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Autore: IamTheAuthorOfMyLife    18/09/2013    0 recensioni
''Devi farla finita per ricominciare con noi.''
Queste erano le parole scritte sul fondo del volantino. Emanavano un aura inquietante, che faceva accapponare la penne, ma allo stesso tempo attraevano come la più potente delle calamite.
Genere: Dark, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Benvenuta


Che fastidio.
Tutte quelle voci che mi ronzavano in torno erano fastidiose, fui quasi sul punto di urlare per dire a tutti di fare silenzio.
Cavolo, stavo dormendo! Non potevano abbassare un po' la voce invece di urlare così?
Appena aprì la bocca per parlare e strizzai gli occhi però una voce, molto più vicina e chiara, sovrastò le altre.
«E' sveglia! Venite!» urlava allegra, e sentì dei passi avvicinarsi.
Mi resi conto che mi scoppiava la testa, e avevo una strana sensazione intorno al collo come se un serpente mi stesse stringendo nelle sue spire.
Rantolai e mi tirai su a sedere, spalancando gli occhi e aspettando che il mondo smettesse di girare.
Ero stesa sulla brandina, la luce era soffusa e capì subito di non essere all'aperto, come capì che non potevo trovarmi in un edificio dato che posai i piedi su della terra.
Appena alzai lo sguardo mi ritrovai d'avanti una figura, o meglio due, ma solo perché ci vedevo doppio.
Le due figure continuavano a fissarmi con occhi grigi pieni di curiosità ed eccitazione, io le guardai entrambe sbattendo le palpebre.
«Come ti senti?» domandarono in coro.
In coro? Erano due?
Mi resi conto che quella che avevo davanti non era una sola persona, ma ben due, se pur identiche come due gocce d'acqua.
I due ragazzi erano accovacciati sui talloni, e dato che non rispondevo e mi limitavo a fissarli basita, loro sorrisero e si mossero contemporaneamente, in un gesto identico, per agitarmi una mano d'avanti agli occhi.
Sbattei un paio di volte le palpebre e presi a massaggiarmi il collo dolorante con fare distratto, subito dopo sentì una voce alle mie spalle e mi girai di scatto, smettendo di fissare le due persone identiche.
«Se urlate così la spaventerete!» Lì riproverò una voce femminile, morbida e delicata, una di quelle perfette per cantare ninnananne, che ti tranquillizzano all'istante.
La proprietaria della voce era la donna più bella che io avessi mai visto: Aveva lunghi capelli neri sino alla vita, lucenti e così lisci ed in ordine che sembravano irreali, i lineamenti erano morbidi e dolci, era snella alta con n fisico all'apparenza perfetto, la pelle dal colorito ambrato e senza ombra di difetto. Ma quello che colpiva di più erano gli occhi dalla forma allungata e ciglia lunghissime, verde giada, sembravano aver luce propria in quella semi-oscurità.
Rimasi a fissarla a bocca aperta, senza riuscire a dire nulla, troppo affascinata per poter pensare a qualcosa di razionale.
La donna sorrise, come se fosse abituata ad una reazione del genere, e si sedette con grazia inverosimile di fianco a me, posando delicatamente le mani in grembo, sul semplice abito bianco che le arrivava sino alle ginocchia.
La donna aprì la bocca per dire qualcosa ma fu interrotta subito da un altra voce, completamente diversa, molto profonda e dall'aria burbera.
Mi voltai verso il suo proprietario e sentì un brivido di timore scendermi lungo la schiena, se quella era la donna più bella che io avessi mai visto questo era l'uomo più grosso: altissimo, forse due metri, la camicia aperta lasciava intravedere il fisico atletico e muscoloso, come scolpito nel marmo, i lineamenti erano duri e decisi e non si poteva negare che fosse affascinante. La barba incolta e i capelli lunghi, legati in una coda, non aiutavano di certo ad addolcire il suo aspetto, e lo sguardo duro che mi rivolgeva, con i suoi occhi nerissimi, non mi piaceva per nulla.
«Alice, se la mocciosa si spaventa per così poco questo non è certo il posto adatto a lei» esordì in tono duro.
Deglutì faticosamente e presi a mordermi il labbro inferiore, in preda alla confusione, mentre i quattro ebbero uno scambio di battute che non colsi, stavo cercando di capire dov'ero e come ero arrivata lì.
«Ehm... scusate... ma dove mi trovo?» azzardai a domandare e sentì otto occhi posarsi all'istante su di me.
La donna sorrise e fece per parlare di nuovo, ma l'uomo la interruppe... di nuovo.
«La risposta è nella tua mano ragazzina».
In tutto quel tempo non mi ero accorta di star stringendo nella mano sinistra un pezzo di carta.
I ricordi di quanto era successo mi colpirono come un martello.
Nella mano stringevo il volantino che mi aveva dato il clown.
Lo lasciai andare come se fosse un carbone ardente, alzandomi di scatto dal lettino. Il clown mi aveva dato il volantino... e poi?
Osservai come incantata il pezzo di carta per terra, poi mi voltai verso l'uomo.
«Scusi... ma io non so come sono arrivata qui, dove siamo?» chiesi lanciandomi veloci occhiate intorno.
