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Autore: Teyra Five    17/09/2013    10 recensioni
Il mondo è diviso in quattro: la terra dei Vampiri, quella dei Licantropi, quella dei Maghi ed, infine, degli Umani.
Elsa è un vampiro, è stata trasformata all'età di cinque anni dal capo dei Vampiri, Samuel, ed ogni volta che guarda nei suoi occhi le sembra di averlo già conosciuto.
Da secoli durano sanguinose guerre tra le quattro razze e solo pochi ne sanno il vero motivo e Samuel non vuole rivelarlo ad Elsa.
Perchè? Cosa nasconde il capo dei Vampiri? Cosa lo lega al passato di Elsa?
Dal capitolo XIII:
Il giovane si accomodò accanto alla ragazza prendendole una mano baciandola. Lei tremò, sentiva i brividi.
Ormai erano tanti mesi che si conoscevano, uscivano di nascosto, parlavano di tutto e di più. Era abituata a sentire le labbra di lui sulle sue mani, ma ogni volta sentiva sensazioni nuove, come se fosse sempre per la prima volta.
Il ragazzo la guardò negli occhi regalandole un sorriso, un raggio di luce.
-I vostri occhi mi ricordano l'oceano. L'oceano di Elisaveta -le disse.
-L'oceano? Ma i miei occhi sono marroni!
-Oh, Lisa, l'oceano non si misura in base al colore, ma in base alla profondità del cuore.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo IX: la mia casa

La mattina seguente mi svegliai alle sei.
Quel giorno sarei dovuta andare con Samuel a spiare gli umani.
Solo io e lui.
E gli umani.
E forse i licantropi.
Avrei dovuto fermarmi a ''io e lui''.
Ero ancora distesa nel letto e mi godevo gli ultimi istanti di pace, tranquillità e riposo. Poi, decisi di alzarmi e prepararmi. Prima di tutto andai a farmi una doccia: tolsi i miei straccetti da notte e aprii il rubinetto del box-doccia. Sentii le goccioline gelide cadere, sulla mia pelle candida e ancora calda dopo il letto, e scendere lungo tutto il mio corpo. Mi sentivo fresca e rilassata, la mia mente era praticamente vuota, libera.
Rimasi così per una ventina di minuti, ma poi mi accorsi che stavo perdendo solo tempo. Cominciai a lavarmi i miei lunghi capelli castani.
''Forse è il caso di tagliarli'' -pensai.
Sin da bambina adoravo i miei capelli. Forse perchè piacevano a Samuel.

Era il mio sesto compleanno.
Mi svegliai presto, fuori faceva ancora buio. Sentii dei brividi, faceva freddo.
Mi alzai dal letto ed andai alla finestra. Stava nevicando. A me piaceva la neve.
Guardai il mio albero di Natale che avevo decorato assieme a Samuel. I vampiri non festeggiavano il Natale, ma visto che il mio compleanno era proprio il venticinque dicembre, Samuel mi promise due regali.
Tornai a letto e presi dei cioccolatini che avevo nascosto sotto il cuscino. Li avevo rubati a Mr Areiv: mi ero introdotta nella sua cucina e li avevo visti in un vasetto. Quando, però, Mr Areiv se n'era accorto mi cacciò via sventolando l'asciugamano che teneva sempre sulla spalla (non avevo mai capito perchè) e aveva urlato che si sarebbe lamentato con il capo. Ma io non avevo paura di lui, Samuel aveva detto che mi voleva bene.
Anche mamma e papà mi volevano bene. Eppure erano scappati da me. Una bambina-vampiro mi aveva detto che l'avevano fatto perchè ero un mostro.
Sentii qualcuno bussare alla porta. Riempii la bocca di cioccolata e buttai le cartucce sotto il letto.
Entrò Samuel con un sorrisone. Mi piaceva il suo sorriso.
Aveva una scatola tra le mani. La posò davanti a me e mi diede un bacio sulla fronte e mi augurò ''buon compleanno''.
-Aprilo -mi disse. Gli avevo chiesto di regalarmi un gatto, ma lui mi fece una domanda strana: ''Ci terresti di più al gatto o a me?''. Io gli avevo risposto: ''A te'', e lui: ''Allora nessun gatto''.
Aprii la scatola e tirai fuori una grande bambola. Era bellissima. Ne avevo vista una simile in Tv e l'aveva una bambina ricca. L'avevo chiesta alla mamma come regalo, ma lei mi aveva detto che era troppo cara.
Aveva i capelli biondi in boccoli e sopra la testa un cappello con fiori, gli occhi grandi e verdi con tante ciglia e indossava un abito lungo, verde come i suoi occhi pure quello.
-Ti piace? -mi chiese Samuel.
Lo abbracciai forte forte e gli urlai ''grazie''.
Adoravo già quella bambola. Nessuna ne aveva una come la mia. La mia era la più bella.
-C'è un'altra sorpresa per te -disse.
-Quale?
-E' una sorpresa.
-Ma io voglio sapere!
-Tra poco. Sù, stai ancora indossando il pijama, mettiti un bel vestito.
-Mi tagli i capelli? A me non piacciono e non so legarli. Mia mamma mi faceva sempre le trecce. Ma io non so farle.
-Ma sono così belli -Samuel prese una ciocca dei miei capelli. -Comunque, forse posso farti una treccia.
Mi pettinò i capelli e mi chiese di passargli un elastico e cominciò a fare una treccia. Le sue mani prendevano le ciocche proprio come quelle della mamma.
-Dove hai imparato a farle?
All'inizio Samuel non rispose. Dopo un pò disse:
-Non ha più importanza.


