Anonymous
Una
notte difficile
Il letto di Kise
era stato rivestito di lenzuola pulite per rispetto all’ospite e il futon sistemato
sul pavimento lì di fianco. Kise stava nuotando da
cinque minuti buoni nel proprio cassettone alla ricerca di un pigiama da
prestare all’amico.
“Lo so che ti scoccia rimanere, puoi dirlo
tranquillamente, non mi offendo” disse con voce neutra e sicura. Non si
aspettava una risposta da Aomine, e in verità la sua
non era una vera e propria richiesta di conferma: sapeva che era così, punto e
basta.
Aomine
non era tanto sicuro che se avesse detto una cosa del genere Kise l’avrebbe presa positivamente, inoltre non sarebbe
stata neanche la verità. “Non sono scocciato, sono solo stato preso alla
sprovvista.”
“I miei sono solo molto… ospitali. Mio padre non
voleva che te ne andassi in giro da solo a quest’ora, anche se penso che alla
fine lo abbiano fatto più per me…” Finalmente Kise
trovò quello che stava cercando e porse ad Aomine un
proprio pigiama a tinta unita, color carta da zucchero. “Dovrebbe starti bene.”
Il compagno afferrò gli indumenti senza degnar loro
neanche di uno sguardo. La sua attenzione era tutta rivolta a Kise e a quello che aveva appena detto. “Che vuol dire che
lo hanno fatto per te?”
“Ah!” Kise si rese conto
solo in quel momento di ciò che aveva detto. Doveva proprio iniziare un corso
per imparare a controllare meglio le parole ed evitare di finire in situazioni
tanto ambigue. Iniziò a grattarsi la nuca, lo faceva sempre quando era nervoso,
persino Aomine lo sapeva. “Niente, mi sono espresso
male.”
Aomine
sbuffò e gettò il pigiama sul letto. “Lo so che mi pentirò di quello che sto
per dire, ma… ti preferivo com’eri prima.” Cominciò a spogliarsi e per prima
cosa aprì la fibbia della cintura.
Kise
sembrò pietrificarsi a quel gesto, come se non avesse considerato il fatto che
per infilarsi il pigiama l’amico doveva necessariamente togliersi i vestiti
attuali di dosso e rimanere, anche se per breve, parzialmente nudo nella sua
stanza, davanti ai suoi occhi. “P-prima?”
“Sì, prima.” Aomine passò
alla patta dei pantaloni con gesto meccanico, senza effettivamente riflettere
sui movimenti da compiere, ma seguendo l’abitudine di sempre fino a muovere le mani
in modo quasi involontario, dimentico che Kise non lo
guardava come un semplice compagno di squadra. “Quando parlavi sempre e non ti
rimangiavi ogni cosa che dicevi.”
“Forse perché non abbiamo mai parlato d’altro che di
futilità.”
Aomine
si bloccò nell’esatto momento in cui stava per calarsi i pantaloni. Fissò lo
sguardo in quello di Kise e finalmente, dopo tanto
tempo, questi glielo restituiva senza distogliere gli occhi. Era un passo
importante nella loro amicizia. Era vero che non avevano mai parlato di nulla
di serio, solo basket, frecciatine sulle sue fan e qualche vago cenno alla
scuola, ma niente di più personale o che richiedesse qualche minuto di
riflessione e confidenza. Doveva calibrare bene le parole. Se era finito in
quella casa era proprio per riappacificarsi una buona volta con lui. Momoi il giorno dopo gli avrebbe richiesto come minimo la
cronaca minuto per minuto del loro incontro, e se non avesse avuto una risposta
che la soddisfacesse, al confronto la logorrea di Kaori sarebbe stata
rilassante da ascoltare come un cd di musica lounge.
“Io…” La suoneria del cellulare interruppe le sue parole.
Calò la mano nella tasca anteriore, facendo
abbassare di qualche centimetro il bordo dei pantaloni e mettere in evidenza
l’elastico dei boxer. Sul display lesse il nome di Momoi.
Sospirò e pigiò il tasto verde.
“Dai-chan, come è andata?”
strillò lei così forte che anche Kise la sentì. Di
fatti non trattenne una risata.
“Sono ancora a casa di Kise”
rispose l’amico, irritato.
“Come? Sei ancora lì? Dormi da lui? Allora avete
fatto pace?”
