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Autore: JennyWren    17/09/2013    5 recensioni
Mi porse una foto indicando i volti sorridenti dei ragazzi con la pettinatura a caschetto - Lui è George, poi c'è Paul, Ringo e quello dietro più in alto è..
- John - conclusi la presentazione fissando il volto del ragazzo dai capelli chiari e lo sguardo magnetico che sfoggiava un sorriso divertito.
Serrai la mascella stringendo la foto stretta tra le mani, il mio sguardo si indurì all'istante, avrei bruciato quella maledetta foto se solo l’avessi guardata ancora.
- Puoi ridarmi la foto? - la ragazza chiese titubante notando il cambiamento della mia espressione.
- Tienitela - Risposi con un tono glaciale
Dal cap. 21
Mi si bloccò il respiro per un attimo e un brivido mi salì sulla schiena, lasciandomi a bocca aperta. - Cosa? - Chiesi quasi senza fiato.
Patti mi guardò perplessa - Beh, Paul ha lasciato Jane appena dopo il tour scorso.
Il cuore batteva in petto come un martello pneumatico e sentivo la gola terribilmente secca. - Vado a bere - Mi diressi al tavolo con le bibite ma il mio sguardo si posò su l’ultimo arrivato, il ragazzo dai capelli neri in giacca e cravatta
Paul.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, George Harrison, John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Welcome to the world
 

Fermate il mondo, voglio scendere!


Maggio 1967.

John entrò in camera dopo aver dato due colpi alla porta in legno scuro che divideva il corridoio dalla camera degli ospiti di casa Lennon. Fissai il riflesso di mio fratello alle mie spalle che mi guardava passandosi una mano sulla mascella.
- Sei sicura di volerlo fare? - Chiese spostando il peso da una gamba all'altra nervosamente.
Annuii lentamente, poggiando una mano sul pancione ormai visibile, guardando il riflesso di me e John nello specchio.
John grattò qualcosa a terra con la punta delle scarpe in vernice, il vestito lo faceva sembrare di nuovo un Beatle del primo periodo: giacca scura, pantaloni a sigaretta e cravatta lunga in coordinato.
Zia Mimi mi aggiustò la giacca del tailleur color pastello e mi accarezzò il viso in un gesto affettuoso, era venuta da Liverpool solo per essere presente quel giorno.

In salotto George e Ringo discutevano su qualcosa che aveva a che fare con la nuova casa del chitarrista, mentre le loro mogli chiacchieravano allegramente sedute sul divano del salotto. Cynthia aveva poggiato Julian sul tavolo e gli allacciava le scarpe mentre il bambino si dimenava nel suo completo, John si limitava a fissare fuori la finestra con aria assente.

Poggiai il piede sull'ultimo gradino e tutti, tranne John, si voltarono verso di me sorridendomi.
- Judith sei stupenda – squittì Pattie nel suo abito giallo paglierino.
Sorrisi imbarazzata dai loro sguardi sorpresi, notai la gioia nei loro volti e cercai il viso dell'unico di cui volevo approvazione ma era appena uscito di casa e potevo vederlo allontanarsi verso l'auto.
A poco a poco uscimmo tutti, io e Cynthia fummo le ultime. La moglie di mio fratello mi sorrise incoraggiante, stringendomi in un abbraccio colmo di affetto prima di salire in auto.


Ventiquattro anni, incinta e prossima al matrimonio; cosa avrei dovuto aspettarmi adesso?
Casa da pulire, il bambino da far mangiare, le giornate si sarebbero susseguite in modo lento, piatto. Addio ai viaggi, alla spensieratezza che non ero mai stata in grado di vivere appieno, improvvisamente ero diventata una donna.

E faceva terribilmente paura.

John era seduto a fianco a me in macchina, avevo voluto che fosse lui ad accompagnarmi e non mio padre che si era fatto vivo solo una volta per poi sparire nel nulla. Dopo aver saputo la notizia del mio matrimonio mi aveva scritto che non era nelle condizioni migliori per aiutarmi e che avrei dovuto vedermela da sola.

Alfred Lennon si era bruciato anche l'ultima possibilità.

