Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: redseapearl    17/09/2013    12 recensioni
“Ecco, il giornale!” esclamò, del tutto fuori luogo. Gli altri due lo guardarono come se si trattasse di un pazzo. Kise si affrettò a spiegare. “Riguarda quello che stavamo dicendo prima. Ho notato che tutte le ragazze oggi stanno leggendo il giornale della scuola in modo… come dire… appassionato.”
Kise e Aomine guardarono Kuroko nella speranza che lui potesse risolvere quell’enigma al femminile.
“Ehm… probabilmente è dovuto alla storia che è stata pubblicata proprio oggi” spiegò l’interpellato come se fosse la cosa più logica del mondo. Tuttavia, vedendo le espressioni da triglia lessa dei due amici, realizzò che doveva essere più chiaro. “Sul giornale di oggi hanno pubblicato il primo capitolo di una fiction. Si prospetta essere una storia d’amore, suppongo sia per questo che molte ragazze ne siano attratte.”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Anonymous

 

 

Una notte difficile

 

 

 

Il letto di Kise era stato rivestito di lenzuola pulite per rispetto all’ospite e il futon sistemato sul pavimento lì di fianco. Kise stava nuotando da cinque minuti buoni nel proprio cassettone alla ricerca di un pigiama da prestare all’amico.

“Lo so che ti scoccia rimanere, puoi dirlo tranquillamente, non mi offendo” disse con voce neutra e sicura. Non si aspettava una risposta da Aomine, e in verità la sua non era una vera e propria richiesta di conferma: sapeva che era così, punto e basta.

Aomine non era tanto sicuro che se avesse detto una cosa del genere Kise l’avrebbe presa positivamente, inoltre non sarebbe stata neanche la verità. “Non sono scocciato, sono solo stato preso alla sprovvista.”

“I miei sono solo molto… ospitali. Mio padre non voleva che te ne andassi in giro da solo a quest’ora, anche se penso che alla fine lo abbiano fatto più per me…” Finalmente Kise trovò quello che stava cercando e porse ad Aomine un proprio pigiama a tinta unita, color carta da zucchero. “Dovrebbe starti bene.”

Il compagno afferrò gli indumenti senza degnar loro neanche di uno sguardo. La sua attenzione era tutta rivolta a Kise e a quello che aveva appena detto. “Che vuol dire che lo hanno fatto per te?”

“Ah!” Kise si rese conto solo in quel momento di ciò che aveva detto. Doveva proprio iniziare un corso per imparare a controllare meglio le parole ed evitare di finire in situazioni tanto ambigue. Iniziò a grattarsi la nuca, lo faceva sempre quando era nervoso, persino Aomine lo sapeva. “Niente, mi sono espresso male.”

Aomine sbuffò e gettò il pigiama sul letto. “Lo so che mi pentirò di quello che sto per dire, ma… ti preferivo com’eri prima.” Cominciò a spogliarsi e per prima cosa aprì la fibbia della cintura.  

Kise sembrò pietrificarsi a quel gesto, come se non avesse considerato il fatto che per infilarsi il pigiama l’amico doveva necessariamente togliersi i vestiti attuali di dosso e rimanere, anche se per breve, parzialmente nudo nella sua stanza, davanti ai suoi occhi. “P-prima?”

“Sì, prima.” Aomine passò alla patta dei pantaloni con gesto meccanico, senza effettivamente riflettere sui movimenti da compiere, ma seguendo l’abitudine di sempre fino a muovere le mani in modo quasi involontario, dimentico che Kise non lo guardava come un semplice compagno di squadra. “Quando parlavi sempre e non ti rimangiavi ogni cosa che dicevi.”

“Forse perché non abbiamo mai parlato d’altro che di futilità.”

Aomine si bloccò nell’esatto momento in cui stava per calarsi i pantaloni. Fissò lo sguardo in quello di Kise e finalmente, dopo tanto tempo, questi glielo restituiva senza distogliere gli occhi. Era un passo importante nella loro amicizia. Era vero che non avevano mai parlato di nulla di serio, solo basket, frecciatine sulle sue fan e qualche vago cenno alla scuola, ma niente di più personale o che richiedesse qualche minuto di riflessione e confidenza. Doveva calibrare bene le parole. Se era finito in quella casa era proprio per riappacificarsi una buona volta con lui. Momoi il giorno dopo gli avrebbe richiesto come minimo la cronaca minuto per minuto del loro incontro, e se non avesse avuto una risposta che la soddisfacesse, al confronto la logorrea di Kaori sarebbe stata rilassante da ascoltare come un cd di musica lounge. “Io…” La suoneria del cellulare interruppe le sue parole.