“Ti racconto tutto domani, adesso chiudi!” berciò Aomine e richiuse il cellulare prima che Momoi dall’altra parte potesse controbattere. “E tu
smettila di ridere!”
“Momoicchi è davvero
un’amica molto altruista.”
“Anche troppo…” Aomine
aveva la netta sensazione che si fosse dimenticato qualcosa, ma proprio non riusciva
a ricordare. “Allora, dove eravamo rimasti?” chiese e si calò in un solo colpo
i pantaloni. La maglia era abbastanza lunga e morbida da coprirgli l’inguine,
ma non appena si liberò la caviglia sinistra dall’indumento e sollevò l’altra
per afferrarlo, Kise poté scorgere le sue zone intime
senza problemi.
“Vado a lavarmi i denti e torno” annunciò e, preso
il suo pigiama, uscì dalla stanza più rigido di uno stoccafisso.
“Oh cazzo, me l’ero scordato” si disse Aomine, avvezzo a cambiarsi negli spogliatoi davanti a
tutti. Tanto valeva finire lo spogliarello e infilarsi il pigiama, così almeno
avrebbe tirato fuori entrambi da quella imbarazzante situazione. Poggiò i
vestiti sulla sedia a ridosso della scrivania e prese tra le mani il morbido indumento
da notte di cotone, fresco di bucato. Era incredibile come nonostante le
famiglie fossero diverse, certi profumi, certi colori, certi piccoli dettagli
fossero comuni a tutte. “Merda! Non ho avvisato mia madre!” Ecco cosa aveva
dimenticato.
Prese il telefono e compose il numero di casa:
questa volta una lavata di capo non gliela avrebbe tolta nessuno.
Intanto, nel bagno, Kise si stava raffreddando la faccia per la quinta volta
con acqua gelida. Aveva usato la prima scusa che gli era venuta in mente per
uscire dalla stanza: vedere Aomine spogliarsi davanti
ai propri occhi era più di quanto potesse sopportare. Si stava maledicendo
anima e corpo per non essere riuscito a mantenere un atteggiamento più
naturale. Se andava avanti così finiva che si sarebbe fatto scoprire molto
presto.
Si tamponò il volto con un asciugamano e controllò
allo specchio che non vi fosse rimasta nessuna traccia di imbarazzo sulla
pelle: la carnagione era ritornata chiara e uniforme. Guardò anche nelle zone
basse, lì dove qualcosa, tutt’altro che pudica, aveva iniziato a fare bella
mostra di sé. L’acqua fredda aveva spento i suoi bollenti spiriti. Tutto era
ritornato al proprio posto.
Si svestì e indossò il proprio pigiama lentamente,
prendendosi tutto il tempo possibile. Voleva assicurarsi che Aomine fosse interamente coperto dal collo alle caviglie quando
sarebbe tornato nella camera.
Si lavò i denti con cura e anche qui li spazzolò
piano, con molta calma.
Era terribile da ammettere, ma si sentiva agitato.
Avevano lasciato in sospeso un argomento scottante. Ormai Aomine
non tollerava più risposte evasive da parte sua, per cui l’unica cosa saggia da
fare sarebbe stato dire la verità. Dopotutto, come poteva pretendere di avere
la sua amicizia se non si mostrava sincero, almeno in parte?
Quanto ebbe finito tutto, ritornò indietro. Aprì la
porta e l’immagine di Aomine quasi integralmente
nudo, fatto salvo per la biancheria intima, semisdraiato sul suo letto mentre
parlava al telefono rischiò seriamente di mandargli il cervello in tilt. Perché
non si era ancora rivestito?
“Ok, stai tranquilla. Ciao.” Aomine
chiuse la chiamata di colpo non appena Kise aveva
fatto il suo ingresso. Non si era accorto di aver perso tanto tempo al
telefono. Si mostrò persino sorpreso di vederlo e lo guardò in modo molto
strano. “Credo che mia madre sia una tua fan segreta.”
“Sarebbe un onore” celiò Kise
per distrarsi da quello spettacolo tanto provocante.
“Si è incazzata come una biscia per l’ora tarda e
appena le ho detto che sarei rimasto a dormire da te si è addolcita di colpo.”
Si tirò su a sedere e iniziò a infilarsi il pigiama che ancora non aveva avuto
il tempo di indossare. Chissà cosa stava pensando Kise
in quel momento nel vederlo così.