Io e John restammo in silenzio per gran parte del tragitto ma la sua sola presenza bastava per placare l'istinto di aprire la porta dell'auto e scappare via. Non lo avevo ancora notato ma John quel giorno aveva indossato la sua fede nuziale, oggetto che non avevo mai visto sulla sua mano.
John?
Si voltò di scatto. - Dimmi.
- Resterai con me, vero?
Sorrise prendendomi la mano intenta a torturare le unghie. – Sempre.

Una volta in piedi, sentii le ginocchia di gelatina e John mi porse il braccio a cui mi aggrappai saldamente.
Strinsi tra le mani il piccolo bouquet che Cynthia mi aveva regalato ed osservai tutte le persone presenti in Municipio. I ragazzi con le mogli erano arrivati poco prima di noi, a loro si aggiungevano anche i parenti di Steve ed alcuni loro amici che, a mio parere, erano presenti solo per vedere i Beatles.

Ma ne mancava uno all'appello.
Paul non c'era, non si era degnato di venire. Lo cercai invano con lo sguardo ma no, non era tra i presenti. Per qualche assurdo motivo avevo sperato che ci fosse, che mi avrebbe urlato “Non farlo!” come in un dannato film romantico ma non c'era, aveva lasciato che di lì a poco avrei firmato anche l'ultimo ostacolo per dividerci.
Ma infondo era colpa mia. Era colpa mia se ci trovavamo in quella situazione.

John mi incitò a camminare mentre una lacrima solitaria solcava il viso immobile, fino a lasciare il suo sapore salato sulle labbra tremanti.
Steve era all'interno, un sorriso troneggiava sul volto spigoloso e ricambiai la sua espressione o almeno, ci provai.
“Ma cosa provo io per Steve?” pensavo mentre mi avvicinavo a lui. La domanda mi rimbombava in mente e non riuscii a sentire nemmeno una parola di ciò che l'uomo di fronte a noi recitava.

- Lo voglio – Pronunciò Steve.
Sbattei le palpebre e la domanda fu rivolta anche a me.

Panico.

Sentivo gli occhi puntati addosso di tutte le persone in attesa della mia fatidica risposta.

Avanti Judith, parla!

Steve mi sorrise in imbarazzo e cercai di pensare a tutti i suoi lati positivi: la sua premura nei miei confronti, il suo affetto, lui era innamorato di me ed io portavo in grambo il figlio di entrambi.
- Io... - Tentennai – Lo voglio.
Firmammo l'atto di matrimonio e suggellammo l'accordo con un tipico bacio da fotografia.


Una volta al ristorante cominciai a sentirmi stranamente meglio, molto più rilassata rispetto a poche ore prima. Steve era raggiante e contagiò anche me con la sua euforia.
- Siamo sposati e domani sapremo anche se avremmo un maschio o una femmina. Sono al settimo cielo, Judith – Esclamò durante il pranzo nuziale.
- Metti la mano qui – Spostai la sua mano destra dalla mia spalla al pancione.
Steve poggiò la mano dove indicato e mi guardò stupito.
- È quello che penso? - Chiese quasi con le lacrime agli occhi. Non avevo mai compiuto un gesto del genere da quando ero incinta.
- Sì – Affermai - È il cuore del bambino.

E fu in quel momento, con le mani di entrambi posate sul pancione che custodiva nostro figlio, che capii di amarlo.
Lo baciai e realizzai che la scelta era quella giusta, che era sempre stato lui la persona con la quale avrei dovuto stare e quell'ombra nera che sentivo sembrò svanire a poco a poco.
 

°oOoOo°
 

Quando zia Mimi venne a sapere che la bambina avrebbe avuto il suo nome scoppiò in lacrime, senza riuscire a fermarsi.
Eravamo nel salotto di casa mia, nella quale io e Steve ci eravamo stabiliti dopo il matrimonio, e zia Mimi stava ricamando con dei deliziosi fiorellini rosa pallido il corredo della bambina che sarebbe venuta alla luce di lì a poco.
La informai della mia scelta sul nome, scelta che Steve aveva accolto con entusiasmo, e la povera donna ora singhiozzava tenendomi le mani.
- Non sai che cosa significa questo per me, Judith, io non so come ringraziarti.
- Mi hai cresciuta tu, sei l'unica figura materna che conosco e non potrei non fare diversamente. È stato il primo nome che mi è venuto in mente.
Mimi sorrise, accarezzandomi la guancia. I suoi occhi azzurri risplendevano di gioia e quasi mi commossi nel vedere l'affetto che quella donna all'apparenza tanto austera e rigida provava nei miei confronti. E di John ovviamente.
- La piccola che ne dice del nome?
-Oh, ne sarà entusiasta.

