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Autore: Egle    19/10/2004    20 recensioni
Si fermò un istante. La fronte corrugata in un’espressione assorta, mentre con lo sguardo abbracciava tutta la stanza per tentare di capire se aveva dimenticato qualcosa. “Non andare” . La voce di Hermione era poco più di un sussurro, ma sembrò perforare l’aria immobile della camera con la sua intensità...
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si fermò un istante

I WILL

 

Si fermò un istante. La fronte corrugata in un’espressione assorta, mentre con lo sguardo abbracciava tutta la stanza per tentare di capire se aveva dimenticato qualcosa.

“Non andare”

La voce di Hermione era poco più di un sussurro, ma sembrò perforare l’aria immobile della camera con la sua intensità. 

Ron si voltò verso di lei lentamente, strofinandosi una guancia ruvida di barba con le dita. La strega era appoggiata allo stipite della porta, a pochi passi da lui, ma non gli era mai sembrata così distante. Così lontana.

Si schiarì la gola, passandosi una mano tra i capelli rossi e distogliendo lo sguardo.

“Devo” rispose laconicamente, piegandosi sulle ginocchia per richiudere il borsone. Sapeva che quel momento sarebbe giunto. E sapeva che non sarebbe stato facile per nessuno dei due.

Perché tu? Perché ti sei offerto proprio tu?”

Ron fissò una macchia d’umidità sul muro al di sopra del letto. Non voleva guardarla negli occhi. Aveva paura di leggervi la stessa sofferenza, la stessa ansia, la stessa accusa che traboccavano dalla sua voce. Inspirò profondamente, mordendosi l’interno della guancia nervosamente.

“Perchè non ne hai discusso prima con me? Perché…”

La voce di Hermione si ruppe improvvisamente, minacciando di sfociare in un doloroso pianto. Ron vide le sue gambe avvicinarsi e fermarsi di fianco a lui. Non osava alzare di più la testa per guardarla in viso. Sapeva che se avesse visto la sua espressione in quel momento non sarebbe più riuscito a partire, ma per una volta in vita sua voleva portare a termine quello che si era prefissato senza titubanze o tentennamenti. Abbassò il capo, stringendo la fibbia del borsone fino a farsi diventare bianche le nocche delle mani. I tendini dell’avambraccio erano tesi sotto la pelle chiara, costellata solo da qualche lentiggine.

“Sei il solito impulsivo, Ron. Perché ti sei offerto di tua spontanea volontà? Perché non ti fermi a ragionare prima di parlare? Perché devi sempre seguire l’impulso del momento?”

“è questo che credi?” sbottò lui con la voce così distorta dalla rabbia da risultare irriconoscibile.

Scattò in piedi, rovesciando nella foga la sedia appena dietro di lui, che rovinò a terra con un gran fracasso. Sentiva il cuore pompare nel suo petto a velocità doppia rispetto al normale e un pungente bruciore salirgli alle guance per la rabbia. Ignorò le lacrime che luccicavano negli occhi di Hermione e le voltò le spalle. Avrebbe voluto trovare qualcosa da poter osservare fuori dalla finestra, ma tutti i vetri erano stati da tempo sostituiti con delle assi, per la loro sicurezza. Era claustrofobico rimanere segregati in quella stanzina con le finestre sbarrate e le accuse di Hermione che riecheggiavano tra le pareti spoglie. Si appoggiò con le mani chiuse a pugno alla scrivania, curvando le spalle in avanti e inspirando profondamente.

“Dovevo immaginarlo…” mormorò più a stesso che alla ragazza “il vecchio Ron non pensa prima di parlare. Lui agisce assecondando l’istinto. Beh , ho una notizia per te, Hermione” continuò, fronteggiandola direttamente “ne avevamo già parlato un po’ di tempo fa…Silente, Lupin ed io. E anche loro si sono dichiarati d’accordo. La riunione di questa notte non è stata altro che una formalità. Era già stato tutto deciso”

Hermione aprì e richiuse la bocca un paio di volte, sbattendo le palpebre, come se fosse intontita per un brutto colpo appena ricevuto. Il suo viso perse ancora colore, diventando di un biancore allarmante, in contrasto con il rossore degli occhi.

Era già tutto deciso?” ripeté incredula. “Ed io? Harry ed io non contiamo niente? La nostra opinione non conta niente?” gridò, ormai dimentica di qualsiasi controllo. Una lacrima le rotolò sulla guancia, subito seguita da un’altra. Si passò il dorso della mano sulla faccia tirando su rumorosamente con le narici, pronta a lanciarsi in una delle sue proverbiali prediche, quando il tono di voce di Ron la gelò.

“In questo caso, no” sibilò il ragazzo, apparentemente insensibile alla reazione che le sue parole avevano avuto su di lei. “Era una cosa che dovevo fare, Hermione. Riesci a capirlo?” aggiunse con voce più comprensiva.

“Suppongo di sì” rispose lei, in un sospiro pesante.