“Probabilmente si è solo tranquillizzata perché sa
che sei rimasto a casa di un amico: se fosse stato qualcun altro non avrebbe
fatto differenza.”
“No, non credo. Ultimamente mi vedeva tornare prima
del solito, da quando non mi ammorbi più con i tuoi one
on one. Era preoccupata che ti avessi fatto qualcosa
di male, per questo è contenta nel sapermi con te.”
Ora che Aomine si era
finalmente coperto, Kise poté rilassarsi e
comportarsi come sempre. “Mh, secondo me è solo
contenta che da oggi in poi non ti avrà più tra i piedi in casa la sera
presto!”
“Vai al diavolo!” rimbrottò Aomine,
suscitando l’ilarità di Kise.
“Ritornando al discorso di prima…” riprese questi,
improvvisamente serio, “… anche i miei si sono preoccupati, per lo stesso
motivo di tua madre. Per questo ti hanno ‘costretto’ a restare qui. Lo hanno
fatto perché pensavano… be’, che mi avrebbe reso felice.”
Il candore e il lieve tentennamento con cui Kise si stava confidando con l’amico era a dir poco
disarmante. Se Aomine non avesse saputo dei suoi veri
sentimenti, avrebbe considerato tutto quel discorso solo una cosa da poppanti o
femminucce, tuttavia conosceva il significato recondito di quelle parole. Prese
pieno possesso del letto. Si sdraiò portando le braccia dietro la testa e
incrociò le caviglie. Osservò il soffitto qualche secondo per pensare a cosa
dire. Poi, capì che pensarci troppo non portava a niente. Kise
era sempre Kise, non doveva farsi mille e più
problemi. Doveva solo essere sé stesso, anche se proprio questo lo aveva
portato ad avere uno screzio con lui, ma non si può pretendere in fondo di
andare sempre d’accordo con una persona. Anche con Momoi
aveva litigato tante volte e alla fine erano sempre tornati amici. “Da come lo
dici sembra che i tuoi mi vedano come un animaletto da compagnia per il loro
bambino piagnucoloso.”
“E poi ti lamenti del fatto che ultimamente mi
rimangio le cose. Con certe risposte che dai, cosa pretendi?” Kise si infilò tra le coperte del futon e sbadigliò
rumorosamente. La mezzanotte era passata da un pezzo e la stanchezza si faceva
sentire.
Per fortuna l’indomani era sabato e non c’era
scuola.
“Oggi è uscito sul giornale il terzo capitolo”
annunciò senza preavviso Aomine.
Kise
sbarrò gli occhi per la notizia, la stanchezza si dileguò in un istante. “E me
lo dici solo ora?”
“Ora o prima non fa differenza.” Questa volta fu Aomine a sbadigliare. Si infilò sotto le coperte nella
speranza che Kise capisse che non voleva più
chiacchierare.
“Dobbiamo riprendere le ricerche, ma sembra che
abbiamo esaurite le piste. Cosa possiamo tentare?”
“Non lo so e sono troppo stanco per pensarci. Ne
riparliamo domani.” Non era stata una mossa intelligente rivelare quella
notizia a Kise poco prima di andare a dormire.
“Va bene. Buonanotte, Aominecchi”
augurò e allungò un braccio verso il comodino dietro di lui per spegnere la
lampada.
“’Notte” biascicò l’altro in risposta.
Passarono appena due minuti di pace, quando Kise frantumò il silenzio. “Aominecchi…”
Aomine
fu tentato di non rispondere e fingere di essersi già addormentato, ma Kise lo richiamò una seconda volta e capì che lo avrebbe
fatto finché non avesse risposto. “Che c’è?” La sua voce tradiva sonnolenza e
irritazione insieme, ma l’altro non se ne curò.
“Hai detto di aver letto la storia. Di che parla di
preciso?”
“Ti sembra orario?”
“Sei tu che hai uscito il discorso per primo.”
E Aomine non poteva dargli
torto. Era stato un coglione, doveva ammetterlo. “Due tipi… che giocano a
basket… e si innamorano…”
“Potresti essere un po’ più specifico?”
In risposta arrivò un sonoro sbuffò. “Se te lo dico,
poi mi fai dormire?”
“Sì.”