Calò la mano nella tasca anteriore, facendo abbassare di qualche centimetro il bordo dei pantaloni e mettere in evidenza l’elastico dei boxer. Sul display lesse il nome di Momoi. Sospirò e pigiò il tasto verde.

“Dai-chan, come è andata?” strillò lei così forte che anche Kise la sentì. Di fatti non trattenne una risata.

“Sono ancora a casa di Kise” rispose l’amico, irritato.

“Come? Sei ancora lì? Dormi da lui? Allora avete fatto pace?”

“Ti racconto tutto domani, adesso chiudi!” berciò Aomine e richiuse il cellulare prima che Momoi dall’altra parte potesse controbattere. “E tu smettila di ridere!”

Momoicchi è davvero un’amica molto altruista.”

“Anche troppo…” Aomine aveva la netta sensazione che si fosse dimenticato qualcosa, ma proprio non riusciva a ricordare. “Allora, dove eravamo rimasti?” chiese e si calò in un solo colpo i pantaloni. La maglia era abbastanza lunga e morbida da coprirgli l’inguine, ma non appena si liberò la caviglia sinistra dall’indumento e sollevò l’altra per afferrarlo, Kise poté scorgere le sue zone intime senza problemi.

“Vado a lavarmi i denti e torno” annunciò e, preso il suo pigiama, uscì dalla stanza più rigido di uno stoccafisso.

“Oh cazzo, me l’ero scordato” si disse Aomine, avvezzo a cambiarsi negli spogliatoi davanti a tutti. Tanto valeva finire lo spogliarello e infilarsi il pigiama, così almeno avrebbe tirato fuori entrambi da quella imbarazzante situazione. Poggiò i vestiti sulla sedia a ridosso della scrivania e prese tra le mani il morbido indumento da notte di cotone, fresco di bucato. Era incredibile come nonostante le famiglie fossero diverse, certi profumi, certi colori, certi piccoli dettagli fossero comuni a tutte. “Merda! Non ho avvisato mia madre!” Ecco cosa aveva dimenticato.

Prese il telefono e compose il numero di casa: questa volta una lavata di capo non gliela avrebbe tolta nessuno.

 

Intanto, nel bagno, Kise si stava raffreddando la faccia per la quinta volta con acqua gelida. Aveva usato la prima scusa che gli era venuta in mente per uscire dalla stanza: vedere Aomine spogliarsi davanti ai propri occhi era più di quanto potesse sopportare. Si stava maledicendo anima e corpo per non essere riuscito a mantenere un atteggiamento più naturale. Se andava avanti così finiva che si sarebbe fatto scoprire molto presto.

Si tamponò il volto con un asciugamano e controllò allo specchio che non vi fosse rimasta nessuna traccia di imbarazzo sulla pelle: la carnagione era ritornata chiara e uniforme. Guardò anche nelle zone basse, lì dove qualcosa, tutt’altro che pudica, aveva iniziato a fare bella mostra di sé. L’acqua fredda aveva spento i suoi bollenti spiriti. Tutto era ritornato al proprio posto.

Si svestì e indossò il proprio pigiama lentamente, prendendosi tutto il tempo possibile. Voleva assicurarsi che Aomine fosse interamente coperto dal collo alle caviglie quando sarebbe tornato nella camera.

Si lavò i denti con cura e anche qui li spazzolò piano, con molta calma.

Era terribile da ammettere, ma si sentiva agitato. Avevano lasciato in sospeso un argomento scottante. Ormai Aomine non tollerava più risposte evasive da parte sua, per cui l’unica cosa saggia da fare sarebbe stato dire la verità. Dopotutto, come poteva pretendere di avere la sua amicizia se non si mostrava sincero, almeno in parte?

Quanto ebbe finito tutto, ritornò indietro. Aprì la porta e l’immagine di Aomine quasi integralmente nudo, fatto salvo per la biancheria intima, semisdraiato sul suo letto mentre parlava al telefono rischiò seriamente di mandargli il cervello in tilt. Perché non si era ancora rivestito?

“Ok, stai tranquilla. Ciao.” Aomine chiuse la chiamata di colpo non appena Kise aveva fatto il suo ingresso. Non si era accorto di aver perso tanto tempo al telefono. Si mostrò persino sorpreso di vederlo e lo guardò in modo molto strano. “Credo che mia madre sia una tua fan segreta.”