Uscii dalla doccia e mi asciugai.
Andai verso l'armadio deprimendomi perchè non sapevo cosa indossare. Lo aprii:
-Questo no, questo neanche... -commentavo lanciando i vestiti da tutte le parti della stanza.
Dopo aver buttato fuori tutto l'armadio, mi sedetti per terra ancor più depressa di prima. Sembrava che avessi così tanti vestiti, eppure non sapevo cosa mettermi.
Alla fine scegli un paio di jeans e una canottiera nera. Tutto qui, semplice e comodo.
Presi la mia scatoletta dei trucchi che un tempo era delle mie scarpe e tirai fuori il mascara e una mattita nera. Qualche gesto ed ero pronta.
Salutai la mia camera e uscii. Mentre chiudevo a chiave la stanza spinsi qualcuno. Come al solito.
Ma non era Samuel, questa volta.
Era...Agatha?
Agatha era un vampiro purosangue dai capelli neri che le scendevano lungo la schiena in boccoli e gli occhi verdi che brillavano sempre quando vedeva Samuel.
Si comportava sempre come se fosse la sua fidanzatina, peccato che Samuel però la odiasse.
Indossava una canottiera non scollata, ma scollatissima che mi venne il dubbio a cosa le servisse, era come uscire nuda. Aveva addosso anche una mini-mini-gonna.
Stavo così bene prima di uscire dalla mia stanza e vedere certa gente che rovinava la nostra razza dei vampiri. Perfino Mr Areiv sembrava meglio di quella.
-Ma cosa mi guardi? Sono così bella, vuoi una mia foto? -le chiesi incavolata. Mi stava consumando con quei suoi occhietti da serpente.
-Senti, sarò veloce a dirtelo: stai lontana da Samuel... -disse con quella sua voce da oca.
-Ahahahahahah -scoppiai a ridere. No, davvero faceva ridere. Avrei dovuto piangere per la sua stupidità che raggiungeva veramente il livello critico -Cosa hai detto? No, non cercare la via per andartene, perchè non riuscirai a scapare. Ora mi ripeti cosa è uscito da quella bocca orrenda che hai.
-Non mi parlare così! -strillò battendo i piedi per terra. Quanti anni aveva? Due?
-Attenta che con quei piedi disgraziati stai rovinando il tapeto.
-Non mi interessa!
-Ah no? Credo che ora ti interesserà!
-Non mi comandare, gallina senza cervello!
-Chiudi quel forno o userò la tua testa come palla da bowling.
-Ma chi ti credi di essere?
-O mamma mia -dissi mettendomi le mani in testa -stai zitta, ti prego, che la tua voce fa male alle mie orecchie.
-Ah ah, che spiritosa.
Non la sopportavo più. La presi per il collo e la appesi per la canottiera su un chiodo (un tempo c'era un quadro, ma si era rotto quando stavo scappando l'ennesima volta da Mr Areiv).
-Toglimi!! -urlava come una gallina strozzata.
''Potrei nominare tutti gli animali dello zoo, tanto ciascuno le si addice'' -pensai soddisfatta.
-Chiudi la bocca -le dissi.
Agatha si strappò la canottiera cadendo a terra e all'improvviso si lanciò verso di me tirandomi i capelli.
Era tutto quello che sapeva fare.
Povera principiante.
Stavo per scaravventarla contro il muro opposto, quando d'un tratto qualcuno la staccò da me ringhiando.
Mi bruciava il piede: mi abbassai per guardare. Quella gallina era riuscita a graffiarmi con i suoi artigli. Mi sedetti per terra e coprii con la mano il graffio che sanguinava tantissimo.
''Sangue...'' -era il mio unico pensiero.
-Provaci ancora, Agatha, e ti cacciò via di qui! Quando torno parlerò con i tuoi genitori e vedi di non farti più vedere.
Riconobbi la voce di Samuel. Alzai gli occhi, mi guardava in modo dolce e preoccupante allo stesso tempo.
-Va tutto bene?
-Sì, mio signore -risposi tornando ad essere la brava signorina.
-Elsa, basta ti prego. Torna ad essere te stessa!
-Ma era lei che mi aveva detto di essere più obbediente.
-Allora ritiro tutto quello che ho detto!
-Ne è sicuro, capo? Potrei essere peggio di prima...
-Va bene! Non m'importa!
-Okay! Allora, hai visto, gallina, cosa succede quando mi fai innervosire?! -urlai contro Agatha che non mi stava neanche ascoltando.
-Non cambierai mai... -commentò Samuel.
-Mi hai detto tu di essere me stessa. Eccomi!
