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Autore: Defiance    18/09/2013    2 recensioni
Seguito della mia fan fiction, 'Halfblood'.
Scoppiarono tutti a ridere, ma Hermione si fece subito seria e disse piano:
“Magari invece, immagino solo di dover colpire a morte la vecchia me, anche se ormai non esiste più. Credo di essere invidiosa, lei almeno sapeva chi fosse” chiuse gli occhi e sospirò. (Dal prologo).
Un nuovo mestiere per i protagonisti della precedente storia, il loro incontro con un altro mondo e una nuova battaglia che incombe su di loro e sul mondo umano. Si troveranno ad affrontare cose che non avevano mai visto in precedenza e si interrogheranno su quante cose ancora ignorano della Terra.
Faranno nuove conoscenze, avranno delle rivelazioni, segreti e bugie verranno svelati e apprenderanno un nuovo tipo di 'magia'. Correranno rischi e pericoli, ma alla fine, la vita di alcuni dei protagonisti cambierà per sempre.
Halfblood 2 - Città dei Demoni
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 9

 
 
 
Fu proprio in quel momento che Percy entrò nella stanza.
“Cosa succede? Hermione stai bene?”
La ragazza lo fissò e poi corse via, andandosi a chiudere a chiave nella sua stanza. Era molto pallida.
“Cosa le hai fatto o detto Jace?!” inveì il semidio.
“Nulla che ti possa anche solo lontanamente riguardare” rispose lui, freddo come il ghiaccio e con gli occhi fissi nel vuoto.
“È la mia ragazza, Lightwood. Tutto ciò che riguarda lei, riguarda anche me, che ti piaccia o no!” controbatté Percy.
“Credimi, non è giornata per attaccare briga con me, Jackson. Ho delle cose da fare, e sono urgenti. Non seccarmi” il biondino si diresse verso la porta e fece per andarsene.
“Dammi una buona ragione per lasciarti andare, per non affogarti in questo istante” urlò il semidio.
“Hermione non te lo perdonerebbe mai” rispose Jace e uscì dall’infermeria.
 
Hermione si gettò sul letto e cominciò a piangere.
Si trovava finalmente a un passo dalla verità, ma comunque non riusciva ad afferrarla. O forse non voleva, non ne era più così tanto sicura.
Attrazione. No, non si trattava di questo, non era questo ciò che l’aveva spinta ad avvicinarsi a quel ragazzo dai capelli biondo sporco e gli occhi dorati: si trattava del sangue.
Il richiamo del sangue, aveva sempre sentito dire, è tra le forze più potenti al mondo.
E il caso aveva voluto che lei lo sperimentasse in prima persona, sbattendogli sul cammino un sarcastico fratello con la mania di andare a cercare di proposito tutto ciò che lo poteva uccidere e che fino a pochi mesi prima non sapeva di avere.
Un fratello che lei aveva riconosciuto fin dall’inizio, e adesso se ne rendeva conto; non le erano mai andati a genio quei sarcastici, sbruffoni, pieni di sé come Jace, non ne era mai stata interessata, anzi cercava di liberarsene, mentre nel suo caso, lo aveva avvicinato perché sentiva che c’era di più sotto quella sua maschera imperturbabile, che c’era molto da scoprire su quel ragazzo.
E aveva avuto ragione. Su tutto. Come quando era l’unica a credere che Malfoy fosse cambiato... Lei era Hermione Granger, lei aveva sempre ragione, che lo volesse o meno.
Toc, toc.
Si affrettò ad asciugarsi il viso e cercò di far suonare la sua voce il più calma possibile. “Avanti”.
“Ehi… Amatis è qui, a Manhattan. Jace l’ha dovuta convocare, non potendo andare di persona a Idris. Mi ha chiesto di chiamarti e di dirti di metterti in uniforme e di portare con te delle armi” annunciò Isabelle, con tono incerto.
Hermione sgranò gli occhi “va.. vado subito da lui” borbottò.
Rimasta nuovamente sola, si sciacquò la faccia, si sistemò e poi corse di sotto.
Strada facendo, incrociò Percy, che le rivolse un grande sorriso e la bloccò stringendola tra le braccia.
“Ehi, dove scappi?” le sussurrò, avvicinando le labbra a quelle della ragazza.
“Non ora, per favore. Devo fare una cosa importante” rispose lei, non senza lasciar trasparire tutta la sua agitazione.
“E per caso, questa cosa la devi fare con Jace?!”
“Non puoi capire Percy. Non lo capisco nemmeno io. Ma forse, entro qualche ora potrò dare delle risposte a entrambi” gli disse e corse via, lasciando solo il semidio, che continuò a fissare perplesso il punto dove lei era scomparsa.
 “Jace..?!” chiamò Hermione, con voce tremante, dopo aver bussato piano alla porta aperta della camera del ragazzo.
“Sono qui” rispose una voce proveniente da dietro un’anta dell’armadio.
Il ragazzo uscì a torso nudo, infilandosi una canottiera pulita e il resto della tenuta da Cacciatore.
“Sei pronta. Si va a caccia” la informò il ragazzo.
“Cosa?!” domandò lei, spalancando la bocca.
Credeva che sarebbero andati da Amatis.
“Si. Andiamo a caccia della verità, Granger”.
 