“Sarebbe un onore” celiò Kise per distrarsi da quello spettacolo tanto provocante.

“Si è incazzata come una biscia per l’ora tarda e appena le ho detto che sarei rimasto a dormire da te si è addolcita di colpo.” Si tirò su a sedere e iniziò a infilarsi il pigiama che ancora non aveva avuto il tempo di indossare. Chissà cosa stava pensando Kise in quel momento nel vederlo così.

“Probabilmente si è solo tranquillizzata perché sa che sei rimasto a casa di un amico: se fosse stato qualcun altro non avrebbe fatto differenza.”

“No, non credo. Ultimamente mi vedeva tornare prima del solito, da quando non mi ammorbi più con i tuoi one on one. Era preoccupata che ti avessi fatto qualcosa di male, per questo è contenta nel sapermi con te.”

Ora che Aomine si era finalmente coperto, Kise poté rilassarsi e comportarsi come sempre. “Mh, secondo me è solo contenta che da oggi in poi non ti avrà più tra i piedi in casa la sera presto!”

“Vai al diavolo!” rimbrottò Aomine, suscitando l’ilarità di Kise.

“Ritornando al discorso di prima…” riprese questi, improvvisamente serio, “… anche i miei si sono preoccupati, per lo stesso motivo di tua madre. Per questo ti hanno ‘costretto’ a restare qui. Lo hanno fatto perché pensavano… be’, che mi avrebbe reso felice.”

Il candore e il lieve tentennamento con cui Kise si stava confidando con l’amico era a dir poco disarmante. Se Aomine non avesse saputo dei suoi veri sentimenti, avrebbe considerato tutto quel discorso solo una cosa da poppanti o femminucce, tuttavia conosceva il significato recondito di quelle parole. Prese pieno possesso del letto. Si sdraiò portando le braccia dietro la testa e incrociò le caviglie. Osservò il soffitto qualche secondo per pensare a cosa dire. Poi, capì che pensarci troppo non portava a niente. Kise era sempre Kise, non doveva farsi mille e più problemi. Doveva solo essere sé stesso, anche se proprio questo lo aveva portato ad avere uno screzio con lui, ma non si può pretendere in fondo di andare sempre d’accordo con una persona. Anche con Momoi aveva litigato tante volte e alla fine erano sempre tornati amici. “Da come lo dici sembra che i tuoi mi vedano come un animaletto da compagnia per il loro bambino piagnucoloso.”

“E poi ti lamenti del fatto che ultimamente mi rimangio le cose. Con certe risposte che dai, cosa pretendi?” Kise si infilò tra le coperte del futon e sbadigliò rumorosamente. La mezzanotte era passata da un pezzo e la stanchezza si faceva sentire.

Per fortuna l’indomani era sabato e non c’era scuola.

“Oggi è uscito sul giornale il terzo capitolo” annunciò senza preavviso Aomine.

Kise sbarrò gli occhi per la notizia, la stanchezza si dileguò in un istante. “E me lo dici solo ora?”

“Ora o prima non fa differenza.” Questa volta fu Aomine a sbadigliare. Si infilò sotto le coperte nella speranza che Kise capisse che non voleva più chiacchierare.

“Dobbiamo riprendere le ricerche, ma sembra che abbiamo esaurite le piste. Cosa possiamo tentare?”

“Non lo so e sono troppo stanco per pensarci. Ne riparliamo domani.” Non era stata una mossa intelligente rivelare quella notizia a Kise poco prima di andare a dormire.

“Va bene. Buonanotte, Aominecchi” augurò e allungò un braccio verso il comodino dietro di lui per spegnere la lampada.

“’Notte” biascicò l’altro in risposta.

Passarono appena due minuti di pace, quando Kise frantumò il silenzio. “Aominecchi…”

Aomine fu tentato di non rispondere e fingere di essersi già addormentato, ma Kise lo richiamò una seconda volta e capì che lo avrebbe fatto finché non avesse risposto. “Che c’è?” La sua voce tradiva sonnolenza e irritazione insieme, ma l’altro non se ne curò.

“Hai detto di aver letto la storia. Di che parla di preciso?”

“Ti sembra orario?”

“Sei tu che hai uscito il discorso per primo.”