“Il tuo doppio chiede al mio doppio di insegnargli a
giocare a basket. In realtà il tuo doppio è follemente innamorato del mio, ma
questo lo si scopre solo nel secondo capitolo. Quando il tuo doppio si infortuna
durante una partita, il mio lo va a trovare e capisce che anche lui è
innamorato.” Aomine tacque e Kise
capì che il racconto era terminato.
“Aominecchi, fai proprio
schifo a raccontare.”
“Se ti interessa tanto leggitela da solo.”
“Lo farò. Allora, buonanotte.”
Aomine
non rispose, segno che per lui le ciance erano arrivate al capolinea.
Kise
si voltò su un fianco, nella posizione che meglio gli conciliava il sonno.
Erano giorni che non andava a dormire così rilassato e… felice. Sì, avrebbe
davvero dovuto ringraziare Momoi per aver costretto Aomine ad andare da lui e chiarirsi. Si sentiva così
leggero, ma al contempo scosso. La gioia traboccante unita al pensiero che lì,
a meno di un metro da lui, c’era Aomine addormentato
non aiutavano il suo cervello ad assopirsi. Tentò di restare fermo e non
pensare a niente, lasciando che la mente scivolasse nell’oblio del sonno
dolcemente, ma il suono del respiro di Aomine o il
fruscio delle coperte che generava quando si muoveva gli ricordavano
costantemente della sua presenza.
Si girò verso di lui, ma non poteva vederlo. Solo
una mano faceva capolino oltre il bordo del materasso. Si alzò in piedi,
silenzioso come un gatto. Aomine aveva l’altra mano
sotto il cuscino e la testa rivolta per tre quarti verso il suo lato. Le labbra
erano dischiuse e il respiro cadenzato e regolare. Non c’erano dubbi: stava
dormendo, beato lui.
Un’idea maliziosa gli solleticò la fantasia. Di
sicuro non avrebbe avuto occasione migliore di quella per metterla in atto. Era
folle, rischioso, ma sapeva che se non lo avesse fatto se ne sarebbe pentito
per sempre. Si chinò lentamente, pronto a scattare all’indietro se mai l’altro
avesse dato cenno di svegliarsi. Tirò indietro i ciuffi della frangia per non
solleticargli il viso. Trattenne persino il respiro in modo istintivo. Infine,
giunse alla meta. Posò le labbra su quelle dell’altro in un contatto appena
accennato. Aomine non si mosse. Kise
osò andare oltre. Premette maggiormente le labbra fino a rubare un vero e
proprio bacio a stampo. Era deliziosa la sensazione del respiro di Aomine mentre gli lambiva la guancia. Inspirò il profumo
della sua pelle, saturandosi i polmoni della sua fragranza naturale. La bocca
dello stomaco si contrasse e un brivido gli serpeggiò lungo tutto il corpo. A
malincuore dovette sollevarsi. Aveva cercato di respirare il meno possibile e
ora il suo corpo richiedeva ossigeno.
Quando riportò il voltò ad una distanza di sicurezza
da quella dell’altro, sbarrò gli occhi nel vedere un paio di iridi blu
fissarlo, immobili.
“Aominecchi…?” Non ebbe il
tempo di impensierirsi o di riflettere sul perché Aomine,
nonostante fosse sveglio, non gli avesse impedito di baciarlo. La mano
dell’amico si strinse attorno la maglia del suo pigiama e, con un violento
strattone, fu tirato in giù, sbattendo con la faccia contro il cuscino. Aomine lo costrinse a girarsi verso di lui, muovendolo come
se fosse un burattino nelle sue mani, e si mise sopra, bloccandogli ogni via di
fuga con il proprio corpo.
Kise
si irrigidì completamente, quasi le sue membra si fossero marmorizzate, pronto
ad incassare qualsiasi colpo violento sarebbe arrivato. Chiedere scusa non
sarebbe valso a nulla, lo sapeva. Tanto valeva affrontare la propria punizione
per tanta stupida audacia. Chiuse gli occhi, pronto ad incassare senza
ribellarsi, ma ciò che ricevette fu tutt’altro che un pugno.
Aomine
si impossessò delle sue labbra così violentemente da rischiare di fargli male
con i denti. Con la lingua gli forzò la bocca ad aprirsi e Kise,
succube della sorpresa, assecondò quel bacio famelico. Aomine
era a dir poco prepotente, gli sbuffava soffi roventi di fiato sul volto e più
che baciare sembrava lottare. Le mani non restarono inoperose. Si insinuarono
sotto il pigiama, toccando, graffiando, artigliando ogni lembo di pelle su cui
si posavano: al loro passaggio Kise sentiva la
propria carne andare a fuoco, ma in un modo del tutto piacevole.