L'uomo mi riservò un ghigno derisorio e guardò la donna, fra i due sembrò passare un messaggio silenzioso che solo loro potevano comprendere.
«Nessuno ricorda... cara forse è meglio se ti siedi e ne parliamo» disse incoraggiante e batté sul posto accanto a sé a mo' di invito.
Guardai prima lei e poi la sedia, sospettosa, poi con fare incerto mi sedetti.
«Quanto la fate lunga!» si lamentò una delle figure identiche, quella alla mia destra.
«Già, risparmiatevi il discorsetto, se l'ha fatto lo ha deciso lei!» assentì l'altra.
Li fissai con la fronte aggrottata, senza capire quello che stavano dicendo. Cosa avevo deciso di fare?
«Quei due petulanti gemelli hanno ragione. Diteglielo e fatela finita» una nuova voce.
Mi voltai e vidi un'altra ragazza ( sulla mia eta!) avvicinarsi a grandi passi, con aria contrariata e altezzosa. Si fermò con le braccia incrociate a pochi passi da me, vicino l'uomo, e posò tutto il peso su una gamba, iniziando a battere impazientemente l'altro piede.
«Sei qui perché sei morta! Hai fatto un contratto!» sbottò irritata.
Eh?
Morta?
Fui colta da uno stato di confusione improvviso, stordita come se due piatti li avessero colpito contemporaneamente su entrambe le orecchie.
Non era possibile, io ero lì, parlavo con loro, mi faceva male il collo e sentivo freddo.
«Ma no... io sono qui, sono viva...» cominciai, ma mi bloccai di colpo.
''Devi farla finita per ricominciare con noi'', ''L'ha deciso lei'', ''Sei morta'' le frasi che si ripeterono nella mia mente furono come un altra martellata e mi alzai di scatto, con gli occhi sgranati, il cuore che batteva a mille e il respiro affannoso.
«Cosa state cercando di dirmi?!» domandai a voce più alta di quanto desiderassi.
La donna mi mise delicatamente una mano sul braccio, la ragazza sbuffò e i due gemelli fecero un passo indietro. Solo l'uomo restò impassibile, ed indicò il volantino per terra.
«L'hai fatta finita, di tua scelta, dopo aver ricevuto il volantino. Sei dei nostri».
«M-ma... no io... io non l'ho fatto!» balbettai sempre più nel panico.
«Nessuno lo ricorda all'inizio... è normale, ma poi i ricordi ritornano col tempo» la donna cercava di avere un tono incoraggiante, ma colsi perfettamente l'ombra di incertezza nella sua voce.
Ero su punto di mettermi a piangere o persino di correre via quando sentì un fruscio alle mie spalle e mi voltai ancora. Il volantino era stato raccolto da una nuova figura, che ora si stava rimettendo in piedi.
«Per quanti anni possano passare questi dannati cosi non cambiano mai» sbottò osservando il pezzo di carta.
Colui che aveva raccolto il volantino era un ragazzo, un po' più grande della ragazza dall'aria altezzosa, ma la superava almeno di mezza testa, e superava me di una intera.
Alzò lo sguardo su di me, ma non sembrò vedermi sul serio. Aveva occhi così blu e così profondi che mi sembrava di potermici perdere dentro.
Solo quando alzò scettico le sopracciglia mi resi conto che lo stavo fissando incessantemente. Come tutte le altre persone lì dentro non sembrava avere nemmeno un difetto, forse a parte una piccola cicatrice sul sopracciglio.
Proprio quando pensavo di essere così confusa e di avere la testa che pulsava in modo così violento da stare per svenire qualcun'altro si schiarì la gola, e stavolta tutte le teste si voltarono nella sua direzione.
Sulla porta c'erano quattro figure: sulla destra un ragazzo ed una ragazza asiatici, lui dall'aria allegra, lei dall'aria severa; sulla sinistra un uomo basso e grasoccio, con due piccoli occhiali da vista sul naso grosso e rosso somigliante ad una patata, la testa quasi completamente pelata luccicava alla fioca luce che riempiva la stanza; nel mezzo invece c'era un uomo nell'ombra, indossava un completo nero, costituito da una giacca frac e morbidi pantaloni neri, che calzavano alla perfezione sulle lucide scarpe nere. L'unico elemento che sembrava stonare era un cappello a cilindro nero, che dava l'idea di aver visto giorni migliori.
L'uomo fece un passo avanti, col suo elegante bastone da passeggio, e alzò la testa, così che il suo volto fosse finalmente visibile.
Aveva il volto gentile e stanco segnato da rughe, con due grandi balli che continuava ad arricciarsi con una mano guantata, gli occhi castano dorato sorridevano allegri ed i riccioli castani, striati di bianco, sfuggivano da cilindro incorniciandogli il viso.
«Bene, bene, abbiamo un nuovo arrivo» osservò compiaciuto, e stranamente fui pervasa da un senso di calma.
L'uomo anziano allargò le braccia in un gesto clamoroso e mi sorrise raggiante. «Benvenuta al circo della fine! Dove la tua nuova vita ha inizio!».

  
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