Il viaggio fu lungo e silenzioso.
Jace non sapeva come doveva comportarsi: gli era risultato abbastanza semplice relazionarsi con Hermione, ma ora era diventato tutto più complicato, colpa di una realtà che nessuno dei due si era andato a cercare; erano successe già tante cose che gli avevano fatto mettere in dubbio la sua identità e ora questo.
Cosa gli avrebbe rivelato Amatis? Lui era nato all’ottavo mese di gravidanza, dopo la morte di sua madre e suo padre. Come poteva avere una sorella più piccola?
“È qui che ha detto di aspettarla” disse a un certo punto, una volta giunti davanti al portone di un grande condominio.
Passarono pochi minuti, in cui il silenzio continuava a vigere tra i due, finchè Hermione non provò a parlare “Jace, ascolta…”
Fu interrotta da un rumore che si levò proprio alle loro spalle. Si voltarono.
Il portone si stava spalancando.
“Questo è normale?” chiese preoccupata.
“Non lo so” rispose il ragazzo, sfoderando la sua spada angelica.
“Jace? Sono Amatis. Salite” li informò una voce che probabilmente proveniva dal primo piano.
I due si guardarono per un attimo, poi salirono.
“Quella la puoi mettere via” disse la donna indicando la spada, quando l’ebbero raggiunta.
I suoi occhi azzurri si spalancarono e furono attraversati da un’emozione che Hermione non riuscì a decifrare, quando la vide.
“Tu… non è possibile. Tu sei… sei Hermione! Mio dio, mi è sembrato di rivedere Celine!” esclamò Amatis.
“Mia madre?!” chiese Jace.
Lo sguardo della donna si intristì e lei si voltò di spalle, invitandoli a entrare in uno degli appartamenti.
Una volta accomodatisi in salotto, arredato a puntino, con colori miti e floreali, tanto che a Jace ricordò uno dei giardini di qualche villa a Idris, Amatis offrì loro del tè e poi si scusò per l’orario dicendo che non sarebbe potuta andare da loro il giorno dopo.
“È solo l’una” la rassicurò il ragazzo, abituato a starsene in giro a caccia anche per tutta la notte.
“So già cosa volete sapere” li anticipò la donna.
I due le porsero i loro medaglioni e lei annuì.
“Sarà una storia lunga, ma prima che ve la racconti, Jace devo chiederti di non giudicarmi e, se ti è possibile di non odiarmi”
Lo Shadowhunter rimase a fissarla, impassibile. Lei trasse un profondo respiro e poi parlò: “Come ben sapete, io sono stata la prima moglie di Stephen Herondale, ehm.. vostro padre. Perché ormai credo che sia ben chiaro anche a voi che siete davvero fratelli e che non si è trattato di una coincidenza.
Dicevo, sono stata legata a lui finchè mio fratello Luke non divenne un Nascosto, fatto dopo il quale Valentine decise di trovare una moglie più consona per il suo più fedele servitore”.
Amatis si era alzata, ora raccontava tutto fissando un punto fuori dalla finestra. Hermione sospettava che non stesse sbattendo neanche le ciglia, un po’ come se fosse in trance… tanto meccanica sembrava la sua voce!
“Quando Stephen mi lasciò, io aspettavo un bambino, ma lui non lo seppe mai”.
Jace si voltò a guardare Hermione, inarcando le sopracciglia.
“No, non lei” confessò la donna.
Quando si girò per guardare il ragazzo in faccia, aveva gli occhi carichi di lacrime “tu, Jace”.
“E così io sono figlio tuo? E quindi è Hermione la figlia di Celine?” eccola, la batosta che si era aspettato per tutta la sera. Un’altra occasione in cui smascherare un falso genitore. Doveva esserci abituato, ormai.
Amatis annuì.
“Mi hai abbandonato! Mi hai lasciato nelle mani di Valentine!” ruggì Jace.
“Non è così! Ti prego di ascoltarmi!” lo supplicò, tra le lacrime.
Hermione posò la sua delicata mano su quella del ragazzo, per fargli forza.
Lui si ritrasse bruscamente.