Un sospetto terribile, che spiegasse quanto stava
accadendo, fece capolino nella sua mente.
Gli sfuggì un grido di sorpresa e delizia,
prontamente ingoiato da Aomine attraverso quel bacio
infinito, quando quelle belle e grandi mani si infilarono con una facilità
impressionante nelle mutande. Le dita iniziarono a farlo godere in ogni modo
possibile, ora dolce, ora selvaggio a seconda che l’apice del piacere si
avvicinava o si allontanava.
Finalmente, Kise,
recuperata un po’ di lucidità, deciso a godersi il momento, si attivò per
giocare la propria parte. In men che non si dica ogni indumento fu scaraventato
a terra, finché i muscoli nudi di entrambi non si strusciarono reciprocamente.
Bellissimo,
era tutto ciò a cui Kise riusciva a pensare. Non
occorrevano troppi giri di parole per esprimere quanto fosse meravigliosa la
sensazione di avere Aomine sopra di sé, tra le
proprie gambe, pronto a farlo suo. Chiuse gli occhi per assaporare meglio la
sensazione. Era tutto così perfetto, proprio come nelle sue più proibite
fantasie, proprio come nei suoi più impronunciabili desideri, proprio come un…
Aprì gli occhi e si ritrovò ancora una volta nel
proprio futon. Non era la prima volta che gli capitava di sognare una simile
situazione. Il più delle volte l’ambientazione era la palestra della scuola,
alla fine dell’ultimo one on one
della serata; qualche altra invece era lo spogliatoio. Per lo più si trattava
di fantasie erotiche stimolate da situazioni reali che rispondevano ad una
semplice domanda: come sarebbe farlo qui e adesso?
Questa volta invece il sogno era stato più vivido,
realistico, quasi tangibile, di sicuro stimolato dalla vicinanza di Aomine e dalla situazione completamente nuova. Deluso e
irritato, si portò una mano in mezzo alle gambe: le fantasie si erano dissolte
ma il loro effetto no. Come ogni volta, gli toccava porre rimedio da sé. Si
alzò piano e, una volta in piedi, gettò uno sguardo al compagno, beatamente
assopito in una posa scomposta, infantile: avrebbe persino osato definirlo
innocente. Si diresse verso il bagno e si rinchiuse finché ogni goccia di
passione non fu portata via assorbita da diversi strappi di carta igienica giù
per lo sciacquone. Non certo la conclusione che sperava.
Assonnato e sfiancato ritornò in camera. Aomine non si era mosso e il suo respiro era l’unico suono
udibile. Fu tentato di realizzare, almeno per la primissima parte, il proprio
sogno, ma sapeva che sarebbe stata solo una tortura. Ottenere con l’inganno un
bacio non gli avrebbe dato soddisfazione, inoltre il solo pensiero che quelle
labbra non sarebbero mai potute essere sue una seconda volta e per volontà del
loro padrone era sufficiente a stemperare ogni shakespeariana iniziativa.
Si coricò con il pensiero che l’indomani mattina
avrebbe indossato la solita maschera sorridente da amico e compagno di squadra.
Note
dell’autrice
Anche questa volta ce l’ho fatta!! Dunque,
ridendo e scherzando siamo arrivati al capitolo 9 e mi sono accorta che qui le
cose ancora non si decidono a decollare, per cui ho dovuto trovare una
scappatoia per giustificare un attimino quel rating arancione che ho messo XD
Il sistema è vecchio, ma sempre efficace e
(soprattutto) comodo.
Vorrei approfittare di queste note a fine
capitolo per inserirci un bell’annuncio pubblicitario.
In collaborazione con Kalahari, sta prendendo vita una fanfic a quattro mani su un crack pairing
che per puro caso abbiamo scoperto di amare entrambe: Kise
Ryota x Himuro Tatsuya <3
Speriamo vivamente che, quando pubblicheremo il primo capitolo, la
nostra storia possa piacere anche a chi, magari, non aveva mai preso in
considerazione un’accoppiata tra questi due baldi giovani *ç*
Concluso qui lo
spazio pubblicitario e vi ricordo che non mi offendo se vorrete recensire ;) Al
prossimo capitolo!!