Hermione chiuse gli occhi, inspirando profondamente. Il suo petto si alzava e abbassava, sconquassato dai singhiozzi a stento trattenuti.

Ron la vide voltargli le spalle ed estrarre un fazzolettino bianco dalla tasca della gonna, con cui presumibilmente si tamponò il naso.

S’inginocchiò di nuovo a esaminare il contenuto del suo esiguo bagaglio: qualche indumento di ricambio, alcune pozioni curative, il mantello dell’invisibilità di Harry, un libro d’incantesimi…Non serviva a nulla. Aveva già passato in rassegna almeno una decina di volte il poco che si sarebbe portato con sé e tutte le volte veniva assalito dai dubbi. Infilò un altro paio di Orecchie Oblunghe di scorta, quando Hermione riprese a parlare.

“Il fatto è…” mormorò con voce incrinata. S’interruppe per schiarirsi la gola prima di continuare. “Il fatto è che…ho paura”

Anch’io ho paura” ammise lui, richiudendo il borsone con un gesto fluido. Le mani che tremavano leggermente. Le chiuse a pugno per arrestarne il tremore, morsicandosi il labbro inferiore. Si rialzò in piedi e si sistemò la sacca su una spalla. Era sicuro di non aver dimenticato niente. Se si fosse trattenuto ancora non sarebbe più andato via.

Ma è una cosa che devo fare” disse, ostentando una sicurezza che non provava. “Non ti so spiegare con esattezza il perché, ma sono convinto che questo incarico tocchi a me. Lo stesso Silente si era offerto di prendere il mio posto, ma lui deve rimanere qui. Sono io che devo andare. È giusto così. Durante la prima guerra era toccato a Sirius…e ora è il mio turno.”

Hermione non piangeva più, anche se i suoi occhi erano ancora lucidi e gonfi. Annuì, stringendo forte le labbra. Ron le rivolse un cenno con capo, facendo per superarla quando lei lo trattenne per un braccio.

“Non voglio che ti succeda qualcosa di brutto” disse con un filo di voce.

“Non mi accadrà niente. Vedrai…” rispose lui, ma era cosciente di quanto quelle parole suonassero false nella sua bocca. Non poteva prometterglielo. Non poteva giurarle che sarebbe tornato sano e salvo.

“Pensavo che saresti stato sempre con me…con me e Harry. Fino alla fine. Noi tre…era così che pensavo che dovesse andare”.

Una nuova lacrima scivolò sulla sua guancia, tracciando una scia dalla palpebra fino all’angolo della bocca. Ron appoggiò il palmo della mano sulla sua guancia per asciugarla, guardandola abbassare le palpebre, sospirando piano e abbandonandosi al contatto della sua mano calda sulla sua pelle umida.

“E sarà così” mormorò “quando tutto sarà finito noi tre saremo ancora insieme. Ce ne andremo da qualche parte a berci una Burrobirra o qualcosa del genere”.

Accarezzò la guancia di Hermione con il palmo e con il pollice, chiedendosi perché non lo avesse mai fatto prima. Perché avesse dato tutto per scontato. Perché avesse soffocato le sue emozioni per tutto quel dannato tempo. Perché non fosse riuscito a esprimere quello che provava, malgrado la sua timidezza. Fece scorrere la mano sul collo di lei, per poi scendere lungo la spalla e il braccio fino a raggiungere la sua mano. La strinse nella sua, intrecciando le sue dita con quelle di lei. Hermione riaprì gli occhi, ricambiando la sua stretta.

“Ron, io…”mormorò con le guance imporporate da un tenue rossore.

“Quando torno…puoi dirmelo quando torno. Ora è meglio che mi sbrighi” disse, conducendola fuori dalla stanza e giù dalle scale senza lasciarle il tempo di dire altro. Raggiunse lo studio del pianterreno davanti al quale erano raccolti i suoi fratelli, i suoi genitori, Harry e il professor Lupin.

Si lasciò abbracciare da sua madre, singhiozzante con i capelli orribilmente acconciati sulla testa, e strinse la mano a ognuno dei suoi fratelli. Bill…Charlie…Fred e George…e Percy.

Poi fu il turno di Harry.

“Non mi sciupare il mantello”

“Quel vecchio straccio… sarà un miracolo se non attirerà un mucchio di pulci” rispose, mostrando un’espressione falsamente schifata. Avrebbe voluto dire qualcosa di più divertente al suo più caro amico. Avrebbe voluto disperatamente che i gemelli lanciassero una caccabomba, intossicando tutti i presenti, ma Fred e George rimanevano silenziosi e seri accanto alla porta che dava nel salone. Sembrava davvero un addio. Sembrava davvero che si stesse accingendo a fare qualcosa di pericoloso, che avrebbe potuto strapparlo alle persone che amava.

Harry gli strinse una spalla con una mano e Ron poté giurare di vedere per un attimo una lacrima brillare dietro agli occhiali. Fu solo un istante prima che si convincesse che fosse il riflesso delle candele.