“Tuo padre, non seppe mai di te. Ma Valentine si. Fu lui a portarti via da me, quando avevi appena due anni e io non ebbi mai più tue notizie, mi dissero che ti aveva ucciso e pensai che fosse vero, fino al giorno in cui ti donai le cose di tuo padre di cui ero in possesso. Ho provato a cercarti, te lo giuro Jace. Non avrei mai rinunciato a te”
Lui si alzò e fu il suo turno di andare a fissare il vuoto fuori dalla finestra.
“E Hermione? Lei come ci è finita in un orfanotrofio?” domandò.
La ragazza sussultò. Voleva davvero saperlo?!
“Sai già che Valentine fece nascere il bimbo di Celine, o meglio, la bambina. Ci fu un periodo, in cui vi tenne tutti e due. Hermione aveva un anno quando Hodge ed io la sottraemmo a quel… quell’uomo” raccontò, marcando con particolare disgusto la parola ‘uomo’ riferita a Valentine.
“Non potevo tenerla, si sarebbe capito tutto. E saremmo morti tutti. Creai i due medaglioni e decisi di portare qui la bambina, di metterla al sicuro. Così la lasciai all’orfanotrofio, dove Valentine non l’avrebbe mai trovata, spiegando che doveva assolutamente avere con sé quell’oggetto, che rappresentava la sua famiglia, la sua discendenza dagli Shadowhunters. È il simbolo con la H circondata da uccelli in volo, vedi?” disse a Hermione, indicandole un modo di vedere quel medaglione, diverso da come lei lo aveva sempre osservato: al posto della runa angelica, ora vedeva lo stemma degli Herondale.
“Ad ogni modo, fummo fortunati. Perché Valentine trovò l’orfanotrofio, ma tu eri già stata affidata a una famiglia che volle restare anonima e che sparì subito dopo la tua adozione”
“Ecco perché Suor Mary si è spaventata così tanto quando ha capito chi ero! Valentine deve averle fatto qualcosa!” dedusse Hermione e Amatis confermò la sua teoria.
“Non pensavo che vi sareste mai incontrati… Jace io provai a cercare anche te, ma non c’eri… fu così che mi convinsi che eri morto. E tenni quel medaglione per me, come se potesse farti sentire la mia vicinanza… fino a quando non ti ho incontrato” provò a giustificarsi la donna.
“Non c’ero, ovunque tu abbia cercato, perché ero nella tenuta dei Wayland” le disse seccamente.
“Lo so che mi odi, ma..”
“AVRESTI POTUTO DIRMELO ANNI FA!! AVRESTI POTUTO DIRMELO QUANDO HO SAPUTO DI MIO PADRE PIUTTOSTO CHE DIRMI UN’ALTRA BALLA!!” esplose il ragazzo.
Amatis scoppiò di nuovo a piangere, e infine disse “Cercavo solo di non farti più male di quanto già eri costretto a sopportare… credevo che voi due non vi sareste mai incontrati… Jace…” si avvicinò al figlio per poterlo toccare, ma lui si scansò e si rivolse a Hermione “Ti aspetto di sotto. Se hai ancora domande da fare a questa donna”, dopodiché sparì.
“Gli passerà signora. Vedrà che la perdonerà!” tentò di consolarla la strega.
“Oh, non lo so. Jace è imprevedibile e io merito di essere odiata. Avrei dovuto dirglielo prima” ammise.
“Sarà meglio che tu vada, comunque. Si sta facendo molto tardi” consigliò poi ad Hermione.
“Solo un’ultima domanda… come posso essere una Shadowhunter e una strega,( non della categoria dei Nascosti), insieme?”
“Oh. Il potere magico si è manifestato in te. Che coincidenza! Si diceva, anni fa, che una delle bisbisbisnonne di Celine fosse una strega, lei aveva radici in Inghilterra, sai?! Ma il sangue di Shadowhunters batte qualsiasi altro genere. Fidati se ti dico, che sei più Nephilim che qualsiasi altra cosa”  le spiegò.
Ci fu qualche minuto di silenzio, poi Hermione si alzò.
“Grazie, signora” sussurrò e salutò Amatis con un sorriso.
“Figurati. E comunque, chiamami pure Amatis” le disse lei, facendole un cenno col capo in segno di congedo.
“Beh, allora arrivederci, Amatis. Buonanotte.”
 