E Aomine non poteva dargli torto. Era stato un coglione, doveva ammetterlo. “Due tipi… che giocano a basket… e si innamorano…”

“Potresti essere un po’ più specifico?”

In risposta arrivò un sonoro sbuffò. “Se te lo dico, poi mi fai dormire?”

“Sì.”

“Il tuo doppio chiede al mio doppio di insegnargli a giocare a basket. In realtà il tuo doppio è follemente innamorato del mio, ma questo lo si scopre solo nel secondo capitolo. Quando il tuo doppio si infortuna durante una partita, il mio lo va a trovare e capisce che anche lui è innamorato.” Aomine tacque e Kise capì che il racconto era terminato.

Aominecchi, fai proprio schifo a raccontare.”

“Se ti interessa tanto leggitela da solo.”

“Lo farò. Allora, buonanotte.”

Aomine non rispose, segno che per lui le ciance erano arrivate al capolinea.

Kise si voltò su un fianco, nella posizione che meglio gli conciliava il sonno. Erano giorni che non andava a dormire così rilassato e… felice. Sì, avrebbe davvero dovuto ringraziare Momoi per aver costretto Aomine ad andare da lui e chiarirsi. Si sentiva così leggero, ma al contempo scosso. La gioia traboccante unita al pensiero che lì, a meno di un metro da lui, c’era Aomine addormentato non aiutavano il suo cervello ad assopirsi. Tentò di restare fermo e non pensare a niente, lasciando che la mente scivolasse nell’oblio del sonno dolcemente, ma il suono del respiro di Aomine o il fruscio delle coperte che generava quando si muoveva gli ricordavano costantemente della sua presenza.

Si girò verso di lui, ma non poteva vederlo. Solo una mano faceva capolino oltre il bordo del materasso. Si alzò in piedi, silenzioso come un gatto. Aomine aveva l’altra mano sotto il cuscino e la testa rivolta per tre quarti verso il suo lato. Le labbra erano dischiuse e il respiro cadenzato e regolare. Non c’erano dubbi: stava dormendo, beato lui.

Un’idea maliziosa gli solleticò la fantasia. Di sicuro non avrebbe avuto occasione migliore di quella per metterla in atto. Era folle, rischioso, ma sapeva che se non lo avesse fatto se ne sarebbe pentito per sempre. Si chinò lentamente, pronto a scattare all’indietro se mai l’altro avesse dato cenno di svegliarsi. Tirò indietro i ciuffi della frangia per non solleticargli il viso. Trattenne persino il respiro in modo istintivo. Infine, giunse alla meta. Posò le labbra su quelle dell’altro in un contatto appena accennato. Aomine non si mosse. Kise osò andare oltre. Premette maggiormente le labbra fino a rubare un vero e proprio bacio a stampo. Era deliziosa la sensazione del respiro di Aomine mentre gli lambiva la guancia. Inspirò il profumo della sua pelle, saturandosi i polmoni della sua fragranza naturale. La bocca dello stomaco si contrasse e un brivido gli serpeggiò lungo tutto il corpo. A malincuore dovette sollevarsi. Aveva cercato di respirare il meno possibile e ora il suo corpo richiedeva ossigeno.

Quando riportò il voltò ad una distanza di sicurezza da quella dell’altro, sbarrò gli occhi nel vedere un paio di iridi blu fissarlo, immobili.

Aominecchi…?” Non ebbe il tempo di impensierirsi o di riflettere sul perché Aomine, nonostante fosse sveglio, non gli avesse impedito di baciarlo. La mano dell’amico si strinse attorno la maglia del suo pigiama e, con un violento strattone, fu tirato in giù, sbattendo con la faccia contro il cuscino. Aomine lo costrinse a girarsi verso di lui, muovendolo come se fosse un burattino nelle sue mani, e si mise sopra, bloccandogli ogni via di fuga con il proprio corpo.

Kise si irrigidì completamente, quasi le sue membra si fossero marmorizzate, pronto ad incassare qualsiasi colpo violento sarebbe arrivato. Chiedere scusa non sarebbe valso a nulla, lo sapeva. Tanto valeva affrontare la propria punizione per tanta stupida audacia. Chiuse gli occhi, pronto ad incassare senza ribellarsi, ma ciò che ricevette fu tutt’altro che un pugno.