Poi toccò a Ginny salutarlo. La piccola e coraggiosa Ginny, seria e compita nello sforzo di non piangere.

“sta’ attento” mormorò, sollevandosi sulle punte dei piedi e baciandogli una guancia.

“E tu cerca di non fare sciocchezze mentre sono via, o quando torno ti faccio passare io la voglia…” rispose Ron, abbandonandosi all’abbraccio di sua sorella. Ginny annuì indietreggiando lentamente e sfoderando un sorriso incerto. E Ron le volle ancora più bene per quello.

E poi toccò a suo padre. Arthur Weasley era un uomo alto, ma Ron si accorse di doversi leggermente abbassare per poterlo abbracciare. Fu un abbraccio breve e impacciato e per questo meno straziante. Meno di quello con sua madre che continuava a singhiozzare rumorosamente. Suo padre lo trattenne per le spalle fissandolo negli occhi.

“Sono orgoglioso di te” disse semplicemente e Ron avvertì qualcosa contrarsi nel suo petto. Aveva la sensazione che la sua vita culminasse in quel momento. Che tutta la sua esistenza fosse cristallizzata in quel momento, in quell’attimo. Nelle parole e nell’espressione fiera di suo padre.

Ron si scoprì incapace di rispondere. Incapace di dire una sola parola. Si sottrasse gentilmente dalla stretta di suo padre e si voltò verso l’ultima persona che doveva salutare.

Hermione spostò il peso del corpo da un piede all’altro, evitando di guadarlo direttamente negli occhi. In una mano era imprigionato ancora il fazzoletto umido di lacrime. Ron l’abbracciò, immergendo il viso tra i suoi capelli, incurante degli sguardi di Harry e dei suoi genitori.

Hermione si irrigidì un istante, prima che le sue braccia gli circondassero il collo e la sua fronte si appoggiasse nell’incavo tra il collo e la spalla.

“Torna presto” mormorò la strega con un filo di voce. Ron si limitò a stringerla maggiormente, senza rispondere. Non l’avrebbe più lasciata andare, se la voce pacata del professor Lupin non lo avesse richiamato. Depose un leggero bacio sulla fronte di Hermione, trattenendola con una mano posata sulla sua nuca, prima di allontanarla da sé. I suoi occhi erano di nuovo pieni di lacrime e il suo labbro inferiore tremava incontrollabilmente.

Harry le circondò le spalle con un braccio e Ron lo ringraziò con un cenno del capo.

Recuperò il borsone e lo issò sulla spalla.

“Andrà tutto bene. Ci vediamo presto” disse a nessuno in particolare, prima di volger loro le spalle ed entrare nello studio con il professor Lupin.

Solo quando la porta si fu richiusa alle sue spalle, permise all’emozione di prendere il sopravvento. Si passò un braccio sugli occhi, contento che fosse proprio Lupin ad assisterlo. Il mago aspettò che avesse riacquistato completamente la calma prima di dargli le ultime istruzioni.

“Cambia nascondiglio frequentemente.  Cerca di evitare luoghi troppo affollati, dove potrebbero riconoscerti. E non abbassare mai la guardia. Ti daranno la caccia giorno e notte. Non ti fidare di nessuno e non rivelare mai la tua vera identità”

“So cosa devo fare” lo interruppe Ron in fretta.

Lupin annuì pacatamente, estraendo la bacchetta dalla cintura.

E ricorda che puoi contare sul nostro aiuto in qualsiasi momento” aggiunse il mago.

Ron prese una manciata di polvere volante e s’infilò nel camino. La stanza era immersa nel silenzio. Anche le voci e i rumori dal corridoio si erano spenti. Probabilmente Harry aveva convinto gli altri a seguirlo in cucina. Era meglio così. Non avrebbe sopportato di sentire ancora i singhiozzi di sua madre e di Hermione. Non era mica morto, per la barba di Merlino! Non era il suo funerale…stava solo andando via per qualche tempo.

“Sei stato molto coraggioso a diventare il Custode Segreto del quartier generale dell’Ordine della Fenice. Molte vite dipendono dalla tua” aggiunse Lupin “Siamo tutti molto orgogliosi di te. E ora vai…penserò io a cancellare le tracce della tua destinazione”

Ron lanciò un po’ di polvere volante pronunciando il nome del luogo dove sarebbe apparso. Da lì avrebbe cambiato ancora e ancora, senza mai fermarsi. Inseguito , come aveva detto Lupin, giorno e notte. Braccato.

Ma era giusto così. 

Anche lui aveva trovato la sua collocazione nella grande partita che si stava giocando. Ron Weasley si era offerto come Custode Segreto per il quartier generale dell’Ordine…il luogo che dava rifugio a tutti coloro che si opponevano al potere di Lord Voldemort. Molte vite  dipendevano dalla sua. Il suo compito era non morire…e tornare. Tornare dalla sua famiglia. Tornare dai suoi amici. E tornare da lei, da colei a cui non era riuscito a dire addio, ma nemmeno arrivederci. Dalla sua Hermione.

   
 
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