Quando uscì dal palazzo, Hermione vide Jace appoggiato con le spalle e un piede al muro di fronte, fissando il vuoto, le braccia conserte.
Non appena la notò e tornò alla realtà, le fece cenno di tornare all’Istituto.
Metà della strada, la trascorsero in silenzio: entrambi avevano ricevuto la loro dose di shock e avevano delle cose a cui pensare, dati da elaborare.
A un certo punto la ragazza si fermò.
Lui, invece, fece qualche passo avanti, soprappensiero, poi si accorse che Hermione era rimasta indietro e si voltò.
“Jace…” cominciò lei “mi dispiace tanto”.
“Non riesco a capire perché voi mondani vi scusiate sempre per cose di cui non avete colpa” ribadì lui, tornando a guardare avanti.
“Sai cosa voglio dire… e sai che in parte se stai provando questo, è colpa mia. E per l’ultima volta, ti ricordo che io, non sono una mondana.” rispose lei.
“Come vuoi, ma a me non importa”
Fu come ricevere una doccia fredda. Aveva passato gli ultimi mesi della sua vita a pensare a lui, a cercarlo, lo aveva aiutato, curato e a lui non importava?! Oh, ma certo che gli importava! Stava solo facendo l’orgoglioso, come sempre.
“Dovresti smettere di comportarti così” gli disse.
“Così come?” domandò lui, inarcando le sopracciglia
“Come se niente potesse ferirti”.
Fu il turno di Jace di ricevere uno schiaffo in piena faccia.
Fu lui a fermarsi, questa volta.
“Parli come lei” mormorò con lo sguardo perso.
“Come scusa?”
“Parli come Clary, a volte” ripetè il ragazzo.
“Io non sono Clary. Potremmo anche avere qualcosa in comune, ma non sono lei. Non mi faccio ferire e poi stare ai tuoi sbalzi di umore. Ai tuoi ‘ora ci sono, ora non ci sono più’, ai tuoi ‘ora mi importa, ora non più’. E sono tua sorella purtroppo. Avrei sperato in qualcuno di meglio, in qualcuno che sarebbe stato felice di ritrovarmi e non in una persona alla quale non importa nulla, per la quale sarebbe meglio che io non esistessi!” ruggì lei.
Ora delle lacrime silenziose le rigavano il viso.
Quando Jace si avvicinò per asciugargliele, fu lei a ritrarsi.
“Non capisco perché mi sono data tanta pena per te. Per aiutarti e per trovarti” sputò quelle parole come se fossero veleno e il ragazzo sgranò gli occhi, profondamente ferito.
“Hermione…” le sussurrò cercando di prenderla per il braccio.
“No” rispose lei, strattonandolo.
“Ho bisogno di stare da sola per un po’”
“Sei pazza?! È notte fonda!” le fece notare lui, “io non ti lascio”.
“Sì. Tu lo farai. Mi lascerai tornare da sola. Non ti voglio accanto a me”
Lo sguardo della ragazza era deciso, fisso negli occhi dorati di Jace, che in quel momento, sembravano dei vetri sul punto di infrangersi.
Il ragazzo arretrò.
Hermione si stava cominciando a sentire una ‘strega’ perfida, e i sensi di colpa stavano arrivando a tormentarla, ma si voltò ugualmente e proseguì da sola lungo la strada di ritorno all’Istituto.


Angolo dell'autrice: ciao a tutti :) spero che la mia storia vi stia piacendo! Se qualcosa non vi è chiara potete chiedere, ma soprattutto recensite e commentate perchè ci tengo tanto a sapere la vostra opinione :) A presto con il decimo capitolo :)
  
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