Chiuse gli occhi e sospirò esasperato.
-Visto che sei già pronta possiamo andare?
-Uh... va bene...
-Hai paura?
-No!
-E allora sù, andiamo.
Mi invitò a camminare verso l'uscita. Per tutto il tempo non mi disse neanche una parola. Uscimmo ed andammo verso i Cancelli Oscuri.
Come sempre, mi sentivo inghiottita dalle ombre nere. Ogni parte del mio corpo si divideva e veniva trasportata, come una foglia dal vento. In un batter d'occhio ci trovammo davanti ai Cancelli di Anthropini.
Mi sembrava così cambiata.
Era la prima volta in tutti quegli anni che rivedevo la mia patria, il mio mondo. Era tutto diverso: case, persone, perfino l'aria mi sembrava differente.
Era buio, il cielo era pieno di stelle. Quando da noi era giorno, ad Anthropini era notte.
Barcollai leggermente all'indietro, ma Samuel mi prese per mano.
La sua mano.
Che toccava la mia.
Diventai più rossa di un pomodoro, ma così tanto da bruciami le guance.
-Tutto bene? -mi si avvicinò preoccupato.
-Sì... è solo che... è tutto così... familiare... anche se sono cambiate così tante cose...
-Già, sei stata qui l'ultma volta dodici anni fa.
-Ma non importa! -sorrisi, non dovevo pensarci -Sam, ora dobbiamo svolgere questa nostra ''missione'', ma non ho capito neanche cosa dobbiamo fare...
-Sam? -ripetè inarcando un sopracciglio.
Oddio, come avevo potuto chiamarlo in quel modo?
-Ehm...sì, no...
-Nessuno mi chiamava così...
-Scusa...
-...tranne una persona...
-Non lo dirò più.
-...ma tu puoi. -concluse sorridendo- Ora ti spiego cosa dobbiamo fare. I Cancelli degli umani si trovano nel loro parallelo 0, ovvero Greenwich, Regno Unito.
''Non so niente della geografia anthropiniana. Anche se l'abbiamo studiata...'' -pensai.
-La base, però, cioè il posto dove ci sono le riunioni, dove sono tenuti i documenti più importanti o cose del genere, è in Germania, a Berlino.
-E' lontano?
Samuel mi guardò male. Aveva capito che non ne sapevo niente, dove si trovava Regno Unito o la Germania.
-Sì. Anche per noi è lontano -rispose.
-E come facciamo? Non possiamo mica salire su un treno!
-Ci ho già pensato. Potremo usare il teletrasporto, ma ci impiegherò molta energia, visto che siamo in due.
-Fa male?
-Elsa, dai, non fare la bambina.
-Cosa vuoi dire con questo?
-No, non fa male, contenta?
-Sì, no. Forse.
-Elsa! -la sua voce aumentò ancora di più.
-Sì?
-Sì un bel niente!
-Calmati, mamma mia.
-Basta, mi devo concentrare. E anche tu.
-Oh, una farfalla... -dissi guardando una farfalla notturna che volava sopra la testa di Samuel.
-Giuro che sto perdendo la pazienza.
-Ah sì?
-Dio, aiutami! Ma perchè mi devo sempre pentire?! -pregò esasperato come al solito.
-E poi dici che mi distraggo facilmente, guardati, ti sei messo a pregare.
-Ma parli tu che ti distrai per una farfalla?!
-Non ne ho viste da dodici anni.
-Scusa, Elsa, ma non siamo venuti qua per scoprire il pianeta Terra.
-Ma le nostre conoscenze aumentano.
-Le tue conoscenze dovrebbero aumentare a scuola, non adesso. Ora basta. Concentrati e pensa a Berlino.
-Non so com'è fatta Berlino.
-Un giorno Mr Areiv ha preparato i Wurstel, pensa a quelli.
-Ma così mi viene fame.
-Elsa, è un cibo tedesco. Devi concentrarti su qualcosa di tipico del paese, sennò ti perdi a metà strada e farò fatica a trovarti.
Pensai a ciò che mi aveva detto.
''Ho fame'' -fu il mio ultimo pensiero.


 
Allora, ciao!
Scusatemi se non ho scritto da tanto tempo. Non potrò più pubblicare i capitoli tutti i giorni, per la scuola, sapete, no?
Comunque, ringrazio davvero tanto le persone che si sono sforzate di scrivermi una recensione, mi hanno resa davvero contenta. Per quelli che mi hanno ignorata, beh, mi dispiace che vi comportiate così con me, era l'unica volta che avevo fatto una domanda.
Se avete delle storie vostre e volete che le legga, scrivetemi, sarò contenta di aiutarvi.
Cercherò di aggiornare al più presto.

Myrtus.
  
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