Steve e John varcarono la soglia di casa, le cose tra loro due sembrava andassero meglio, anche se non potevo affermarlo con certezza.
John lo teneva sempre ad una certa distanza, ma poi si ritrovavano comunque a parlare fuori al giardino, fumando come vecchi compagni di liceo.

- Judith, sai che le balenottere sono diventate una specie protetta? - Esclamò mio fratello ridendo da solo della sua battuta.
- Sei un insensibile, immaturo, stupido con il naso storto! - Urlai offesa – E tu non ridere! - Mi rivolsi a Steve che se la sghignazzava rivolto di spalle.
- Sai che scherza, Judy, e poi per me sei sempre stupenda.
- Ruffiano – Borbottai mentre mi accarezzava i capelli, prendendo posto di fianco a me sul divano.
- John smettila di infilarti i cuscini sotto la maglia! – Lo rimproverò Mimi come se avesse cinque anni.

Ma ovviamente ciò che più divertiva mio fratello era colpire il mio tasto dolente durante la gravidanza. Fu per questo che continuò a gonfiare le guance e gesticolare come se fossi grossa come un dirigibile.

- Tricheco! - Urlai lanciandogli un cuscino addosso.
- Goo goo goo job! - Rise dopo essersi scanzato.

 

°oOoOo°


Era notte fonda quando mi svegliai di soprassalto grondante di sudore.
- Steve – Mormorai, improvvisamente senza fiato. - Steve – Scossi mio marito che aprì gli occhi spaventato.
- Judith che hai? - Balzò seduto a letto, accendendo l'abatjour sul comodino.
- Elizabeth – Strinsi il copriletto tra le mani, piegandomi in avanti dal dolore.

Due ore dopo un tenero fagottino con degli occhioni azzurri mi guardava con un'aria curiosa.
Ero stremata, ma non riuscivo a staccare gli occhi da quella creatura tanto piccola e indifesa che portava il nome di Elizabeth Marie Evans.
Steve era sdraiato al mio fianco sul letto singolo dell'ospedale il capo poggiato sulla mia spalla. La piccola strinse il pugno sul mio dito e sorrisi, accarezzandole il corpicino paffuto.
- Benvenuta al mondo principessa – Pronunciai con un filo di voce alla piccola che sbadigliava. - Hai sonno? Beh anche io.
Ero la persona più felice al mondo e in un paio di minuti il mio comportamento era radicalmente cambiato. Ero responsabile di una creatura che avevo appena messo al mondo e alla quale non avrei mai e poi mai fatto del male. Mi sentii immediatamente in dovere di proteggerla, di darle affetto, di farla sentire al sicuro e amata.
La conoscevo da un paio di minuti eppure era la cosa a cui tenevo di più al mondo.
- È incredibile quanto la ami – Pronunciò Steve scostandole la copertina dalla guancia. - Non esiste niente di più meraviglioso.

 

°oOoOo°


Casa era un continuo via vai di persone che venivano a vedere la bambina. Parenti, amici, persone di cui non ricordavo nemmeno il nome portavano un'infinità di regali che riempirono tutti gli scaffali della camera di Elizabeth.
- Questa chi te l'ha portata? - Chiese John sollevando una tutina color pastello.
La fissai scuotendo la testa – Non ne ho idea, forse la vicina di casa di Steve, ma se vuoi puoi prenderla, il rosa e i coniglietti ti donano molto.John rise poggiandosi la tutina sul petto e continuammo a scartare i vari regali fino a quando qualcuno bussò alla porta.
- Vado io, tu guarda Ellie.