Aomine si impossessò delle sue labbra così violentemente da rischiare di fargli male con i denti. Con la lingua gli forzò la bocca ad aprirsi e Kise, succube della sorpresa, assecondò quel bacio famelico. Aomine era a dir poco prepotente, gli sbuffava soffi roventi di fiato sul volto e più che baciare sembrava lottare. Le mani non restarono inoperose. Si insinuarono sotto il pigiama, toccando, graffiando, artigliando ogni lembo di pelle su cui si posavano: al loro passaggio Kise sentiva la propria carne andare a fuoco, ma in un modo del tutto piacevole.

Un sospetto terribile, che spiegasse quanto stava accadendo, fece capolino nella sua mente.

Gli sfuggì un grido di sorpresa e delizia, prontamente ingoiato da Aomine attraverso quel bacio infinito, quando quelle belle e grandi mani si infilarono con una facilità impressionante nelle mutande. Le dita iniziarono a farlo godere in ogni modo possibile, ora dolce, ora selvaggio a seconda che l’apice del piacere si avvicinava o si allontanava.

Finalmente, Kise, recuperata un po’ di lucidità, deciso a godersi il momento, si attivò per giocare la propria parte. In men che non si dica ogni indumento fu scaraventato a terra, finché i muscoli nudi di entrambi non si strusciarono reciprocamente.

Bellissimo, era tutto ciò a cui Kise riusciva a pensare. Non occorrevano troppi giri di parole per esprimere quanto fosse meravigliosa la sensazione di avere Aomine sopra di sé, tra le proprie gambe, pronto a farlo suo. Chiuse gli occhi per assaporare meglio la sensazione. Era tutto così perfetto, proprio come nelle sue più proibite fantasie, proprio come nei suoi più impronunciabili desideri, proprio come un…

Aprì gli occhi e si ritrovò ancora una volta nel proprio futon. Non era la prima volta che gli capitava di sognare una simile situazione. Il più delle volte l’ambientazione era la palestra della scuola, alla fine dell’ultimo one on one della serata; qualche altra invece era lo spogliatoio. Per lo più si trattava di fantasie erotiche stimolate da situazioni reali che rispondevano ad una semplice domanda: come sarebbe farlo qui e adesso?

Questa volta invece il sogno era stato più vivido, realistico, quasi tangibile, di sicuro stimolato dalla vicinanza di Aomine e dalla situazione completamente nuova. Deluso e irritato, si portò una mano in mezzo alle gambe: le fantasie si erano dissolte ma il loro effetto no. Come ogni volta, gli toccava porre rimedio da sé. Si alzò piano e, una volta in piedi, gettò uno sguardo al compagno, beatamente assopito in una posa scomposta, infantile: avrebbe persino osato definirlo innocente. Si diresse verso il bagno e si rinchiuse finché ogni goccia di passione non fu portata via assorbita da diversi strappi di carta igienica giù per lo sciacquone. Non certo la conclusione che sperava.

Assonnato e sfiancato ritornò in camera. Aomine non si era mosso e il suo respiro era l’unico suono udibile. Fu tentato di realizzare, almeno per la primissima parte, il proprio sogno, ma sapeva che sarebbe stata solo una tortura. Ottenere con l’inganno un bacio non gli avrebbe dato soddisfazione, inoltre il solo pensiero che quelle labbra non sarebbero mai potute essere sue una seconda volta e per volontà del loro padrone era sufficiente a stemperare ogni shakespeariana iniziativa.

Si coricò con il pensiero che l’indomani mattina avrebbe indossato la solita maschera sorridente da amico e compagno di squadra.  

 

 

Note dell’autrice

Anche questa volta ce l’ho fatta!! Dunque, ridendo e scherzando siamo arrivati al capitolo 9 e mi sono accorta che qui le cose ancora non si decidono a decollare, per cui ho dovuto trovare una scappatoia per giustificare un attimino quel rating arancione che ho messo XD

Il sistema è vecchio, ma sempre efficace e (soprattutto) comodo.

Vorrei approfittare di queste note a fine capitolo per inserirci un bell’annuncio pubblicitario.

In collaborazione con Kalahari, sta prendendo vita una fanfic a quattro mani su un crack pairing che per puro caso abbiamo scoperto di amare entrambe: Kise Ryota x Himuro Tatsuya <3  Speriamo vivamente che, quando pubblicheremo il primo capitolo, la nostra storia possa piacere anche a chi, magari, non aveva mai preso in considerazione un’accoppiata tra questi due baldi giovani *ç*

Concluso qui lo spazio pubblicitario e vi ricordo che non mi offendo se vorrete recensire ;) Al prossimo capitolo!!

   
 
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