferma in più… ma tu devi stare tranquilla, okay? Non devi agitarti, non fa bene né a te e né al bambino…»
Alle mie parole, Rosalie abbassò gli occhi e si guardò la pancia, che coprì poi con le mani come per proteggerla. «Scusa, piccino.»
 

***

 
Rosalie andò via un’ora dopo, con l’umore un po’ più sereno rispetto a quando era arrivata. La chiacchierata che avevamo avuto sembrava averla aiutata, anche se nulla l’avrebbe aiutata veramente, a parte la vicinanza e l’amore che solo Emmett, il suo compagno, poteva regalarle.
Doveva assolutamente dirgli che stavano per diventare genitori; il fatto che voleva tenergli segreta la gravidanza fino a quando non fosse stata certa al 100% del suo stato non mi andava giù… erano solo tre giorni, alla fine, ma secondo me avrebbe fatto meglio a dirgli tutto subito.
Affrontare anche questo piccolo passo insieme era importante, le avrebbe dato più forza. Quando ero rimasta incinta di Allyson raccontai tutto a James senza pensarci su due volte, dato che meritava di sapere quello che stava per accadere nelle nostre vite; mi era rimasto accanto per tutto il tempo delle visite e degli accertamenti che facemmo in seguito, per sapere tutto sulla gravidanza e sullo stato di salute mio e del nostro piccolo. Non mi aveva mai lasciata sola, e gli ero stata riconoscente per questo…
Tutti questi pensieri viaggiavano nella mia mente, mentre chiudevo con lentezza, forse anche troppa lentezza, i bottoni della mia camicetta. Per tutto il tempo in cui Rose era stata lì ero rimasta in intimo, non vergognandomi assolutamente della mia quasi totale nudità: eravamo tra donne, alla fine.
Abbassai gli occhi, portandoli sulla mia pancia; inconsciamente portai le mani su di essa e la accarezzai, sentendola piatta sotto i palmi. Per un istante immaginai che fosse di nuovo rotonda e gonfia, custode del bambino che forse, un giorno, avrei potuto avere insieme a Edward…
Edward avrebbe voluto dei bambini da me? Non avevo una risposta sicura a questa domanda.
Stringendo le labbra, tolsi le mani dalla pancia e camminai verso la camera di Edward; si era rintanato lì da quando era arrivata Rosalie e non ne era ancora uscito. Era meglio andarlo a controllare prima che mi morisse di solitudine.
Senza bussare, aprii la porta e lo trovai spaparanzato sulla poltroncina, sempre a petto nudo e con il telecomando stretto in mano. Il televisore era acceso, sintonizzato sul canale sportivo, ma lui non lo degnava di una sola occhiata per il semplice motivo che dormiva.
Ridacchiai, avvicinandomi. Alcune volte era assurdo, diceva di dover fare un sacco di cose ma alla fine non ne riusciva a finire neanche una. Come adesso, aveva detto che avrebbe guardato la partita e invece… chissà da quanto tempo se la ronfava!
«Ehi, campione, svegliati!» lo scossi per le spalle cercando di farlo tornare nel mondo dei vivi.
Cominciò a mugugnare, infastidito dal mio tocco. «Smettila, mamma…»
Trattenni una nuova risata, ma avrei fatto meglio a ridere ad alta voce vista la situazione: forse si sarebbe svegliato prima. «Dai, su, apri gli occhi e osserva quanto è bello il mondo!»
Edward alla fine socchiuse gli occhi, ancora gonfi di sonno, e sorrise. «È veramente bello questo mondo.» bisbigliò, carezzandomi la guancia.
Poggiai la mia mano sulla sua e ricambiai il sorriso, un po’ smarrita per via della dolcezza che sentivo nella sua voce. Era così bello, anche se aveva l’aspetto di uno che era appena sceso dal letto dopo aver dormito poche ore… non avrei potuto fare a meno di osservarlo ogni mattina, tutte le mattine della mia vita.
E un piccolo lampo di comprensione prese vita nella mia testa: non sapevo se Edward avrebbe voluto stare con me per sempre, o se avrebbe voluto avere dei bambini da me… io, però, sapevo che non avrei mai più potuto fare a meno di lui, e che lo avrei amato sempre, al di là di qualsiasi cosa che sarebbe accaduta da quel momento in avanti.

   
 
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