Una volta alla porta ruotai il pomello di ottone e dopo aver visto chi avevo di fronte lottai con tutta me stessa per non sbattergli la porta in faccia.
- Ciao Paul – Salutai in modo piatto, percorrendo la sua figura con lo sguardo, fino a soffermarmi alla mano che ne stringeva un'altra.
Spostai lo sguardo verso destra incrociando gli occhi con una persona a me sconosciuta che mi sorrideva cordialmente.
Aprii di più la porta, lasciandoli entrare in casa, indicandogli il salotto.
- Piacere, sono Linda – Si presentò la donna bionda al fianco di Paul.
- Judith – Le strinsi la mano cercando di sorridere. Aveva qualcosa di familiare e nel momento in cui mi informò del suo nome la guardai come per capire dove l'avessi già vista.
- Linda Eastman dal Town, giusto?
- Judith Lennon dalla EMI! Paul non mi hai detto che era lei! - Esclamò rivolgendosi al bassista - Sei stata proprio tu a farci conoscere, lo sai? - Accarezzò il braccio di Paul con un gesto affettuoso.

Mi irrigidii nel vedere quel gesto e quasi smisi di respirare nel notare il modo in cui Linda guardava Paul.
Ero rigida come un manichino, che cosa voleva Paul con quella visita? Mostrarmi che anche lui era andato avanti? Cercare di dirmi che stava bene senza di me?
Non riuscivo a staccargli gli occhi da dosso, era dal giorno di Natale che non lo vedevo ed era successo mesi e mesi prima.
Toccai inconsciamente la guancia dove Paul mi colpì e questi abbassò lo sguardo, sospirando pesantemente.

John spuntò dalle scale e ringraziai mentalmente mio fratello per essere arrivato in un momento tanto imbarazzante.
- Paul? - John si avvicinò alla coppia seduta di fronte a me, cercando di apparire il meno sconvolto possibile. Ovviamente nessuno dei due si aspettava una visita di Paul, tantomeno accompagnato dalla sua nuova ragazza.
Linda spostò immediatamente lo sguardo su John mentre Paul si alzò per raggiungerlo.
- Posso vedere la bambina? - Chiese Linda dopo aver visto i due ragazzi allontanarsi dalla sala.
- Certamente – Risposi in totale confusione.

Linda guardò la camera di Ellie, sfiorando con le dita i vari ciondoli che componevano il carillon della bambina.
- Sono stupendi così piccoli – Esclamò sognante, guardando il viso di Elizabeth addormentata.
- Danno anche parecchio da fare – Sospirai aggiustando il lenzuolo ricamato da zia Mimi.
- Sembra ieri che la mia Heather era così. Un attimo prima le stai mettendo il pannolino e un attimo dopo le accompagni a scuola. Crescono così in fretta.
- Tu hai già una figlia? - Chiesi incredula.
Annuì sorridendomi – Sì, compie cinque anni a Dicembre. Paul ha detto di volerla adottare quando ci sposeremo.

Paul e John bussarono alla porta, capii immediatamente che i due avevano discusso: dal modo in cui stavano attenti a non sfiorarsi, le mani stretta lungo i fianchi o nel caso di John nelle tasche dei pantaloni.
- Paul, vieni a vedere quanto è bella! - Esclamò piano Linda.
Paul si avvicinò alla culla cingendo la vita di Linda in un abbraccio e cercai in tutti i modi di non guardarlo, vederlo con mia figlia mi faceva stare male, era come se stesse invadendo qualcosa che non fosse suo.
- Ti somiglia tantissimo, è quasi la copia di te da piccola. - Pronunciò e sorrisi amara, sapevo che cosa volesse dire con quel commento.

Non appena John chiuse la porta e Paul e Linda se ne andarono sprofondai nel divano e piansi tutte la rabbia che provavo verso quel gesto meschino di Paul.
Voleva rinfacciarmi tutto e lo aveva fatto nel modo peggiore.

 

Angolo autrice.

Aggiornamento in super ritardo, lo so!
Con questo capitolo siamo a meno 4 alla fine della storia. Siete contenti di liberarvi di me?
Avevo pensato di continuare Devil in her heart, non so se qualcuno di voi l'abbia già letta, mi farebbe piacere sapere la vostra opinione riguardo la storia. Se non volete non aggiornerò Hahaha!
Ma passiamo al capitolo.
So che a nessuno piacerà e spero solo che sarete tanto buone da non scrivermi parolacce nelle recensioni. Vi prego!
Voglio ringraziare le ragazze che hanno recensito l'ultimo capitolo, siete state carinissime, non mi aspettavo tutte quelle recensioni per quel capitolo. Vi adoro!

With love

JennyWren

   
 
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